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Il sole fuori dalla finestra iniziava ad affievolirsi rendendo i raggi meno intensi e più delicati, meno fastidiosi mentre si infrangevano sullo schermo del computer di Ophelia, che era intenta ad aggiornare per la centesima volta, il suo Curriculum. Aveva sempre apprezzato la posizione che i suoi genitori avevano dato alla sua scrivania, sotto la finestra che dava sulla strada. Era di ispirazione per lei osservare i passanti, vedere gli alberi in fiore o i movimenti delle foglie quando danzavano cadendo sul marciapiede. Era stata sua madre ad insistere per quella postazione che avrebbe regalato alle pagine una luce naturale anziché artificiale. Una piccola finestra affacciata sul mondo che riusciva a mettere in moto la sua fantasia, da piccola fin troppo sviluppata dato che le dicevano sempre di avere la testa tra le nuvole. Le sarebbe piaciuto, averla davvero. Cosa avrebbe potuto vedere da lassù? Sarebbe riuscita a scorgere tutto il mondo, dalle cime più alte agli oceani più profondi? A capire se la terra fosse stata realmente tonda o seppure, quei poveri pazzi definiti terrapiattisti avevano ragione? E soprattutto si chiedeva se, anziché piccole particelle di vapore d'acqua condensato, le nuvole potevano essere soffici disegni di zucchero filato leggermente dolciastro e morbido come piuma d’oca, sulle quali lasciarsi cullare. Smettila di fantasticare, è arrivata l’ora di studiare le ripetevano, distraendola dai suoi sogni ad occhi aperti. Solo allora Ophelia provava davvero a trovare la concentrazione utile per finire i suoi compiti, tra un disegnino e l’altro, lasciato nelle parti bianche dei suoi quaderni. Soltanto più tardi, avrebbe capito che la scuola per lei sarebbe stata sempre un piccolo grande incubo e che soltanto approdando all’università avrebbe trovato il suo cammino fatto di gioie e di quella parte migliore di sé che aveva fatto capolino. Non amava parlare di sè Ophelia, non era mai stata brava a “vendersi” e scrivere il curriculum era una delle cose che riteneva più difficile. Doveva guardarsi dentro ed ammettere che era brava nel suo lavoro, appassionata e volenterosa. Ogni volta però, era come se al mondo ci fosse qualcuno più bravo di lei e non si sentiva mai abbastanza capace per promuoverei come avrebbe dovuto. Le sue amiche le dicevamo sempre che era sempre troppo onesta e poco consapevole di cosa fosse in realtà. Si screditava sempre per loro, oppure si teneva sempre un passo indietro per non ferire gli altri o perché non voleva essere troppo entrante e spesso, perdeva l’attimo tra le sue mani perchè non era abbastanza intraprendente per fregarmene delle altre persone e per fare ciò che lei, sentiva di dover fare. Osservava la pagina del curriculum dove doveva compilare le sue competenze. Il resto era tutto compilato e completo, dai dati personali ai lavori che aveva fatto fino ad allora. Sono stanca di fare la stagista aveva ammesso a Sam, osservandola negli occhi qualche giorno prima, mentre si erano ritrovate in una pausa pranzo per mangiare qualcosa di veloce insieme. Così, spronata dalla ragazza si era messa in testa di rendere quel foglio bianco più interessante di quanto fosse. Sam le aveva assicurato che avrebbe riletto tutto per darle una mano dopo che l’avrebbe compilato ti prego aiutami tu che sai scrivere e trovare le parole giuste le aveva chiesto e dopo qualche supplica l’amica aveva accettato di rivedere il tutto una volta completato. Perché deve essere così difficile! aveva imprecato compro il computer è quella barretta che lampeggiava pronta a scrivere un testo che non voleva uscire dalla sua testa. Spazio. Crash. Merda!. Lo schermo del PC era diventato completamente nero e nonostante lo sforzo di lei nel cercare di riavviarlo, attaccarlo alla corrente, togliere e rimettere la batteria, sembrava non volersi proprio riprendere. Con il panico negli occhi si lanciò in soggiorno da suo padre Papà sono nella merda. Il computer non vuole saperne di riaccendersi e ora come faccio? Mi licenzieranno - anche se non sono assunta - mi diranno di stare a casa perché solo inutile e anche la nuova collaborazione che avevo trovato per la produzione dei render.. perché proprio a me? la voce sgorgava come un fiume in piena, incrinandosi alle curve che davano una piega diversa e più acuta mentre gli occhi azzurri, rimanevano spalancati in segno di terrore. Ophelia calmati. Non è che era scarico? la testolina bionda prese a fare segno di diniego con forza ok, allora l’altro giorno mentre stavo andando a fare la spesa mi sono soffermato con la macchina davanti ad un negozio di computer, non riesco a ricordare il nome ma forse c’è scritto su maps suo padre prese il telefonino e iniziò a scorrere sulla mappa per trovare il negozio di elettronica che aveva visto il giorno prima fino a quando, non lo trovò. Grazie! Vado subito! senza aggiungere altro, scomparve prima in camera sua dove recuperò il computer e poi, dietro la porta di casa volta in direzione del negozio.
La campanellina suonò mentre Ophelia varcò la soglia del negozio. Dietro il bancone, una ragazza dalla testolina ricciola era intenta ad osservare un libro che lasciò subito, non appena il suono la richiamò all’attenzione. Jane Eyre! esclamò allora, riconoscendo nella ragazza la giovane che aveva urtato qualche giorno prima all’Anthemis. Fuori pioveva e stava coprendo all’interno del bar senza rendersi conto che, al di là della porta vi era una ragazza intenta ad uscirne. Aveva in mano un caffè da asporto ed una piccola pila di libri che, caddero rovinosamente a terra quando le spalancò la porta addosso. Tra questi, il libro della Brönte che Ophelia di era ripromessa di leggere, insieme a tutti quei libri che avevano fatto la storia della letteratura e che lei, non aveva avuto ancora il modo - e la voglia - di leggere. Era sempre stata più una da fantasy ed aveva sempre trovato difficile leggere i grandi classici nonostante ce ne fossero alcuni che le piacevano molto. Ciao, io sono Ophelia! Non ho avuto modo di presentarmi a dovere l’altro giorno.. e di scusarmi con te ammise, avvicinandosi alla scrivania/bancone dove la giovane era seduta permettimi di offrirti questa in segno di scuse disse, tirando fuori dalla sua borsa una caramella gommosa tipo le goleador che usava portarsi sempre dietro a causa della sua pressione bassa.
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