B*tch, you’re my soulmate.

Gree x Anna - Bagno dell'Università

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    Se c'era una cosa che Gree odiava erano i bagni pubblici, non avrebbe messo piede lì dentro se solo avere un catetere avesse fatto meno schifo. Era l'odore a sconvolgere di più, che non passava neanche quando il foglio appeso dietro la porta dichiarava che qualcuno era appena stato a pulire. Alla faccia. Marciava per il corridoio illuminato al neon caldo come stesse andando in guerra ma con eleganza, ancheggiando a destra e a sinistra su quella passerella improvvisata e intanto allenava il respiro a trattenersi in gola per quando avrebbe varcato la soglia dei gabinetti accompagnata dalla sua amica. Quella di sempre, la migliore. Ogni volta che un ragazzo la guardava si toccava i capelli con un gesto mellifluo, ma se poi continuavano a fissarla roteava gli occhi schioccando sonoramente le labbra prima di appiccicare la gomma al palato e mimare con il labiale «sfigato». Poi passava oltre. «Trattieni il respiro.» Disse girando il collo verso la spalla dell'amica un istante prima di svoltare a destra, poggiare il gomito sulla porta e spingerla per varcarne la soglia. Storse il naso immediatamente strusciando i palmi l'uno contro l'altro come a pulirsi da qualcosa rimasto appiccicato a una porta che non aveva neanche sfiorato, incamminandosi poi lentamente verso le sei porte dei gabinetti e iniziare ad aprirle con una botta del fianco lasciato scoperto da un vestito vertiginosamente scollato e aderente. Uno, due, tre, quattro, cinque e... la sesta porta era chiusa, quindi Gree piegò la schiena per guardare tra lo spazio fra pavimento e porta fissando un paio di scarpe. Si poteva capire moltissimo dal tipo di calzatura che uno indossava, e ancora i più dal modo in cui metteva i piedi. Quelli che i suoi occhioni scuri pittati di ombretto stravagante si trovavano a fissare erano piedi con le punte rivolte all'interno che si accavallavano su calzature non solo di dubbio gusto, ma totalmente anonime. La schiena di raddrizzò in un batter d'occhio e, per la seconda volta nel giro di qualche minuto, Gree arricciò enfaticamente il naso. «Non c'è da stupirsi della gran puzza.» Lo disse ad alta voce e non servì altro. Un paio di secondi e si sentì lo sciacquone avviarsi, lo scatto della serratura e una ragazza sulla soglia del cubicolo. Gree, le braccia conserte, inarcò un sopracciglio e fece un passo indietro. Non c'era chance che quella la sfiorasse. Ci fu un attimo di stasi in cui tutto parve assurdamente sospeso, allora fece un cenno risoluto con il capo e la ragazza si sciolse dalla statua di sale e corse via da lì. «Uff.» Sbuffò portandosi una mano alla fronte come fosse reduce da una grande impresa. Avere a che fare con certa gente le toglieva ogni energia. Forza che però parve tornarle subito dopo quando, ormai sole, si sentivano le regine di quel luogo. Tornando verso Anna Gree si fermò ad osservarsi riflessa in uno dei tanti specchi che, su due parenti e uno per lavandino, le restituivano un'immagine di lei quasi a trecentosessanta gradi. Gustando la prospettiva si ricordò perché decideva di usare quel bagno schifoso al posto di un catetere: per quegli specchi tutt'intorno. Con il busto leggermente in avanti e il sedere spinto in fuori, Gree alzò un dito smaltato per sfiorarsi l'attaccatura dei capelli nerissimi così diversi da quelli dell'amica, a cui lanciò uno sguardo rapido attraverso il riflesso. Si era vista l'ombra dell'invidia? La scacciò subito, tornando a sistemare una ciocca che, resa elettrica dall'umidità di quella giornata primaverile, non ne voleva sapere di restare attaccata alla tempia. «Allora,» il fiato disegnò una nuvoletta di condensa sullo specchio. «con il mortochecammina?» Solo un nomignolo affettuoso per il caro vecchio Lev che, era evidente, Gree mal sopportava. È che voleva solo il bene per Anna e quel tipo era parecchio strano. La tenne d'occhio nel riflesso sistemando nel frattempo i grossi cerchi alle orecchie. Odiava quando i capelli si incastravano proprio lì come un rampicante difficile da estirpare. Finito quel tedioso lavoro Gree si voltò di scatto, quasi con un saltello. «L'avete fatto?» Nello squittire così apparve la Gree bambina nascosta sotto lembi di stoffa fin troppo sottile e trucchi esageratamente appariscenti. Come si comportava al liceo, così si comportava all'università, non era cambiata poi molto. Non che fosse passato poi quanto temp dal liceo. Nonostante additasse Isak come "bambino" quando si comportava in una certa maniera, l'infantilismo in Gree era all'ennesima potenza.
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    Il suo sguardo scivolò su Gree con un misto di ammirazione e di gelosia. Era difficile lasciarsi irradiare dalla sua luce senza venirne abbagliati, senza desiderare di essere sempre più simile a lei. Sin da piccola Anna aveva sempre cercato di stare al suo passo, di reggere il confronto senza inciampare. L’amica per lei era sempre stata inarrivabile: così sicura di sé, così piena di vita, sempre in grado di restare in piedi in qualunque occasione. Ne aveva fatto il suo esempio principale e, quando sentiva di crollare, era a lei che pensava, per trovare la forza di rialzarsi, o almeno fingere di riuscire a stare in piedi, nonostante tutto. Erano passati anni dalla prima volta in cui era rimasta affascinata da quel volto così diverso dal suo e da allora erano piano piano divenute inseparabili. Così diverse a una prima occhiata, ma simili, nel profondo, lì dove entrambe nascondevano le loro insicurezze. Una somiglianza che agli occhi degli altri non era possibile cogliere, perché certe cose non si potevano mostrare in pubblico, mai. Neppure quando ci si sentiva morire dentro. Quindi quando erano piccole le persone le avevano guardate storcendo il naso, notando solo la stranezza e non ciò che loro avevano imparato a costruire. Allungò il passo per stare dietro a quello di Gree, che avanzava con lunghe falcate verso il bagno, mentre rivolgeva occhiate a chiunque voltasse lo sguardo nella loro direzione. Le scarpe con il tacco rosse che aveva indossato quel giorno risuonarono contro il pavimento, mentre si lasciava dietro alcuni sguardi invidiosi trattenendo un leggero ghigno soddisfatto, agitando i capelli biondissimi con un leggero cenno del capo. Era bello sentirsi al centro della scena, anche se talvolta le risultava pesante. Si sentiva sempre giudicata, non era mai concesso commettere errori.
    Ascoltando il suggerimento dell’amica si preparò davvero a trattenere il fiato, mentre la bruna spalancava la porta con un gesto del gomito, evitando di toccarla con le mani, sarebbe stato davvero troppo. Sgattaiolò all’interno e si guardò attorno. Solo una delle porte era chiusa e avrebbero quindi dovuto aspettare che, chiunque fosse all’interno, le lasciasse finalmente sole, prima di potersi dedicare alle loro confessioni. Perché continuassero a scegliere quegli orribili posti era un mistero, ma ormai era divenuto un gesto quasi naturale, un po’ come se fossero state in un film. Arricciò il naso, ridacchiando appena al commento cattivo dell’altra. Il fatto che quelle parole potessero offendere l’altra ragazza non la toccò minimamente. Non le interessava delle altre persone, non si curava dei solo sentimenti o dei loro problemi. Egoisticamente, pensava solo a se stessa e a quei pochi, pochissimi, a cui aveva imparato a tenere davvero.
    Non dovettero attendere molto prima che la ragazza uscisse, di gran fretta, lasciandole finalmente sole. Un sorrisetto sornione le incurvò le labbra nell’osservarla: una ragazzina qualunque, con degli abiti sciatti e poco interessanti. Non poteva certo competere con loro. Chissà perché poi da diversi anni tutto per lei era divenuto una competizione. Osservò Gree, tenendosi lontana dallo specchio per quel giorno. Era arrabbiata e confusa e, ora che finalmente erano sole, non riusciva a fingere che tutto stesse andando per il verso giusto. Non le andava di guardarsi. Tutta quella situazione iniziava a farle credere che ci fosse qualcosa di sbagliato in lei. Arricciò la fronte, indecisa su cosa dire, quando l’altra le chiese come fosse andata con Lev. A Gree non era mai piaciuto, ma Anna non l’aveva ascoltata. Credeva che sarebbe cambiato, che sarebbero stati una bellissima coppia, e invece ora vedeva i brandelli di cui sogni riversi sul pavimento, impossibili da rimettere insieme. -No. - mormorò, come prima risposta e a quel punto le si arricciò anche il naso, sintomo che fosse davvero arrabbiata. -Siamo andati a quella stupida festa ieri. - continuò, definendo stupido qualcosa che sino a giorni prima per lei era stata un’idea grandiosa. -Siamo arrivati insieme, lui è rimasto per un po’ e poi è sparito. - rivelò, con il tono della voce che si alzava appena, tanto era il fastidio che provava. -Capisci? Mi ha lasciata lì, da sola. - ribadì, cercando di rendere il tutto più chiaro, in caso non fosse spiegata abbastanza bene prima.
    Sentì la porta del bagno aprirsi alle loro spalle e lei si voltò di scatto, osservando la ragazza con quei suoi occhi azzurrissimi che in occasioni come quelle divenivano quasi grigi e sembravano in grado di penetrarti con delle scaglie di ghiaccio- -E’ occupato. Sparisci. - e probabilmente fu il tono con cui lo disse, o il fatto che avesse sempre avuto la fama di essere una prepotente, fatto sta che la ragazza fece dietro front e tornò nel corridoio, andando a cercare un altro bagno. -Non ha risposto alle mie chiamate, non ha risposto ai miei messaggi e.. cosa ben peggiore, non si è ancora fatto sentire. - disse, rivelando l’elenco delle incredibili mancanza di Lev. In quel momento lo odiava. Per un momento la notte prima si era chiesta se gli fosse accaduto qualcosa, se ci fosse stato un incidente o qualcosa del genere, ma non aveva sentito ambulanze, neppure sapeva niente, quindi non doveva avere scusanti. Era colpa sua. Si era illusa che le cose stessero funzionando, mentre evidente che non fosse affatto così. -Questa volta ti giuro che me la paga. - mormorò e l’ombra scura che diede un’aria sinistra al suo sguardo, rendendo più scuro persino l’ombretto rosa brillante che aveva messo su quel giorno, fece intuire che avesse tutta l’intenzione di formulare un piano ben congeniato e che, quella volta, non avrebbe lasciato perdere.
     
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    A vederla così, sicura di sé e impettita nei vestiti strettissimi che lasciavano poco spazio all'immaginazione, non si sarebbe mai detto che Gree passasse le giornate a invidiare altro che non fosse il proprio riflesso, che appariva sempre più bello di come invece si sentiva dentro. E invece l'invidia, l'insicurezza e la gelosia accompagnavano i tacchi di Gree a ogni passo: nei corridoi, sul campo e nella stanza di Isak, non c'era un secondo in cui l'insicurezza non le soffiasse parole cattive all'orecchio, frasi che poi Gree lanciava contro vittime indifese pur di non tenerle dentro, pur di non farsi mangiare viva. Osservò fugacemente Anna, sembrava ancora più pallida sotto le luci fredde che le schiarivano così tanto i capelli da farne sembrare bianche le radici. Aveva sempre invidiato la sua carnagione chiara, con le vene che disegnavano un intreccio verdognolo come serpenti sotto il pelo di un'acqua trasparente; era stata così gelosa dei suoi occhi ghiacciati da insistere a indossare lenti a contatto colorate, arrabbiandosi quando il nero delle iridi riusciva comunque a macchiarle di aloni più scuri. Per fortuna quella fase era durata poco prima che Gree mirasse la propria testardaggine altrove, sforzandosi di metterla nei punti di forza che sapeva di possedere per natura, come le curve che, modellandola nei punti giusti, riuscivano a far voltare maschi e femmine. A quella notizia la mano che sistemava i capelli si bloccò a mezz'aria, indispettita anche lei dalla notizia, mentre Gree distendeva le vertebre voltandosi con una lentezza infinita fino a incrociare lo sguardo dell'amica, questa volta faccia a faccia e non attraverso un riflesso. «Come prego?» Scandiva le parole come se le stesse sputando. «In che senso ti ha lasciata lì da sola?» Aveva aperto le labbra, incredula, portandosi una mano tra collo e sterno sbattendo le palpebre un paio di volte come se non avesse capito bene. Era davvero allibita, nessuno si comportava così, specialmente con la propria ragazza. Cercò di immaginarsi la scena. Una festa noiosissima, di quelle che piacevano a quel noioso di Lev, Anna che si girava e lui che puff. «Se ne è andato senza dirti niente? Hai provato agli ospedali? Magari è morto.» Si mordicchiò il labbro inferiore, l'indice che tormentava la pelle del pollice vicino all'unghia. Furono momentaneamente interrotte dall'arrivo di una ragazza che non fece in tempo a mettere piede dentro il bagno prima che l'amica la intercettasse scacciandola via. Sapeva che non avrebbe dovuto pensare quelle cose neanche di Lev perché la morte non si augura neanche al tuo peggior nemico, o così almeno diceva la madre ogni volta che la sentiva uscirsene con una di quelle frasi spiacevoli mirate all'anima della gente. Eppure Gree pensava che individui come stupratori, assassini e pedofili meritavano di morire e, se non proprio misure così drastiche, ai fidanzati che ti lasciano alle feste da sola andava garantita una punizione adeguata. Che ne so, tipo ferirsi gravemente. «Non capirò mai perché ti sei messa con uno così beh, così Lev. Ma ti piace, almeno? » Aveva storto il naso come se Anna ci avesse passato sotto una carcassa di animale morto. Per Gree, uno che diceva di stare con te e spariva così senza una messaggio meritava di restare solo. In quel momento le vennero in mente le numerose volte in cui Isak aveva ignorato le sue chiamate e i suoi messaggi, lasciandoli letti senza degnarsi di rispondere, come se avesse altro a cui pensare. Quel pensiero la spinse a stringere le dita contro i palmi. Però lei, senza Isak, non sarebbe riuscita a vivere. Non era sicura che fosse lo stesso per Anna. «Da adesso tu non ti farai più sentire, ovviamente. L'hai già cercato troppo, sembri una disperata e non va bene. È lui che deve angosciarsi per te.» Disse con voce sicura, avvicinandosi all'amica quel tanto che bastava ad esserle esattamente di fronte. «Uno che fatica a toccarti non vale un quarto dell'unghia del tuo pollice destro, Anna.» Alzò una mano per accarezzarle i capelli al lato del viso, affascinata dalla bellezza eterea dell'amica. Non era possibile che Lev fosse il meglio che c'era per lei. Abbassò la mano per tenerla sospesa tra loro con il palmo verso l'alto, in attesa. «Lontano dagli occhi lontano dal cuore. Dammi il telefono, su. »Impartì l'ordine quasi come fosse una madre o una maestra, spostando il peso del corpo su un unico piede mentre fissava l'amica negli occhi con aria testarda.
    C'era da preoccuparsi delle sue intenzioni.
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    Le insicurezze di Anna avevano radici profonde, così tanto che neppure lei riusciva più a ricordarne l’origine, oppure aveva cercato di dimenticarlo dopo che Robert era stato sparato e le sue possibilità di essere davvero accettata da lui erano state quindi spazzate via in un solo istante. Fingeva che tutto andasse bene, che nulla potesse turbarla, ma non era vero. La superficie sotto il volto da bambola era così increspata da renderla quasi irriconoscibile, persino a se stessa. Perché, ancora, dopo tutto quel tempo, non riusciva a superarla? Perché Lev non la guardava come lei avrebbe voluto? Era lei a sbagliare? Era lei a essere uno sbaglio? Quelle domande continuavano ad accavallarsi all’interno della sua mente, giorno dopo giorno, senza darle pace. Aveva sperato che quella relazione avrebbe messo fine ai suoi problemi, che le avrebbe dato la sicurezza che tanto aveva agognato, invece non aveva fatto altro che peggiorare la situazione. E la cosa la faceva infuriare. Voleva essere felice, sentiva di meritarlo, eppure c’era sempre qualcosa che la portava su una strada diversa, come se quello non fosse il suo destino. Come poteva fare per cambiarlo?
    Guardò la sua migliore amica con la coda dell’occhio quando l’altra reagì in maniera piuttosto piccata alle sue parole. -Nel senso che ha detto che andava a prendere da bere e se ne è andato dalla festa. Senza dire niente. Senza più tornare. - spiegò ancora, come se fosse necessario ribadire il concetto e Gree avesse davvero bisogno di qualche spiegazione in più. Anche lei aveva stentato a crederci in un primo momento, poi era stata presa da una furia incontrollabile e poi, infine, aveva preso a darsi le colpe dell’accaduto. Magari dietro le parole di lui c’era stato un messaggio che non aveva colto? Forse avrebbe dovuto seguirlo? -Dici sul serio? - chiese, preoccupata, quando l’altra avanzò l’ipotesi che potesse essergli capitato qualcosa di grave e fosse quindi finito in ospedale. In effetti lei non ci aveva neppure pensato. Era rimasta alla festa e aveva aspettato che lui tornasse. -Non credi che si sarebbe saputo in qualche modo? - domandò ancora, immaginando che una notizia come quella si sarebbe diffusa alla velocità della luce. Per quanto Besaid potesse essere una città molto popolosa i pettegolezzi si muovevano sempre molto in fretta. Pensandoci bene comunque forse al termine delle lezioni avrebbe fatto meglio a provare a fare un giro di telefonate e accertarsi che non gli fosse accaduto nulla. -Sì, ma.. a volte sembra quasi che lui si dimentichi della mia esistenza. - mormorò, abbassando appena il capo a osservarsi le unghie perfettamente laccate. Era un pensiero che non avrebbe condiviso con molte persone, ma Gree era la sua migliore amica e a lei avrebbe sempre detto tutto. Risollevò lo sguardo con aria un po’ preoccupata quando l’amica le disse che da quel momento in poi non avrebbe più dovuto scrivergli alcun messaggio e neppure provare a chiamarlo. -Non devo neppure controllare se è finito in ospedale? - domandò, ingenuamente, sempre attenta ai consigli dell’altra. Gree sembrava sempre sapere che cosa fare, anche nelle situazioni più complicate. Sarebbe stata davvero persa senza di lei.
    Si mordicchiò appena il labbro, guardando in direzione della borsa dove teneva il telefono quando l’altra allungò una mano verso di lei. Per qualche momento fu indecisa sul da farsi poi, raddrizzando la schiena per ritrovare se stessa, infilò il telefono nella borsa e, con mano ferma, lo porse in direzione dell’amica. Non disse nulla, aspettò che fosse Gree a fare tutto. Si fidava di lei e sapeva che, ogni consiglio che le dava, era sempre e solo per il meglio, perché le voleva bene. Probabilmente avrebbe cancellato il numero di Lev dalla sua rubrica per impedirle di chiamarlo di nuovo, oppure avrebbe trattenuto il telefono per un po’, non ne aveva idea. L’amica a volte sapeva essere imprevedibile. -Philip Sand ha provato ad allungare le mani alla festa. Chissà, magari sarebbe una scelta migliore. - borbottò a voce bassa, mentre l’altra portava a termine la sua opera. Lo disse come se fosse stata una cosa da niente, come se non avesse avuto alcun bisogno di aiuto per uscire da quella situazione. In realtà se non ci fosse stato quello strano tipo con lei probabilmente le cose sarebbero andate in modo molto diverso. Non voleva pensarci però, voleva trovare almeno una nota positiva, qualcosa che le facesse dire di aver passato una bella serata. -Tu invece? Che cosa hai fatto ieri alla fine? - domandò, curiosa di sapere come aveva passato la serata. Aveva provato a invitarla a quella stupida festa ma non c’era riuscita.
     
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    Rispetto a Ann, Gree sentiva di saperla lunga anche se non era davvero così. Conoscere le insicurezze dell'amica la spingeva a proteggerla come meglio riusciva, ma le permetteva anche di sentirsi in qualche modo superiore, più forte. Non era un ragionamento che era in grado di formulare con raziocino, quello, tuttavia era innegabile che da qualche parte nel corso della loro amicizia qualcosa era scattato e da allora Gree si era sentita così, in grado di difendere Ann tenendola un gradino al di sotto di lei. Del resto era sempre stata lei a decidere chi mettere sul podio, Gree più in alto e il resto, anche se di poco, in basso. Solo Isak era incatalocabile. Ogni volta che riusciva a metterselo sotto i piedi l'istante dopo lui la scavalcava di nuovo lasciandola indietro. Quel bastardo. La cosa non le piaceva affatto ma la accettava perché era lui, perché in qualche modo assurdo sopportava qualsiasi cosa da parte sua. Perché tutto era meglio che perderlo. Guardò la preoccupazione corrugare la fronte di Ann e si chiese se davvero Lev valesse tutto quello struggimento. Sicuramente no, lo sapeva da subito, lo sapeva dalla prima volta che aveva messo gli occhi addosso alla figura longilinea e scarmigliata del nuotatore, ma se non altro averlo in giro le garantiva un posto sicuro nell'amicizia con Ann. Era il modo del tutto sbagliato che aveva di sentirsi in controllo, di assicurarsi che l'amica non la rimpiazzasse o smettesse di avere bisogno di lei e la accantonasse.
    Era ovvio che non voleva che soffrisse, ma era come se fintanto che Anna avesse avuto problemi Gree le sarebbe stata indispensabile. Era giusto dire che una parte di lei si sentiva sollevata a ogni nuovo litigio con Lev? Forse sì, ma preferiva non pensarci e concentrarsi sulle soluzioni. Perché lei era una buona amica. La migliore. «Ma chi fa una cosa del genere? Ha dei seri problemi Ann, dovresti rompere con lui.» Non riusciva a immaginare una scena simile. Se fosse successo a lei Gree sarebbe andata su tutte le furie, non avrebbe certo permesso a nessuno di piantarla in asso a quel modo. Dovette ritirare il pensiero dopo appena qualche secondo dall'averlo formulato, dissimulando la verità a cui era giunta con un gesto rapido delle mani fra i capelli neri e folti. Era capitato fin troppe volte con Isak. Cose ben peggiori di quelle erano successe e Gree si era arrabbiata, sì, ma come al solito era bastato un regalo particolarmente prezioso, un gesto qualunque su di lei o semplicemente sentirlo parlare per far sì che Gree lasciasse perdere. Si morse forte la lingua, consapevole di quanto quella ramanzina suonasse ipocrita. Sai quante volte le era stato detto di lasciar stare Isak? Lo capiva anche da sé, quando lui non era presente e veniva attraversata da sprazzi di lucidità, che erano destinati a farsi male e basta, ma sapeva anche che senza di lui non sarebbe riuscita a vivere. Ma Lev non era decisamente Isak e Anna di certo non poteva provare quello che Gree sentiva per lui, qualcosa di tanto forte da superare il resto e ogni forma di raziocino. Lo scacciò dalla testa quando la preoccupazione dell'amica la raggiunse, palpabile come se riuscisse a spostare l'aria. Corrugò leggermente la fronte e tre rughette apparvero orizzontalmente sulla pelle liscia conferendole un'aria poco amichevole. «Gesù Anna, stavo scherzando. Riprenditi..» La guardava come se fosse pazza, come se non fosse legittimo preoccuparsi così per il proprio ragazzo quando invece, se si fosse trattato di Isak, Gree si sarebbe letteralmente disperata pensando agli scenari più terribili. E non era neanche il suo fidanzato. Le venne in mente quando da bambine si erano intrufolate dentro la casa grande, approfittando dell'assenza dei genitori di Isak per entrare nella camera della madre e fare le grandi. Non lo sapeva ancora, Gree, ma quel vizio le sarebbe rimasto anche anni e anni dopo, quando prendere in prestito non sarebbe più bastato e avrebbe iniziato a rubare. Avevano undici, dodici anni al massimo, ma in quella stanza si sentivano due donne fatte e mature mentre indossavano scarpe troppo grandi per loro; senza ancora l'ombra di un vero seno, i vestiti erano larghi e scivolavano sul petto ma non importava, quello era un gioco che neanche quei dettagli potevano rovinare. Si ricordò di quanto le aveva messo del trucco malandato sul viso. Sei bellissima. Aveva sussurrato, ed era forse lì che per la prima volta si era resa conto di quanto le loro differenze fossero abissali. Desiderava i capelli biondi dell'amica, la sua pelle chiarissima e quegli occhi azzurri che Gree presto avrebbe iniziato ad associare alle persone belle, popolari come Anna, Isak e Henrik, le persone della sua vita. Si era incantata a fissarle il nasino e le lentiggini che lievi lo cospargevano come zucchero filato chiedendosi perché non fosse capitato a lei di nascere così, bella come un'eroina dei libri. Tutt'altro invece si sentiva Gree, intrappolata in una pelle troppo scura, in dei capelli troppo neri e dietro a degli occhi troppo neri per essere da lei davvero apprezzati o, così credeva, da chiunque altro. Con il tempo le cose erano migliorate, ora sapeva di piacere, l'aveva visto negli occhi dei ragazzi quando la guardavano passare girando la testa appena lei li superava. Ma il seme dell'insicurezza rimaneva sempre nascosto fra le pieghe della pelle e di tanto in tanto veniva fuori d'improvviso come in quel momento, del tutto fuori luogo. «Quel Philip Sand?» Chiese mentre digitava il passcode per sbloccare il telefono di Ann. Ovviamente se li erano scambiati, altrimenti che razza di amiche sarebbero state? La mente si avviluppò con piacere intorno all'immagine di Philip Sand e Gree aprì le labbra carnose in un sorriso complice, la punta della lingua fece capolino tra i canini affilati. A guardarlo così ricordava un predatore. «E ti sei lasciata toccare? Dimmi di sì Ann, dimmi che non hai rifiutato le mani di Philip Sand.» La pregò, gli occhi che per un attimo si alzavano dal telefono per incrociare quelli dell'amica prima di tornare ad armeggiare e sbirciare lo schermo, prima la galleria e poi gli ultimi apatici, noiosi messaggi di Levovitch. Sentì la domanda e fu attimo, la mente incontrò Isak con il rischio di non risorgere mai più da quel pensiero. «Sono stata con Isak.» Le uscì come fosse cosa ovvia e certificata, come se non ci potesse essere altra risposta se non quella. Isak. Sempre e solo Isak. «Mi ha promesso una sorpresa per il mio compleanno. Spero sia la nuova borsa che voglio da una vita.» Sapeva quanto suonasse superficiale ma non le importava minimamente. Si ritrovò a pensare a Isak, di nuovo, e come succedeva ogni volta i dubbi presero ad assalirla. «Secondo te gli piaccio in quel senso? » E a volte se li lasciava sfuggire ad alta voce, quelle maledette insicurezze, sopratutto con Anna. Con lo sguardo perso e fisso sul proprio riflesso, Gree passò le mani sul ventre per appiattirlo di più, poi lasciò andare le braccia in un gesto furioso riscuotendosi dalla trance. «È che a volte vorrei che fosse più come Henrik, affettuoso, stabile, sincero. Anche se probabilmente non ci starei così sotto se fosse diverso.» Sbuffò acchiappando una ciocca di capelli. La arrotolò intorno al dito. «Pensi che sia malata?» Una persona sana non si sarebbe di certo lasciata trattare così.
    «Puoi lasciare il tuo ragazzo a casa. Ti giuro che se Levovitch mi rovina la serata...» Iniziò senza finire ma per pensare ad altro. Ann sapeva quanto Gree tenesse al proprio compleanno, ogni anno la celebrazione doveva essere migliore e più grande di quella precedente e non avrebbe permesso a un musone maleducato di rovinare l'umore di Ann e, per osmosi, il suo. Le unghie presero a ticchettare sullo schermo come impazzite. Passò poco prima che le tendesse di nuovo il telefono con un sospiro, non era poi tanto quello che doveva dire. «Ecco fatto, ora lo devi solo lasciare.» Il messaggio, che ancora brillava sullo schermo, diceva semplicemente: Così non va. Dobbiamo parlare. «Non c'è di che.» Le fece un sorrisino.

    Edited by scarecrow! - 24/11/2022, 18:39
     
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    Dovresti rompere con lui Abbassò il capo nel sentire quelle parole, deglutendo con fatica mentre fissava un punto indefinito del pavimento. Ci aveva pensato a lungo anche lei quella notte, mentre faticava a prendere sonno. Era evidente che tra loro le cose non stessero funzionando, forse non avevano mai davvero funzionato, eppure lei ci aveva provato, con tutte le sue forze. Lev era stato subito ciò che lei aveva voluto, la figura perfetta da avere accanto mentre camminavano per i corridoi dell’Università, ma forse quell’immagine non valeva tutte le pene che stava soffrendo per portare avanti quell’illusione. -Forse hai ragione. - mormorò, con un filo di voce, ancora cercando di sfuggire allo sguardo sicuro dell’amica. Gree faceva sembrare tutto così semplice, come se non ci fosse alcun dubbio su come agire. Anna, al contrario, sembrava fatta di dubbi, tutti messi l’uno accanto all’altro per formare una figura esile, sempre sul punto di cadere in pezzi a ogni minima difficoltà. Le sarebbe piaciuto poter essere più simile all’amica e sperava che almeno la maschera che indossava facesse quell’effetto sulle persone che non la conoscevano davvero, su quelle che vedevano soltanto l’algida ragazzina viziata che non apriva mai il suo cuore con nessuno. Ma Gree ka vedeva e sapeva scorgere dietro le pieghe, dandole la giusta spinta per reagire. Forse era giunto il momento di mettere la parola fine nella sua storia con Lev, ma cosa avrebbe fatto poi? Sarebbe riuscita ad affrontare la solitudine? Tenne quel pensiero per sé, trattenendolo sulla punta della lingua. Ci avrebbe pensato in un altro momento, c’erano altri problemi in fila prima di quello.
    Il pensiero che potesse essere davvero finito in ospedale la fece vacillare per un momento. Forse avrebbe dovuto pensarci subito prima di arrabbiarsi. Magari il motivo era proprio quello e lei si stava disperando senza motivo, ma fu ancora una volta Gree a mettere un freno a quelle idee, facendole capire che era un pensiero sciocco e che doveva invece essere realistica. Lev non stava male, la stava solo ignorando. Annuì quindi, in silenzio, cercando di lasciare andare l’emotività e di farsi guidare dalla razionalità. Non che fosse semplice per lei. Persino la sua particolarità era da sempre stata influenzata dai moti del suo umore, tanto da renderla incontrollabile e pericolosa. Era un miracolo che non avesse combinato qualche danno alla festa, presa com’era da tutta quella rabbia. -No. - mormorò, mordicchiandosi appena il labbro, quando Gree chiese qualche dettaglio in più su Philip. Lei non era interessata a lui in quel senso, ci scherzava, le piaceva ricevere attenzioni, ma non aveva mai pensato di andare fino in fondo, anche perché, nel suo cuore, lei aveva sempre preferito Lev. Il problema era che lui non sembrava ricambiarla allo stesso modo, non come Philip, almeno. -Ero troppo arrabbiata con Lev per pensare a qualcun altro. - mormorò, incrociando le braccia al petto e tirando su un broncio da bambina mentre cercava di non esternare completamente quello che aveva provato. -Quando le cose con lui saranno a posto allora deciderò chi altro frequentare. - mormorò, con un leggero sospiro, guardando l’amica solo in quel momento. Non era mai stata una ragazza che voleva più relazioni insieme. Anna aveva sempre sognato il principe azzurro, la grande storia d’amore, non riusciva a pensare di tradire Lev neppure dopo quello che era accaduto. No, doveva prima chiudere con lui e poi, solo allora, avrebbe cercato di capire chi fosse il caso di frequentare. Qualcuno che le dimostrasse davvero un po’ di affetto.
    Il suo sguardo si fece più attento quando Gree le disse che era stata con Isak quella sera e per un momento si chiese se con stata intendesse quello che pensava lei, ma rimase in silenzio, in attesa che l’altra le desse qualche informazione in più. -Pensi davvero che ci sia qualcuno a cui non piaci in quel senso? - le domandò, con un sorriso un po’ irriverente sul volto mentre la osservava con un po’ più di tranquillità. Aveva parlato così tanto si se stessa e di Lev da non essersi resa conto che anche Gree non se la stava passando poi così tanto bene. -Credo sia solo decisamente complicato, perché avete vissuto insieme per tanto tempo. - iniziò, non sapendo però bene che cosa dire a tal riguardo. Era sicura di ciò che aveva visto ma non sapeva come funzionava la testa di Isak. -Ho visto come ti guarda quando crede che nessuno lo stia guardando e credo che dovreste trovare il momento giusto per parlarne, prima o poi. - aggiunse, continuando a sorriderle con aria tranquilla. Li aveva osservati da lontano in alcune occasioni, mentre lei e Henrik erano rimasti in disparte, a parlare del più e del meno e a costruire un’amicizia che andava ancora avanti, nonostante le loro differenze. A pensarci bene in effetti si chiedeva come fosse possibile, ma era grata per la pazienza che Henrik aveva sempre dimostrato con lei. Forse in fondo anche lui aveva giovato della sua compagnia, quando si era sentito messo in disparte dagli altri due. Era certa che, prima o poi, Gree e Isak sarebbero riusciti a far funzionare le cose, anche se non era sicura che lui fosse davvero il meglio per lei. Quello che sapeva, però, era che se Gree era felice, allora anche lei era felice. Scosse il capo quando lei andò avanti. -No, non sei affatto malata, ma che dici? - domandò, scuotendo il capo con aria contrariata. -E’ il cuore che comanda certe volte e noi non possiamo fare altro che ascoltarlo. - le disse, allungando una mano per accarezzarle dolcemente una guancia. Era strano vedere Gree in quel modo, ma sapeva che, se era arrivata ad aprirsi così tanto con lei, era perché si fidava.
    -Ti prometto che non verrà alla festa. - mormorò, con aria abbastanza decisa. In fondo Lev odiava le feste, quindi, se anche fossero riusciti a parlare e mettere a posto le cose, gli avrebbe comunque chiesto di stare a casa. Non voleva certo che si ripetesse lo spiacevole episodio della festa che si erano appena lasciati alle spalle. Aveva bisogno di godersi quella particolare festa senza che qualcosa potesse distrarla. Era la festa della sua migliore amica dopotutto il che, per Anna, voleva dire che era n po’ anche la sua festa e voleva quindi passarla in allegria. Guardò per un istante lo schermo del telefono quando Gree glielo restituì, notando che l’altra aveva scritto alcune parole che avrebbero invitato Lev a contattarla per chiarire la situazione. Chissà se avrebbe risposto o se, ancora una volta, sarebbe rimasto in silenzio stampa ancora per un po’. -Oh beh.. vediamo se almeno a questo risponderà.. - mormorò, per niente convinta che una risposta sarebbe arrivata in tempi brevi. L’aveva ignorata per tutta la notte e ancora non le aveva fatto sapere se era vivo e se aveva intenzione di farsi rivedere. Qualcosa le suggeriva che Lev aveva già deciso cosa fare e che lei non era stata ancora informata. Guardò l’orologio, sbuffando al pensiero di dover tornare in aula di lì a pochi minuti per la lezione successiva. -Ci vediamo per pranzo? - domandò, già sapendo che avrebbe ricevuto una risposta positiva. C’erano dei piccoli riti che seguivano da quando erano solo due bambine e il pranzo a scuola sedute una accanto all’altra era sempre stata una di quelle. Che si trattasse di asilo, elementari, liceo o università non aveva importanza, Anna era certa che la loro amicizia sarebbe durata per sempre.
     
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5 replies since 23/4/2022, 21:25   176 views
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