I'll only hurt you if you let me

Anna & Ziggy

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    Annabell adorava le feste. Le piaceva stasera al centro della pista da ballo, con la testa rivolta all’indietro e gli occhi chiusi, a lasciare che la musica guidasse le sue movenze mentre fingeva di essere sola, oppure al centro esatto dell’universo. Era una ragazza piuttosto lunatica: il momento prima voleva essere al centro dell’attenzione, osservata e invidiata da tutti, quello dopo invece voleva solo immergersi nel silenzio dei suoi pensieri, chiudersi la porta alle spalle, accomodarsi per terra e non rispondere ad anima viva. Si era sempre sentita in bilico tra l’euforia di stare in mezzo alle persone e la voglia invece di fuggire da tutto e da tutti, per evitare di essere giudicata nella maniera sbagliata. Si sforzava di essere perfetta, o quanto meno di apparire tale, anche se sotto la superficie si sentiva completamente inadeguata, come un pesciolino a cui si richiedeva di volare. Si era avvicinata a Lev e aveva iniziato una relazione con lui proprio perché sperava che quello l’avrebbe aiutata a sentirsi più sicura di sé, ma in realtà quella storia stava solo contribuendo a renderla più nervosa e indispettita.
    Erano arrivati insieme a quella festa insieme, tenendosi mano nella mano e lei aveva sorriso in direzione delle altre persone. Era stata felice per un momento, aveva pensato di poter raggiungere la cima e di restarvi per tutta la sera. Invece era bastato poco perché Lev diventasse distante, come se si fosse stufato di stare in mezzo alle persone. Si era offerto di andare a prendere dell’altro alcol e a nulla era servita l’occhiataccia che gli aveva lanciato nel vedere che non l’aveva invitata ad andare con lui. Immaginava che fosse un modo per allontanarla e prendersi del tempo per sé. Detestava quando lo faceva. Avrebbe voluto che la mettesse al centro del suo mondo, che le dedicasse le giuste attenzioni, invece sembrava perso in un universo del tutto suo, all’interno del quale per lei non c’era neppure un piccolo spazietto. Serrò la mascella, cercando di calmarsi. Si avvicinò a un tavolo, prendendo un altro bicchiere di un intruglio non ben definito e ne mandò giù un lungo sorso. Chissà se era così che sua sorella aveva iniziato la sua dipendenza dall’alcol. Per un momento immaginò il suo volto, ma lo cacciò lontano, aveva già abbastanza problemi quella sera. Rivolse un sorriso a un suo vecchio compagno di classe, accennando un gesto della mano nella sua direzione, per poi muoversi verso il bagno. Aveva bisogno di allontanarsi per qualche momento da tutto quel chiasso e da quelle persone. Si sentiva soffocare. Varcò la porta del bagno, scavalcando una chiazza di roba appiccicosa che era stata lasciata sul pavimento. Appoggiò il bicchiere di plastica rosso sul lavandino e si lasciò andare a un verso indispettito. Aveva voglia di urlare, di rompere qualcosa, di sfogare il suo fastidio in qualche modo, invece ingoiò la rabbia, lasciò scorrere l’acqua per qualche momento e si diede una leggera rinfrescata. Si guardò allo specchio, notando il trucco leggermente sbavato che si apprestò a sistemare e poi guardandosi dritta allo specchio, mise su un falso sorriso, il migliore di cui fosse capace. Riprese il suo bicchiere e, come se nulla fosse accaduto, uscì, con una rinnovata sicurezza.
    Afferrò il telefono, aprendo la chat con Gree. Sei proprio sicura di non riuscire a fare neppure un salto? Scrisse alla sua migliore amica, sperando di vederla arrivare, da lì a pochi minuti, per poter avere qualcuno che la salvasse da quella situazione difficile. Forse la stava facendo più difficile di quanto non fosse. Osservò l’orario sul telefono, erano passati circa venti minuti da quando Lev si era spostato. Che fine hai fatto? Tra quanto torni? provò a scrivere, rimanendo a fissare la chat per diversi minuti, in attesa di una risposta che non arrivò. Arricciò il naso, serrando di nuovo la mascella e mandando giù il resto del contenuto del bicchiere. Scrisse un altro messaggio, ancora niente. Provò a chiamarlo, spostandosi verso uno dei balconi, alla ricerca di un po’ di silenzio. Una, due, tre telefonate, poi chiamarlo non era più stato possibile. Aveva per caso spento il telefono? La rabbia si fece ancora più forte. Come aveva osato piantarla in asso in quella festa e poi evitare le sue telefonate? Quella volta gliel’avrebbe fatta pagare. O forse, quella volta, avrebbe davvero capito che era meglio interrompere quella falsa, che non c’era nulla a legarli e che entrambi avrebbero fatto meglio a cercare qualcuno di diverso. Quel pensiero però le suonava a dir poco insopportabile, come se fosse stato semplicemente un terribile fallimento. Quindi avrebbe ingoiato il rospo, ancora una volta, ma si sarebbe fatta sentire, eccome. I suoi occhi azzurrissimi si ridussero a due fessure per la rabbia, cercò un bicchiere vicino a sé, non trovandolo, e allora sbuffò.
    Scosse leggermente la testa, lasciando che i capelli sciolti si muovessero appena contro le sue spalle. Aveva persino indossato un bel vestito per quella sera, aveva fatto il possibile per essere perfetta, ed era così che lui la ringraziava. Aveva bisogno di qualcosa di più forte da bere, ma immaginava che le scorte, e Lev, non fossero ancora giunti a destinazione. Mosse un passo all’indietro senza neppure guardare e fu allora che sentì qualcosa urtare contro la sua schiena. Si voltò di scatto, spaventata da quella presenza improvvisa che non aveva calcolato. Per un attimo rivolse al ragazzo alle sue spalle un’espressione spaesata poi, cercando di ricomporsi, sfoderò invece una delle sue occhiate peggiori. Non voleva certo che, chiunque fosse, pensasse che fosse scappata lì per piangere o per disperarsi, ne andava della sua reputazione! -Ehi! Guarda dove metti i piedi! - si lamentò, senza neppure chiedere scusa per essere stata lei quella che si era mossa senza badare a dove metteva i piedi. -Sai se è rimasto qualcosa da bere? - chiese poi, sperando che lui ne sapesse qualcosa. Magari era il padrone di casa e lei non lo sapeva, in effetti non aveva idea di chi avesse organizzato la serata e del perché fossero proprio lì. Sapeva solo che aveva un desiderio fortissimo di andarsene e di ritrovare un po’ di felicità.
     
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    Ziggy Borgen
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    Si trattava di una festa e tanto gli bastava per volerci andare. Non che fosse un festaiolo, Ziggy, ma nella sua anima un po’ caotica un evento come quello, in cui era andato con Elizabeth, sembrava proprio andare a braccetto con la sua indole. Quell’indole irriverente ed impulsiva che lo spingeva a provare le cose più assurde sin da quando era un bambino e aveva iniziato a muovere i suoi primi passi. Doveva ammettere, comunque, che sin dai tempi della scuola, andare alle feste per atteggiarsi a ragazzo popolare del momento non gli aveva mai dato grande entusiasmo. Ziggy si accontentava di stare in mezzo alla baldoria, poco gli importava la notorietà. Popolare o meno, la parola d’ordine era: divertirsi, e lo comunicò a Lilibeth non appena varcarono la soglia del luogo in cui si stava tenendo la festa.
    Non appena dentro iniziò a muovere la testa e le mani a ritmo di musica, non ci voleva molto per convincere Ziggy a divertirsi, un comportamento a cui Elizabeth era più che abituata. Erano amici di vecchia data anzi, lei per Ziggy era l’amica più longeva che aveva, colei a cui voleva una montagna di bene. Socializzava facilmente, Ziggy, ma è ovvio che le vere amicizie che aveva si potevano contare sulle dita di una mano e fra queste vi era anche Cameron, nonostante lo conoscesse da poco tempo. Gli piaceva circondarsi di persone che lo accettavano così com’era e che non lo guardavano come se fosse un pazzo appena fuggito dal manicomio. «Caspita, c’è un bel po’ di gente.» Lo disse ad Elizabeth, mentre si rendeva conto che facevano quasi fatica ad avanzare tanto erano i ragazzi come loro che erano arrivati all’evento. Era chiaramente una circostanza in stile “dividere e conquistare”, infatti Lilibeth si propose di andare a prendere da bere per entrambi: «Tu però non andare in giro, rimani qui altrimenti non ti ritrovo più in mezzo a tutte queste persone», l’amica lo avvisò e Ziggy si domandò se lei credesse veramente che lui sarebbe rimasto lì fermo in un unico posto. Era convinto che Elizabeth stessa si era resa conto dell’assurdità appena uscita dalla sua bocca non appena l’aveva pronunciata, ma nonostante questo annuì alle sue parole.
    Non appena la chioma rossa di Lilibeth sparì tra la folla, Ziggy entrò in piena modalità esploratore. Cosa voleva dire? Che stava per fare l’esatto contrario di quello che gli aveva chiesto l’amica. Si strofinò le mani e partì alla ricerca di chi o cosa non lo sapeva neanche lui, ma è anche vero che in passato ha trovato le migliori cose e ha fatto le migliori esperienze proprio quando non aveva alcuna idea di cosa stesse cercando o di cosa volesse fare.
    Gironzolò per una manciata di minuti, vedendo praticamente tutti i suoi coetanei con un bicchiere in mano. Ridacchiò ancora, pensando che lui non aveva bisogno di litri e litri di alcool per andare su di giri e dimenticare le varie rotture che ognuno stava affrontando nella propria vita. Ziggy aveva l’argento vivo addosso, incentivare questo suo aspetto con alcool o droghe non avrebbe fatto altro che renderlo ancora più iperattivo di quanto già non fosse. Era per gli affari suoi, intento ad osservare il posto per capire se ci fosse qualcosa di interessante da fare, quando qualcuno gli andò addosso. Oh, bene! Finalmente qualcuno con cui attaccare bottone! «Ciao!» Rispose sorridente alla lamentela della ragazza contro cui aveva sbattuto, stava per dirle che in realtà lui non guardava mai dove metteva i piedi e gli andava bene così perché, certo, ogni tanto ci aveva guadagnato una caviglia rotta, ma altre volte aveva scoperto cose forti, ma lei interruppe le sue uscite intellettuali domandandogli se fosse rimasto qualcosa da bere. Ziggy fece spallucce: «Non ne ho proprio idea, la mia amica Elizabeth è andata a prenderci qualcosa da bere e non l’ho più vista…» Spiegò con naturalezza, come se la sconosciuta sapesse benissimo chi fosse Elizabeth. Non si soffermò più di tanto su quel pensiero, comunque. «Siete tutti cammelli in questa festa? Volete bere e bere, ci sono tanti altri modi per divertirsi!» Si guardò intorno per cercare un oggetto che gli facesse venire in mente un qualsiasi tipo di divertimento che non comprendesse per forza un bicchiere pieno di qualche alcolico. «No, qui non c’è niente! Caspita, non c’è nemmeno un karaoke! Tutti hanno un karaoke! A te piace il karaoke?» Puntò l’indice verso la bionda sconosciuta, facendole intendere che si stava rivolgendo proprio a lei, poi schiuse la mano per presentarsi: «Io sono Ziggy, e sono qui in qualità di imbucato, credo.» Sorrise, contento di aver conosciuto una nuova persona. L’aveva detto che sarebbe stato interessante partire all’esplorazione senza avere un obiettivo preciso!
     
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    Erano mesi che non faceva che domandarsi dove sbagliasse con Lev. Perché, dopo tutto quel tempo, lui ancora continuava a essere distante, a fuggire ogni volta che poteva. Persino quella sera, che sarebbe potuta essere finalmente la loro sera, lui aveva preferito allontanarsi, sparire chissà dove e non rispondere neppure al telefono. Iniziava a pensare di essere lei il problema. Forse il fatto di non essere la prima scelta era sempre stato scritto nel suo destino, sin dalla nascita, avvenuta in un momento così poco propizio, quando i suoi genitori erano già sull’orlo della crisi, a un soffio dal baratro dove sarebbero finiti di lì a pochi mesi. Era per quello che sua madre aveva portato lei e sua sorella in Norvegia, lontana dall’Irlanda dove aveva vissuto con il suo ex marito per qualche anno. Poche volte Robert l’aveva chiamata, e ancora meno l’aveva invitata a raggiungerlo insieme a sua sorella, segnando così il suo destino. Dopotutto, se neppure suo padre le aveva voluto poi così bene, preferendo il demone che dormiva nella camera accanto alla sua, perché mai qualcun altro avrebbe dovuto farlo? Ci aveva creduto, quando era riuscita a conquistare un nuotatore, quando avevano camminato fianco a fianco lungo i corridoi, per la prima volta, catturando l’attenzione di tutti gli altri. Ma purtroppo tutto si era fermato lì, alle mani strette in pubblico, alle occhiate, ai sorrisi di plastica che solo uno sguardo poco attento avrebbe potuto ritenere reali. Il loro rapporto non era mai divenuto qualcosa di più profondo, era come se esistesse solo se c’era qualcuno a guardarli e, quella sera, neppure in quel caso. Lev aveva deciso di ignorarla, di lasciarla da sola. Che cosa c’era di sbagliato in lei? Perché l’unico ragazzo di cui avrebbe desiderato le attenzioni faceva invece di tutto per evitarla?
    Si guardò in giro, rivolgendo sorrisi di circostanza in ogni direzione. Era importante mantenere l’apparenza, fingere che tutto andasse bene, che non fosse affatto preoccupata. Le persone parlavano sempre, di continuo, e bastava davvero poco per rovinarsi la reputazione. Che cosa avrebbero mormorato per i corridoi se lei si fosse dimostrata spaventata? Avrebbero capito che le cose non andavano bene. Raddrizzò la schiena e ravvivò un po’ i capelli, spostandosi in un’altra stanza. Meglio non rimanere troppo a lungo nello stesso posto. Ogni luogo le sembrava in quel momento, come se improvvisamente quella festa non facesse più al caso suo. Lei che aveva sempre amato le feste di ritrovava ora a volersene andare il prima possibile.
    Il ragazzo con cui si scontrò non sembrò affatto preoccupato dall’accaduto, tanto che rispose con un semplice saluto al suo invito, non proprio cortese, a stare più attento. Le sembrò molto curiosa tutta quella tranquillità e per un attimo si chiese persino se l’avesse ascoltata, ma fu solo un istante, poi tornò alla ricerca di qualcosa di alcolico che la aiutasse a portare a termine la serata. Inarcò appena un sopracciglio quando l’altro le rivelò che anche la persona con cui era arrivato lui era sparita quando era andata a cercare da bere. A quanto pare è un vizio. Pensò, serrando la mascella, tenendo però quel pensiero per sé. -Non è una vera festa se non c’è dell’alcol. - rispose lei, stizzita. Perché lei di feste se ne intendeva. Non ricordava che ci fosse mai stata una festa a cui lei non era stata invitata. -Ad esempio? - chiese poi, arricciando le labbra con aria piuttosto scettica. Era proprio curiosa di sapere cosa quel tizio intendesse per divertimento, visto che non sembrava interessato a bere. -No, non direi proprio. - rispose, quando lui le chiese del karaoke. In realtà aveva una bella voce, aveva seguito delle lezioni di canto e aveva scoperto di essere anche abbastanza brava, ma non aveva mai cantato in pubblico: la paura del giudizio era troppo forte. E poi, beh, il karaoke era da sfigati, no? -Penso che potrei apprezzarlo solo dopo diversi litri di alcol. - aggiunse poi, piuttosto convinta. Era incredibile come le persone potessero cambiare idea su molte cose quando avevano i sensi annebbiati. -Annabelle. E io invece sono stata invitata. - mormorò, con un sorriso piuttosto fiero. A lei non era mai capitato di doversi imbucare a una festa, non era mai stato necessario. -Cosa ti ha portato qui? - domandò, improvvisamente curiosa di comprendere qualcosa su qualcuno che sembrava così diverso da lei.
    Ancora qualche minuto, poi un volto conosciuto si affacciò nella zona in cui lei e lo sconosciuto stavano parlando. -Anna? - chiamò il ragazzo biondo con il sorriso smagliante che se ne stava in piedi a pochi metri da loro. -Ciao Phil, come va? - domandò lei, sfoderando un altro dei suoi dolci sorrisi finti, cercando di apparire perfettamente a suo agio nel suo essere priva di un accompagnatore in quel momento. -Stiamo per iniziare un altro giro, ma ci mancano dei giocatori. Ti unisci a noi? - chiese lui, in tutta risposta, senza rispondere alla sua domanda. Indicò con un gesto del capo un gruppo di ragazzi che stava seduto in cerchio attorno a una bottiglia. Lei arricciò il naso per un momento, con aria pensierosa, indecisa sul da farsi. -Coraggio, non credo che a Lev dispiacerà. - aggiunse, con un sorriso un po’ beffardo sul volto. Al solo sentire nominare il suo ragazzo raddrizzò la schiena, colpita nell’orgoglio. -Sì, certo, veniamo. - disse, mentre afferrava il braccio di Ziggy, trascinandolo insieme a lei. Non sapeva perché ma lui le ispirava una certa tranquillità, come se qualcosa le suggerisse che non fosse affatto in pericolo insieme a lui.
     
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2 replies since 24/4/2022, 17:58   88 views
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