Tu credi davvero che ci sia qualcosa che succede 'per caso'?

Sam & Cam

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +5   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Cittadini
    Posts
    16,567
    Reputation
    +2,797
    Location
    ..un luogo al di là del tempo e dello spazio..

    Status
    Anonymes!
    Era da qualche tempo che Frost aveva iniziato a non ascoltare più le sue parole e fare soltanto di testa sua. Inizialmente non ci aveva badato tanto, aveva creduto che fosse soltanto perché gli mancava Adam. Lui era molto più bravo di lei a trattare con gli animali, forse per il suo lavoro come guardia caccia o forse per via della sua particolarità che gli permetteva in qualche modo anche di comprendere il loro punto di vista e di vivere, per un breve tempo, mettendosi nei loro panni. Lei, invece, non aveva mai avuto un animale da compagnia prima di allora e non sapeva quindi esattamente come comportarsi. Non era in grado di interpretare tutti i segnali, di capirli. Lei e Frost stavano ancora imparando a conoscersi l’un l’altra anche se stavano insieme ormai da più di un anno. Mano a mano che si era fatto più grande, era divenuto anche più dispettoso e meno incline ad ascoltarla tanto che, alla fine, aveva deciso di rivolgersi a un amico, Alex, che si occupava di addestrare i cani. Si conoscevano dai tempi delle scuole. Era sempre stato un ragazzo tranquillo, di quelli che facevano in fretta a fare amicizia quindi, anche se non era nella sua classe perché era di poco più grande di lei, avevano comunque stretto un legame che era andato avanti anche negli anni successivi. Non si vedevano spesso, dato che avevano intrapreso due percorsi molto diversi, ma si scrivevano ogni tanto, per aggiornarsi sulle ultime novità. Quindi, non sapendo cosa fare, si era rivolta a lui in cerca di soccorso.
    Le aveva dato alcune dritte e all’inizio aveva quasi funzionato, poi era tornata punto a capo. Così aveva chiesto di poter iscrivere Frost a uno dei suoi corsi, così magari entrambi avrebbero appreso qualcosa. Era un cane di grossa taglia e, se fosse rimasto del tutto fuori controllo, avrebbe rischiato di farsi del male, o di fare del male a qualcuno con quella sua grossa stazza. -Andiamo Frost, oggi non puoi dormire sul tappeto per tutto il giorno. - lo sgridò, bonariamente, cercando di convincerlo ad alzarsi e seguirla fuori di casa. Da quando aveva fatto l’errore di saltare alcune passeggiate giornaliere lui ne aveva subito approfittato per divenire un gran poltrone. Si piegò sulle ginocchia, per raggiungere il suo adorabile musetto e accarezzarlo. -Forza. - cercò di spronarlo. -Prometto che in cambio avrai un biscottino. - mormorò, con un sorriso. Quella parola sembrò attirare la sua attenzione per un momento, ma non vedendo il trofeo promesso riappoggiò il muso sulle zampe, tornando alla sua posizione iniziale. -E va bene! - fisse quindi, alzandosi in piedi e andando a recuperare la scatola dei biscotti, così da rendere il tutto più credibile. La agitò in aria davanti a lui. -Ora vieni? - chiese, per poi sorridere quando lo vide balzare in piedi sulle zampe.
    Si fece seguire verso la sua auto, continuando con la promessa dei biscotti, lasciandogliene uno sul sedile di dietro dell’auto, così da convincerlo a salire e farsi chiudere all’interno. Bene, il primo passo era andato, peccato che ne restassero ancora parecchi! Quando gli era venuta quella malsana idea di dire di volere un cane tutto per sé? Aveva iniziato a pentirsene in quelle ultime settimane, ma sperava che presto tutto sarebbe tornato al suo posto. Forse ci voleva solo un po’ di pazienza e il tanto lavoro al giornale non aveva aiutato. Gli ultimi avvenimenti accaduti in città e l’articolo che Lars aveva pubblicato, aveva portato tantissime persone a chiamare alla redazione per dare le loro testimonianze, mandando tutto nel caos. Nessuno aveva mai capito molto sulle particolarità, quindi sapere che esisteva uno strano virus che colpiva proprio quella parte delle persone, aveva fatto uscire tutti fuori di testa. Non aveva mai creduto che una cosa come quella potesse accadere e ora anche lei si sentiva un po’ in ansia a riguardo. Non aveva mai usato molto la sua particolarità, preferendo farne a meno quando le era possibile, ma sapere di non poterla utilizzare la mandava in bestia e le faceva desiderare di utilizzarla ancora di più. Era sempre stata così. Quando qualcuno le diceva di non fare qualcosa lei, per contro, iniziava a desiderare ardentemente di farla. Cercava di trattenersi però, perché quello che era accaduto a Lys e a Beat l’aveva spaventata, anche se non aveva mai afferrato tutti i dettagli della faccenda. Aveva visto la collega molto turbata e non aveva voluto farle domande. E Beat, non vederlo al Bolgen per un bel po’ era stato un duro colpo, sapere che era in ospedale, privo di sensi, lo era stato ancora di più. Lui che era sempre stato così allegro e pieno di vita. Era passata a trovarlo in ospedale qualche volta. Poche, perché ognuna era stata come una pugnalata. Forse era stato sciocco da parte sua, ma una parte di lei si era convinta che, non vedendolo, avrebbe potuto ignorare la sua condizione e fingere che lui stesse bene. La paura però era rimasta. E se fosse accaduto anche lei? Se fosse accaduto a qualcun altro a cui voleva bene?
    Chiuse la portiera e mise in moto la macchina. Per quel giorno era meglio non pensarci e concentrarsi soltanto su una cosa. Un problema alla volta, solo così era possibile affrontarli. Raggiunse il centro di addestramento tenendo un occhio sulla strada e uno su Frost, che si agitava sul retro dell’auto, per niente felice di quella sistemazione. Fu quindi quasi un sollievo parcheggiare. Non amava molto stare al volante, preferiva la bicicletta o andare a piedi, ma in quel caso era stato quasi necessario. Dopo aver sistemato il guinzaglio fece balzare giù Frost e si diressero verso l’ingresso. Salutò tutte le persone che incontrò sul suo cammino, chiedendo informazioni su dove recarsi per trovare l’addestratore e camminò quindi con aria tranquilla verso l’interno, canticchiando una canzone. Sarebbe stata una giornata tranquilla, ne era convinta. Cosa mai sarebbe potuto andare storto? Poi, d’un tratto, una figura conosciuta si stagliò davanti ai suoi occhi: Cameron Blackthorne. Che cosa diavolo ci faceva lui lì? Ignorarlo sarebbe stato sciocco, visto che se ne stava completamente da solo in mezzo all’erba, in piedi. Oh, ehm.. ciao. - mormorò quindi, non sapendo bene come cominciare. Erano stati amici un tempo, da bambini, prima che lui si prendesse una grossa cotta per lei. Da lì tutto era degenerato e le cose non erano più state le stesse. Aveva sentito alcune cose sul suo conto, ma non sapeva bene come fosse andata la sua vita e che cosa facesse ora. Si era tenuta distante, visto che le poche volte che si erano parlati lui era stato piuttosto scortese e lei detestava quegli atteggiamenti, non reagiva mai bene quando capitava. -Avrei un appuntamento con Alex, lo hai visto per caso? - domandò, sperando di ricevere la giusta direzione dove andare e liberarsi così da quello spiacevole incontro.
     
    .
  2.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Sakura Blossom

    Group
    Member
    Posts
    981
    Reputation
    +2,142
    Location
    Far Away

    Status
    Anonymes!
    Cameron Noah Blackthorne

    Erano solo le 13 e aveva già superato il numero di passi consigliato dalla sua app per mantenere uno stile di vita sano. Sospirò, era una di quelle giornate in cui non poteva permettersi di perdere d'occhio l'orologio altrimenti avrebbe fatto tardi all'impegno successivo. Fortunatamente una volta raggiunto il Centro Cinofilo del suo amico Alex poteva concedersi una pausa dalla sua burrascosa relazione con lo scorrere del tempo, ogni minuto che perdeva da una parte comportava uno slittamento su quello che doveva fare dopo. Prima di raggiungere Alex era stato costretto a fare da autista e accompagnatore per sua sorella Clover che doveva comprare un vestito per uno dei tanti balli che organizzava la sua scuola, non gli erano mai piaciuti granché, forse anche perché non era mai riuscito ad andarci accompagnato, puntualmente le sue relazioni finivano prima dei balli scolastici. Doveva esserci una cospirazione contro di lui ai tempi del liceo, era assurda la precisione matematica con cui si ritrovava single a ridosso degli eventi in cui avrebbe avuto bisogno di un'accompagnatrice. Portare le sue sorelle lo avrebbe fatto apparire come uno sfigato, ma non poteva negare di essere ricorso a loro in più di un'occasione in cerca di un sostegno morale. Camille era quella più vicina a lui a livello di età e di carattere, infatti conservava in una cornice sulla sua scrivania la foto del ballo scolastico del penultimo anno di liceo, entrambi tirati a lucido stretti in degli abiti eleganti, indossando i loro sorrisi come unici accessori. Ripensandoci era stata una bella serata, anche se la vista di molti dei suoi compagni di classe che ci provavano con Camille non era stata esattamente piacevole. Molto di rado chiedeva compagnia a Clover, era la più piccola di casa Blackthorne, ma era anche la più furba, si era fatta pagare due volte per fargli da accompagnatrice, dopo di che Cameron aveva deciso di tenere i suoi soldi nel proprio portafoglio e di sopportare l'umiliazione della solitudine piuttosto che i suoi sporchi giochetti. Gli era capitato di andare a un compleanno con Cornelia quando aveva 14 anni, ma la differenza di età tra di loro si faceva ingombrante mano a mano che Cam procedeva sulla strada dell'adolescenza. Non poteva chiederle di andare ai balli con lui, ma Cornelia era una vera forza della natura, era parecchio più grande, eppure si prestava a giocare con lui ai videogiochi, battendolo persino. Come poteva non ammirare una persona del genere? Non importava che per lei il tempo delle bambole fosse terminato da un pezzo, trovava sempre il modo per divertirsi assieme a lui senza fargli pesare il divario generazionale. Cam aveva paura che crescendo lui e le sue sorelle potessero diventare come il suo professore di storia, il signor Grund, un uomo spento, con gli occhi così carichi di pensieri da spingerli costantemente verso il basso storcendone appena la simmetria. Era stato fortunato con la sua famiglia, un ambiente di adulti con lo sguardo leggero come l'aria e i cuori caldi come una torta appena sfornata. Aveva imparato a sue spese che i Blackthorne erano un'isola felice in un mondo pieno di immondizia e di sofferenza. Era un po' il percorso che facevano anche i suoi cani al Centro Cinofilo, vivevano per diversi mesi in un ambiente protetto, dove ogni progresso veniva lodato e ogni errore corretto con metodi rispettosi, ma quando finivano l'addestramento non c'erano più Cameron o i suoi colleghi pronti a difenderli se qualcuno li maltrattava. Il suo capo glielo ripeteva sempre che i cani erano come dei figli, gli addestratori non potevano far altro che prepararli al mondo al di fuori del loro centro sperando che non li bastonasse troppo forte. A volte non era riuscito a mantenere il necessario distacco, aveva sofferto a lasciarli nelle mani di persone a cui lui non avrebbe affidato nemmeno una monetina, figurarsi un cane. Fortunatamente Steffen, il suo capo, era sempre riuscito a riportarlo alla ragione e a evitargli un paio di pugni al naso che qualche agente gli avrebbe dato volentieri. Quando qualcuno non gli piaceva per i suoi amici a quattro zampe Cameron diventava estremamente sarcastico, al punto di creare una tensione spiacevole col futuro padrone dei suoi animali. Si affezionava sempre più di quanto gli fosse concesso, non era in grado di considerarli un ammasso di peli identificati da un numero di serie sulla targhetta del loro collare. Era proprio quella passione e quella dedizione che ogni tanto lo portava a fare un giro in altri Centri Cinofili per vedere le diverse realtà, da qualche mese aveva dato la disponibilità al suo amico Alex per dargli una mano coi suoi addestramenti. Non si occupava di cani per gli enti di Stato, bensì degli animali problematici dei privati. Quel giorno Alex gli aveva chiesto di occuparsi del San Bernardo di una sua vecchia amica, gli aveva raccontato che stava dando dei bei grattacapi alla sua padrona. Cameron aveva sorriso a quelle parole, una sfida vera e propria, pane per i suoi denti.
    "Hey, Venn!*" salutò da lontano Alex mentre attraversava l'ingresso del suo Centro di Addestramento, sorpassando la porta a vetri decorata con delle impronte di zampe colorate. Si avvicinò al desk della reception allungando una mano verso di lui per stringergliela, "come stai? Confermato stasera alle 21.00 per provare il demo del nuovo Resident Evil? Ho preparato il quaderno per le recensioni, votiamo tutte le caratteristiche principali e poi inseriamo il risultato sul tuo blog. Eskil ha preso un'ora di permesso da Pixel Town per esserci." gli rivolse un largo sorriso divertito, sapeva perfettamente che entrambi aspettavano quella serata da mesi, avevano prenotato il demo non appena l'avevano messo online per il pre-acquisto. "Presente, ovvio. Arrivo qualche minuto prima per allestire tutto. Porto anche le mie cuffie nuove di zecca per valutare l'audio e il soundtrack." Cameron annuì alle sue parole con solennità, come se avesse detto qualcosa di importantissimo. Era contento per lui, aveva risparmiato per parecchio tempo prima di potersi permettere quelle cuffie su-per-so-ni-che! Cam saltò le formalità e andò a sedersi accanto ad Alex, gli mise un braccio attorno alle spalle e gli allungò la busta di Burger King che conteneva il pranzo che gli aveva promesso. "Ci sono anche il doppio delle salse come mi avevi chiesto. Io mangio dopo, la tua amica col suo tornado a quattro zampe sarà qui a momenti. Non voglio dare un morso al panino e continuare a pensarci fino a che non se ne andranno!" risero di gusto perché Cam era noto per il suo stomaco senza fondo, soprattutto se si trattava di hamburger e di krumkake.
    "Min Venn vado a mangiare sul retro, vedo gente in arrivo." una pacca sulla spalla ed Alex si ritirò nel suo piccolo ufficio sulla destra, proprio accanto alla porta del bagno. Sollevò il pollice in segno di assenso, poi si diresse verso il giardino esterno in attesa del suo appuntamento lavorativo. Non dovette aspettare molto, pochi minuti dopo si ritrovò davanti una ragazza che conosceva sin troppo bene, sperò stupidamente che non fosse lei il suo appuntamento, ma il cane al guinzaglio era la risposta eloquente che avrebbe tanto voluto non notare. "Oh, ehm.. ciao." puntò gli occhi scuri sulla fonte di quelle parole, Samantha Bezuchov era in piedi davanti a lui nel giardino del Centro Cinofilo di Alex. Poteva andare peggio di così? Di tante persone che potevano aver bisogno dei suoi consigli proprio lei? Era da anni che la incontrava costantemente in quella città che si era fatta troppo piccola per entrambi, soprattutto nei momenti in cui non aveva bisogno di una presenza sgradita. Non gli era esattamente antipatica, ma c’era qualcosa di lei che non gli andava giù, forse collegava ancora il suo viso al suo primo rifiuto amoroso. Roba da psicologi, associazioni emotive e simili, non aveva mai analizzato a fondo il suo disprezzo a pelle per Samantha, neanche per chiedersi perché tutto d’un tratto non riusciva più ad esserle amico. Si diceva sempre che da bambini è più facile provare simpatia o affetto per qualcuno, poi si cresce in modo diverso e le strade si separano senza neanche dirsi addio. A loro era successo qualcosa del genere. ”Ah, cia’.” la salutò a mezza bocca, incrociando volontariamente le braccia al petto in segno di chiusura. Sollevò un sopracciglio quando gli disse che aveva appuntamento con Alex, quindi quel bastardello del suo amico non le aveva detto che le sarebbe toccato lui. Iniziò a chiedersi se per caso lo avesse fatto apposta a non dirgli il nome dell’impegno che gli aveva preso per quel pomeriggio, era suo amico, ma quando voleva sapeva essere davvero pessimo. ”In realtà hai un appuntamento con me.” si indicò puntando il proprio indice verso il mento, storcendo appena la bocca prima di lasciarla tornare a una posizione rilassata. Dopo aver pronunciato quelle parole si rese conto che poteva sembrare una strana tattica la sua, come se fosse stata tutta una sua idea di incontrarsi lì. ”Intendevo dire che Alex ha passato la palla a me, lui è in pausa pranzo e si occuperà di un altro cane. Non mi aveva detto che la padrona disperata eri tu, altrimenti… beh… insomma… iniziamo?” le fece cenno di seguirlo, si avviò verso il centro del giardino fermandosi solo quando raggiunse un grande gazebo che copriva un lungo tavolo in legno e una serie di armadietti che contenevano l’attrezzatura base degli istruttori. Utilizzando la chiave che aveva nella tasca destra estrasse da uno degli armadietti quello che sembrava un marsupio aperto, se lo legò in vita e richiuse tutto.
    ”Raccontami qualcosa del tuo cane intanto.” rimase di spalle mentre armeggiava col suo marsupio, ma aveva le orecchie ben protese verso la ragazza e il suo amico a quattro zampe. Si voltò solo dopo essersi accertato che al primo movimento brusco non gli sarebbe caduto tutto a terra rovinando i primi approcci con Frost, doveva capirlo dal fatto che gli aveva detto solo il nome del cane che c’era un tranello di mezzo. Mentre Samantha parlava con la coda dell’occhio studiava le reazioni di Frost alle sue parole e ai suoi cambi di tonalità e di emozione, probabilmente sarebbe risultato più interessato al suo animale che a lei, ma era lì per quel motivo, no? ”Prima di provare con qualche esercizio, vorrei che mi facessi vedere come dai gli ordini a Frost.” rimase qualche passo indietro evitando di entrare nel raggio di confidenza del cane, non doveva diventare immediatamente suo amico, altrimenti non avrebbe seguito le sue direttive e non lo avrebbe riconosciuto come persona di fiducia nel corso del tempo che avrebbero passato assieme. Moriva dalla voglia di accarezzare quel muso umidiccio e quella grande groppa robusta, doveva avere un pelo morbidissimo al tatto, ma dal suo viso e dai suoi modi non traspariva nulla, quando si trattava di lavoro sapeva trattenersi. Fece un ulteriore passo indietro per lasciare spazio a Samantha e vedere come avrebbe reagito Frost senza il guinzaglio a tenerlo fermo. Un leggero tremore o un vero e proprio terremoto?

    *Venn = Amico in Norvegese


    Edited by Aruna Divya - 11/6/2022, 17:46
     
    .
  3.     +2   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Cittadini
    Posts
    16,567
    Reputation
    +2,797
    Location
    ..un luogo al di là del tempo e dello spazio..

    Status
    Anonymes!
    Aveva controllato il contenuto della sua borsa per un numero indefinito di volte. Era convinta di essersi dimenticata qualcosa, anche se non riusciva a capire di che cosa si trattasse. Forse lei cercava un oggetto ma in realtà si trattava di un impegno? Di una scadenza? Ma soprattutto, perché si sentiva così nervosa quel giorno? Era come se qualcosa volesse farle capire che doveva stare all’erta, che quel primo giorno di addestramento non sarebbe filato liscio come lei credeva. O forse era soltanto il clima generale di agitazione che aveva investito la città a causa di quella nuova malattia di cui ancora nessuno sembrava aver capito granchè. L’aveva turbata molto scoprire di poter contrarre qualcosa soltanto perché possedeva una particolarità e ancora di più il fatto che forse, dopo tutta una vita trascorsa a sapere di poter muovere l’aria a proprio piacimento, non avrebbe potuto più farlo. Forse proprio come la natura aveva donato loro quelle doti ora decideva di punirli, di toglierle e di evitare che ne abusassero. Chissà se prima o poi sarebbero riusciti a trovare davvero una spiegazione a tutte quelle stranezze, se qualcuno avrebbe capito come mai alle persone toccavano proprio delle particolarità piuttosto che altre. Perché a qualcuno toccavano quelle pericolose e ad altri invece semplici trucchetti che non recavano alcun male. Lei si era sempre considerata molto fortunata. Sebbene le fosse capitato in poche occasioni di perdere il controllo e sollevare attorno a sé delle piccole trombe d’aria, poteva dire di saper tenere a bada la sua particolarità e la usava con leggerezza, anche soltanto per recuperare delle cose un po’ più lontane. Mai nella vita aveva creduto di poter diventare una persona normale, a cui non era più permesso usare quelle doti, come tutte quelle persone che vivevano fuori da Besaid, che non erano costretti a restare dentro i confini o a tornarvi spesso per evitare di dimenticare. Magari anche quella maledizione si sarebbe spezzata se non avessero più usato i poteri? Continuava a pensarci e ripensarci finendo con il prendere sonno sempre più tardi. In alcune occasioni era stata tentata dal riprendere in mano il suo blog, scrivere un breve articolo di getto su quanto stava accadendo e attendere dei feedback dalle persone che l’avevano sempre seguita, ma ora scriveva per il Daily, non poteva permettersi di legare il suo nome a notizie prive di fondamento, non in un momento così delicato.
    Cercava informazioni in ogni angolo, si confrontava con i colleghi, soprattutto con Lars, eppure nessuno sembrava ancora avere in mano delle notizie solide. Era tuttavia sicura che quelle notizie sarebbero arrivate, che non fosse possibile continuare a rimanere all’oscuro ancora per molto. Tutti sembravano concentrati su quell’evento. Mai come in quel momento i cittadini di Besaid sembravano fare fronte comune per un unico obiettivo, anche se c’era ancora chi non credeva che quel morbo fosse reale e parlava di complotti, di metodi per il controllo delle masse e di codardia. Quelle persone non facevano che generare scompiglio e paura e Sam si arrabbiava ogni volta che ne incontrava uno, ma cercava comunque di mantenere un certo distacco e non intervenire. Non voleva finire nei guai.
    Raggiunto il Centro di addestramento si mosse insieme a Frost, a cui aveva assicurato il guinzaglio per evitare che potesse andarsene in giro senza controllo, generando scompiglio e distruggendo ogni cosa sul suo passaggio. In rare occasioni di tranquillità aveva lasciato che la sua mente vagasse, immaginandolo come un super cattivo dei fumetti o dei film con i supereroi: un cane di dimensioni colossali che calpestava i palazzi, come Godzilla o King Kong e rideva di quel suo scenario astratto, guardando poi la vera stazza del suo Frost, che di certo non poteva competere con quei mostri. Lo guardò con un sorriso, continuando ad avanzare fino a notare una figura, per poi fermarsi a distanza di sicurezza da lui. Lo salutò, sperando che avesse delle buone notizie da darle e che di lì a poco sarebbero entrambi tornati sulle proprie strade, evitando di incrociarsi per diversi altri mesi. Negli anni trascorsi a Bergen si era quasi scordata quella spiacevole sensazione che si impadroniva del suo stomaco in quei momenti, visto che le occasioni di vedersi si erano ridimensionate parecchio, ma da quando era tornata stabilmente in città era come se la sfortuna la perseguitasse. Anche lui non sembrò troppo felice di vederla. Le rivolse un saluto approssimativo, incrociando le braccia al petto con aria poco felice. -Come scusa? - chiese, sicura di aver capito male, quando lui le rivelò che l’appuntamento era invece con lui. Che cosa voleva dire? Era certa di aver parlato con Alex, come aveva potuto confonderli? Si fece quindi più attenta quando l’altro continuò a parlare, spiegandole che cosa era accaduto e perché si trovavano in quella situazione. Una pausa pranzo, una sciocca pausa pranzo. Stava per prendere il telefono e scriverne quattro al suo amico, ma le parole successive del ragazzo la fermarono, costringendola a puntare gli occhi dritti su di lui per il fastidio. -Sai che ti dico? - mormorò, con il mento rivolto verso l’alto e gli occhi fiammeggianti. -Forse è meglio se torno un’altra volta. - mormorò, un po’ indispettita e un po’ triste per quello spiacevole inconveniente. Era davvero preoccupata per Frost e per come stavano andando le cose quindi non voleva che la tensione tra lei e Cameron potesse peggiorare la situazione.
    Attese quindi immobile per qualche momento, fino a che lui non le fece intendere che poteva restare e che potevano portare a termine l’addestramento di quel giorno. Lo seguì quindi, con passo lento e un po’ incerto, come se fosse lei ora ad essersi pentita di essere arrivata sin lì. -Uhm.. - mugugnò, quando Cameron le chiese di raccontare qualcosa riguardo Frost, forse per farlo entrare nel giusto mood. -E’ stato un regalo, di ormai più di un anno fa. - iniziò, prendendosi poi qualche secondo prima di ricominciare. Certe volte era difficile ripensare a quei momenti, altre invece ne parlava con assoluta tranquillità. -Non posso lasciare del cibo incustodito perché si spazzola qualunque cosa trovi in giro ed è un gran pigrone. Preferirebbe trascorrere tutto il tempo dentro casa piuttosto che uscire. - aggiunse poi, con un leggero sospiro. In realtà credeva che quello fosse solo un modo per farle notare che non amava il fatto che lei trascorresse tanto tempo fuori per lavoro. -Un tempo era più tranquillo e sembrava ascoltarmi maggiormente. Ora invece è come se fosse offeso, non saprei. - continuò, arricciando le labbra in un’espressione un po’ confusa, senza sapere come andare avanti. -Non sono brava a interpretare i segnali degli animali, non ne ho mai avuto uno prima. - ammise quindi, sperando così di fargli capire che non sapeva davvero dove sbattere la testa e che aveva bisogno di qualche urgente consiglio per riuscire a tranquillizzarsi un po’. Frost nel frattempo l’aveva seguita con aria un po’ annoiata, non molto convinto di voler proseguire quella camminata ancora per molto. Infatti, non appena si fermarono, si accucciò a terra, posando il volto sulle zampe.
    -Gli ordini a Frost, eh? - chiese, come se non fosse sicura di aver capito, mentre lui tirava fuori qualcosa dal suo marsupio e puntava poi lo sguardo su Frost. Lei lo guardò dubbiosa visto che non ricordava di aver mai provato seriamente a dargli degli ordini, né pensava che ci fosse una maniera adatta per farlo. -Frost? - disse, e quella parola suonò come un interrogativo poco convinto, ben lontano da un tono autoritario. L’animale voltò appena il capo nella sua direzione, non molto convinto. -Che ne dici di metterti in piedi? - domandò, e l’altro per tutta risposta fece ricadere la testa sulle zampe, del tutto disinteressato. Sbuffò appena, arricciando le labbra per un momento. -Vedo che oggi sei particolarmente pimpante. - mormorò a voce alta, parlando in realtà tra sé e sé, come se si fosse dimenticata della presenza di Cameron a pochi passi da lei. -Frost! Coraggio! - riprovò, sempre senza risultati. Posò le mani sui fianchi con aria un po’ indispettita. -Senti, non puoi avere un biscotto ogni volta che devi fare qualcosa. - protestò, incrociando le braccia al petto con aria assolutamente contrariata. Ancora una volta fu la parola biscotto l’unica a destare l’attenzione di Frost, che si mise subito in piedi, osservandola con attenzione. -Incredibile! - constatò, scuotendo il capo. Era ormai il caso di arrendersi al fatto che l’animale amasse molto i più biscotti di quanto amasse lei. L’animale si mosse con aria incuriosita, annusando l’ambiente intorno a sé alla ricerca del suo premio. Prima si avvicinò a lei, annusando la sua borsa, poi a Cameron, nella speranza di avere più fortuna. -Spera che tu abbia del cibo. - spiegò, alzando gli occhi al cielo. -Temo che sia un caso disperato. - terminò, con l’ennesimo sospiro. Probabilmente stavano solo perdendo del tempo entrambi e nessuno sarebbe riuscito a far ragionare Frost.
     
    .
2 replies since 2/6/2022, 18:05   99 views
  Share  
.
Top
Top