Do you remember when we were just two wild Dogs?

Raph e Rem

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Cittadini
    Posts
    16,567
    Reputation
    +2,797
    Location
    ..un luogo al di là del tempo e dello spazio..

    Status
    Anonymes!
    Guardò il telefono, in attesa di una risposta che sembrava proprio non voler arrivare. Era sicuro di essere nel punto giusto, eppure non riusciva a vedere il suo collega da nessuna parte. Forse era stato trattenuto altrove? Il clima in città si era fatto più teso da quando quella strana malattia aveva iniziato ad aleggiare come un’ombra su tutti i cittadini. Sembrava essere arrivata per caso, senza alcun segnale che potesse avvisare le persone e permettere loro di mettersi al sicuro. Una festa, una strana cerimonia che non era avvenuta davvero e poi quello Sykdom, così lo aveva battezzato alcuni studiosi. Anche lui, in quanto medico e membro di un’organizzazione governativa, aveva cercato di studiare i pazienti che erano finiti in pronto soccorso, in condizioni più o meno gravi. Doveva pur esserci un nesso, qualcosa in grado di generare tutto il casino, eppure ancora gli sfuggiva. Nessun esame diagnostico era in grado di rivelare il soprannaturale e la sua particolarità non gli permetteva di comprendere nulla di più. Poteva cercare di aiutare i cittadini a placare i loro poteri una volta contagiati, con il rischio di ammalarsi anche lui. Alcuni colleghi dell’ospedale lo avevano sgridato quando lo avevano visto cercare di alleviare la sofferenza di alcune persone in quel modo, gli avevano detto che così si metteva a rischio e che non potevano perdere neppure un medico. A lui, tuttavia, non importava. Il benessere degli altri aveva la priorità, era questo che gli imponeva il suo giuramento, con ogni messo. In troppi si erano affollati verso le porte del Pronto Soccorso, anche soltanto alla ricerca di una parola, di una visita che non avrebbe aiutato. Non tutte le persone che aveva visto erano davvero malate, alcune semplicemente avevano così tanta paura da vedere sintomi che non esistevano davvero. E come biasimarli dopotutto? Certe cose erano difficili da accettare. Quella tranquilla cittadina stava affrontando una guerra, a modo suo, e i suoi cittadini, sebbene fossero persone dotate di incredibili poteri, non erano certo dei soldati.
    Erano stati inutili gli inviti alla calma da parte dell’amministrazione comunale e degli ospedali: le persone avevano paura. E la paura non portava mai a nulla di buono. Lo aveva imparato ormai, dopo anni trascorsi lontano da casa, in Medio Oriente, dove la paura aveva causato molti danni. Eppure non si poteva neppure tacere su un fatto così grosso, su un’epidemia di quella portata che era destinata a ingrandirsi con il passare del tempo. Fino a che qualcuno non fosse riuscito a risalire alla causa, o quanto meno al mezzo di contagio, nessuno poteva dirsi davvero al sicuro. Qualcuno si era chiuso in casa, sperando così di tenersi lontano dagli altri e dai problemi, qualcuno aveva pensato che smettere di usare le particolarità fosse la soluzione, altri ancora invece erano andati avanti con la loro vita, fingendo che la cosa non gli importasse. Altri ancora, i più pericolosi tra tutti, negavano l’esistenza di quel male e invitavano le persone a ribellarsi e rovesciare il governo, ritenuto colpevole di aver diffuso notizie false. Lui, dal canto suo, sperava di ricevere presto delle novità. Era snervante combattere contro un nemico invisibile di cui non sapeva quasi niente, lo faceva sentire inutile e lui detestava quel genere di sensazioni. Preferiva agire, buttarsi al centro della mischia, anche se tutti non facevano che invitarlo a tenersi indietro, lontano dalle persone e dal pericolo. Si era chiesto spesso in quegli ultimi mesi se quella voglia di ribellione era sempre stata insita dentro di lui, o se fosse stata la guerra a cambiarlo insieme alla perdita di memoria. Ancora non era riuscito a ricostruire molto sul suo passato. Aveva tenuto un profilo basso, evitando di diffondere notizie sul proprio conto. Alcuni dei suoi superiori erano stati chiari sul fatto che era meglio che stesse per conto suo, che non cercasse di recuperare alcun contatto perché avrebbe messo soltanto a rischio quelle persone. Non sapeva neppure se questa volta sarebbe restato davvero o se lo avrebbero spedito chissà dove a distanza di qualche mese. Era la Divisione a decidere dove sarebbe stato di stanza, non lui.
    Un rumore forte, come di uno scoppio, attirò la sua attenzione. Di voltò, notando del fumo alla sua sinistra. Qualcuno doveva aver lanciato un petardo o qualche altro tipo di esplosivo. Si mosse in quella direzione con passo veloce ma fermo, mentre una moltitudine di persone iniziava a correre nel verso opposto, per mettere quanta più distanza possibile tra loro e chiunque stesse cercando di dare vita a una nuova protesta. Le strade si erano fatte pericolose e in alcune occasioni la sua mente era volata lontana, a quella terra arida che si era lasciato alle spalle, dove era stato costretto a seppellire molti amici. La guerra non risparmiava nessuno, non soldati, non medici, non civili. E quello che temeva di più era di vederlo accadere anche lì. -Scusatemi. - disse, cercando di districarsi in mezzo alla folla e continuare ad avanzare. Era complicato non farsi trascinare dalla massa ma puntò bene i piedi a terra e fece resistenza. Ripetè la stessa parola ancora due, tre, quattro, forse cinque volte, prima di riuscire ad aprirsi uno spiraglio. Qualcuno in piedi inveiva contro il Municipio, poco distante dalla posizione in cui si trovavano, tre persone erano accanto a lui e cercavano di dargli man forte, mentre quattro persone erano a terra, forse ferite dall’esplosione che quel piccolo gruppetto aveva generato. Ad una veloce occhiata nessuno sembrava riportare gravi ferite, sembravano solo molto disorientati. Un uomo tra tutti catturò la sua attenzione e fu quindi a lui che si avvicinò. Aveva un piccolo taglio sulla tempia da cui colava del sangue. -Signore, si sente bene? - domandò, cercando per prima cosa di attirare la sua attenzione e verificare quindi che fosse lucido e cosciente prima di andare avanti. -Sono un medico, ha bisogno di aiuto? - domandò ancora, cercando di osservare meglio le sue condizioni. Forse era il caso di chiamare la polizia e di far allontanare anche gli altri feriti dalla scena.
     
    .
  2.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    All hype, no heart

    Group
    Vice
    Posts
    1,452
    Reputation
    +2,808
    Location
    kensington gardens.

    Status
    Anonymes!



    Il passamontagna di feltro lo rendeva una maschera nera trascinata dalla corrente umana che avanzava come un fiume fuori dagli argini. Con l'arrivo dei Dogs ci era voluto poco che quella manifestazione assolutamente pacifica si trasformasse nel caos più totale. Si erano infiltrato nei ranghi all'altezza del Municipio, uomini incappucciati o col viso coperto mal mischiati a giovani, donne, anziani e bambini, ma avevano aspettato che il corteo arrivasse alla piazza centrale prima di dare il via alle danze. E che danze signore e signori. A intervalli ben calcolati ognuno di quei volti senta fattezze si era messo a urlare frasi specifiche studiate a tavolino per intere settimane con l'intento di aizzare la folla. Era come se sapessero quali parole usare per far incazzare la gente, anche se non ci voleva poi molto visto il malumore, la diffidenza e la paura che in quei mesi serpeggiavano come sussurri malefici tra le abitazioni di Besaid. E come dar loro torto, la città cadeva sempre più in basso e il governo non sembrava preoccuparsene. Neanche l'avvento di quella misteriosa malattia che mieteva vittime sembrava spingerli all'azione. Se non li avevano ascoltati prima, ora le loro parole avrebbero attecchito, Rem ne era sicuro. La stanchezza e il terrore erano colla per la loro missione, il messaggio non si sarebbe scollato tanto facilmente. E infatti, dopo un momento fatto di occhiate confuse e smarrimento, le prime voci iniziarono ad alzarsi con urla sparata sulle teste, e quelle voci non appartenevano a nessuno dei suoi compagni. Lo sapeva perché con certe voci Rem c'era cresciuto, le aveva sentite sussurrare desideri dall'altra parte del cuscino, sogni di un futuro meno terreno e più simile al paradiso. Con quelle dizioni strascicate aveva lottato fianco a fianco, Rem, le avrebbe riconosciute nel bel mezzo di uno stadio ricolmo. Il primo colpo venne sferrato dalla polizia quando gli argini del fiume-folla, ormai impazzito, tentarono di sorpassare i cancelli per dilagare dentro sale riunioni e uffici comunali. Dio solo sa cosa avrebbero potuto fare se fossero riusciti ad abbattersi sul sindaco. Anche Rem lo sapeva e non se ne rammaricava, era tempo che il popolo scoprisse le bugie in cui l'avevano costretto a vivere, era giunto il momento per tutti loro di aprire gli occhi e finalmente vedere.
    Trascinato dalla folla, Rem finì per perdere di vista i suoi compagni. La cosa lo infastidì senza preoccuparlo però più di tanto, ognuno aveva ordini precisi da seguire in ogni circostanza e situazione immaginabile. Avevano passato giorni a riflettere ideando tutti gli scenari possibili senza tralasciare nessuna piega che gli eventi avrebbero potuto prendere, quindi non c'era niente di cui preoccuparsi anche quando il primo fumogeno colpì la folla accecandola. Rem strizzò gli occhi, cercò di non respirare per non far entrare il fumo sotto la maglia del passamontagna mentre la folla gli impediva di tagliare diagonalmente verso uno dei lati della marea umana. Si scontrò violentemente con lo scudo ermetico di un poliziotto, la folla lo schiacciava e lui, dal canto suo, utilizzò quella spinta e la sorpresa da essa creata per assestare un colpo all'uomo, che perse l'elmo e si mise ad urlare mentre Rem e la folla lo calpestavano. La potenza di quella gente arrabbiata lo fece gridare di vittoria, e presto si ritrovò a menare colpi con un manganello stretto in mano senza avere idea di come se ne fosse appropriato. Quando i lacrimogeni aumentarono, una coltre si sparse nell'aria e rese grigia ogni cosa e persona. La gente non si fermava, però, e fu solo quando la polizia iniziò a caricare davvero e a sparare i primi colpi in aria che le persone iniziarono a scappare. Era il caos più incontrollato, proprio quello che i Dogs volevano. Si scontrò con qualcuno. Passamontagna, occhi gonfi, stravolti. Era uno dei suoi. «Va' via, è fatta. Va' via! E nel mentre spacca qualche altra testa con l'elmetto.» Spinse via l'uomo, girandosi per andare nella direzione opposta quando qualcosa di nero si scaraventò sulla sua faccia, troppo veloce per essere schivato. Il calcio di una pistola. Sentì la sua fredda contro le costole mentre vacillava prendendosi la testa tra le mani. L'avrebbe tirata fuori e avrebbe forse sparato, Rem, se l'esplosione non li avesse spinti in avanti con una forza spacca ossa. Parecchi minuti dopo si ritrovò in una viuzza secondaria senza sapere come c'era arrivato. Sedeva con la schiena appoggiata al muro ingiallito di piscio di un ufficio postale ormai in disuso e respirava pesantemente. Cercò di valutare i danni. A primo impatto niente di rotto, solo il perpetuo fischio nell'orecchio destro causato dall'esplosione. E gli occhi che bruciavano come se un grizzly ci avesse appena sputato dentro. Con una mano insudiciata si strappò il logoro passamontagna dalla faccia e inalò una grande boccata d'aria. Neanche si rese conto del taglio finché qualcuno non lo chiamò. Una voce, quella voce. Avrebbe riconosciuto la voce di un compagno in mezzo a un'arena strapiena. Ma non era possibile, non poteva trattarsi di lui. Alzò lo sguardo azzurro venato di linee rosse sull'uomo in piedi vicino a lui. -Sono un medico, ha bisogno di aiuto? - Quei capelli, quel viso. Dovette strizzare gli occhi per schermarli dal sole ma non c'erano dubbi: aveva appena incontrato un vecchio fantasma. «Che ci fai tu qui?» Nessuna parolaccia o imprecazione, solo il tono gelido e lo sguardo cattivo di chi non è contento di rincontrarsi. Con le mani rasenti al muro, Rem si alzò per fronteggiarlo con aggressività mal trattenuta. Lo afferrò per il colletto della maglia. «Sei tornato per tradirci nuovamente?» Parlava al plurale per non fare di quella storia una questione personale. Per non fargli capire niente. Col fischio nelle orecchie e un trauma cranico probabilmente in corso, Rem non aveva proprio pensato alla maledizione di Besaid. Non poteva accettare che non ricordasse come gli aveva voltato le spalle. Sentiva già l'ombra gorgogliare sotto le suole delle scarpe. Negli ultimi giorni faticava ancora di più a tenerla a bada. Che fosse colpa del virus che li stava annientando?
     
    .
  3.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Cittadini
    Posts
    16,567
    Reputation
    +2,797
    Location
    ..un luogo al di là del tempo e dello spazio..

    Status
    Anonymes!
    Il fumo rendeva difficile muoversi attraverso la folla, ma cercò comunque di fare del suo meglio per raggiungere una zona più centrale e avere un’idea dei feriti. In mezzo a tutto quel caos gli tornò alla mente un caos completamente differente, fatto di sabbia, fumo e terra che si mischiavano al sangue delle vittime e alle urla. Chiuse gli occhi per un momento, cercando di frenare i ricordi della guerra e di ciò che aveva vissuto. Deglutì a fatica, prendeva un profondo respiro. C’erano ancora dei traumi non completamente risolti all’interno della sua vita. Il più delle volte stava bene, la vita scorreva pacifica e silenziosa, ma in alcune occasioni certe sensazioni si svegliavano, riportando alla mente ricordi e sensazioni che gli facevano venire la nausea e la tachicardia. Capitava più spesso la notte, quando gli incubi andavano a visitarlo, facendogli rivivere i momenti peggiori innumerevoli volta, ma in rare occasioni, in presenza di scoppi o di altri eventi scatenanti, poteva accadere anche da sveglio. Si fermò quindi, cercando di riprendere il controllo. Lo psicologo da cui era stato al suo rientro gli aveva insegnato alcune tecniche e si appellava sempre a quelle. Fino a quel momento aveva sempre funzionato quindi non si era preoccupato di fare delle nuove visite, di accertarsi di essere guarito. Sapeva bene di non esserlo, ma fino a che un altro medico non emetteva quella diagnosi poteva dire di stare bene e cercare di avere una vita normale, come quella degli altri.
    Strinse i pugni e riprese a camminare, affrettando il passo per recuperare il tempo che aveva perso con quel piccolo inconveniente. In certe situazioni il tempismo era fondamentale ed era convinto che ci fosse più di un ferito a cui prestare soccorso in quel momento. Non poteva pensare a se stesso e neppure voleva farlo. Il lavoro lo aveva aiutato molto a non pensare, a chiudersi dentro un mondo completamente diverso, lasciando fuori ciò che avrebbe potuto farlo stare male. Uno, due, tre passi veloci e poi un po’ del fumo si diradò, lasciandogli vedere alcune persone. Tossivano, ma a parte un po’ di spavento non sembravano avere segni visibili di ferite. Prese il telefono e chiamò un’ambulanza, avvisando che c’era stata un’esplosione in centro e che potevano essersi diversi feriti. I soccorsi sarebbero arrivati presto e si sarebbero occupati anche di coloro che non avevano dei sintomi gravi, era meglio proseguire quindi e capire se c’erano qualcuno di più urgente. Svoltò verso una viuzza secondaria, dove alcune persone avevano continuato a correre per sottrarsi allo scontro. Lì notò un uomo a terra, con una ferita sanguinante sul capo. Si avvicinò piano, cercando di attirare la sua attenzione. Era possibile che il colpo lo avesse disorientato e che non capisse quindi bene dove si trovava. Si fece più vicino, cercando di comprendere l’entità della ferita, ma quando i suoi occhi incontrarono quelli azzurri dell’altro una sensazione strana, come di un morso all’altezza dello stomaco, si impadronì di lui. Corrucciò appena la fronte mentre l’altro gli chiedeva che cosa ci facesse lì. -Ci conosciamo? - domandò, non riuscendo a mettere a fuoco di chi potesse trattarsi. Era un paziente dell’ospedale con cui si era scontrato? Il tono gelido sembrava trasmettere una rabbia sopita che non riusciva a spiegarsi. Cercò di fare mente locale, di sforzarsi di ricordare.

    Un ragazzo arrabbiato se ne stava in piedi, di fronte a lui, espressione seria e qualche metro di distanza che sembrava impossibile accorciare. -Ho sbagliato, lo so. - disse, proprio verso quel ragazzo, senza pretendere una risposta dall’altro. Rem non era mai stato uno da tante parole, ma si faceva comunque capire. -Non avrei dovuto avvicinarmi a lei. E’ stato un errore. Ma prometto che rimedierò. - continuò, con una certa convinzione, abbozzando un leggero sorriso in direzione di quello che, per lui, sarebbe sempre stato il suo migliore amico. -Vado via dalla città, dimenticherò. E quando tornerò potrò essere quello di un tempo, di nuovo. - aggiunse, sperando di convincerlo e di ottenere una qualche reazione dall’altro. Scavò all’interno della sua valigia, estraendo un libro, alcune foto e un piccolo quaderno, porgendoli all’altro che li prese senza troppa decisione. -Tornerò a prenderli, solo che non so ancora quando. - mormorò. Gli risolse un leggero cenno con il capo, un sorriso triste, poi mosse un passo all’indietro.

    Le immagini scomparvero velocemente e lui si ritrovò a fronteggiare quell’uomo, ora in piedi di fronte a lui mente gli teneva il colletto della maglia tra le mani. Rem. Era la seconda volta che quel nome popolava la sua mente, anche se nel ricordo precedente era stato in compagnia di Willow mentre parlava di lui. Un errore, uno sbaglio che lo aveva portato a decidere di andarsene volontariamente dalla città e dimenticare. Quella notizia lo lasciò frastornato per un momento, mentre l’altro gli chiedeva se era tornato per tradire tutti loro, ancora una volta. Loro, i Dogs di cui in passato aveva parlato a Willow? Era di loro che parlava? Esistevano ancora? Lo guardò con aria confusa, senza capire. -Tradirvi di nuovo? - domandò, sperando che la foga con cui lo aveva accusato portasse quell’uomo a dargli delle spiegazioni. Raphael aveva dimenticato la vita trascorsa in quella cittadina, gli errori commessi, le amicizie che aveva stretto, ma Rem doveva avere ancora tutto perfettamente impresso nella mente. Prese un profondo respirò e cercò di mettere da parte tutti quegli interrogativi per concentrarsi su qualcosa che, in quel momento, era decisamente più urgente. L’uomo non sembrava stabile sulle sue gambe e la ferita sulla tempia continuava a sanguinare. Non poteva stare in piede e ancora meno agitarsi in quel modo, quindi cercò di riportare a galla il medico e di rimettere invece in profondità l’ex abitante. Sollevò le braccia, andando a posare le mani sulle spalle dell’uomo, recuperando la calma. -Non so per quale motivo lei sia arrabbiato con me, né perché abbia tutta questa voglia di spaccarmi la faccia. - mormorò, come prima cosa, come se fosse una cosa intelligente scherzare su una faccenda come quella. Raphael era sempre stato un tipo che diceva quello che pensava, senza preoccuparsi troppo delle conseguenze e che, spesso, lo faceva in modo un po’ ironico. Chissà se Rem avrebbe trovato rassicurante vedere che non era cambiato poi molto, o se, al contrario, la cosa lo avrebbe solo fatto incazzare di più. -Ma dovremmo rimandare questo piacevole battibecco. Ha subito un trauma alla testa, potrebbe essere grave. Non è sicuro per lei restare in piedi. - continuò, mantenendo il tono distaccato di chi non aveva davvero idea di chi fosse la persona che aveva di fronte. Aveva recuperato pochi frammenti, dettagli che potevano dire molto ma che allo stesso tempo non gli permettevano di avere un quadro delle cose. Non percepì la particolarità dell’altro iniziare ad accendersi, uscendo dal suo controllo, troppo concentrato sul suo volto e sulle sue ferite per poter pensare a qualcosa di diverso. -Per favore, si sieda e mi faccia verificare l’entità del danno. - disse ancora, allontanando le mani dalle sue spalle e sollevandole in aria, come se stesse cercando di mostrare una resa e il fatto che non avesse intenzione di fargli del male. -Se non crede alle mie parole può trovare il mio tesserino dell’ospedale nella tasca, le confermerà che sono un medico. - aggiunse ancora, non sapendo se magari fosse quello il problema. In realtà moriva dalla voglia di chiedergli chi fosse, come si fossero conosciuti, che cosa sapesse sul suo conto, ma metterlo al sicuro era la sua priorità, era sempre stata la sua priorità.
     
    .
  4.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    All hype, no heart

    Group
    Vice
    Posts
    1,452
    Reputation
    +2,808
    Location
    kensington gardens.

    Status
    Anonymes!
    «Medico?» esclamò urlandogli quasi in faccia, i denti talmente stretti da riuscire a stento a far uscire le parole. «Rimani solo uno stronzo.» Gli sputò ai piedi un grosso bolo di saliva mista a sangue. La presenza del rosso non presagiva nulla di buono ma Rem non sembrava preoccuparsene, sempre proteso alla mossa successiva, alla fase seguente del piano. C'era sempre altro da fare, luoghi in cui essere che non fosse quello in cui si trovava. Detestava perdere tempo, restare fermo a rimuginare su quello che era stato.
    La rabbia gli ribolliva dentro, l'ombra di pece si agitava sotto le suole fino quasi a lambire le punte delle scarpe dell'altro mentre quest'ultimo continuava a parlargli come se niente fosse, come se non lo conoscesse. Vederlo in quel contesto, unito al trauma cranico, lo colpì talmente forte da fargli credere per un secondo di essere tornato indietro nel tempo a quando erano poco più che ragazzini alle prime armi, con sogni e idee che credevano di riuscire a portare a compimento insieme. Lo osservò a lungo, lo sguardo per un secondo vitreo come se non vedesse quella ma una versione antecedente di lui spuntata dal passato per tornare a tormentarlo e a renderlo, per un momento almeno, quasi felice. Perché quelli, nonostante tutto, erano i bei tempi. Nonostante le pene sofferte dal padre, nonostante le ore rinchiuso in una scatola le avventure con Raph erano state quanto di più vicino alla felicità che Rem ricordasse, a parte le notti trascorse con Max. Guardò quel viso cresciuto con occhi assenti, resi opachi dalla botta presa in testa, vedendoci il ragazzino scapestrato che lo seguiva ovunque andasse senza opporre resistenza perché si fidava di lui. Proprio come un cane, come un dog. La luce tornò improvvisamente a brillare nello sguardo assente, Rem tornò al presente e con esso tornarono i rumori, la puzza di bruciato e la fitta alla tempia. Grugnì, Rem, cercando di scostarsi dall'ex amico compiendo qualche passo rasente il muro prima di essere costretto a fermarsi, senza fiato. Si era ricordato della maledizione che affliggeva quel dannato posto, aveva capito perché Raphael facesse il finto tonto: difatti lui, di loro, non ricordava niente. Scosse con violenza la testa a destra e a sinistra procurandosi un capogiro che non aiutò assolutamente la situazione. Doveva tornare in sé, doveva ragionare, non aveva tempo per quelle stronzate uscite a passo felpato da una vita che aveva rimosso; non aveva tempo per lui, che era solo un fantasma. Perché quando lo si tradiva, Rem non tornava mai indietro. Così aveva fatto con chiunque da sempre, con Syblla e con Max: terra bruciata intorno. Le gambe gli cedettero all'improvviso, un ginocchio tocco l'asfalto malamente e con un rumore sorto di ossa infelici. Si sforzò di pensare lucidamente, strizzando gli occhi più volte per schiarire la vista da che da cinque minuti era offuscata come se stesse guardando da un finestrino appannato. Non poteva credere d'essere in quella situazione di merda; non immaginava che la ferita infertagli tanti anni prima potesse bruciare ancora così tanto.
    Alzò lo sguardo sull'intonaco scrostato dell'edificio a cui si teneva aggrappato, dello stesso colore delle pallottole di ghiaia e colla che erano soliti creare quando, a quindici sedici anni, iniziavano quel passatempo mortale che dalle lucertole li avrebbero portati, in futuro, a sparare a bersagli ben diversi. Già all'epoca Rem aveva perso interesse per le parole, però con Raphael riusciva a comunicare come non aveva mai fatto con nessun altro, forse neanche con Max. O forse era semplicemente Raph a fare tutto, a saper ascoltare i silenzi o leggere il non detto fra le rare parole dell'amico. Chiuse gli occhi per un secondo appena, rivedendosi di fronte il giorno in cui l'aveva tradito e aveva tradito la causa per una ragazza qualunque. Ne era valsa la pena, almeno? Rem sperò con odio di no.

    In quel momento, con un palmo aperto contro il muro e un ginocchio al suolo, Rem dava le spalle all'unica persona presente con lui e non riusciva a vederlo. Sentiva già altre sirene avvicinarsi. Inspirò forte e la cassa toracica si lamentò. Diamine, se avesse potuto gli avrebbe staccato la faccia a morsi. Ma non poteva, era in una situazione di merda e l'unica via di fuga, purtroppo, era lui. Riaprì gli occhi e urlò furente.«Oi, medico del cazzo! Vieni qui.» Appena gli fu possibile lo afferrò per una spalla spingendolo con il proprio peso a piegarsi per raggiungere con la faccia il suo livello. «Dobbiamo andarcene da. Niente ospedali, niente polizia. Fatti venire in mente qualcosa.» La presa di Rem si mosse verso il retro del suo collo, stringendolo forte finché le loro fronti non cozzarono di traverso. «Ce l'hai una macchina, Raphael? » L'aveva chiamato per nome, era la prima volta che lo pronunciava in anni e l'aveva fatto solo puntando a fare leva sulla curiosità e le emozioni di Raph che, glie lo si leggeva in faccia, erano più confuse che mai.
    Voleva sapere, l'uomo, sapere perché Rem gli fosse così famigliare e non riuscire ad acciuffare i ricordi lo stava facendo impazzire.
    Dire il suo nome però lo fece arrabbiare ancora di più, ma mandò giù il bolo disgustoso concentrandosi sul dolore bestial che gli invadeva la testa. Il dolore, quello sì che sapeva come controllarlo e, così, riusciva anche a tenere a bada l'ombra. Dapprima deviò e scansò ogni aiuto da bravo caparbio testa di rapa, negli ultimi metri che li speravano dall'auto però fu costretto ad appoggiarsi al medico per non stramazzare al suolo. La portiera si chiuse facendo tremare i vetri e la sua testa mentre, mezzo sdraiato sul sedile del passeggero, Rem cercava di non svenire. «Va' verso l'interstatale. Metti in moto, dannazione!» Sbatté una mano sul cruscotto, prendendo respiro solo quando mise finalmente in moto. Si abbassò istintivamente lungo il sedile quando delle volanti sfrecciarono di fianco a loro, poi, finalmente, rilassò la testa contro lo schienale. I pugni chiusi per trattenere qualsiasi cosa, la mente di Rem cercava di ragionare e formulare un indirizzo sicuro al quale farsi lasciare il più presto possibile. La presenza di Ralph al suo fianco ingombrava i ricordi di una mente tanto confusa dal colpo da viaggiare fuori e dentro il passato, a tratti lucido altre, invece in delirio. «Cosa ti ricordi?» Sussurrò piano, troppo piano per i suoi standard, la testa che urlava di dolore a ogni minimo sobbalzo della macchina. Socchiuse gli occhi, Rem, le sopracciglia aggrottate. «Quella non ci porterà niente di buono, te lo dico io. I dogs prima di tutto, l'hai giurato.» Disse in preda a un ricordo senza neanche sapere cosa stesse dicendo o da dove avesse pescato quella conversazione di tanti anni prima. Con un sussulto riaprì gli occhi di scatto, tornando un po' di più verso la realtà- «Non saresti dovuto tornare, Raph». Quella, suonava come una minaccia.
     
    .
  5.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Cittadini
    Posts
    16,567
    Reputation
    +2,797
    Location
    ..un luogo al di là del tempo e dello spazio..

    Status
    Anonymes!
    L'astio dell'altro lo colpì con violenza, lasciandolo per un momento interdetto di fronte a una rabbia che non riusciva a spiegarsi. Non ricordava di aver mai visto quell'uomo, neppure di sfuggita al pronto soccorso, neanche una volta in quei quasi due anni in cui era in città, poi un flash improvviso gli riportò alla mente il frammento di un ricordo. Anche lui, come Willow, era stato un tassello importante di un passato di cui non aveva alcuna memoria. Non fece fatica a riconoscere in quel volto duro e segnato dal tempo il ragazzino furioso che lo aveva guardato senza dire nulla quando gli aveva promesso che sarebbe tornato. E in fin dei conti poteva dire di averlo fatto, di essere di nuovo lì, peccato che non sapesse a che tipo di errore avesse dovuto rimediare, né tanto meno se ci fosse riuscito a meno. L'insulto e lo sputo non lo scossero poi molto, si limitò a fissare quello che immaginava dovesse essere Rem con occhi nuovi, come se quel piccolo flash avesse potuto cambiare radicalmente il suo modo di vedere il mondo. Era stata davvero la scelta giusta? Andare via? Era stato un errore così grave da non essere riparabile in altro modo? O forse lui aveva solo cercato la via più facile per uscirne? Quelle domande gli martellavano nella testa mentre osservava l'altro cercare di muoversi nonostante il trauma cranico, sforzandosi di rimanere in piedi. Seguì il percorso dettato dal muro, tenendosi quasi a esso per non cadere e Raphael lo osservò in silenzio, mantenendosi a una breve distanza, senza tuttavia abbandonare il pensiero di aiutarlo. Era evidente che fosse in difficoltà e che fosse anche una persona decisamente troppo orgogliosa per chiedere o accettare aiuto, ma questo non gli avrebbe impedito di provarci. Anche lui sapeva essere particolarmente testardo quando lo voleva. Lo lasciò allontanare appena, orgogliosamente appoggiato al muro con un ginocchio a terra per evitare di cadere. Temeva che sarebbe svenuto da un momento all’altro ma in tutti quegli anni trascorsi a fare il medico aveva imparato che si poteva curare qualcuno solo quando questo lo accettava. Un sorrisetto vagamente divertito gli colorò le labbra quando alla fine Rem si arrese, facendogli cenno di avvicinarsi per potersi appoggiare alla sua spalla e risollevarsi. Serrò appena la mascella nel sentirgli dire che avrebbero dovuto evitare ospedali e polizia e ironicamente si chiese che cosa avrebbe pensato quell’uomo nel sapere che aveva davanti una persona che lavorava per il Governo e che non aveva quindi bisogno della polizia per rivelare in giro informazioni sensibili. Decise di tenerselo per sé e allo stesso tempo non si pose neppure una domanda su quello che avrebbe deciso di fare. Al B6D non doveva importare della sua vita fuori da quelle mura, dato che loro non si erano neppure degnati di riferirgli almeno le nozioni di base, di istruirlo sui suoi rapporti più importanti all’interno di quella città.
    -Sì, ho una macchina. - rispose soltanto, fermandosi all’unica informazione che a Rem interessava davvero. Mentre continuavano ad avanzare però la sua mente iniziò a elaborare un possibile piano di fuga. Avrebbe potuto portarlo a casa sua, dove si sarebbe ingegnato per ricucirlo e sistemarlo. Oppure.. no, non poteva usare il piccolo ospedaletto da campo del B6D, era troppo pericoloso, il pronto soccorso era stato escluso a priori. La strada più veloce per raggiungere casa sua era troppo trafficata, quindi avrebbe dovuto prendere quella più lunga, ci avrebbero impiegato almeno cinque minuti. Lo aiutò a salire sull’auto e poi si mosse velocemente verso il sedile del guidatore. Aveva capito da come si muoveva e da come parlava che Rem dovesse centrare qualcosa con quello era accaduto, con quel piccolo attentato che aveva fatto non pochi feriti. Per qualche motivo però l’idea di tradirlo e di portarlo dritto dalla polizia non lo sfiorò neppure. C’era qualcosa dentro di lui che lo spingeva a muoversi velocemente, a trovare una soluzione, come una memoria muscolare che lo guidava nell’aiutare l’uomo accasciato sul sedile del passeggero. -Ah quindi decidi tu dove si va? - chiese, guardandolo appena con la coda dell’occhio quando Rem gli ordinò quasi di muoversi velocemente verso l’interstatale. -Bene. - aggiunse soltanto, con estrema calma, mentre metteva in moto e partiva. Schivarono alcune pattuglie della polizia ma lui non si mosse neppure a guardarle per non dare nell’occhio. -Se ti muovi attiri solo l’attenzione, fingi che non ti importi di loro e neppure ti noteranno. - disse, con la stessa flemma che lo aveva accompagnato sino a quel momento mentre si muoveva verso una zona più periferica della città, lontana dalle aree verso cui stavano puntando le pattuglie della polizia. Il pensiero che quella non fosse una buona idea e che stesse rischiando la vita non lo sfiorò neppure per un momento. Aveva affrontato situazioni ben più pericolose di quella in Afghanistan e aveva imparato a cavarsela anche nelle situazioni difficili. -Quindi? Posso cercare un posto per medicarti o intendi darmi una meta? - chiese, voltandosi solo in quel momento a guardarlo un po’ meglio, continuano a guidare con andatura sostenuta, né troppo veloce, né troppo lento. Stare nella norma, era quello il segreto in situazioni come quelle.
    -Che forse un tempo eravamo amici, ma per qualche motivo che non conosco me ne sono andato da questo posto. - rispose, stranamente sincero, alla domanda flebile posta dall’altro. Non era neppure sicuro che Rem lo stesse ascoltando davvero visto che sembrava in uno stato intermedio tra la veglia e il sonno. Ricordava molto bene quello che era accaduto negli ultimi anni, le decisioni prese forse in maniera troppo avventata, la sua abitudine a non tornare mai sui suoi passi ma andare sempre avanti, anche quando le cose si facevano difficili o pericolose, anche quando qualcuno con un po’ di senno si sarebbe fermato alla ricerca di una soluzione migliore. Rem bofonchiò qualcosa di indefinito sui dogs, su un giuramento per poi, ben più cosciente di prima, fargli capire che tornare non era stata una buona idea. -Raramente faccio quello che le persone si aspettano da me. E ancora meno le cose più sagge. - disse, come se stesse parlando con un vecchio amico che lo conosceva e che sapeva che quelle parole velate di ironia erano la verità. Poi, facendo sparire per un momento il sorriso e rivolgendogli un’espressione più seria parlò di nuovo. -Perché non sarei dovuto tornare? - chiese, questa volta decisamente più interessato. Visto che aveva deciso di prendere quel discorso, tanto valeva provare a farsi dire qualcosa, sperando di riuscire a rimettere insieme almeno alcuni puntini. C’era qualcuno che lo cercava? Rischiava forse dei guai? In attesa di ricevere delle indicazioni più dirette sulla loro meta si mosse verso un piccolo magazzino dove aveva conservato alcune delle sue cose di Oslo, divise militari e qualche ricordo per lo più, un posto tranquillo dove nessuno sarebbe andato a cercarli e dove forse aveva ancora qualche attrezzo del mestiere lasciato da parte. Certo, non era il luogo più igienico e sterile del mondo, ma si sarebbero dovuti accontentare. -Sto andando verso un magazzino in periferia, è a pochi minuti da qui. Hai un’idea migliore? - rivelò, sperando che per una volta lo lasciasse fare senza troppe storie. Avrebbero avuto tutto il tempo per litigare una volta assicurati che la sua ferita non era poi così grave come sembrava.
     
    .
  6.     +2   +1   -1
     
    .
    Avatar

    All hype, no heart

    Group
    Vice
    Posts
    1,452
    Reputation
    +2,808
    Location
    kensington gardens.

    Status
    Anonymes!


    La calma di Raphael si abbatteva sulla rabbia di Rem come mare, a placide ondate. Sarebbe bastato? No, però aiutava a mantenere la calma ora che, per la ferita e la propria ombra che ribolliva, Rem stava perdendo la testa. Obbedì per una santa volta, restando immobile sul sedile anteriore più per l'indebolimento che per la fiducia nei confronti di un uomo che non era più suo alleato. Suo malgrado il consiglio si rivelò ottimo e le pattuglie li sorpassarono senza creare problemi, a parte trapanargli il cranio con le loro sirene spiegate. Si chinò su sé stesso, rattrappito, mentre una mano sorreggeva la testa che sembrava sul punto di esplodergli. Continua verso nord, verso il bosco. Andiamo alla Reservoir. Sapeva che si sarebbe pentito, ma lì c'erano gli altri dogs: alla comunità avrebbe giocato in casa. Avrebbe potuto persino lasciarlo in loro balia. La maggior parte dei dogs rimasti non lo vedevano di buon occhio, avrebbero volentieri fatto sparire ogni sua traccia, sbranato. Bastava solo una sua parola. Quella tipa sarebbe venuta a cercarlo, poi? Si erano già rivisiti, quei due? Sicuramente era stata la prima persona sulla lista mnemonica di Raph, sbiadita da tutto quel tempo lontano dalla città. Abbozzò un grugnito quando l'altro, senza davvero volerlo, la tirò in ballo così, come se avesse letto nella sua mente. Ripensò a quel giorno, al maledetto momento in cui una delle poche persone a lui vicine l'aveva tradito. La prima, forse. Anzi no, il primato ce l'aveva l'uomo da tempo bloccato su una sedia a rotelle paralizzato dalla cervicale in giù, incapace di prendersi cura di sé stesso o di proferire parola. Quella persona, altrimenti detta papà. A volte Rem credeva di leggervi accusa dietro gli occhiali a mezzaluna sempre pendenti a sinistra, ma non poteva essere. O si? Era consapevole di star tendendogli una trappola e non se ne curava, non c'era compassione dentro di lui, solamente un gran mal di testa e tanta, tanta rabbia. L'ombra si agitò sul tappetino sotto il suo sedile, premeva di uscire e avventarsi sul traditore per fargliela pagare ma si trattenne. Si tratteneva sempre, Rem, o almeno ci provava. Odiava i poteri almeno tanto quanto odiava Raphael in quel momento, non si sarebbe macchiato della colpa di cedervi a causa sua. ≪Perché hai tradito la tua famiglia. Gira qua.≫ Batté debolmente sulla sinistra del cruscotto, dovevano dirigersi ancora un po' lungo il confine del bosco e il grande ranch, con agglomerato di case annesse, sarebbe apparso sulla loro destra. Casa. Quando scesero dall'auto, Rem alzò la mano in alto e mosse due dita per segnalare che fosse tutto ok, nessun pericolo. Invisibili agli occhi di un visitatore qualunque, i vari dogs sparsi dietro le finestre di alcune case si fecero indietro, obbedendo al segnale del loro capo pur continuando a seguire i due uomini con lo sguardo. Erano pronti a tutto e Rem lo sapeva. Non che temesse un confronto con Raphael, anche se in quelle condizioni non sarebbe stata la cosa migliore da fare, ma lo metteva stranamente di buonumore sapere che l'altro non fosse a conoscenza del pericolo in cui si era andato a cacciare. Si diressero verso la struttura principale del ranch, e Rem fu grato che fosse anche la più vicina. Non era sicuro che sarebbe riuscito a fare molti metri ancora. Collassò pesantemente sul divano di pelle visibilmente usato dal tempo e dalle persone senza chiedersi dove fossero in quel momento il padre e l'infermiera che si occupava di lui ventiquattro ore al giorno. Se li immaginò al secondo piano, nella camera patronale tra aghi, flebo e medicinali prima di scacciare il pensiero e cercare di focalizzarsi di nuovo sull'uomo. Quante volte lo stesso Rapahel aveva preso posto su quel vecchio divano mangiando una zuppa fatta in casa e discutendo delle prossime mosse? Quante volte, da più piccoli, avevano gironzolato tra quei corridoi cercando di sfuggire alla rigida e noiosa routine della Reservoir? Detestavano la messa, anche se sapevano essere importante.
    Chi ti ha mandato, la polizia? Il governo? Sputò fuori la domanda come fosse un insulto. Non voleva farsi curare, voleva sapere. Era convinto che stesse bluffando e che ricordasse ogni cosa, che fosse un venduto del cazzo. E non proverei a fare mosse avventate se fossi in te. Posso essere messo male, io, ma non sono l'unico che ti tiene d'occhio. Sono sicuro che ti ricordi come gira il mondo da queste parti. Ci vedeva doppio, un po' per la rabbia di riaverlo di fronte e un po' per la ferita alla testa che non smetteva di sanguinare. Ripensò al giorno in cui si era fatto avanti ammettendo di aver trasgredito le regole, omettendo tuttavia ogni coinvolgimento di Rem in quella faccenda. Erano passati così tanti anni da convincersi di non aver in effetti avuto parte o colpa dell'accaduto, addossando ogni male a quella ragazza che lo aveva lentamente allontanato da ciò che contava davvero. La Reservoir, i Dogs, Rem. Non importava che, se non fosse stato per Raphael, Rem avrebbe ucciso Willow: l'aveva tradito per quella e non l'avrebbe mai dimenticato. Ti sei già riunito con il tuo grande amore? No mostrò alcuna emozione, Rem, se non un impercettibile tic all'angolo destro della bocca.
     
    .
5 replies since 18/6/2022, 18:06   170 views
  Share  
.
Top
Top