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«Lars?» La voce di Riley filtrò dalla porta semichiusa del suo ufficio, e la ragazza fece capolino dal corridoio, spingendosi prima con la testa e poi con il resto del corpo a guardare in direzione dell'uomo. Lars appena sentitosi chiamare si era tirato su, composto sulla sua sedia, mettendosi a sedere con gli occhi incollati al suo iMac e le mani attorno al bordo della scrivania chiara. « Uhm. » Borbottò, in segno di risposta, non perché volesse essere scontroso con Riley si intende, ma perché colto alla sprovvista. In realtà Lars si era addormentato. Aveva passato tutta la notte in ufficio, vagando tra il sonno e la veglia alla sede del giornale, con in testa l'idea di capirci qualcosa di più su tutte le faccende che non quadravano. Gli ultimi mesi a Besaid erano diventati intensi. Il clima popolare e le tematiche che erano emerse dalla festa di fondazione dell'aprile dell'anno precedente avevano cambiato e sovvertito le priorità del giornale. Lars in primis, che si occupava principalmente degli esteri e degli impatti che le decisioni del resto del mondo avevano sull'interno, si era trovato a scrivere la colonna di tutte le edizioni straordinarie della città, per varie ragioni. Lars era stato uno dei primi a credere nell'importanza del Daily, anni prima, quando era entrato come tirocinante e aveva scalato i gradini che lo avevano portato al ruolo che ricopriva in quel momento. Era a tutti gli effetti il secondo in carica generale, e il primo per quanto riguardava la definizione dell'operatività e degli articoli da pubblicare. Era diventata una responsabilità bellissima, ma totalizzante. Significava avere tempo di straforo per tutto quello che riguardava la sua vita personale, e Lars diceva sempre che era giusto così: sapeva che avrebbe dovuto sacrificare dei pezzettini di una vita normale che probabilmente non avrebbe avuto, ma finiva spesso per considerare sulla bilancia non quello che era giusto e quello che era sbagliato in senso assoluto, ma invece far presente a se stesso che era la vita che aveva scelto. Lars si stropicciò un occhio cercando di non farsi notare troppo, guardando con l'altro aperto la ragazza di fronte a lui, in jeans, t-shirt, e una giacca aperta sul busto, simile alla stessa che aveva indosso lui, per una volta stranamente vestito nella versione più casual che indossava da sempre al giornale, ma pur sempre con un occhio al come portarlo. Aveva nascosto una felpa bianca con cappuccio sotto la giacca che portava sopra, apposta perché non sapeva abbandonare del tutto il rigore, simbolo cardine di precisione. Ma le cose erano cambiate, la felpa non avrebbe mai fatto parte del suo corredo al cospetto lavorativo altrimenti. Ascoltò le parole di Riley in ritardo, aspettando che il loro eco assumesse un significato più importante, a tratti nefasto nel modo in cui gli era arrivato. Guardò meglio la ragazza, captando in ritardo l'occhiata seria nei suoi occhi, tanto era vero che Riley era partita in quarta incalzandolo ancora quando non aveva fiatato, forse perché aveva immaginato che Lars fosse prossimo ad annunciare l'inconcludenza di quella frase. Il buon vecchio Lars era molto bravo a dare del fannullone e del perditempo alle persone che cincischiavano con il loro tempo, non facendo nulla di produttivo e anzi, prendendosi la bega di perdere preziosi minuti della propria vita e a buttarli per sempre in attività di non ritorno; per contro era appunto bravissimo lui a captare quando qualcosa di molto importante non poteva essere dato per scontato. Quei cinque secondi di ritardo commessi da lui stesso, quindi, l'avevano fatto spazientire, e si diede subito la carica per ritornare in sesto. Si schiarì la voce, e parlò subito dopo. « Il caffé è l'unica cosa di cui sto continuando a cibarmi da ore. Ok, ti credo, siediti. » Sì, quella notte l'aveva passata al giornale, ma non voleva avere su dipinto sulla faccia l'espressione e la chiara esigenza di sonno che poteva avere un giornalista che aveva fatto lì in redazione le ore piccole. Sì, avrebbe evitato di dirlo a Riley se lei non avesse indagato oltre, ma probabilmente le occhiaie lo avrebbero tradito in ogni caso. Respirò piano, aspettando che la ragazza si sedesse di fronte a lui. Fece oscillare lo sguardo sull'indice in sù che aveva lasciato a mezz'aria, muovendo la sua mano in risposta perché lo calasse, con un sorriso divertito sul volto. « Agli ordini capo. Penso che avremo bisogno di molto caffé per due stavolta, non possiamo rilassarci senza, no? » La canzonò a suo modo, facendo invertire i ruoli delle loro etichette lavorative, ma come entrambi sapevano, l'anno e mezzo passato fianco a fianco sul campo si era tradotto anche in quel modo, rompendo il rigore esistente tra loro che si era trasformato in un testa a testa importante, sfidante, che serviva ad entrambi per camminare più velocemente sui carboni ardenti delle notizie in fuga. Si alzò, contrariamente a quanto Riley gli aveva appena detto, affacciandosi alla porta per chiamare Lys. Di solito borbottava tra sé e sé e ragionava andando su e giù per il corridoio, fino a raggiungere la sala break e prendere lui stesso il caffé, ma sapeva di averlo finito una mezz'ora prima e di non averlo riempito per gli altri, per chiunque potesse averne avuto bisogno dopo di lui. Adesso era necessario per loro, senza caffé, come diceva sempre lui, non poteva pensare a mente lucida. « Lys, per favore, ti occupi tu del caffé? Ho esagerato stamattina, è già finito. » I ragazzi al giornale, e soprattutto il quartetto composto da Riley - Cat - Sam - Lys, sapevano bene che Lars quando era concentrato non guardava in faccia a nessuno, ma quando era distratto o peggio, preoccupato, usava più garbo di quello di cui era solito farsi merito. In quel caso comunque, Lars era sì preoccupato, e sì fremeva dal capire che aggiornamenti ci fossero dall'articolo che aveva composto ad ottobre dell'anno precedente, e poi, temeva della portata delle notizie che poteva essere in grado di dare alla popolazione senza creare allarmismi. Lui stesso parlava di cose che non sapeva. Lars era fluente di politica, di economia, di strategia, di dialettica, di buon senso, e di stanare criminali, seguendo piste che i poliziotti avrebbero volentieri preferito potesse star solo lontano, rinfacciandogli come da manuale di intralciare le indagini, ma non poteva anche essere sapiente di sanità, soprattutto se intercorrelata così strettamente con qualcosa che aveva a che fare misteriosamente con le loro particolarità. Aveva sospirato, guardando Lys sorridergli con calma, quasi volesse conferirgli serenità. Poi era tornato dentro l'ufficio, socchiudendo la porta, con la coda dell'occhio aveva già visto Lys correre alla sala break per preparare altro caffè. Aveva alzato lo sguardo nuovamente su Riley, sedendosi alla sedia girevole al proprio posto, e poggiando la schiena comodamente indietro, sullo schienale. Riassunse la sua espressione tipica, seria, serissima, con un guizzo negli occhi che invitavano la gente a dire di più, incontrando quello di Riley. « Sono tutto orecchie. »
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