Every time I don’t, I almost do

Fabian ft. Charlotte | Istituto Mordersønn | 05.05.2022

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  1. wanderer.
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    I love you, it's ruining my life

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    Il tempo aveva aiutato a porre rimedio come non aveva previsto al defluire delle problematiche personali che aveva incontrato. Un altro anno passato per lui era significato imparare meglio a gestire il suo potere: le persone che vedeva erano adesso più riconoscibili delle altre, aveva imparato con la sua vista a distinguere i contorni delle auree, cosa che non avrebbe mai immaginato possibile, dalle altre, cercando quindi di evitare di fermarsi ad osservare troppo le persone con un alone scuro a circondarli. Fabian era diventato attento a pensare con tranquillità come ordinare i suoi pensieri a riguardo, e aveva deciso infine di evitare di cacciarsi troppo nei guai intercedendo per i familiari correlati a tutti coloro che richiedevano la sua assistenza perché in grado di vedere cosa lui potesse fare, ovvero che potesse riconoscerli. Nulla di più, nulla di meno. L'ultimo anno era passato tra impegni quotidiani e quelli calcistici, alternando un ritmo di vita pieno dedicato esclusivamente al benessere della squadra. Gli ci era voluto molto tempo altrettanto per rendersi conto che la spirale di quotidianità aveva assorbito qualsiasi cosa fosse rimasto in lui. Tutto era passato e scivolato via lontano da qualsiasi sconvolgimento, se non un unico episodio che l'aveva fatto a lungo riflettere su quanto la permanenza in quella città potesse significare: Arden, la sua relazione più lunga e significativa da quando abitava a Besaid, se non l'unica a tutti gli effetti, aveva deciso di lasciare la città definitivamente. Si erano salutati a fatica, non sapendo bene come prevedere il futuro se non conoscendo la solita storia di chi abbandonava quel luogo. Era stato quell'episodio forse a spingerlo a considerare un taglio netto con il suo passato, come se il cerchio si fosse richiuso e lui avesse avuto una chiusura definitiva a quel rapporto che non aveva mai lasciato andare del tutto. Solitamente canzonava Amy che se non ci fosse stata lei ancorata a quella cittadina avrebbero potuto andare da qualsiasi parte nel mondo senza dispiacersi, cosa importava d'altronde, chi avrebbe lasciato indietro? Ma la donna faceva più fatica di lui e aveva in effetti tantissime ragioni per restare lì, e persone da conservare nella sua vita.
    Il suo collega Roy, l'allenatore tecnico della squadra, lo aveva canzonato per mesi, successivamente alla grande festa di inizio stagione calcistica avvenuta ad agosto dell'anno prima, inneggiando al fatto che fosse sparito con Charlotte, la sua misteriosa invitata, e tanto aveva detto e tanto aveva insistito che aveva deciso di rinunciare alle avance verso la donna in favore dell'allenatore effettivo. Tante volte si era ritrovato con il suo numero tra le mani chiedendosi poi che cosa potesse farsene, sarebbe valsa la pena di chiamarla? Avevano passato una bella serata assieme, inaspettata, scambiandosi informazioni che alla fine non potevano essere classificate né come convenzionali né fuori dall'ordinario. Avevano dialogato come due adulti liberi che si conoscono e confrontano le proprie opinioni, ma Fabian non sapeva cosa avrebbe potuto dirle di più che potesse avere un senso. Aveva sospirato un sacco di volte, aveva provato a comporre il numero e poi lasciato lo smartphone sul comodino, su una panchina, sul letto gigantesco che occupava da solo ogni notte. Alla fine aveva memorizzato il numero senza decidersi a chiamarla, per tutte le volte che non lo faceva, c'era quasi, ed era stato quasi sul punto di selezionare l'icona di partenza della chiamata, senza colpo ferire.
    Ma se la sua vita sentimentale poteva essere definita, come sempre, un gran bel disastro, nulla poteva essere considerato più sconvolgente della novità impellente che aveva bloccato la cittadina: il Sykdom. La stagione calcistica stava arrivando quasi alla conclusione per quel 2021-2022 e i Vikings erano arrivati secondi al campionato: un risultato straordinario per arrivare finalmente al coronamento dell'obiettivo di quattro anni a quella parte di lavoro e investimenti compiuto da Fabian. Eppure l'ultima partita era stata sospesa dal comitato, in attesa che potesse farsi chiarezza su quanto stesse accadendo, per cercare di limitare i danni e le possibili propagazioni della malattia. Fabian non aveva pensato di essere spaventato, aveva immaginato che non sarebbe arrivato a lui, semplicemente perché lo sentiva sulla sua pelle, come un istinto primordiale a cui non sai dare un nome, sai solo che ne puoi capire il significato. E invece non era affatto vero. Curiosamente un componente della sua squadra, il giocatore Henrik Stevenson era stato colpito da un malore diffuso nei due giorni precedenti, che corrispondevano a quelle che voci di corridoio avevano diffuso in quei giorni: perdita di conoscenza e di memoria. Quel giorno l'articolo sul giornale del Besaid Daily aveva definitivamente sancito i timori di Fabian: era il 5 Maggio, e il giornalista che portava avanti gli aggiornamenti di prima battuta della nuova, nuovissima emergenza sanitaria recitava chiari i sintomi e il nome attribuito a quel virus, e come poterli contrastare.
    Fabian non ci pensò su due volte, poter intervenire per fare qualcosa era l'unica cosa che gli era concessa. Si recò a casa di Henrik, deciso a non ammettere repliche dall'attaccante, stabilirono modalità sicure per poterlo portare con sé in auto senza che fosse contagioso per lui e d'altronde anche per la squadra. Una volta nell'abitacolo con lui si premurò di indossare i guanti e a non far toccare neanche a lui nulla che potesse essere prendibile. Così avvolto in una coperta alla bell'e meglio si decise di partire alla volta del Mordersønn Institute.
    Dopo mesi passati ad escludere un qualsiasi motivo sensato atto a chiamare Charlie, Fabian si ritrovò a cercare in rubrica il nome della donna segnato e salvato indelebile sulla memoria digitale del dispositivo. Aspettò di arrivare fin proprio al centro cittadino, al di sotto dell'imponente edificio a quarantasette piani noto come unico centro avanzato pronto a fronteggiare un tipo di crisi di quel calibro. Arrivò fin dritto all'edificio basso della reception che permetteva di accogliere i pazienti e i cittadini nell'istituto, e fu fermato dalla consueta sorveglianza posta a sentinella dell'edificio, e dal portinaio addetto del turno che chiedeva i suoi documenti. Passò i suoi e quelli di Henrik, e spiegò brevemente la situazione, prima di essere scortato da una serie di segnali luminosi fino al parcheggio designato per loro con il suo suv nelle strisce bianche sull'asfalto, ed essere accolto dai medici che si incaricarono di analizzare il caso del calciatore.
    Entrarono tutti all'interno dell'edificio, dove Fabian cominciò ad abituarsi ai colori bianchissimi dei mobili e alle superfici in acciaio, in una linea continua che si alternava ai vetri tra un ufficio e l'altro, non sapendo bene dove andare fintanto che Henrik cominciava ad essere allontanato per esami di routine. Si sedette alla prima sala d'aspetto dove era stato portato, dopo aver scambiato due parole con la segretaria. Era rimasto tutto il tempo con il suo telefono in mano, deciso a chiamare Charlotte per una motivazione che proprio non aveva immaginato. Alla fine si fermò alla segreteria, guardando dritta negli occhi la donna dietro il bancone e il suo schermo di ultima generazione grandissimo su cui faceva viaggiare le informazioni che digitava. « Ehm... Può chiedere di Charlotte Lien Haugen? Sono Fabian Crawley. » Fece una pausa, nel frattempo che la voce potesse assestarsi e la segretaria potesse compiere il suo lavoro. Borbottò tra sé e sé le successive parole, non sapendo poi bene come pronunciarsi oltre, e sperò poi che non fosse sentito da nessuno. « Ci siamo conosciuti secoli fa, ma dovrebbe ricordarmi. »


    'misia :hero:


    Edited by wanderer. - 11/9/2022, 17:08
     
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5 replies since 24/8/2022, 15:19   238 views
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