Every time I don’t, I almost do

Fabian ft. Charlotte | Istituto Mordersønn | 05.05.2022

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  1. 'misia
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    Il telefono non aveva fatto altro che squillare per tutta la mattina, facendole desiderare di prendere quell’apparecchio e lanciarlo dalla finestra. Era raro che perdesse la calma sul lavoro ma in momenti come quelli anche lei riusciva a raggiungere i suoi limiti. Erano mesi ormai che l’Istituto lavorava in segreto alla risoluzione del problema del virus che aveva preso ad aleggiare sulla città dopo la festa che si era tenuta sulla spiaggia e tutto era andato alla grande fino a che non era uscito quel maledetto articolo di giornale che aveva rivelato alcuni dettagli sulla faccenda. Il Mordersønn ovviamente non era stato citato, ma molte persone avevano reagito alla notizia cercando supporto nella struttura più rinomata per lo studio delle particolarità. Se avesse beccato quel maledetto giornalista in giro per le vie della città gli avrebbe fatto passare lei la voglia di riportare certe notizie prima del tempo. Purtroppo, tuttavia, al momento poteva soltanto cercare di affrontare il problema nel migliore dei modi e portare a termine la giornata il prima possibile e con il maggior risultato possibile. Dopotutto per Charlie non era ammesso perdere, in nessuna occasione. Terminò quindi di digitare l’ennesima parola del brano che stava preparando per il loro comunicato stampa e poi si fermò un momento, alzando al cornetta. -Sì? - chiese, ascoltando la voce di una delle ragazze della segreteria al piano di sotto. Arricciò appena le labbra, per niente contenta di dover parlare con l’ennesimo familiare di un paziente dell’ospedale cittadino, troppo preoccupato per i suoi cari, tanto da cercare di trovargli un posto all’istituto. -D’accordo, passalo sulla mia linea. Me la vedo io. - rispose, già per la quinta volta nelle ultime due ore. Prese un lungo respiro, raddrizzò la schiena, assunse un’espressione sorridente anche se nessuno poteva vederla e si preparò per la conversazione successiva. Anche se le persone dall’altra parte della cornetta non potevano vederla era importante che percepissero sicurezza e un tono di voce pacato, tranquillo e sicuro. L’apparenza faceva tutto e lei lo sapeva più che bene visto che aveva costruito su quello la sua carriera nell’Istituto. Erano pochi i colleghi che potevano dire di conoscerla davvero, ancora meno quelli che lo dicevano con cognizione di causa.
    Cercò di rassicurare tutte le persone che le vennero passate al telefono, chiudendo il prima possibile le conversazioni senza accettare ufficialmente nessuno di loro all’interno del programma. Tutti si aspettavano che loro avessero le risposte, ma a volte era semplicemente meglio far credere a tutti che non ci fosse nulla di cui preoccuparsi, che le cose si sarebbero risolte da sole, senza bisogno del loro intervento. Mise un punto sul suo nuovo comunicato stampa, rileggendolo velocemente ancora una o due volte prima di inviarlo al settore che si occupava dell’effettiva pubblicazione delle loro dichiarazioni pubbliche. Per fortuna Niko non si era ancora fatto sentire, ma qualcosa le diceva che non avrebbe preso bene quello che stava succedendo e che, con molta probabilità, avrebbe fatto querelare il giornale per aver fatto perdere loro tutto quel tempo sulla tabella di marcia. Premette il tasto inviò e si concedette un momento per prendere un lungo respiro. Era da venti minuti che il telefono non squillava, quindi forse il peggio era appena passato e lei si sarebbe potuta concedere almeno una piccola pausa caffè. Guardò l’orologio al suo polso, era lì da ore ormai e ancora non aveva avuto neppure un momento per alzarsi dalla sedia. Non che fosse una grande novità, ma iniziava a sentire il bisogno di sgranchire un po’ le gambe. Posò i palmi delle mani sul bordo della scrivania e si spinse appena all’indietro, ben determinata a recuperarsi un caffè, quando il telefono dell’ufficio squillò di nuovo. Sospirò indispettita, vedendo sfumare la sua occasione. -Sì? - chiese, con aria un po’ più scontrosa delle volte precedenti, fermandosi poi per capire che cosa ci fosse questa volta. -Miss Lien, qualcuno chiede di lei. - iniziò Natalie, una delle nuove ragazze della reception, che ancora provava un certo timore riverenziale nel rivolgersi a lei. -Chi? - domandò, con aria sospettosa, aprendo velocemente la sua agenda per accertarsi di non essersi dimenticata alcun appuntamento. La ragazza si portò una mano davanti alle labbra per coprire il resto del discorso. -Dice di chiamarsi Fabian Crawley e che vi conoscete. - aggiunse quindi, abbassando il tono della voce.
    Al sentire quel nome Charlotte si tranquillizzò appena. Era certa a quel punto che non ci fosse nulla in agenda. -Ti ha detto di che cosa ha bisogno? - domandò, mentre controllava il resto dei suoi impegni programmati per capire quanto a lungo poteva trattenersi fuori da suo ufficio. -No, ma se vuole posso chiedere. - si propose, con un tono di voce ora più allegro, come se si sentisse complice della collega per una volta e potesse quindi avvicinarsi in qualche modo a lei, ma la bionda scosse il capo prima ancora di parlare. -No, digli di aspettarmi nella sala d’attesa al piano terra, lo raggiungo io tra qualche minuto. - terminò e senza neppure attendere una risposta riattaccò. Erano trascorsi diversi mesi da quando lei e Fabian si erano incrociati per caso a un evento sportivo e tra tutte le persone che si aspettava di incontrare quel giorno lui era senza dubbio l’ultima, ma avrebbe potuto sfruttare quell’occasione per prendersi finalmente la sua pausa dal computer. Si allontanò quindi dalla scrivania, si mise in piedi, sistemò le pieghe del suo abito e si diresse verso l’ascensore, pigiando il tasto corrispondente al piano desiderato. Era curiosa di sapere che cosa lo avesse portato fino all’Istituto, ma qualcosa le diceva che si trattava del Sykdom, come per tutti gli altri. Sarebbe stato un caso troppo strano, infatti, se lui si fosse recato lì proprio quel giorno, dopo l’uscita dell’articolo incriminato, se non ci fossero stati legami con quel virus. Ad ogni modo, esattamente come aveva dato udienza agli altri, lo avrebbe fatto anche con lui. Attese che l’ascensore la avvisasse con il suo solito segnale di essere giunta a destinazione poi, lasciando che fossero soltanto i suoi tacchi a risuonare per il pavimento lucido, si diresse con aria tranquilla verso la sala d’attesa, individuando la figura dell’altro seduta lontana da tutti gli altri.
    -Fabian? - chiamò, sporgendosi appena all’interno della sala e cercando quindi di catturare la sua attenzione soltanto con quella semplice parola. Rivolse un sorriso nella sua direzione, aspettando che la notasse e che la raggiungesse. -Ho bisogno di una pausa caffè, mi fai compagnia? - domandò, indicando con un cenno del capo il lato sinistro del corridoio, che li avrebbe condotti verso un bar interno all’edificio. L’istituto era molto grande e aveva quindi un bar personale che riforniva i dipendenti e i parenti dei pazienti in cura. -Non mi aspettavo di incontrarti proprio oggi - disse, con un tono a metà tra l’incuriosito e il divertito, quando si furono ormai allontanati abbastanza dalla sala d’attesa e dalla reception. Per quanto si trovasse all’interno del suo luogo di lavoro non le faceva comunque piacere far sapere i fatti suoi in giro. Camminò con passo sicuro per diversi metri, lasciandosi indietro l’ingresso e la sala dove si erano appena visti, fino a raggiungere la parte finale del corridoio. Non si voltò verso di lui, continuò ad avanzare come se nulla fosse, la schiena dritta e il volto impettito. Aprì la porta vetrata del bar, lasciando passare l’uomo prima di lei, facendo gli onori di casa. Lo seguì poco dopo, chiudendosi la porta alle spalle e lasciò che il chiasso della caffetteria risuonasse nelle sue orecchie per qualche momento. Si accomodò a uno dei tavolini più riservati, prendendo tra le mani il menù, sebbene sapesse già che cosa prendere. -A che cosa devo questa visita inaspettata? - domandò, incuriosita, portando lo sguardo dritto sul volto di lui. Ora che si trovavano soli e in una posizione un po’ più tranquilla potevano venire al nodo della questione.
     
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