Nobody ever lacks a good reason to kill themselves.

Lars x Celine

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  1. Eris`
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    Non si sarebbe mai presa la briga di arrivare in redazione se non fosse per qualcosa di così tremendamente importante. Non era difficile che qualche giornalista riuscisse a trapelare informazioni di una certa rilevanza per le sue indagini; di solito cercava di coinvolgerli il meno possibile, ma era convinta che il redattore avesse tra le mani informazioni preziose: non era la prima volta che negli articoli del Besaid Daily, vi leggeva notizie che sconvolgevano l'opinione pubblica con dei dati talmente dettagliati da aver aiutato anche la polizia nella costruzione delle indagini.
    Prima del suo arrivo, si era premurata di prendere appuntamento con la segretaria, specificando di mantenere la massima discrezione e di cercare di convocarla quanto prima, visto che non c'era tempo da perdere.
    Ovviamente si era presentata, le aveva detto il suo nome completo e anche che faceva la criminologa presso la Centrale di Polizia di Besaid. Aveva delle grosse aspettative, come se fosse realmente certa di quello che Lars potesse offrirle. Celine era innamorata del suo lavoro, nei momenti difficili della sua vita era in esso che aveva ripiegato tutte le sue energie. Era sposata con la sua carriera ma non lo avrebbe mai ammesso: non riusciva a vedere concretamente la sua vita dopo la rottura con il suo ex fidanzato.
    Anche se era estremamente convinta del contrario.
    Ad ogni modo, si presentò con 10 minuti di anticipo. Salutò la segretaria, con cui scambiò allegramente quattro chiacchiere e quando la lancetta del suo orologio da polso, segnò l'ora esatta dell'appuntamento, si accomodò all'interno dell'ufficio. Era un orologio svizzero su queste cose, mostrava sempre la massima serietà e detestava mancare di puntualità, soprattutto se si trattava di impegni formali.
    «Buongiorno signor Berg» disse nell'esatto istante in cui varcò la sua porta. «Come andiamo?» domandò con un sorriso alquanto sfacciato. Lei e Lars si conoscevano, non solo si erano incontrati molte volte sulla scena del delitto; ma si erano incrociati in giovane età, prima di diventare ciò che sono ora.
    A lei quel genere di incontri non le suscitavano nulla, non era certamente come fare una bella rimpatriata...e poi era una che andava dritto al sodo, anche se avrebbe potuto parlare per ore del nulla cosmico se ve ne fosse stata l'occasione.

    Edited by Eris` - 19/12/2022, 12:44
     
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    Quattro giorni prima di quel fatidico giorno, Lys era entrata nel suo ufficio. «Lars?» Aveva bussato, rimanendo sulla porta, con uno sguardo guardingo e incuriosito assieme. Non era raro che Lys rispettasse la porta chiusa di Lars, ma capitava anche spesso che per avvisarlo tempestivamente di qualsiasi informazione fosse necessario comunicare, si facesse beffa degli spazi personali, decidendo invece di valicare confini che tra loro non esistevano in verità da un pezzo, ma che potevano sembrare scontati, e corresse subito a consegnare documenti, notificarlo di progressi su alcune piste, e ricordasse impegni da Lars dimenticati - e sì, succedeva anche a lui.
    L'aveva guardata in attesa, e si erano guardati a lungo, tanto che Lars aveva deciso di alzarsi a sua volta perché preoccupato che fosse successo qualcosa di grave. Alla fine non aveva detto niente, gli aveva invece mostrato un giorno sul calendario, e una nota con un cerchio rosso tutto attorno ai bordi delle parole trascritte in appunti a penna sull'agenda di Lys. Un appuntamento fresco di convalida, e, Lars aveva dovuto stringere gli occhi e assottigliarli a due fessure, prima di esclamare un verso di assenso. « Ah. » Sì, si spiegavano molte cose.
    Al giornale avevano una pista. La pista era parte di un caso più grande, e Lars con assieme Riley e tutta la redazione ne erano sicuri. Quello era diventato tra i vari, IL caso a lettere maiuscole di Lars e Riley. Avevano cominciato a lavorarci su un anno prima, e da allora avevano collocato sapientemente e con inaspettata pazienza, per Riley s'intende, tanti minuscoli spilli colorati su una grande tavola magnetica e Lars aveva collegato tutti con un filo rosso tutto attorno, un giro completo, un nodo, e via al puntino successivo, in modo da collocare quegli indizi a proprio quei misteri, tutti che facevano capo al gigantesco punto interrogativo al centro, da cui si irradiavano tutti gli eventi di quell'anno. Chi c'era davvero dietro gli eventi dei tumulti popolari? E chi dietro i misteriori carichi e scarichi internazionali che si avvicendavano ai confini della città, su jet e aerei di proprietà privata, di cui era impossibile chiedere ispezione senza l'intervento delle forze dell'ordine? I casi continuavano ad avvicendarsi in punti diversi della città, e tanti eventi insoliti avevano costellato quel buio totale di informazione che viaggiava tra la polizia, il governo, e il giornale. Almeno, così sembrava essere. Così come Lars aveva la sua pista, anche il governo aveva la sua, e anche la polizia sapeva cose che non era disposta a cedere senza avere nulla in cambio.
    Dieci giorni prima però era stato commesso un incendio doloso di proporzioni gigantesche, che aveva rischiato in effetti di coinvolgere diverse decine di operai in una fabbrica ai margini della periferia. E questo era un caso molto diverso dalle insolite stranezze del centro città degli ultimi mesi, senza contare il gigantesco problema causato dal sykdom, per cui dovevano fare estrema attenzione, perché non sapevano se si stesse propagando ancora alla velocità stimata.
    Lars e Riley avevano idee. Erano appuntate proprio lì, sui suoi appunti, sui fili rossi che collegavano i tasselli su e giù per la lavagna che nascondevano, non nell'ufficio di Lars, ma in una stanza dove solo i dipendenti potevano entrare, e lì raccoglievano potenziali prove, fotografie, oggetti di interesse che riguardavano le scene del crimine. Per Lars era importante che tutti mantenessero il segreto riguardo quelle informazioni riservate, e così per gli altri colleghi senior e il direttore del giornale. Continuavano ad indagare silenziosamente e discretamente sulla faccenda, sperando di collocare anche quell'avvenimento in un preciso frangente per una specifica motivazione.
    Nulla di strano che Celine Johannesen avesse chiesto un appuntamento con Lars per discutere, supponeva senza ombra di dubbio, proprio di quell'evento. Perciò all'arrivo del giorno designato per l'appuntamento Lars aveva fatto in modo di avere un'ora libera per riprendere le carte correlate all'argomento, gli appunti sul suo Mac, le prove nascoste dalle loro ronde segretissime, e poter capire come incastrare e veicolare la conversazione in modo da ottenere informazioni da Celine, e non il contrario. Si era vestito di tutto punto: completo di alta sartoria e camicia con il collo alla francese, l'abito non fa il monaco per i detti popolari, ma l'abito sarebbe stato sempre una grande scelta di posizione; il racconto dietro l'abbigliamento sapeva spiegare ordine, rigore, dedizione, impressioni che per Lars non erano mai state lontane da sé ed erano necessarie per saper narrare una storia. Lars aveva dalla sua il viso, la forma e le maniere di colui del quale ci si poteva fidare: nessuno poteva esimersi dal cascare dietro la facciata di perfezionismo di Lars Aeron Berg, neanche la criminologa in questione.
    Vide la figura di Celine affacciarsi dietro le pareti a vetri del suo ufficio in anticipo rispetto all'orario previsto per il loro appuntamento. Lars non fece una piega, fermo nel suo studio, mani in grembo, cominciò a roteare sulla sedia reclinabile, spostandosi sul peso delle ruote da una parte all'altra della linea retta che costituiva la sua scrivania, misurandone la lunghezza a spanne immaginarie. Poi, l'immancabile reminder dell'appuntamento trillò all'orario predefinito per il loro incontro, e Lars passò la mano sul suo orologio digitale per spegnerlo. Pronti, in scena. «Buongiorno signora Johannesen.» La salutò, ricambiando al saluto di lei non appena aveva messo piede nell'ufficio, scostando la porta appena scattata l'ora dell'appuntamento. Le fece cenno di sedersi davanti a lui, a una delle due poltrone fisse che aveva di fronte alla scrivania. L'ufficio di Lars era minimale, ovviamente sempre estremamente pulito, e dai colori chiari, e l'acquisto più consistente che aveva fatto per arredarlo era proprio riguardante le sedie da lavoro che vi aveva scelto, fatte in modo che fossero confortevoli per i suoi interlocutori, anche troppo, perché si rilassassero molto più di quanto potesse fare lui, che voleva rimanere sempre in allerta, mai comodo, i sensi acuti di un falco. «Bene, come sempre. E lei? È passato molto tempo dall'ultima volta che ci siamo incontrati. » Era vero e non era vero. Che stesse sempre bene era certo, nessuno poteva stare meglio di Lars quando passava giornate a lavoro, soprattutto se proficue, soprattutto se portavano alla stesura di articoli che avessero un certo valore. Celine era una vecchia conoscenza, come tutte le persone che erano nate e vissute a Besaid e che poi erano suoi coetanei. Lars aveva appena tre anni più della donna, e se la ricordava bene da ragazzina, socievole, gioviale, al contrario dell'uomo che sapeva essere una lingua lunga e occhiate truci da cui guardarsi bene il più delle volte. «A cosa devo la visita? Direi che questo è un anno impegnato per la nostra città, se vuole chiedermi qualcosa ha fin troppo da scegliere. » Sorrise Lars, con un sorriso disteso e gli occhi calmi, fissi, dritti su Celine. Adesso era il suo turno.

    Edited by wanderer. - 10/12/2022, 18:40
     
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  3. Eris`
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    Si tolse il cappotto e lo appoggiò all'attaccapanni, ma tenne con sé la sua borsa, perché al suo interno conteneva carte, foto che potevano aiutarla ad iniziare quel discorso e che sicuramente sarebbero tornate utili anche alla persona a cui aveva scelto di rivolgersi, e non con estrema facilità, ma aveva ponderato bene quell'incontro, l'esito era del tutto incerto ma lanciarsi verso l'ignoto, a volte, era un'opportunità da considerare, un rischio da dover prendere necessariamente. Si accomodò su una delle poltrone, in quella vuota ci appoggiò quella che lei definiva la borsa di Mary Poppins, non si meravigliava mai di quante cose riuscisse a contenere quel semplice accessorio. Era una Louis Vuitton, l'aveva comprata a professione avviata, quando aveva iniziato a fruttare abbastanza per la prima volta in tutta la sua vita, concedendosi quegli sfizi che un tempo sarebbero stati impensabili e che ora era in grado di sfoggiare, di permettersi con non troppi sacrifici. La sua vita era cambiata radicalmente, ma le sue origini l'avevano segnata e mai quel leggero sfarzo l'avrebbe distolta dalla persona che era cresciuta in un ghetto, in assoluta povertà.
    Trovò che la seduta fosse incredibilmente comoda, fu un dettaglio che notò sin da subito, Lars ci aveva sicuramente investito molto denaro per quell'ufficio, provava una certa invidia mentre si trovava lì, l'ambiente era asettico ed estremamente minimale, sicuramente poteva dire molto della sua persona, in particolar modo nell'ambiente lavorativo.
    Preciso e minuzioso, lo avrebbe detto anche dall'orologio che aveva in polso e che aveva suonato quando il loro appuntamento formale era scattato.
    Doveva dire che l'arredamento era conforme con le sue idee...se avesse mai avuto la possibilità di aprire un suo studio, allora si sarebbe ispirata a quello, perché in centrale il suo era molto più anonimo, e uguale negli assetti a quello degli altri colleghi; in più risultava sempre pieno di scartoffie e non riusciva mai a mantenere quell'ordine che si era prefissata, pur essendo una persona che ci teneva molto alla propria immagine, alla pulizia, all'ordine e dare quel senso di accoglienza e ospitalità che riusciva però a garantire con il suo modo di approcciarsi e di lavorare ai casi.
    Fu immediato per Celine provare una sensazione alquanto strana, era raro che si ritrovasse dall'altra parte della scrivania, ma era ancora più insolita la sua presenza e che avesse davvero considerato di accedere al Besaid Daily News e affidarsi ai giornalisti per quel caso così particolare. Aveva bisogno di dettagli, informazioni urgenti ed estremamente delicate. Non era sicura che Lars potesse mantenere il riserbo, non usare le informazioni che avrebbe condiviso per i propri tornaconti. I giornalisti le avevano sempre dato l'idea di avere un doppio volto, conforme con le proprie mansioni. Più i loro articoli erano efficaci e d'impatto, più suscitavano interesse. Trovarsi in quell'ufficio poteva essere un'arma a doppio taglio, ma doveva tentare.
    «Complimenti, il suo è proprio un bell'ufficio» constatò nel momento in cui si guardò attorno, era una considerazione banale ed ingenua, ma se avesse potuto avrebbe aggiunto con estrema malizia che i giornalisti se la passavano più che bene, se lo si sapeva fare era un mestiere che ripagava adeguatamente. Tornò con il volto e lo sguardo a guardare la persona con cui avrebbe dovuto aprire quella parentesi delicata, il solo pensiero non la rilassava affatto, ma si comportava come se quell'argomento non la turbasse affatto. Non riusciva neppure a percepire che tipo di vibrazioni emanasse Lars, magari era semplicemente troppo presto per dedurlo. Lei però sperava di tenere a bada le sue.
    «Già, ma sono convinta che ci vedremo altrettanto presto. Il lavoro per nostra immensa fortuna non finisce mai.» Fece un sorriso composto e dovuto alla circostanza. Ricordava di averlo già visto, ma era assolutamente certa che quella fosse la prima volta che i due si parlavano, ma la sua memoria poteva ingannarla e magari invece ci aveva già scambiato due chiacchiere in passato. Non che facesse molta differenza, era lì per lavoro. Magari poteva cambiare prospettiva visto e considerando che sapeva solo quello che si diceva in giro di lui, non aveva mai avuto modo di constatare la veridicità di quelle voci, né ci aveva mai dato troppo peso.
    «Allora può immaginare a cosa sia dovuta la mia visita e dunque non c'è bisogno di tergiversare» accennò seria, ma lasciando trapelare un po' di malizia nelle sue parole. «Ma prima di iniziare, immagino che le informazioni abbiano un costo. Voglio essere onesta con lei, perché credo che se noi ci aiuteremo, allora riusciremo ad ottenere entrambi ciò che vogliamo.» Non gli staccò gli occhi di dosso, lo stava studiando, esattamente come accadeva quando si trovava nella scena del crimine ed esaminava scrupolosamente ogni indizio che potesse aiutarla a risolvere il caso. «Bene, sappia che ho portato con me le mie analisi sull'ultimo caso a cui sto lavorando. Sono qui perché sto lavorando sull'incendio doloso che ha suscitato un mucchio di pensieri contrastanti, perché la quantità di prove è insufficiente a incastrare un singolo e ho l'impressione che le indagini siano state occultate.»
    A dire il vero era piena di lavoro e stava lavorando a più casi contemporaneamente, ma non c'era bisogno di specificarlo. «Voglio che questa conversazione rimanga privata, per ora non debbono trapelare notizie. Ho ragione di credere che lei, Lars Aeron Berg, possa essere in possesso di informazioni di vitale importanza per le mie ricerche. Ho l'impressione che lei possa vedere ciò che i miei occhi e quelli dell'intera città di Besaid non vedono.»
    Fece una pausa, inclinò la schiena e si poggiò alla scrivania con nonchalance, facendosi più vicina all'uomo. «Mi apra gli occhi. Qual è il suo prezzo?»

    Edited by Eris` - 19/12/2022, 12:41
     
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    Non era sicuro di come definire la presenza di Celine. Era naturale che secondo la sua opinione fosse necessario valutare le sue considerazioni con calma, e in quel momento la conoscenza superficiale che aveva della donna non poteva farlo permettere di dare una valutazione completa di lei. Da quello che aveva compreso però intuiva che non avrebbe mollato facilmente la presa, costi quel che costi, anche a discapito di quello che Lars avrebbe pensato valesse la pena confessare. E questo lasciava davanti a lui diverse strade di azione.
    La guardò, senza curarsi di non abbassare lo sguardo per lasciarla ambientare nello spazio che non conosceva, senza preoccuparsi di essere invadente, proprio perché da quando aveva messo piede nel suo ufficio era chiaro che doveva vederla come una avversaria, e si sarebbero sfidati a colpi ed intervalli di battute, a partire dal momento in cui l'orologio aveva cominciato a suonare sulla sveglia impostata per l'incontro. Nonostante fossero tante le cose che nessuno dei due conosceva dell'altro, ovvero come fossero abituati a comportarsi, come si muovessero i loro ragionamenti, come si svolgessero le loro sfere di potere e quali influenze avessero in determinati ambienti, c'era un particolare molto importante che Lars aveva dalla sua e che in pochi conoscevano di lui. Il potere di Lars gli dava un vantaggio assoluto in qualsiasi scontro di parole. La sua morale e la sua etica non erano davvero convinti di dover ricorrere a un mezzo di azione così drastico, ma lui non aveva niente a che spartire con la polizia e le loro indagini, e le sue piste dovevano rimanere esclusive.
    Assottigliò lo sguardo quando la donna fece un commento sul suo ufficio. Lasciò volutamente cadere gli occhi sulla scrivania, tastò il lato, posando le dita sul bordo, sospirando rumorosamente. Non si sarebbe abbassato a dirle che trovava la sua imbeccata di pessimo gusto, invece. «Grazie.» Disse, semplicemente, per poi sorridere come se stessero parlando di un argomento qualsiasi, del tempo, del colore del cielo, di una frase fatta. «Come è la centrale invece?» Nessuno dei due aveva tempo da perdere senza ombra di dubbio, eppure era chiaro che dovevano per forza passare parte del tempo a parlare di convenevoli, quantomeno per intavolare un rapporto basato sul buon vivere civile. Sapeva bene come fosse la centrale, ci era stato molte volte, tra gli articoli da scrivere, le informazioni da sopperire, e le interviste ai sospettati, eppure era anche vero che un conto era la parte pubblica, a libero accesso, e un conto fosse quella che non gli era data conoscere. Non che si figurasse esattamente un postaccio, ma non immaginava che oltre le carceri e il via vai dei malviventi, degli uomini in divisa e delle stanze contenenti le armi, potesse esserci anche qualcosa di bello per davvero, nonostante tutto quanto anche per lui rappresentasse i valori sacri della giustizia e del lato esecutivo del mettere in pratica il bene, anche usando la forza.
    Lasciò andare oltre il discorso, tornando a posare gli occhi su di lei quando anche lei li riportò su di lui, invece che sul suo ufficio. Annuì, quando lei ammiccò alla possibilità futura di potersi incontrare di nuovo per lavoro. Era esattamente così, il loro lavoro non finiva mai. Lavoravano strenuamente perché esistevano sia casi da risolvere che di cui parlare, e sapevano entrambi che proprio perché il lavoro che avevano, spesso veniva condiviso da entrambi e le informazioni a disposizione contese tra giornale e polizia, era difficile che scorresse buon sangue tra loro. Doveva comunque immaginare il meglio, Lars, e come era suo solito non sarebbe mai stato direttamente scortese, ma altrettanto sottile, proprio come Celine sembrava si stesse approcciando ad interloquire con lui. Una piccola parte di sé immaginò che in quel momento era anche molto difficile conservare una espressione impassibile, proprio perché una fetta importante della sua quotidianità si stava trasformando in quelle precise giornate, e molte cose che aveva cominciato a chiamare casa presto sarebbero diventate cenere, per poi essere spazzate via come se non fossero mai esistite.
    Celine a quel punto cominciò a gettare giù la sua mano, posizionando le carte scoperte sul tavolo. A cosa era dovuta la sua visita? Lui immaginava volesse informazioni sull'incendio, e una soffiata doveva averla posizionata dritta ad attenderlo davanti alle porte del giornale. Lars si chiese per un attimo se ci fosse stata una voce trapelata che avesse trattenuto qualche dettaglio importante, ma poi si lasciò trasportare dalle parole della donna entrando nella parte. Doveva seguirla per non perdersi un momento di quel confronto, esattamente come stava facendo lei.
    La verità era che voleva sapere delle informazioni anche lui. Necessitava di capire cosa sapesse la polizia sulle ultime piste, e a cosa dovessero prepararsi al giornale. Avevano seguito anche loro la pista dei tumulti, immaginando che l'incendio e la colluttazione in centro verificatasi prima dell'estate facessero capo alla stessa organizzazione? Oppure, come Lars pensava, su Besaid stavano avvenendo più scontri diversi di organizzazioni criminali fondamentalmente diverse e forse contrapposte?
    Socchiuse per un attimo gli occhi, prima di rispondere a Celine. Lars posò nuovamente le mani sulla scrivania, abbracciando il legno con le dita. «Celine, diamoci del tu, abbiamo una età tale per cui sentire pronunciare il mio primo e secondo nome di battesimo assieme al cognome mi fa ricordare cosa passavo a cinque anni e venivo rimproverato dai miei.» Rise, spezzando la tensione delle parole grevi che aveva usato la donna, sicuramente professionale, ma così importanti nella loro esecuzione che si era sentito al centro di una scena del crimine, come se proprio il suo ufficio al giornale avesse impersonato il luogo del delitto di qualcuno che non conosceva. «Ok, ricominciamo. Sì, potremmo aiutarci dicendoci alcune informazioni, e sarò ben disposto a raccontarti quello che so se da quello che conosco posso garantire l'incolumità dei miei concittadini.» Sorrise con il suo sorriso storto, rivelando le due fossette visibili sul viso ai lati delle labbra. Aveva cominciato ad utilizzare il potere da quel momento, da quando con l'ultima frase aveva cominciato a rivelare e utilizzare le parole dolci che accompagnavano il suo potere sottilissimo. Parole come dovremmo, potremmo racchiudevano un potere stranissimo che permetteva a Lars di materializzare la volontà nel suo interlocutore di ammettere le più profonde verità di cui stessero parlando, dimenticando di aver rivelato così ad un perfetto sconosciuto nozioni che invece avrebbero dovuto rimanere il più delle volte addirittura segrete.
    «Sì, io so qualcosa dell'incendio. E purtroppo so che molte informazioni sono state occultate di qualcuno più grande e ben nascosto di noi.» Cominciò a discutere Lars, consapevole di dover raccontare qualche altra nozione per mettere in atto la sua particolarità. Oltre che parole gentili, Lars non doveva più distogliere il contatto visivo, e in quello fu Celine stessa ad aiutarlo. La donna non si era accorta che era inconsapevolmente caduta nella sua trappola, terribile e inaspettata. Celine non aveva lasciato andare lo sguardo di Lars convinta di esercitare timore e la giusta perseveranza nella sua indagine, di farlo sentire piccolo ed in difficoltà. E Lars doveva ammettere che al netto di avere dalla sua quel potere, le parole e lo sguardo utilizzato dalla donna erano stati impeccabili. «Dunque Celine comincia a raccontarmi cosa sai dell'incendio e del perché sei venuta davvero da me. Cosa ti aspetti che io sia stato in grado di aver scoperto.» Disse Lars, poggiandosi sulla scrivania come lei, che gli era venuta più vicino, parlandogli con fermezza. «Il mio prezzo.. ecco io ti chiedo di dirmi cosa è successo in questi giorni, quale è la tua seconda indagine più importante su cui stai investigando, e se pensi che io abbia altre informazioni su questo.» Ovviamente il potere di Lars mascherava la richiesta snaturata che le stava ponendo. Lars in quel modo si poneva a lei chiedendole di più, chiedendole altre informazioni senza darle nulla in cambio. Il prezzo, mascherato nelle parole pronunciate con tono mellifluo consisteva esso stesso nello spingerla a dirgli di più. E questo era il potere segreto di Lars, ed oltre alla sua bravura e alle grandi capacità di scrittura che aveva affinato nei dieci anni di carriera passati, era ovvio che fosse impossibile sfuggire alla tela che tesseva e che fosse lui a spuntarla nella maggior parte delle conversazioni impari che costruiva sapientemente, e con la dea fortuna a ridere dalla sua.

    Edited by wanderer. - 10/12/2022, 18:40
     
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    Si sentiva come se stesse attraversando un campo minato, come se all'interno di quella spoglia stanza fosse tutto fittizio e in realtà si trovasse in luogo ben più sinistro, perciò non voleva dare l'impressione al suo interlocutore di averlo avvertito e permettergli così di sfruttare questo dettaglio in suo possesso per piegarla alla sua volontà: era fondamentale mantenere la calma, tenere lo sguardo fisso e rilassato, fingendo di non aver capito niente. Era un discorso solenne che valeva per tutto, ma quando si trattava di lavoro, proteggeva la sua filosofia con qualunque mezzo, con unghie e denti se richiesto. Gli pareva che quell'uomo non sbattesse mai le palpebre, aveva i suoi occhi fissi addosso, conosceva quel tipo di sguardo, lui pensava lo stesso di lei. Ecco, quei due erano proprio a cavallo. Non si piacevano, nonostante non vi fossero ragioni valide per cui provare un simile sentimento. O forse, più che non piacersi, nessuno dei due riusciva a fidarsi dell'altro. Lui era un giornalista e lei una criminologa profiler: non erano esattamente le due facce della stessa medaglia, ma se vesti in quel momento, qualcuno avrebbe potuto osare una simile affermazione per descriverli. Professioni diverse, eppure sentimenti reciproci. Un gran bel peccato.
    Gli chiese come fosse la centrale in cui lavorava. Inarcò un sopracciglio, come se volesse replicare a quella domanda e dirgli che non gli interessasse realmente, ma fece un sorriso obliquo e gli rispose diversamente da come aveva fatto lui, non fu secca, piuttosto si perse in spiegoni fastidiosi per suscitare un minimo di reazione in lui. Era scaltra, immaginava bene che blaterare non fosse ciò che stava cercando, né il motivo per cui lei si trovava lì d'altronde.
    «Detto ciò...dovresti venirmi a far visita» concluse quell'epopea di parole con un sorriso entusiasta.

    Doveva ammettere a se stessa che si soprese un po' quando la invitò a dargli del tu. Stava cercando di essere informale per una semplice questione d'età oppure intendeva davvero diventare più confidenziale con lei? Celine non riusciva a non pensare come il signor Berg, da persona di poche parole, si fosse tramutato in una persona più loquace. Interessante, pensò lei osservandolo ridere, mossa a cui rispose con un altro sorriso, uno comprensivo e affabile questa volta, anche se dentro di sé provava una certa invidia che le ronzava attorno sin da bambina: lei non aveva mai vissuto dei rimproveri da parte dei suoi genitori, soprattutto in quel modo così banale che aveva citato Lars, poiché sua madre era troppo indaffarata e stanca dal lavoro che le richiedeva gran parte del tempo; suo padre non parlava più da tempo, quasi non si ricordava più le sue ultime parole nei suoi confronti...e c'era una certa indulgenza da parte della madre che la portava ad evitare qualunque tipo di scontro, in più era la prima ad affidarsi a lei quando aveva bisogno di una spalla su cui appoggiarsi per avere conforto. Poteva immaginare dunque un simile gesto, ma non capirne l'efficacia né l'impatto che avevano, perché lei non aveva mai provato sulla sua pelle la quotidianità di una famiglia e in una cosa così banale ci vedeva la sua solitudine, quell'ombra che si portava dietro da sempre, ma che si sforzava di non mostrare.
    Lei era cresciuta troppo in fretta, si era ritrovata a ricoprire la figura di sua madre e di suo padre contemporaneamente, per cui aveva un carattere estroverso, forse troppo, ma lei era fatta così, cercava di dare calore e familiarità, di colmare ciò che le era stato tolto dalla mancanza di denaro e dalla malattia che aveva segnato tutti loro. Lei non era nata né cresciuta nel benestare. Aveva sempre guardato quei privilegiati con quella sorta di ammirazione che avevano tutti, anche se molti di loro, non avevano fatto nulla per meritarsi una vita così agiata e tranquilla...ma i soldi davano sempre il sentore di tranquillità e ora che lei possedeva un buon lavoro e la paga era decisamente proficua, sentiva un attaccamento nei confronti del denaro che le conferiva quella pace che in un certo senso le era sempre mancata. Non provava più ansia, sapeva che con quello che aveva poteva aiutare sua madre che viveva ora con una misera pensione e garantirle quello che lei aveva fatto fatica a darle.
    «Le mie più sentite scuse Lars: deformazione professionale, non sono abituata a dare del tu in questo genere di incontri né avrei mai avuto la sfrontatezza per chiedertelo...ma visto che sei tu stesso a darmene il permesso, allora sì, diamoci pure del tu.»
    Mi auguro che questo sia l'inizio di un qualcosa, così avrebbe aggiunto a quella frase, ma forse stava pretendendo un po' troppo e immaginava che con un uomo del genere dovesse procedere a gradi, dimostrare chi fosse Celine Kaja Johannesen e mettersi all'opera per risolvere quel caso per cui aveva osato mettere piede lì. In quel momento non era un'amicizia quello che cercava, ma se fosse nata, allora non l'avrebbe rifiutata di certo: un alleato in quel settore poteva farle comodo e Celine era più che conscia che potesse essere altrettanto per quel Lars.
    Da quello che disse dopo, si sentì quasi offesa: come poteva chiedergli di garantire l'incolumità dei SUOI cittadini? non erano forse i LORO cittadini? Non lavoravano forse per lo stesso popolo? Evidentemente era così chiuso nel suo piccolo mondo che quella parte non gli era del tutto chiara e per questo Celine sottolineò chiaramente quel suo pensiero. «Vorrai dire NOSTRI concittadini. Forse dimentichi che io lavoro per garantire a mia volta l'incolumità di tutti.»
    Mantenne un tono serio, ma cercò di restare cordiale esattamente come aveva fatto lui. Non c'era motivo di fare scenate, ma era bene che sapesse che lottavano per una causa COMUNE.
    Ad ogni modo, dopo quel discorso non lo interruppe più...almeno fin quando non fu nuovamente necessario e dunque esortata a farlo.
    Apprese che sapeva dell'incendio e anche che qualcuno o qualcosa operava al fine di occultare le vicende che la interessavano. Questo provò che aveva fatto bene a recarsi lì, anche se lui non gliela stava facendo facile. Forse erano entrambi a non aver iniziato con il piede sbagliato.
    Mostrò un particolare interesse per quelle parole, non accorgendosi di essere manipolata attraverso l'uso di alcune parole. Il suo inconscio era chiamato a dire la verità, soprattutto quella che voleva tenersi per sé, quella che riteneva strettamente personale visto che ne valeva la sua professionalità.
    Era come se le parole in quel momento non scorressero solo attraverso la sua mente, ma le venissero rubate e tolte dalla bocca, senza che lei si rendesse conto dell'impatto di ciò che stava facendo. Era una marionetta e lui la stava usando per ottenere qualcosa da lei. Le carte si erano ribaltate.
    Fino a quanto la situazione sarebbe rimasta così?
    «Io pensavo che sapessi dirmi tu qualcosa, per questo sono venuta qui, ma se proprio vuoi sapere cosa so del caso...allora posso dirti che ho rinvenuto dei messaggi identici, so bene che sono sparsi in molte zone della nostra città e che sembrano solo dei murales senza senso, ma vedi...credo che non sia un caso che siano stati ritrovati nei luoghi delle vittime che ho avuto modo di controllare dopo il loro decesso. Gli artefici di tali scritti, sono dunque collegati tra loro: questa è la mia assoluta certezza, mi possa bruciare il fuoco dell'inferno se non fosse così. Se solo potessi dimostrare la validità della mia tesi, nessuno sottovaluterebbe quello che io ritengo un imminente pericolo per la salvaguardia di noi tutti. Qualunque cosa lavori nell'oscurità, sta cercando di parlarci e vuole dimostrarci che esiste. Gli omicidi avvengono nelle stesse modalità, guarda tu stesso.»
    Aveva parlato arditamente, senza mai mordersi la lingua poiché l'abilità di Lars la costringeva alla massima sincerità e trasparenza.
    Di lì a poco estrasse dalla sua borsa la cartella in cui erano contenute foto delle scritte, foto di cadaveri e qualche piccolo indizio che non l'aveva ancora portata a comprendere più da vicino il o i colpevoli.
    «Penso che l'incendio non sia stato una casualità, bensì c'è la possibilità che chi lo abbia appiccato, sia in possesso di un'abilità come la pirocinesi. Questo è tutto ciò che so, mi aspetto che tu non mi creda pazza, perché da questo caso, non ci rimetto soltanto io come professionista, ma ci rimettiamo tutti se i colpevoli non vengono identificati. Ho atteso questo momento per anni, hai la minima idea di cosa si provi ad avere un obiettivo e vederlo sempre più lontano? Sin da bambina il vicinato pensava che non fossi portata per questo lavoro, ho sempre dovuto tenacemente dimostrare il mio valore. Oggi non si tratta più di dimostrare chi sono agli altri, ma che c'è qualcosa che ha intenzione di farmi impazzire. Non dormo più bene la notte sapendo che quegli assassini potrebbero essere tra di noi. Il brutto del mio lavoro è dover fare la spesa con situazioni critiche e immaginare costantemente che dietro un mio fallimento, potrebbe esserci la morte di qualcuno. Quindi sì, Lars, quando mi hai chiesto se potevo garantirti l'incolumità dei NOSTRI concittadini, io ti rispondo di sì, che farò sempre tutto quello che è in mio potere per il nostro popolo. Sulle mie spalle gravano pesi insormontabili. Sei fortunato a non dovertene fare carico.»
    Alla fine, con l'ultima frase mostrò un segno di cedimento. Aveva gli occhi lucidi, guardò in una zona buia della stanza, cercando di riprendere il controllo delle sue emozioni. Non le era mai piaciuto mostrarsi vulnerabili, ma si sentiva impotente, in più era terrorizzata dai suoi stessi pensieri. Il suo cervello era una macchina che continuava a macinare pensieri e paranoie. Vedeva la gente morta e agonizzate ogni sera...niente e nessuno glielo avrebbe tolto dalla testa. Lo doveva per quelle morti innocenti e lo doveva per se stessa e tutte le persone che vivevano a Besaid. Lei doveva scoprire di cosa si trattasse. Non se ne sarebbe mai fatta una ragione altrimenti.

    Edited by Eris` - 19/12/2022, 12:38
     
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    Si innervosì un pò, perfino lui, così perfetto nell'equilibrare le sue sensazioni e nel calibrare esattamente la portata delle sue espressioni e cosa volesse comunicare con il suo sguardo e la sua postura, così tanto che perfino Celine dovette accorgersi che le cose non stavano andando come nessuno dei due aveva sperato. Perciò, sentire il riferimento che aveva fatto in merito alla centrale di polizia non gli era piaciuto. Aveva deciso che era stato meglio tagliare corto, e Lars non poteva fare altro che tacere, via quell'argomento e avanti il prossimo.
    Passarono al tema successivo, e a quel punto non poté fare a meno neanche lei dall'acconsentire a rendere il discorso più informale, così, tanto per dire a dirla tutta, perché il clima era così teso che poteva essere tagliato con il coltello.
    Mentre parlava aveva visto il viso di Celine indurirsi, e la sua espressione mutare fino a diventare assorta e concentrata, ma con una sfumatura negativa che non aveva saputo interpretare. Cosa stava accadendo che Lars non aveva previsto? Non aveva ancora cominciato ad utilizzare il suo potere, perciò non era stata ancora colpa del piano che stava per attuare. Eppure tutta quella concentrazione portava entrambi esattamente dove Lars voleva arrivassero, e lo scenario diventava quello perfetto per poter manifestare il suo potere. Avevano cominciato a darsi del tu, dunque, ma le parole successive di Lars vennero inaspettatamente rovesciate, il loro significato torto. Si accigliò, nuovamente, sbattendo le palpebre tre volte, come faceva quando pensava troppo velocemente. «Non intendevo che non fossero anche i tuoi concittadini. Era una frase che pronunciavo per spiegarmi, non era un modo di escluderti. Certo che sono i nostri.» Ammise. Lei aveva usato un tono pacato, quindi non aveva motivo di dire nulla se non di pronunciarsi per mediare la conversazione. Ma quello che aveva detto dopo lo aveva portato a usare attivamente il suo potere per saperne di più su quello che aveva scoperto la donna, perché era quella la sua rispettiva missione.
    Ascoltò le parole di Celine con attenzione. C'erano molte cose che gli aveva rivelato già dalla prima parte del suo discorso che non combaciava con le informazioni che aveva lui in possesso. Vittime? Omicidi? Lars aveva coperto diverse storie negli ultimi tempi, ma i pattern ritrovati delle vittime non erano comunque associabili ad un movente comune, a meno che non solo la polizia, ma lo stesso governo non aveva insabbiato le tracce facendo sì che la stampa - e lui - comprissero soltanto una piccola parte della storia, semplicemente raccontando una farsa, informazioni sulla persona deceduta e chi fosse, e perché ci fossero dei casi che causavano quelle situazioni. Non aveva individuato lo zampino della setta dietro nessuna di quelle storie, e l'unica su cui lui faceva effettivo affidamento era l'incendio doloso di cui aveva appena scoperto notizie, stavolta più di quelle di cui era a conoscenza Celine e la polizia. Fece attenzione a non distogliere il contatto visivo, era l'unico modo per il suo potere di funzionare linearmente senza interruzioni, in modo che il flusso di parole che avrebbe dettagliato la criminologa sarebbe stato chiaro e prolungato. Fece in tempo a farla finire di parlare, prima di toccare le prove che gli aveva mostrato sostenenti la sua tesi, e tastò le foto e le buste che gli passò sotto mano senza lasciare i suoi occhi, perché altrimenti non avrebbe potuto sentire direttamente da lei il suo seguito. Ascoltò infine l'ultima parte delle sue parole chiedendosi da dove potesse iniziare per ritrovare un nesso tra gli omicidi coperti dalla stampa nei giorni precedenti e quello che gli aveva svelato Celine, e quello che sapeva lui sull'incendio.
    Ed era successo. Era stato convinto delle sue azioni, dello scopo ultimo del suo piano, senza badare alla crudeltà che avrebbe perpetrato con l'utilizzo del suo potere, aveva semplicemente deciso che così doveva essere e così era andata a finire. Aveva piegato Celine in un momento, e lei aveva svuotato i suoi pensieri così come Lars aveva immaginato che accadesse.
    Per tutta la durata del suo discorso era rimasto anche lui fermo, immobile, in sospeso, come se il suo racconto dicesse a lui stesso qualcos'altro, che andava ben oltre le parole che aveva pronunciato. Si rese conto dell'amarezza che lo aveva portato a braccetto e condotto fin lì. Non si trattava di aver agito e sbagliato. Semplicemente non era così lui. Pungente sì, irritante, anche acre a tratti, ma non spiacevole da rasentare la cattiveria.
    Si fermò dal proseguire oltre. Interruppe il legame con lo sguardo, lasciò scivolare via il controllo della sua particolarità. Sospirò rumorosamente, prima di guardare le foto, e lasciare un momento di silenzio a Celine per permettere lei di potersi ricomporre. Si schiarì la voce, e le passò la scatola di kleenex che aveva sulla scrivania, lontano da lei, per portarla più vicino e, se avesse voluto, utilizzarne uno per asciugare il viso. «Ok Celine, ti credo.» Sussurrò. Si guardò intorno, cercando con lo sguardo se qualcuno dei suoi colleghi redattori li stesse osservando dalle porte a vetro dello studio, ma nessuno guardava verso di loro. Posò una mano sulla scrivania, e si alzò in piedi per guardare le prove. Quello che gli aveva fornito era materiale sensibile, e Celine stava rischiando molto a condividere le sue informazioni con un giornalista. Ma per sua fortuna Lars era una brava persona. «Vieni con me.» Disse. Poi si alzò con in mano il fascicolo delle sue investigazioni, glielo posò tra le mani quando le fu vicino, per evitare di farle pensare che si stesse impossessando di quelle prove, e andò a grandi passi verso la porta. Si girò verso di lei e le fece cenno di seguirlo.
    Si incamminarono entrambi nel corridoio, dall'altro capo della stanza dell'ufficio di Lars, vicino alla sala break, come se fossero diretti lì per fare una pausa e volesse offrirle un caffè. Poi la fece fermare, piazzandosi davanti al corridoio, e le fece cenno di non fiatare con un dito sul suo viso. Lo sguardo di Lars era eloquente abbastanza a farle capire che a quel punto stava rischiando anche lui tutto, e che quel momento era essenziale per entrambi per capire come procedere oltre. Nessuno della redazione poteva sapere quanto stava rischiando anche lui con le sue informazioni, ma oramai il vincolo era sancito, e per Lars era un dare per un ricevere. Non poteva pensare di sostenere il gioco da solo senza pensare alla sua morale - e dannata la sua morale, tirava sempre le redini del controllo. Appena fu sicuro che nessuno li stesse guardando procedette oltre sul corridoio alla destra, dove si trovava la stanza che aveva utilizzato per tutte le informazioni che aveva raccolto negli ultimi mesi. La fece procedere con lui nella stanza, e richiuse la porta alle spalle. Accese la luce. Lo spettacolo sugli occhi di Celine era incredibile.
    Lars aveva condotto, con l'aiuto essenziale di Riley, una vera e propria indagine degna di un ispettore di polizia: disegnata sulla parete alla sinistra aveva stilato il profilo del mandante e del responsabile dei disordini degli ultimi mesi, con tanto di puntine e filo rosso pronto a dispiegarsi da una parte all'altra degli indizi appiccicati sul muro. A quel punto cominciò a parlare lui.
    «Ho fatto le tue stesse considerazioni.» Cominciò, dandole il tempo di abituarsi al suo schema, mentre lo guardavano entrambi. «Qui, questo mi ha fatto pensare che si tratti di una persona con una particolarità.» Le disse, puntando l'indice verso una foto dell'incidente al centro industriale della settimana prima. Poi puntò il pollice della mano sinistra contemporaneamente sul secondo indizio che voleva mostrarle. «Questo invece mi fa pensare che ci siano altre cose che non sapevo collegare prima che me le dicessi tu.» Il secondo indizio riguardava l'ultimo degli omicidi di cui Celine aveva parlato di cui Lars non sapeva ancora molto di più, infatti ci aveva inserito un gigantesco punto interrogativo sopra. Non sapeva se collegare il filo tra i due per sostenere che sì, facessero parte della stessa organizzazione. Diede voce alla sua nuova tesi, sospirando di nuovo. «Grazie a quello che mi hai raccontato ho capito che queste cose potrebbero essere correlate, e che il mandante dei due incidenti è lo stesso. Non potrebbe essere, è.» Fece una pausa, guardando verso Celine e lasciando andare gli indizi. Le fece un gesto eloquente indicandole il suo fascicolo che teneva stretto tra le mani e le intimò di guardare il pannello che le aveva mostrato, quasi come a suggerirle di collegare lei gli altri fili e trarne le sue considerazioni. «Quello che non capisco è.. per chi lavora questo individuo? Cosa vuole questa associazione?» Disse, aspettando che ragionasse con lui su quella nuova ipotesi. Nonostante Besaid fosse una città particolare, cominciava a sembrare troppo anche per lui vedere quei fatti spiacevoli e immaginare fossero collegati. Poi si voltò di nuovo, una mano sul proprio viso come se stesse assumendo uno sguardo pensoso e pensasse qualcosa di veramente importante. «E comunque io non ho mai avuto una vita facile. Era una tua supposizione infondata.» Borbottò, la voce fuoriuscì tra le sue dita posate su labbra e mento, come se avesse detto una cosa che teneva a sottolineare, ma neanche troppo a rivelare in giro. Lars era quello che era perché aveva lavorato sodo, senza l'aiuto di nessuno, soprattutto dei suoi genitori, troppo presi da loro e dalle loro nuove famiglie per ricordarsi di lui e Liv o della sua carriera in ambito totalmente diverso.
     
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5 replies since 1/9/2022, 11:45   214 views
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