All those eyes on me as I sink into the open sea

Lexi e Lars

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    L’acqua scorreva veloce attorno a lei mentre, bracciata dopo bracciata, continuava a macinare metri all’interno della sua corsia. Era presto, ma era quello il momento in cui lei preferiva la piscina comunale. A quell’ora del mattino erano poche le persone che la frequentavano e poteva quindi concedersi del tempo per sé, senza troppo rumore. L’acqua attutiva i rumori circostanti, rendendoli più ovattati, ma preferiva i momenti in cui quello che riceveva era solo il silenzio più totale e in mezzo a quella calma poteva quindi concentrarsi sui suoi pensieri. Amava nuotare, i suoi nonni, scherzando, dicevano sempre che aveva imparato prima a nuotare e poi a camminare, come se l’acqua fosse sempre stata il suo momento, l’unica materia in cui riuscisse a sentirsi perfettamente a suo agio. Prendeva fiato e poi immergeva di nuovo la testa, spingendosi sempre al limite ogni volta per trattenere il fiato un po’ più a lungo. Battè le piante dei piedi sul muro, cambiando direzione e riemergendo poco dopo, continuando ad avanzare con il suo stile libero. Era quello che preferiva, nonostante con gli anni li avesse imparati tutti. Ormai non aveva neanche più bisogno dell’istruttore, aveva imparato tutte le tecniche e le regole e si limitava ad applicarle, usando quel tempo per liberare la mente o per pensare, a seconda di quello che le era più utile al momento. Quella mattina aveva bisogno di pensare un po’, ma anche di liberarsi da alcune tensioni. Quella sera avrebbe preso parte a una festa e la cosa la agitava un po’. Non aveva mai smesso di farlo, non si era mai davvero isolata dal mondo, eppure ancora, nonostante fosse passato qualche anno, l’idea di stare in mezzo a tante persone la turbava un po’. Un tempo sarebbe stata felice di sfoggiare il migliore abito che aveva e di mettere su un make up da favola per attirare l’attenzione di tutti i partecipanti, ora invece, dopo l’incidente avuto con le droghe, trovava più difficile fare la stessa cosa con il sorriso di sempre e fingere che nulla fosse accaduto. Capitava spesso che, in mezzo a tante persone, ci fosse qualcuno in grado di riconoscerla, che riportasse l’attenzione di tutti al fatto di cronaca che l’aveva vista protagonista, mettendola immediatamente a disagio. Era inutile ovviamente cercare di nascondersi o fingere di essere un’altra persona. Non era da lei, lei non fuggiva dai problemi.
    Prese un’altra boccata d’aria e continuò con le bracciate. Mancava ancora qualche ora prima di iniziare a lavorare e aveva intenzione di occuparle tutte.

    Si guardò allo specchio, cercando di decidere se l’outfit che aveva scelto per quella serata fosse davvero quello giusto. Voleva essere elegante, ma non troppo, visto che si trattava di una semplice festa tra amici e non di un galà dell’alta società. Aveva indossato un paio di pantaloni neri e una camicia bianca a cui avrebbe aggiunto delle decollete nere con un tacco non eccessivo e un cappotto beige, in caso ci fosse stato freddo più tardi, al momento di tornare. Aveva provato a chiedere a Peter di accompagnarla, ma purtroppo aveva ancora del lavoro urgente da svolgere per la mattina successiva. Magari mi avvicino più tardi, appena termino le aveva detto e lei si era limitata ad annuire e sorridere. Visto che lui era impegnato aveva quindi deciso di andare a prepararsi nell’appartamento che condivideva con le sue coinquiline, che ancora non si decisa a lasciare del tutto. C’erano ancora molte delle sue cose nella sua stanza e aveva dato in perfetto orario la sua parte della retta d’affitto. Aveva giustificato tutto, nella sua testa, con il fatto che la decisione di sposarsi e di andare a convivere era stata presa molto di recente e che quindi aveva ancora bisogno di tempo per metabolizzare e abituarsi a quel cambiamento. L’appartamento che condivideva con Willow e Riley era invece stato la sua casa per diverso tempo, in qualche modo era ancora la sua casa e quindi faticava a lasciarlo andare. Non era tranquilla al pensiero che non ci sarebbero più state loro ad attenderla al suo rientro, che non ci sarebbero state le loro serate film in pigiama con una pizza o una bella tazza di tisana fumante tra le mani. Certo, stava bene con Peter e qualcosa dentro di lei era scattato quando lui le aveva fatto la proposta, facendole rispondere immediatamente in maniera positiva, ma qualche giorno dopo aveva iniziato a chiedersi se quella fosse stata davvero la scelta giusta.
    Non ne aveva parlato con nessuno, preferendo cercare di fare chiarezza da sola prima di aprirsi con qualcuno. Aveva davvero sperato che quella serata insieme a Peter l’avrebbe aiutata, e invece più lei aveva bisogno di lui e più lui sembrava distante. Sospirò mentre finiva di sistemare il trucco e prendeva la sua borsa per poi mostrarsi nel salone principale, dove Willow stava leggendo un libro. -Ehi tesoro, che ne pensi? - domandò, mostrandosi all’amica, in attesa di un suo parere. Aveva provato a invitare anche lei, ma le feste piene di estranei, purtroppo, non erano il suo forte. Willow tirò su lo sguardo dal libro e la guardò, per poi aprirsi in un dolce sorriso. -Mi piace molto, semplice ma elegante, approvo. - disse, annuendo appena nel dire quelle parole, mentre continuava a guardarla con aria contenta. -Bene, allora augurami buona fortuna dolcezza. - aggiunse, raggiungendola per lasciarle un leggero bacio sul capo e poi sparire fuori dalla porta accompagnata da un leggero occhiolino. La voce dell’amica la accompagnò mentre percorreva quegli ultimi metri e, una volta che la porta ebbe nascosto il suo visto, si concesse un momento per sospirare. Scosse appena il capo, muovendo i capelli acconciati in morbide onde e si diresse verso la sua auto. Sarebbe stata una bella serata, ne era sicura.
    La festa si sarebbe tenuta in un vecchio palazzo dove Francis aveva degli immobili che spesso affittava per grandi eventi. Era un uomo che aveva circa una decina d’anni in più di lei ed era riuscito a mandare avanti la sua carriera televisiva conducendo delle interviste a personaggi illustri. A volte sapeva essere un gran cretino, ma in fin dei conti le piaceva e non voleva quindi mancare al suo compleanno. Non si era preoccupata di comprargli un regalo da sola, aveva contribuito a quello realizzato dal gruppo e, ad essere onesta, neppure ricordava di cosa si trattasse. La festa sarebbe stata piena di persone della tv e altri vari amici. Ne conosceva alcuni ma sperava anche di conoscere qualche nuova persona. Le piaceva fare amicizia, non si tirava mai indietro per cose come quelle. Parcheggiò la sua auto in una stradina laterale e poi si diresse a piedi verso l’ingresso dell’appartamento. Notò alcune persone che si affrettavano per raggiungere l’ascensore e accelerò il passo per raggiugerle. -State andando alla festa di Francis? Posso salire con voi? - chiese, sfoderando un largo sorriso e attendendo una risposta positiva prima di raggiungerli dentro il vano dell’ascensore. Non disse nient’altro, preferendo evitare di presentarsi se gli altri non avessero mostrato un minimo di interesse, quindi li lasciò conversare tranquillamente tra di loro. Sorrise quando la musica li raggiunse persino lì dentro, segno che la festa era già cominciata e che qualcuno aveva già iniziato a divertirsi. Avrebbe preso giusto un bicchiere di spumante, o magari uno di cocktail, ma non uno di più. Uscì dal vano, accompagnata dalla sua cascata di capelli scuri e salutò il festeggiato che li attendeva sulla porta. -Ehilà amico. Spero che la festa sia grandiosa come me l’hai descritta. - lo prese un po’ in giro, lasciandogli un veloce bacio sulla guancia. -Oh, e.. ovviamente, tanti auguri. - aggiunse, per poi entrare all’interno dell’appartamento, cercando di scovare un po’ di cibo decente in mezzo a tutta quella gente.
     
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    Era passato qualche mese dalla fine della relazione con Gracelyn. Lars non aveva pensato se dovesse catalogarsi su una nuova, completa, considerazione di stesso. Cosa succedeva quando finiva una relazione? Si tornava a quelli che si era in passato o diventavi una versione parallela di te stesso? Sapeva lui come sapevano tutte le persone che aveva intorno che quella volta era stato diverso, quella volta ci aveva creduto, non che le cose funzionassero, non aveva bisogno di chiedersi come far funzionare le cose Lars, ma come sarebbe stata per lui dopo. Non si trattava di dire che le cose non avevano funzionato, o Grace non funzionasse, era lui che non era cambiato. Per quanto il lavoro e la vita potessero averli trascinati in una spirale di monotonia lontana dallo scocco di scintilla di Parigi, loro erano gli stessi di allora, di quel momento magico che era avvenuto in una serata qualunque, perché due persone, quelle giuste, si erano incontrate. Quella non era un'altra storia e basta, era la loro, e quella era la storia della loro vita. Come avrebbe potuto Lars recuperare il sentimento, lo scintillio di una emozione, la volontà di esserci l'uno per l'altro, senza trovare un epilogo come si conveniva? La paura più grande e più triste di tutti, quella che sentiva gli si leggeva in faccia senza che si convincesse che fosse lui a provarla, era che non avesse mai amato davvero nessuno, lei, un'altra, o qualsiasi altra cosa. Forse era semplicemente come funzionavano le cose, e come funzionava Lars da molto tempo a quella parte. Il Lars di Grace era stato diverso, una breve parentesi di una persona incapace di dedicarsi nel senso più vero del termine letterale ad un altro? Lars non si reputava, se doveva far davvero luce sulla sua psiche, una persona egoista. Sapeva che per le persone che erano sempre state con lui, lui ci sarebbe sempre stato. E anche per Grace quella considerazione non sarebbe cambiata. Lars e Grace sarebbero sempre stati qualcosa, lui e lei, insieme in quella parentesi avvenuta per caso, e nella parentesi ancora più strana che li aveva fatti precipitare insieme, nella costante ricerca umana di attrarsi a persone che si desiderano, si bramano, e verso cui si proiettano i sentimenti più assurdi. Lars sapeva tante cose, e sapeva che gli mancava afferrare un senso più completo dietro una parentesi lontana, che forse era una stasi di sentimenti che non aveva mai provato. E lui odiava sentire di essere lacunoso in qualcosa, per il semplice fatto che lui sapeva, o doveva sapere, tutto.
    Si riscosse dai pensieri, minacciosi piuttosto che tristi, Lars non voleva lasciarsi andare a sensazioni confuse. I rapporti con Grace erano rimasti amichevoli, ed era stato lui a non saper far funzionare le cose. Il lavoro era la sua musa primaria, l'essenza stessa della sua vita, la stilla che orientava tutto, gli assi cardinali verso cui si muoveva incessante l'operato di Lars Berg. La passione, quella vera, che lo spingeva a vivere tutti i giorni era dedita a comunicare e a scrivere della verità, e le verità che comunicava Lars erano pur sempre belle, non per forza intrise di cinismo, esulavano dal dire, perché si guardava bene lui dal farlo, che tutte le verità fossero scomode. Ai lettori l'opinione e la forza di interpretarla. Quella serata fuori casa lo portava ad una festa di un amico, popolata da colleghi lavorativi della sfera giornalistica, non della redazione, ma della televisione. Oltre al giornale gli operati di Lars si erano estesi negli ultimi anni ai servizi giornalistici sulla rete locale, e lui con la sua parlantina sciolta e decise, e la bella presenza, rappresentava l'asset di punta di entrambi i mondi, quello su carta e visivo. Non era esattamente a suo agio a pensare che fosse l'aspetto a dargli una marcia in più, infatti non solo non lo pensava ma non l'avrebbe mai ammesso ad anima viva, eppure, sapeva che quel mondo che popolavano strizzava l'occhio alle cose belle, e lui non poteva esimersi dall'essere incluso in quella categoria. Avrebbe voluto andare accompagnato quella sera. Non aveva voglia di ritrovarsi al centro di diatribe tra colleghi, lui che solitamente sgazzava nelle conversazioni con l'abilità di un paroliere, per quella sera sentiva di voler passare una serata a godersi quello che avrebbe mangiato e accompagnarlo con del vino adatto. Scelse di vestirsi casual, una scelta che conservava e opzionava quando non lavorava, e soprattutto, quando, come si definiva lui, era in incognito. Pantaloni bianchi, sneakers, e maglione a righe bianche e blu, una giacca blu ad abbinarsi non casualmente al resto del suo outfit. Sarebbe andato alla festa da solo. Aveva pensato di chiedere ad Elias di accompagnarlo, ma era impegnato con Ben, non poteva lasciarlo a nessuno, e Taylor era fuori dai giochi perché avrebbe ribaltato il tavolo e scombinato l'intero microcosmo che si era costruito sulla sua reputazione del lavoro all'emittente locale. Aveva disdegnato il regalo in comune, odiava partecipare alle collette, perciò aveva selezionato una buona bottiglia di porto riserva, invecchiata in rovere per dieci anni. Teneva ad intrattenere buoni rapporti con tutte le persone che poteva influenzare, e Francis non sarebbe stato da meno. Aveva dieci anni più di lui, era un uomo con gusti particolari, così lo definiva lui, con un tocco di eccentrico e una inclinazione ad alzare troppo il tono di voce, rideva in un falsetto che al suo tono baritono di voce mal si accompagnava, eppure era un uomo molto colto, con cui aveva fatto conversazioni di livello.
    Si guardò nello specchietto retrovisore, passandosi una mano tra i capelli, e con il suo pacchetto tra le mani, si incamminò lungo la strada che lo separava dal parcheggio dove aveva lasciato la sua auto riconoscibilissima a Besaid, e l'appartamento dove si teneva la festa di Francis. Come al solito aveva la pessima abitudine di usare l'auto anche per muoversi nel centro cittadino, e il tragitto tra casa sua e casa di Francis consisteva in appena dieci minuti di strada in auto, perlopiù strada che passò ad aspettare ai semafori che la viabilità si liberasse, e che circondavano in effetti la zona pedonale del centro di Besaid verso cui le auto non potevano accedere. Arrivò sotto il palazzo nello stesso momento in cui lo raggiunse un collega con cui conversava parecchio, un tale Gregory, uno dei conduttori della rete degli orari che non erano di punta. «Greg. Come va? Hai più riproposto il servizio sull'intervento del parco?» Come sempre, Lars si perse in una domanda su cui non aveva più avuto risposta, sperando che il collega potesse illuminarlo sulla vicenda. Era un vecchio servizio di cui si era occupata Sam che aveva preparato e che era stato spostato dal palinsesto perché erano saltate cose più importanti all'ordine del giorno. Alla fine il servizio era stato spostato e rimandato, ma Lars teneva che fosse riproposto. Il collega cominciò a raccontare la sua, mentre entrarono spediti nell'ascensore, raggiunti da una coppia di ragazze che si misero a camminare lungo la stessa direzione. Alla fine quando le porte si stavano chiudendo, una terza donna si avvicinò all'ascensore, chiedendo di poter salire anche lei. Lars premette il pulsante per far riaprire le porte. «Prego.» Disse, cortese come sempre. Era così distratto nel discorso con Gregory, che gli spiegava quando avrebbero potuto riproporre il tema, che non la guardò affatto. Quando l'ascensore li portò al quarto piano uscirono tutti, e Lars si perse a trovare nel guardaroba un posto per lasciare la giacca, con il pacchetto tra le mani, prima di identificare la donna dell'ascensore di spalle che salutava il proprietario ed affaccendarsi anche lui a raggiungerlo quando finì la loro conversazione. «Auguri, Francis. Per te solo il meglio.» Si salutarono con una pacca reciproca sulla spalla, e lui consegnò il suo regalo trionfante. Francis lo ringraziò contento, confermando che avrebbe conservato la bottiglia per le migliori occasioni a venire. Lars a quel puntò si fiondò nell'appartamento in cerca del tavolo del rinfresco. La sua abitazione, che condivideva con Liv nel centro città, era costato una certa somma al tempo ai loro genitori, ma era un costo trascurabile paragonato a quanto erano saliti i prezzi degli immobili in quel momento. Quel palazzo che apparteneva a Francis doveva essergli costato una fortuna. Sapeva che fosse un uomo con una certa disponibilità monetaria, anche considerato il giro locale della sua attività lavorativa, eppure si stupì a vedere davvero cosa avesse accumulato nel tempo della sua vita, per ultimo si chiese se fosse stato già mediamente benestante o spuduratamente ricco di famiglia. Scosse la testa tra sé e sé, versandosi il prosecco dal tavolo, direttamente da sé, rendendosi conto portato alle labbra che fosse leggermente tiepido. «Ma quando l'hanno aperta?» Commentò, a bassa voce, ma a voce abbastanza sentita perché i colleghi attorno a lui potessero ridere con lui. Si strofinò le mani alla ricerca di una nuova bottiglia, e intercettò una addetta al catering che si avvicinava al tavolo per portare un piatto di tartine. Era una festa semplice, ma non si sarebbe occupato di tutto Francis da solo ovviamente. «Ne può portare un'altra? Grazie.» Sussurrò, cortese, velocissimo, prima di cercare i flute vuoti sul tavolo. Quando arrivò la bottiglia si compiacque che il livello fosse salito, e che il vino fosse finalmente freddo alla giusta temperatura. Aprì la bottiglia lui stesso, prendendo il cavatappi dalle mani della donna, conversando con lei nel modo giusto a sembrare più propositivo che disfattista, non il solito so far tutto io che si poteva trovare in giro. Lars aveva buoni modi, li sapeva trovare.
    «Prego, ci penso io.» Sentenziò, attirando l'attenzione di tutti i colleghi vicino al tavolo. Sorrise sornione, a versare i flute vuoti a tutti, e si compiacque con espressione poco interrogativa del suo operato.
    Intercettò sulla sua destra la donna con il cappotto beige che era salita con lui nell'ascensore, la vide cominciare a sorseggiare il flute che aveva preso, probabilmente del prosecco di poco prima che aveva fatto togliere. Si avvicinò, senza pensare, istintivamente, congiunse le mani tra loro per annunciarsi, e le porse il bicchiere riempito nuovo. Caro, premurosissimo, invadente Lars. «Ciao, per te. Questo è sicuramente meglio.» Non si preoccupò troppo di lasciarla bere in santa pace il vecchio prosecco insomma. La osservò con la coda dell'occhio, rendendosi conto di doverla conoscere, ma senza riconoscerla davvero. Guardò i capelli castani, la forma del viso, la fissò per un attimo, il volto a cuore ovale, gli occhi scurissimi. Gli sembrava davvero qualcuno, ma non capì subito chi fosse, e questa cosa, notoriamente, per Lars, conservava un eco che voleva gridare quanto gli sembrasse sbagliato. La sua memoria non vacillava. «Ci conosciamo?»
     
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    Involontariamente il suo sguardo corse all’anello in oro bianco che indossava al dito, fermandosi per qualche momento di troppo a osservarlo. Ancora le sembrava assurdo aver accettato una proposta di matrimonio così, di punto in bianco, senza neppure prendersi il tempo di riflettere. Lo aveva fatto di getto, presa dall’emozione del momento, ma erano bastati pochi minuti perché i timori per quella risposta affrettata si palesassero nella sua mente. Aveva preso la decisione giusta? O avrebbe fatto meglio a prendersi qualche giorno per pensare prima di dare una risposta? Il matrimonio era ancora lontano visto che i preparativi procedevano a rilento, ma ogni volta che ci pensava sentiva come una stretta all’altezza dello stomaco che le impediva di prendere delle decisioni serie per quell’evento. Persino andare a convivere con Peter era divenuta una faccenda complicata e quando poteva tornava nel suo vecchio appartamento, dove ritrovava la figura familiare di Willow ad accoglierla. Era stato quindi un sollievo anche che Peter dovesse lavorare quella sera e che non potesse quindi accompagnarla al compleanno di un vecchio amico. Considerava i momenti lontana da lui come attimi preziosi in cui poteva riappropriarsi della sua libertà. Forse era proprio l’idea di poter perdere la libertà quello che la frenava dall’essere felice. Temeva che i suoi equilibri sarebbero stati completamente infranti e che nulla sarebbe più stato come prima. Forse doveva solo trovare un modo di continuare a essere se stessa, anche se buona parte del suo tempo sarebbe stato condiviso con un’altra persona. Era come un salto nel vuoto: terribile se lo si compiva senza le giuste precauzioni, incredibile se invece si aveva un paracadute.
    Prese quindi il suo telefono dalla borsa, cercando velocemente la chat con Peter. Ci vediamo a casa quando finisce la festa? Scrisse, visto che tanto si aspettava che non sarebbe riuscito a passare. Aveva così tanto lavoro da sbrigare negli ultimi tempi che si erano incrociati a malapena e le riunioni con i suoi colleghi si prolungavano sempre fino a orari indefiniti. Lei però avrebbe potuto raggiungerlo in quella che era divenuta la loro casa, smettere di scappare e iniziare ad affrontare quella nuova parentesi della sua vita, con il giusto spirito. Osservò il display per qualche tempo, ma la spunta di lettura non apparve e quindi si arrese, rimettendo il telefono in borsa. Le avrebbe risposto più tardi, non aveva dubbi a riguardo. Peter era una persona ordinata e molto paziente, l’opposto di quello che riteneva essere lei, che aveva sempre preferito agire d’impulso, ragionando solo troppo tardi su quello che aveva appena fatto. Era stata la calma che lui sapeva infondere ad affascinarla e a farla sentire al sicuro, sin dal primo momento. Poi però, piano piano, aveva iniziato a desiderare qualcosa di diverso, di più avventuroso, senza mai avere il coraggio di esprimerlo ad alta voce. Non si poteva pretendere che le persone cambiassero e lui era stato onesto sin dal principio con lei. Quando chiudeva gli occhi e immaginava il loro futuro insieme quello che le veniva in mente era sempre il silenzio, accompagnato da una casa quieta ma molto luminosa. Non sapeva se avrebbero avuto dei figli o magari piuttosto un cane, o un gatto, di quegli argomenti non avevano mai parlato e quindi non comparivano mai nella sua fantasia. Neppure lei sapeva bene che cosa desiderasse dalla vita e il problema, forse, stava tutto lì. Avrebbe dovuto imparare ad ascoltarsi, a capire che cosa lei, prima di tutti, desiderasse, per potersi aprire a una vera vita al fianco di qualcuno, che non fosse solo una pallida ombra, resa ancora più nera da una montagna troppo alta da scalare.
    Affrettò il passo per raggiungere l’ascensore prima che le porte si chiudessero del tutto, lasciandola lì, al piano terra, ad attendere la nuova corsa. Un uomo all’interno premette il tasto per far riaprire le portine, permettendole di salire senza dover infilare un braccio in mezzo alle fotocellule per far riaprire il sensore. Gli sorrise, senza tuttavia dire nulla, notando che era impegnato in una conversazione con un altro personaggio presente all’interno di quello spazio ristretto. Si sentì sollevata al pensiero che, almeno per il momento, non ci fosse ancora alcun viso conosciuto, le avrebbe permesso di starsene per conto suo almeno per un po’ e di rimandare le conversazioni a un momento in cui aveva almeno la pancia piena e un bicchiere tra le mani. Sollevò lo sguardo per osservare la parte più alta dell’ascensore, lì dove non avrebbe potuto incontrare lo sguardo di nessuno, mentre ascoltava con aria distratta le conversazioni degli altri gruppetti. Quando l’ascensore emise il solito suono che annunciava l’arrivo al piano attese che fossero prima due o tre altre persone a scendere, prima di fare altrettanto. Individuò subito la figura del padrone di casa e si precipitò nella sua direzione, salutandolo con un sorriso caloroso. -Vedrai, non ti pentirai di essere venuta. - rispose lui, rivolgendole un leggero occhiolino e posando una mano sulla sua schiena. -Ma prego, deposita il tuo cappotto nel guardaroba, o sembrerà che non vedi l’ora di andare via. - la canzonò un po’ mentre la abbracciava per un istante, lasciandola poi andare per salutare qualche altro invitato. Lexi tornò quindi sui suoi passi, incrociando di sfuggita la figura dell’uomo dell’ascensore che si allontanava dal guardaroba, mentre lei si avvicinava per lasciare il suo cappotto. Osservandolo di nuovo, da una distanza un po’ più ravvicinata, le sembrò di riconoscere una figura familiare, sebbene fosse certa di non averlo mai incontrato dal vivo. Era comunque abbastanza convinta di sapere chi fosse e pensò quindi di tenersi bene alla larga. I giornalisti non le erano mai piaciuti molto anche se ci collaborava spesso.
    Salutò con la mano alcune figure note, senza tuttavia ancora avvicinarsi e si mosse verso il tavolo del rinfresco. Con tutti quei profumi a invadere la sala principale iniziava a sentire un certo languorino. Fu subito colpita dalle tartine al salmone e ne prese una, addentandola con una certa soddisfazione. Conoscendo Francis doveva aver contattato uno dei migliori catering della città e infatti alcuni camerieri e cameriere si muovevano per la sala, assicurandosi che tutto fosse al suo posto. Allungò una mano per raggiungere una bottiglia di prosecco, ma Lars Berg la precedette. Lo sentì commentare qualcosa a riguardo, come se non avesse apprezzato il gusto o magari la temperatura. Serrò appena le labbra, trattenendo qualunque commento. Era una festa, voleva divertirsi, quindi era meglio tenere a freno la lingua e stare lontana da chi non le andava troppo a genio, quanto meno a pelle. Non poteva infatti esprimere un parere onesto sul giornalista che stava a pochi centimetri da lei. Le poche nozioni che aveva sul suo conto derivavano da voci di corridoio o da articoli che aveva letto in giro per qualche giornale e lei sapeva bene che le cose riportate non erano mai una buona fonte per inquadrare le persone. Tuttavia, Lexi era il genere di persona che tendeva ad adattarsi alle situazioni che le capitavano, piuttosto che offrire parole puntigliose al minimo dettaglio fuori posto. Qualcosa quindi le suggeriva che lei e Lars Berg non fossero proprio compatibili sul fattore amicizie. Si versò comunque da bere. Non si preoccupò del commento dell’altro, che in effetti non aveva neppure sentito. Non era un’esperta di vino dopotutto, anche perché lo beveva raramente, forse solo in occasioni come quelle. Il suo sponsor infatti le aveva detto di tenersi lontana per quanto possibile da ogni sostanza che potesse dare dipendenza, per non finire con l’abbandonarne una per prenderne una nuova. Si consolò quindi con una seconda tartina, lasciando vagare il suo sguardo per la sala, scandagliando i vari invitati per cercare di comprendere se ci fosse qualcuno che non aveva davvero mai visto o sentito nominare. Sebbene il mondo del gossip non le piacesse particolarmente anche lei era solita tenersi ben informata su tutti i nuovi volti e le nuove notizie, così da poter fare al meglio il suo lavoro.
    Prima che se ne accorgesse si ritrovò di nuovo il signor Berg con un altro flute tra le mani, che le offriva un secondo bicchiere. Impossibilitata a rifiutare senza dare una spiegazione sensata posò quindi il suo bicchiere sul tavolino, accettando con un leggero sorriso quelle che era appena stato offerto. -Ti ringrazio. - disse quindi, soltanto, aspettando qualche momento prima di sorseggiarlo, muovendo lo sguardo alla ricerca di una nuova fonte di cibo. Dovette però riportarlo presto sull’uomo perché questo rimase fermo di fronte a lei, a osservarla con uno sguardo confuso, prima di palesare la domanda che gli stava frullando nella testa in quel mondo. -No, credo proprio di no. - rispose lei, forse un po’ troppo velocemente. In effetti non si erano mai incontrati, ma immaginava che lui potesse aver già visto il suo volto su qualche manifesto o copertina, così come lei aveva avuto modo di vedere il suo in alcuni programmi. -Anche se la vostra fama vi precede Mr. Berg. - aggiunse, cambiando per un momento il tono dall’informale che aveva usato lui a uno molto più formale, giusto per un momento. -Sono solo una semplice fotografa che ha avuto la fortuna di collaborare con Francis per la prima volta due o tre anni fa. - disse poi, svelando l’arcano della sua presenza a quella festa, prima di decidersi a presentarsi. -Lexi. - mormorò quindi, tendendo la mano destra nella sua direzione senza aggiungere alcun cognome. Non era un incontro di lavoro dopotutto, ma solo una festa e alle feste erano sufficienti i nomi per sapere che appellativo usare. Lasciò a lui la possibilità di aggiungere qualcosa o magari dire o chiedere quello che gli passava per la testa, restando in silenzio per qualche altro momento. -Noto che siete esperto di vino. Per caso lo siete anche di cibo? - domandò quindi, stringendo appena il labbro superiore contro quello inferiore per nascondere un sorrisetto irriverente.
    Una coppia di amici si avvicinò nella loro direzione, borbottando con una mano davanti alle labbra mentre cercavano di raggiungere la bottiglia di prosecco. Quando notarono due volti conosciuti si avvicinarono a loro senza fare complimenti. -Avete sentito di Justin? - domandò la donna, con una risatina leggera a pizzicare l’aria tutt’intorno a lei. Lexi strinse la mano contro il flute, muovendo un leggero passo all’indietro, finendo con il battere appena le gambe contro il tavolino alle sue spalle. Aveva capito di che cosa volevano parlare quei due e quale sembrava essere il gossip della serata. Justin Peters era finito in overdose circa una settimana prima e da quel momento molti in giro non facevano che parlare di quello che gli era accaduto, sfoderando sentenze senza alcuna cognizione di causa. -No. - mentì lei, sperando di riuscire a tirarsi fuori da quella conversazione. Il ricordo del suo passato aleggiò come un’ombra su di lei chiudendole lo stomaco e facendole salire un principio di nausea. -Lo avevo detto io che era un poco di buono. - iniziò l’altro, continuando nella sua conversazione mentre la mano sinistra di Lexi, quella libera dal bicchiere, tremava appena. Odiava che la gente fosse giudicata per un solo e semplice sbaglio. Justin non era affatto un poco di buono. Era un ragazzo gentile e molto competente che aveva incontrato le persone sbagliate, proprio come era capitato a lei. -E’ per questo che è finito in quel giro di droga. - continuò l’uomo, seguendo il filo del discorso della donna. Lexi rimase in silenzio, ma il suo sguardo si mosse velocemente verso Lars, nella speranza di trovare almeno un interlocutore sensato insieme a un buon motivo per poterlo rivalutare.
     
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    Lars non sapeva semplicemente qualcosa. Lars sapeva un pò di tutto. Il tipo di lavoro che aveva scelto, dal primo momento in cui si era gettato a capofitto nel mondo delle informazioni, sapeva dovesse portarlo incontro a una branca di nozionismo enorme, e qualsiasi attività gli fosse capitata da analizzare nel suo presente e nel suo futuro non avrebbe potuto essere approcciata in maniera approssimativa, affinché fosse frutto del caso, perché il tipo di scelta che aveva fatto significava che non avrebbe potuto fare altro che restare al passo per essere sempre un passo avanti agli altri. Ciò significava, che la conoscenza che doveva avere Lars dovesse essere vastissima.
    Il fatto che poi essere interessato e avere conoscenza in quello di cui disquisiva era anche qualcosa che gli stesse a cuore per sua preoccupazione personale, era un altro paio di maniche: era il suo lavoro, doveva saperlo fare bene. Doveva essere il meglio di quello che l'informazione portasse, il migliore sulla piazza e il giornalista a cui fare riferimento. Perciò era un tema che in qualsiasi caso per Lars sarebbe stato sempre enormemente delicato, e che ebbe molto in gioco quello che accadde in quella serata.
    Lars sorrise, nel prendere il flute precedente dal tavolino, dove l'aveva lasciato la donna, per posarlo via lontano, come se fosse qualcosa di cui avrebbe potuto disporre dopo uno degli inservienti dedicati al catering. Avrebbe potuto anche allontanarsi per riprendere il giro di conversazioni con i suoi colleghi, ma rimase a parlare con la donna nel momento in cui, per sua colpa, le rivolse ancora la parola per chiederle se si conoscessero. Lui era sicuro, nel momento in cui aveva avuto il dubbio, che fosse una donna che aveva già incrociato lungo la sua via, e per quel motivo rimase lì incantato a immaginare se avesse già visto il suo profilo ad un'altra festa, o magari era una vecchia amica di Francis, o un volto che aveva incrociato sul programma dell'uomo, forse una degli addetti della troupe televisiva che gli era rimasto particolarmente impresso. Eppure qualcosa gli suggeriva che per rimanere impresso un volto in quel modo nella sua memoria doveva averlo poi catalogato per un motivo particolare sotto una sua categoria di interesse. Il 'no' convinto che gli disse, immediatamente, sembrò suggerire che effettivamente non si erano mai incontrati prima di allora, oppure, come invece captò Lars dall'inclinazione frettolosa delle sue parole, che dovesse necessariamente averla già incontrata, e che il suo non era un errore di giudizio, c'era sotto qualcosa. Prima che Lars potesse mettere nuovamente a fuoco il volto della donna a una spanna dal suo viso, lei arrivò a dirgli velocemente che invece, al contrario, lei lo aveva riconosciuto. Lars aveva acquisito una lunga reputazione nei suoi dieci anni di carriera giornalistica, perciò non lo stupiva che le persone lo identificassero facilmente, ma era stato sottile, quasi impercettibile ma efficace, il modo in cui aveva nuovamente captato una frase non detta in quel suo additare una fama che fosse indubbia. «No, non credo di essermi sbagliato. Ma mi verrai in mente.» Sottolineò, senza lasciar andare la presa su quel legame che era convinto esistesse e che fosse solo questione di tempo prima che gli venisse alla memoria. Il fatto che sembrasse una minaccia non sfiorò assolutamente la mente di Lars, che era pronto a viaggiare veloce su quell'idea per ricordare a lui e a lei allo stesso modo perché e dove le loro strade si fossero già incrociate. Prese anche lui un momento di pausa, bevve dal flute riempito di prosecco tenuto in fresco un lungo sorso per schiarirsi la mente e sciogliere la sua tensione. «Lo prendo come un complimento.» Mormorò, lentamente, cauto, con una intonazione di voce moderata perché suonasse cordiale, senza sapere quanto spingersi più in là, molto attento ad identificare nel volto della ragazza una espressione che potesse confermare che fosse davvero una parola gentile nei suoi riguardi quella che aveva pronunciato. Non fece commenti sul fatto che lo avesse chiamato con il suo cognome, ma non gli sfuggì l'antifona. Guardò la ragazza, il suo viso puntato verso di lui e gli occhi fissi sul suo volto mentre si presentava come una fotografa con cui aveva lavorato Francis, e lui immaginò che potesse essere quello il motivo per cui l'avesse riconosciuta ma non la ricordasse davvero. Gli disse il suo nome, e ciò accese una lontanissima lampadina remota nella sua mente, ma che non portò tuttavia ad una realizzazione specifica, perché in quel momento seppe immediatamente che loro non si erano mai presentati. «E io sono Lars. Anche se lo sai già.» Ammise a quel punto, abbozzando un sorriso con le labbra all'insù, involontariamente il viso si piegò a mostrare le fossette ai lati del volto, che man mano che il tempo passava per Lars sembravano diventare sempre più evidenti con l'età, donandogli una nota più scherzosa di quanto volesse all'espressione quasi sempre seria che indossava.
    Strinse la mano della donna, accompagnando al gesto le sue parole, e poi tornò a guardarsi intorno. Stava per commentare il suo lavoro chiedendosi dove l'avesse vista, se si occupasse dunque di articoli settoriali o di foto specifiche, se collaborasse frequentemente o meno con la televisione, con Francis, con l'emittente televisiva con cui lavorava lui stesso per i suoi approfondimenti oltre il giornale per la rete locale di Besaid, quando la sua seguente domanda lo lasciò perplesso, un briciolo minuscolo di fiducia nel prossimo lo scalfì in quel momento, chiedendosi se l'impertinenza che aveva usato Lexi, che aveva appunto appena conosciuto, fosse poi dovuta ad un qualcosa che avesse fatto alla donna in un passato che non ricordava o il commento fosse tutto dovuto alla scena che si era consumata poco prima, sul suo commento sulla temperatura del vino. Fece un grande sforzo, ma essendo un professionista in quello, dalla sua espressione non fece trapelare nulla. Si voltò attorno e tornò a guardarla, come se stesse guardando il profilo di un vecchio amico o di una persona qualsiasi, una espressione neutra che non lasciò spazio a nulla che potesse essere giudicato come inopportuno o tenero, o qualsiasi considerazione potesse ritenere valida un esterno nel guardarli lì a chiacchierare come due sconosciuti si incontrano ad una festa. «Assolutamente sì.» Allargò di più il sorriso, e poi tornò serio, glaciale. «Per mia fortuna, e delle persone che involontariamente finiscono per circondarmi.» Il suo discorso ovviamente includeva anche la situazione che si era dispiegata proprio poco prima, e il fatto che avesse aiutato la donna a suo modo premurandosi che bevesse qualcosa di adeguato alla consumazione, ma in ogni caso se il suo aiuto non era apprezzato poco poteva importare. Lars credeva fortemente nelle sue prime impressioni, e in quel momento immaginò che la sconosciuta Lexi facesse altrettanto. Ignorò di chiederle se per caso si intendesse di uno dei due campi almeno anche lei, e invece allargò la visione della donna nel suo campo visivo, portando una mano sul mento mentre rifletteva, e la rese partecipe di quel suo pensiero dicendole esattamente cosa stesse pensando, tornando velocissimo al tema del suo lavoro e di chi gli ricordasse lei. Nel procedere con la sua frase si poggiò al tavolo accanto a lui, e lasciò andare il flute dopo aver tirato un altro lungo sorso e infine vuotato, strinse con i polpastrelli il bordo del tavolo mentre parlava con lei. «Perciò, io dovrei aver visto qualche tuo lavoro. Hai collaborato con Francis per il suo programma oppure ti sei occupata di altro sulla rete?» Le disse, lasciandosi dipingere sul volto l'ennesima espressione di chi non se ne importava poi molto dell'esito della domanda, la cosa importante era capire cosa gli avrebbe mostrato mentre si pronunciava, il tipo di decisione che avrebbe avuto nel tono di voce e il modo in cui l'avrebbe proferito.
    Lexi non lo sapeva, ma si stava imbattendo in un Lars in una serata in cui aveva bisogno di molto tempo da dedicare a se stesso e alla totale abnegazione dei suoi problemi, perciò poteva essere allo stesso modo l'inizio di una conversazione molto difficile tra i due sconosciuti.
    Si distrasse per qualche frazione di secondo, voltando lo sguardo ad una coppia di colleghi del loro settore che si avvicinò loro con l'intento di bere il famoso prosecco della discordia e poi lanciare loro frecciate su gossip in arrivo. Lars scosse il capo, per rispondere loro, mentre sentì Lexi rispondere un 'No' ben definito alla sentenza imposta su Justin Peters, che era un ragazzo che collaborava anche con Francis e si occupava di un mondo lontano da quello delle notizie e della verità che a Lars tanto erano care. «Non credo sia nella nostra autorità poter confermare che Justin sia o meno un poco di buono.» Mormorò, fervidamente convinto delle sue parole. La donna, di cui ricordava solo il suo cognome, Olsen, e che fosse dedicata al montaggio dei servizi alla rete, non aveva fama di essere particolarmente chiassosa, ma forse aveva già bevuto tanto da lasciarsi andare ad un commento piccato non indirizzato a nessuno in particolare, ma con l'intento di sentirsi al centro dell'attenzione per un pò. L'uomo invece era uno sconosciuto che fremeva dalla voglia di dire la sua dopo l'affermazione di Lars, ma lui continuò a parlare, prendendo l'iniziativa e passando la bottiglia di prosecco in modo da servirli, facendo bene attenzione a non scaldare con le dita la bottiglia per toccare solo il bordo inferiore, e con mani leggere e salde riempì i due flute della coppia, prima di versare anche il contenuto quello di Lexi, prendendolo dalle sue mani e sfiorando le sue dita. «Quello che è certo è che ognuno è responsabile delle proprie azioni. E che ogni azione comporta delle conseguenze. E che in fondo quello che abbia fatto o meno tornerà sempre a chiedere il conto a Justin nella sua vita.» Lars concluse con la sua classica verve il suo discorso, incontrando immediatamente l'approvazione della coppia che si lanciò a giustificare come e quanto avesse ragione, accettando l'aiuto offerto da Lars per aver riempito i loro bicchieri, e condividendo le sue parole, prima di continuare la discussione tra loro lanciandosi dietro a discussioni che lui a quel punto non intercettò, tornando con le dita al suo flute pieno, e fissò nuovamente Lexi con i suoi occhi verdi e inquisitori. «Tu cosa ne pensi Lexi? O vuoi tornare a chiedermi nel mentre cosa ne penso delle tartine.» Bevve un sorso, aspettando che gli rispondesse. Lars era convinto che nella vita qualsiasi azione fosse imputabile ad ognuno di loro, e che gli esseri umani potevano fare in modo da non cacciarsi nei guai se non volessero davvero perseguirli. Così per quella sera si poteva dire pronto a perseguire un nuovo guaio, quello che non poteva sapere era se Lexi fosse stata consapevole prima di rivolgergli la parola, che sarebbe stato in grado di tormentarla alla prima frase ambigua che gli aveva rivolto.
     
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    Mantenne lo sguardo ancorato a quello di Lars Berg quando l’uomo, fermo sulle sue idee, non volle ammettere che loro due non si conoscessero affatto. In realtà era vero, era la prima volta che si trovavano insieme nella stessa stanza, eppure era altrettanto convinta che, così come lei aveva visto e sentito nominare il giornalista, anche lui forse si era imbattuto nella sua immagine sulla copertina di una rivista, un cartellone o una pubblicità, quando ancora svolgeva una vita completamente diversa da quella che conduceva adesso. Poteva aver intercettato la sua immagine, ma di certo non conosceva affatto la Lexi che aveva davanti, questo lei sapeva affermarlo con certezza. Era stata molte persone nel corso della sua breve esistenza: una bambina felice e spensierata che passava ore a osservare il mare, una ragazzina cresciuta senza un padre con la consapevolezza che non sempre il mondo era un posto meraviglioso, un’adolescente ribelle, una modella a cui piacevano troppo le feste e il divertimento, una ragazza sul punto di morire, una persona che si era sentita sola prima di capire di non esserlo mai stata davvero, una donna piena di sogni e ambizioni, una donna sul punto di sposarsi ma che ancora faticava a mettere insieme i pezzi di quel matrimonio da favola che la aspettava. E no, non credeva proprio che Lars Berg potesse conoscere neppure una di quelle tante Lexi che si erano succedute e che erano ancora un po’ tutte dentro di lei, solo in diverse percentuali. Sperò quindi che, per quanto potesse sembrare difficile, Lars lasciasse perdere quella sensazione e lasciasse perdere anche lei. Non le piaceva essere al centro delle questioni o delle attenzioni, preferiva restare in disparte, con un obiettivo davanti al volto per inquadrare il resto del mondo e cercare di coglierne le sfumature migliori. Si presentarono e forse questo lo aiutò a comprendere che, effettivamente, una cosa come quella non era ancora mai accaduta tra di loro.
    Si guardò appena intorno, alla ricerca di qualche viso conosciuto che potesse strapparla da quella conversazione un po’ spinosa, o di qualche attrazione verso cui spingere il giornalista, senza tuttavia riuscire a scorgere nulla di particolare. Parlò quindi senza pensarci troppo, accorgendosi dopo di essere suonata più ironica di quanto avesse desiderato in origine. Ci provava a rimanere dimessa e pacata, ma raramente ci riusciva davvero. Molto spesso si ritrovava a dire la cosa sbagliata al momento sbagliato, spinta dall’istinto e dalle emozioni. Lars comunque non parve scomporsi e, anzi, le rispose che sì, in effetti era un esperto anche in fatto di cibo. La cosa quasi la divertì. Sembrava una figura molto sicura di sé e quando le capitava di incontrare persone come quelle si domandava sempre come poteva essere stata la loro vita per portarli a divenire così tranquilli, quali ostacoli sul loro cammino li avevano rafforzati tanto, anziché spingerli a fondo come invece era accaduto per lei. Quasi rimpianse di non essere in un angolo della sala, con la sua fedele macchina fotografica, a catturare quell’espressione sul volto del giornalista. Se fosse stato per lei avrebbe vissuto la vita come un intero set fotografico, ma si rendeva conto che sarebbe risultata un po’ troppo invadente in quel modo e che le persone a volte necessitavano di essere libere di fare ciò che volevano, senza che qualcuno immortalasse ogni istante della loro esistenza. Teneva però quei piccoli frammenti per sé, nella sua memoria, traendone ispirazione per alcuni dei suoi lavori. Intercettò un vassoio di tartine poco distante e fece cenno a uno dei ragazzi del catering per attirare la sua attenzione. Tutte quelle chiacchiere le avevano messo un certo appetito, o forse cercava solo qualcosa dietro cui nascondersi per evitare di essere vista davvero.
    Addentò la tartina, prendendosi qualche momento in più per rispondere alla domanda di lui. -Non sono mai apparsa sullo schermo, preferisco restare dietro le quinte. - disse, come prima cosa, giusto per mettere in chiaro che, sicuramente, non l’aveva vista fare da reporter all’interno di qualche trasmissione. -Di solito mi chiama per fornirgli del materiale, qualche foto da analizzare durante i suoi tanto amati dibattiti. - aggiunse e solo allora un sorriso un po’ più dolce le colorò il viso. Per quanto Francis potesse sembrare un uomo un po’ strano, Lexi apprezzava davvero la sua compagnia. -Non è comunque la parte principale del mio lavoro. Mi capita più spesso di lavorare con giornali o riviste. - disse, rendendosi conto solo dopo che, in quel modo, aveva appena ammesso di lavorare per i giornali rivali, oppure anche per altri suoi colleghi del giornale, visto che loro due non si erano mai incrociati. Non che non avrebbe accettato se lui le avesse chiesto una collaborazione, semplicemente non era mai capitata l’occasione. Chissà come sarebbe stato lavorare con lui. Se erano bastate poche battute per creare una conversazione un po’ spigolosa, qualcosa le diceva che in ambito lavorativo sarebbe stato ancora peggio e che ogni più piccola scelta sarebbe divenuta una sorta di lotta al più forte che avrebbe potuto portare a un flop incredibile o al lavoro migliore di tutti i tempi. Quasi quasi le sarebbe convenuto appuntarselo, poteva essere un buon modo per dare una svolta alla sua carriera e mettersi alla prova.
    Alcune persone si mossero nella loro direzione, chiacchierando di alcuni fatti di cronaca che avevano messo in una pessima luce una persona che lei conosceva abbastanza bene. La risposta di Lars la sorprese, era sicura che si sarebbe anche lui eretto a giudice, limitandosi alle notizie che erano girate e ai commenti sempre più cattivi che le persone rivolgevano in una certa direzione. Lo guardò quindi in maniera un po’ più attenta, curiosa di sentire dove volesse andare a parare e quale fosse quindi la sua opinione in merito. Forse non era poi così altezzoso come voleva dare a vedere, o forse voleva solo tenersi lontano dai pettegolezzi ed evitare che questi potessero travolgere anche lui. Versò quindi un altro giro di prosecco prima di proseguire, annullando qualunque buona idea Lexi si fosse fatta di lui. Strinse appena la presa sul flute, per niente d’accordo con quanto l’uomo aveva appena affermato, anche se gli altri due parvero invece molto felici delle parole che avevano appena udito e, forti di quella nuova conquista, continuarono a muoversi per la sala in cerca di consensi. Lei fissò il contenuto del bicchiere per un momento, indecisa su cosa dire o fare. La parte più istintiva di lei le imponeva di rispondere e di mettere bene in chiaro quale fosse la sua opinione su quel genere di cose, quella invece più professionale le suggeriva di lasciar perdere, di ringraziare per la compagnia e declinare la possibilità di infilarsi all’interno di un discorso che l’avrebbe portata a navigare in acque molto pericolose. Era quasi riuscita ad averla vinta la parte più lucida, quando Lars la invitò a rispondere e smettere di nascondersi dietro i commenti sul cibo. Il suo sguardo guizzò quindi velocemente a quello di lui, con un’espressione molto seria, che si scontrava un po’ con l’espressione più tranquilla di lui. -Io credo che tutti possano commettere degli errori ma che questi non debbano necessariamente condizionare un’intera esistenza. - disse, molto ferma su quelle parole. Sapeva bene che cosa voleva dire vivere con una lettera scarlatta sul petto, additata per le scelte non proprio felici compiute in passato. Sapeva che per qualcuno quegli errori non si potevano cancellare e per alcune persone sarebbe sempre rimasta la modella con dei problemi di droga e nulla più. Non aveva importanza quanto lei potesse provarci, gli errori le sarebbero rimasti addosso per sempre.
    -Ogni azione comporta delle conseguenze, sì, ma queste conseguenze non possono rimanerti impigliate addosso per sempre. Una volta scontata la propria pena la gente dovrebbe smetterla di rivangare il passato e giudicare qualcuno solo per un episodio negativo. - continuò, ancora dura nel modo di parlare, rivolgendogli uno sguardo intenso che di certo non ammetteva replica. Se lui la pensava diversamente, se lui era il genere di persona per cui un errore comportava una condanna a vita, allora di certo tra di loro non ci sarebbe mai stato margine di dialogo. -Errare è nella natura umana. Non esiste persona al mondo che non abbia commesso degli errori nel corso della sua vita. - incalzò di nuovo, quasi sfidandolo a dimostrarle il contrario. A provare l’esistenza di un individuo perfetto, che non commetteva mai errori in nessuna circostanza, che diceva e faceva sempre la cosa giusta in qualunque momento, ma soprattutto a dimostrare che giusto e sbagliato esistessero davvero, in maniera assolutamente netta e priva di sfumature. Per lei il mondo non era solo o bianco o nero, il mondo era un’infinita serie di sfumature di grigio che non arrivavano mai davvero a nessuno dei due estremi. Lo guardò, in attesa di sentire che cosa avrebbe avuto da ridire in merito, dopo il suo commento di poco prima. Non aveva idea di come sarebbe andata a finire quella discussione, se lui alla fine le avrebbe dato ragione o se si sarebbe incardinato sulle sue idee, quello che sapeva per certo, però, era che in nessun caso sarebbero tornati a parlare di vino e tartine e che quella serata non sarebbe stata tranquilla quanto lei aveva sperato.
     
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    Lars non aveva affatto lasciato correre l'idea che lui e la donna in realtà si fossero conosciuti. E per lui era chiaro altrettanto che la ragione non si ritrovava nel fatto che non avesse conosciuto la giovane di persona, ma che doveva aver già sentito il suo nome e associato la sua figura a qualcosa. E quando quel qualcosa venne fuori cambiò tutto, perché gli occhi di Lars si aprirono, il verde nocciola delle iridi si fece più intenso a contrasto con la pupilla dilatata che metteva a fuoco l'immagine di Lexi quando l'immaginazione era corsa ad incontrare una certezza, e le sue parole, equivocabili in realtà, avevano suggerito a Lars qualcosa di molto diverso.
    Non era apparsa mai sullo schermo come lo poteva intendere Lars, non partecipava alla televisione come aveva partecipato lui infatti alle collaborazioni giornalistiche, ma si era trovata anche lei dall'altro lato dell'obiettivo, di quella macchina fotografica che ribadiva dalle sue parole muovere solo dal di là di quel confine, e verso cui invece si era trovata di fronte molte più volte.
    Non disse nulla Lars, capendo che la sottigliezza di quello che gli aveva detto era stata intesa e taciuta volutamente, e che invece era fuoriuscita da una svista delle sue parole che era stata chiarissima per Lars. D'altronde avrebbe potuto usare il suo potere e avrebbe avuto quella risposta, senza alcuna via di fuga da essa, la ragazza avrebbe potuto confessargli la verità se lo avesse guardato negli occhi abbastanza a lungo. Ma non ebbe voglia di usarlo, non era giusto per lei, e non aveva senso per lui.
    Sorrise in risposta al suo discorso, e avvicinò le labbra al suo flute per bere altro prosecco. «Capisco.» Disse soltanto, prima di aggiungere ancora, per continuare a conversare con lei. «Quindi potresti collaborare con altri giornali. Il Besaid Daily potrebbe anche scleglierla per futuri appuntamenti, Miss Lexi. » Continuò, con un'espressione neutra della classica espressione di Lars quando si trovava a discorrere di lavoro e vedeva un'idea accendersi nella propria immaginazione, compita, né amichevole né turbata, nel modo giusto per essere perfettamente in linea con quanto fosse richiesto all'occasione. La donna non sembrava aver mostrato molta propensione o comunque aver annoverato collaborazioni con il mondo più affine a quello che frequentava Lars, fino a quel momento, in cui aveva dato così tante informazioni di sé da permettere anche a lui di ricordarsi molto di più di quanto avesse fatto fino a quel momento.
    Il volto di Lexi cominciò a combaciare con una immagine ben precisa, che nella sua memoria andava ricollocandosi ad una storia singolare. Ma si dispiegò nella mente di Lars srotolandosi in tutta la sua cronistoria solo dopo, quando effettivamente ebbe l'occasione di parlare con gli altri invitati, i conoscenti che si erano avvicinati a loro per discutere del gossip che stava circolando in quella settimana a proposito di Justin Peters.
    Non aveva notato subito lo sguardo inquisitorio di Lexi, perché era rimasto a fissare quello dei due interlocutori fintanto che avevano risposto alle sue parole e gli avevano dato corda, e nel farlo il loro discorso lo tenne lontano dagli occhi scuri della donna, che si erano colorati di curiosità nel sentire le sue parole, un'attenzione gentile che non aveva colto se non per un istante, chiedendosi anche se se lo fosse sognato, dato che era tornato a guardarla solo quando la signora Olsen si era voltata dall'altro lato e lui aveva continuato a versare prosecco a tutti, prima di prenderne un altro piccolo sorso lui stesso. Differentemente da come Lars si poneva sulla scena del proprio ambiente lavorativo, in effetti, aveva lasciato abbassare le difese e la solerzia dell'impeccabilità assoluta sentendosi libero di poter agire come credesse, con la volontà di lasciarsi andare in una rilassatezza che poco si adeguava alle sue parole, bensì al comportamento più disinibito che aveva mostrato, bevendo già molto presto in serata più di quanto avesse preventivato.
    E alla sollecitazione che lui stesso aveva fatto, sapendo di pungere volutamente la donna in un momento in cui si era esposta nel fare a lui un commento non gradito - quello di poco prima su quanto ne sapesse di ogni cosa, che non aveva affatto lasciato correre come aveva creduto - allora fu lì che reagì, mordendo anche lei su quello scambio di battute su cui Lars non sarebbe mai tornato indietro nella propria opinione.
    «No, gli errori fatti non condizionano una esistenza intera, è vero.» Disse propriamente in risposta Lars, veloce, e dopo essersi reso conto che aveva ancora calice e bottiglia in mano e non voleva parlare con le mani occupate, bevve immediatamente quello che restava del suo flute, lasciando il bicchiere vuoto e la bottiglia con ancora due dita di vino al primo cameriere che si avvicinò a lui prendendo quello che restava della sua consumazione. Si voltò un attimo dunque e tornò al volto di Lexi, e riprese a parlarle scandendo bene le parole. «Ma Lexi, quello che succede resta per sempre nel passato di ognuno, così come su tutte le informazioni correlate ad una persona saranno sempre rintracciabili, per sempre, nel futuro.» Ribatté, con tono di voce calmo e posato, e le mani libere corsero stavolta a posarsi sui propri gomiti opposti, abbracciando le proprie braccia incrociandole. Lars toccò il maglioncino bianco e blu stringendo i palmi su di essi mentre si chiedeva come fosse possibile che una donna come lei, proprio con l'esperienza che aveva vissuto, potesse dichiarare facilmente una frase simile. Aspettò difatti il suo turno di parlare fintanto che lei aveva continuato a ribadire che gli errori di qualcuno non dovessero essere rivangati all'infinito, e che errare fosse parte dell'uomo. Lars scosse la testa, alzando gli occhi al cielo - una espressione simile sul suo viso si popolava solo dopo l'accenno di qualche bicchiere di troppo, mai si sarebbe lasciato andare in tal maniera. «La stampa di oggi non riempie soltanto le pattumiere di domani. Gli archivi saranno per sempre popolati di ogni informazione trascritta di una persona.» Fece una pausa, e tornò ben fisso con gli occhi su di lei, dichiarando la sua finale osservazione sull'argomento. «Errare è umano, ma non stiamo questionando la possibilità di Uno di sbagliare, quanto il fatto che una volta accaduto qualcosa, non si possa tornare indietro.» Rise appena, rendendosi conto che a Besaid qualcuno che potesse manipolare il tempo esisteva davvero, ma non era il suo potere, e certamente non doveva essere neanche il potere di Lexi, per quello che era successo nella sua vita. Non giudicava la storia della ragazza per il suo errore, lui non era giudice, Lars era imparziale cantastorie della vita degli altri, ma una volta che le cose accadevano scandivano il corso delle azioni future, e non potevano essere modificate. Eppure era così semplice da capire! Perché la gente non sapesse pensare con la sua mente fredda e lucida era sempre un pensiero ricorrente nel proprio discorrere tra sé e sé, ma ebbene, non aveva intenzione di rovinarsi la serata, né di rovinarla poi troppo neanche a Lexi. Era giunto il momento di terminare quella discussione da ambo le parti.
    Guardò Lexi negli occhi, e per un attimo lo colse l'esitazione della sua mossa successiva. Si rese conto solo dopo che non fu clemente, e solitamente sapeva essere più gentile, ma Lexi era una sconosciuta per lui, e lui con gli sconosciuti doveva essere imparziale. Perciò non tacque, e salutò la donna in un modo ben preciso: dichiarandole di ricordare tutto di lei con una semplice parola buttata nella frase di saluto. «Miss Gallagher, se non mi sbaglio.» Sussurrò, a bassa voce, avvicinandosi di poco a lei, un passo in avanti e il viso leggermente abbassato, per evitare che nessuno li sentisse e per essere più vicino alla sua altezza. «Sono sicuro che ci vedremo molto presto. Ora la lascio agli altri ospiti, non vorrei reclamarla per tutta la serata.» Disse a quel punto, perfettamente educato, accomiatandosi da lei come era giusto che facesse. Il fatto che l'avesse salutata per nome era inequivocabile, ora anche lei sapeva che l'aveva riconosciuta.
    «Buonanotte.» Disse infine, allontanandosi a grandi passi verso l'altro capo della grande sala, e cominciando una conversazione con il padrone di casa non appena lo inquadrò all'interno della sua bella abitazione.
    Non sapeva se sarebbe stata o meno una bella notte per la giovane Lexi, ma lui aveva passato abbastanza notti insonni fino a quel momento per evitare di questionare sullo stato di salute di chi non faceva parte della propria cerchia, e doveva davvero pensare di più a sé.
     
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5 replies since 18/9/2022, 15:51   146 views
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