When trouble comes, it’s your family that supports you

Frida & Pedro

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    I suoi passi risuonavano all’interno dei corridoi spogli di quella parte dell’ultimo piano sotterraneo del grande edificio in cui Oskar Sandström aveva messo le basi della sua organizzazione. Aveva comprato quell’edificio diversi decenni prima, quando non era altro che una struttura dismessa, un tempo sede di chissà quale produzione, ormai caduta in disuso. Era una struttura imponente, con ampi spazi vuoti che davano l’impressione di sentirsi terribilmente piccoli a confronto. Molti erano spaventati da quegli interni vuoti, dai macchinari senza vita che continuavano a cigolare quando il vento entrava prepotentemente dalle finestre ormai rotte, suonando una musica sinistra. Molti, ma non lui. L’uomo aveva visto solo un estremo potenziale quando, in arrivo dalla capitale, aveva scandagliato ogni angolo di quella città alla ricerca di un luogo da fare suo e si era infine fermato lì. Ci erano voluti diversi mesi per rimettere a posto la struttura, darle una ripulita e poi iniziare a costruire qualcosa. Non poteva costruire un semplice pub in un edificio così grande, doveva essere qualcosa di molto più imponente, qualcosa che chiunque avrebbe notato anche solo passando in maniera distratta. Fu in quel modo che nacque la Tana del Bianconiglio. In principio era un luogo molto meno elitario e più aperto verso tutti i cittadini della città, solo negli anni, quando aveva ottenuto fama, ricchezze e potere, si era potuto permettere di cambiare le regole del gioco, di decidere chi poteva entrare e chi invece no. Chi poteva muoversi liberamente in ogni piano di quel grande edificio e chi invece poteva osservare solo la punta dell’iceberg, convinto che non ci fosse nulla di più. Aveva creato dei sistemi di controllo e di invito, elementi fondamentali per tenere in piedi una struttura troppo ampia per essere governata solo a vista. Aveva intessuto una fitta rete di relazioni, che si estendeva in lungo e in largo per la città. Frida aveva cercato di seguire alcuni fili di quella ragnatela, senza tuttavia mai riuscire a capire fino a dove si estendessero e quanti erano davvero coinvolti. Suo padre era un uomo terribilmente attento e metodico, non era affatto semplice capire che cosa gli passasse per la testa.
    In alcune occasioni le sarebbe piaciuto poter rubare la particolarità di Pedro per qualche ora, condividerla con lui e utilizzarla per curiosare un po’ dentro la mente di suo padre, così da capirlo un po’ di più. Lo conosceva da quasi trent’anni, ma mai in tutto quel tempo aveva potuto dire di conoscerlo davvero. Si manteneva a distanza, ingabbiato in quella rete che lui stesso aveva creato e da cui ormai non poteva più liberarsi, neppure se lo avesse voluto. La prima delle figlie dei Sandström aveva guardato quella figura come un esempio per tantissimo tempo. Voleva imparare quanto più possibile da lui, assorbire tutta quella conoscenza, la determinazione. Tra lei e suo fratello Nils era sempre stata una gara per il potere, una corse senza mai quiete per chi dei due sarebbe riuscito ad arrivare prima. Che cosa avrebbero fatto poi, una volta raggiunta la cima di quella vetta, non lo sapevano neppure loro. Forse neppure si rendevano conto di quante e quali responsabilità quel ruolo avrebbe portato con sé, di tutto ciò a cui avrebbero dovuto rinunciare, delle cose e delle persone che avrebbero dovuto temere. Nella sua mente di bambina che inizia ad approcciarsi a un mondo troppo duro per qualcuno della sua età, lo aveva visto soltanto come l’ultimo dei premi, qualcosa che suo padre avrebbe dovuto darle, se lei fosse riuscita a diventare la sua preferita. Lo vedevano raramente in casa e anche in quelle occasioni rivolgeva loro pochissime delle sue attenzioni, sempre preso da altri pensieri, da sogni troppo grandi per essere contenuti nella mente di una sola persona. E la piccola Frida, che ancora non raggiungeva neppure un metro d’altezza, si era convinta che per attirare la sua attenzione dovesse divenire perfetta, il più fulgido esempio di ciò che il suo successore avrebbe dovuto essere. Solo dopo diversi anni aveva capito che i suoi sforzi non sarebbero mai stati abbastanza, che nulla avrebbe colmato il vuoto tra lei e quell’uomo. Quindi aveva iniziato a sviluppare un sogno diverso, tutto per lei, qualcosa che poteva davvero divenire reale.
    Avvicinò il suo pass al lettore posto a lato di una parte e attese che il segnale rosso divenisse verde prima di varcare la soglia, senza guardarsi indietro. Un lungo corridoio dalle superficie rivestite in marmo nero si stagliò davanti ai suoi occhi, illuminato, sulle pareti laterali, da delle luci lineari al neon. L’eco dei passi si fece ancora più forte in quella zona, isolata completamente dal resto del locale. Lì neppure il più piccolo rumore proveniente dalle sale superiori o circostanti poteva raggiungere coloro che varcavano la zona più protetta e nascosta di quel luogo. Era in quella parte infatti che i collaboratori più stretti di suo padre potevano riunirsi. La sala più grande e imponente era dedicata alle riunioni tenute personalmente sa suo padre e nessuno poteva entrare senza il suo permesso o senza che lui lo chiamasse al suo interno. Intorno però si trovavano tante altre piccole salette il cui utilizzo era più libero. Aprì un’altra porta, alla fine del corridoio e si guardò ai lati, osservando alcune figure note che chiacchieravano tra loro vicine ad alcune porte. Riconobbe uno degli uomini più legati a Nils, insieme ad altri tre uomini che di solito lo seguivano ovunque andasse. Rivolse loro un leggero del capo e proseguì. Sebbene suo padre ci tenesse tanto a diffondere l’idea che fossero tutti una grande famiglia, che tutti potessero fidarsi di chiunque all’interno del gruppo, lei sapeva che neppure lui ci credeva davvero. Era solo una stronzata per convincerli della bontà del sistema, per apparire molto più benevolo di quanto non fosse davvero. E lei, di quegli uomini, non si fidava affatto. Continuò ad avanzare, diretta verso un piccolo studio dove doveva lasciare alcune foto che le erano state affidate da uno dei nuovi ragazzi. Non sapeva cosa gli fosse stato chiesto di fare, aveva semplicemente preso le foto, senza neppure guardarle e si era diretta verso la zona più opportuna per fare i dovuti controlli. Non si fidava mai neanche dei nuovi arrivati, ma non era il caso che loro lo sapessero e si sentissero con tutti gli occhi puntati addosso. In quel caso sarebbe stato difficile notare i passi falsi.
    Entrò nello studio e posò la busta su una piccola scrivania, abbandonandosi poi su una sedia con un sonoro sbuffo. Detestava l’idea di fare il fattorino per gli altri, ma almeno in quel modo avrebbe potuto scoprire qualcosa in più sugli ultimi piani di suo padre, quelli di cui ancora non era stata informata. Aprì la busta, nessuno le aveva ordinato di non farlo, e osservò il suo contenuto. Erano foto che ritraevano uno degli esponenti politici della città, in atti non proprio legali. Probabilmente stava preparando un ricatto, o comunque una scialuppa di salvataggio, in caso qualcuno avesse iniziato a ficcare il naso dove non doveva. A lei ancora mancava la sottile arte del ricatto, non era riuscita a comprenderne tutte le sfumature.
    Continuò a scorrere le foto, una dopo l’altra, posandole a una a una sul tavolo, fino a che la porta che aveva di fronte non si aprì. Raddrizzò la schiena in un gesto di difesa istintivo, ma si rilassò piuttosto in fretta quando notò chi era appena entrato. -Pedro! - mormorò quindi, lasciando che un sorriso facesse capolino sulle sue labbra nel vederlo. Lui era, tra tutti, la persona che più preferiva, quello a cui avrebbe affidato la sua vita senza neppure guardarsi indietro. -E’ da tantissimo tempo che io e te non ci vediamo. - aggiunse, balzando in piedi e avvicinandosi per abbracciarlo, lasciando perdere tutto quello che stava facendo sino a un momento prima. Non aveva importanza che in realtà magari fossero passate poche ore, o pochi giorni, da quando si erano visti, per lei era sempre troppo tempo quando si trattava di lui. E poi, vedersi di sfuggita per il locale o fuori non era certo come prendersi un po’ di tempo per chiacchierare. Con lui Frida sembrava trasformarsi, tirando fuori la parte più gentile del suo carattere che poche persone potevano dire di aver visto anche solo una volta. -Sei qui per qualcosa in particolare? - chiese poi, allontanandosi appena per guardarlo. Se andava di fretta o aveva delle questioni urgenti da sbrigare non voleva certo distoglierlo dal suo lavoro. A differenza di quanto poteva accadere con altre persone, non ci teneva a farlo riprendere da suo padre.
     
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    La camminata di Pedro diceva molto sul suo conto: un po’ spavaldo, ben conscio del suolo che calpestava, schiena rilassata ma sensi sull’attenti. Avanzava lungo quei corridoi proprio come il primo giorno in cui ci aveva messo piede, con l’unica differenza che, protrattasi nel tempo, ora faceva sì che si mostrasse più maturo e consapevole del pericolo rispetto a quando era stato solo un ragazzino estrapolato dal contesto all’interno del quale era cresciuto. Se venti anni prima non aveva effettivamente saputo a cosa andasse incontro intraprendendo quel tipo di vita e non avrebbe quindi potuto esserne neanche spaventato, ora al contrario sapeva con esattezza in che posizione si trovasse e, nonostante questo, continuava ad avere un’andatura piuttosto rilassata. Con la nuca ben dritta e lo sguardo davanti a sè, Pedro camminava quindi con la sua solita movenza ondeggiante e si spostava tra un corridoio e l’altro, tra un piano e l’altro della Tana, con la solita espressione di chi vorrebbe prendere a calci qualcuno solo per il puro gusto di riderci su. Il ricordo di ciò che era accaduto la sera prima al porto, quando insieme ad Anders avrebbe dovuto ricevere un carico che era stato loro promesso, era ancora ben vivido nella mente di Pedro e pronto per esser tramutato in importantissime informazioni sul conto di chi, a detta di Oskar, avrebbero potuto esser nuovi affiliati dell’organizzazione oltre i confini. Sebbene fosse consapevole che Oskar non sarebbe stato affatto sorpreso del risultato fallimentare dell’operazione, Pedro era tenuto ad aggiornarlo per tenerlo al corrente dell’operazione e di come, alla fine, i due corrieri si fossero avventati su lui e Anders senza batter ciglio nell’usare le armi. Soprappensiero, posò il pass sul riconoscimento elettronico contro il muro e la porta si aprì dinanzi a lui per lasciarlo passare e addentrarsi nel lungo corridoio dalle pareti in marmo nero, un paio di ragazzi si voltarono a guardarlo e tra di loro riconobbe Nils, uno dei figli di Oskar. Gli andava a genio, dopotutto, anche se a volte si chiedesse quali fossero davvero le sue intenzioni. A differenza di Frida, Nils si era sempre tenuto a distanza da Pedro, probabilmente perché a differenza dell’altra, lui lo aveva visto come un intruso nell’organizzazione e, soprattutto, nella loro famiglia. Aveva spesso pensato, Pedro, che Nils vedesse a quel modo non solo i membri biologicamente esterni al dna Sandström, ma anche chi invece ne condivideva biologicamente i geni. Salutò con un cenno del capo, le sopracciglia appena più corrucciate per via del gran rimuginare con cui si era addormentato la sera prima e con il quale si era svegliato quello stesso giorno. Pedro. ricambiarono il saluto i ragazzi poco prima che l’uomo potesse sorpassarli congedandosi da loro con un mezzo sorriso amichevole e a labbra strette. Senza neanche pensarci, quindi, si ritrovò dinanzi alla porta della stanza in cui pensava di poter trovare Oskar. Spinse con adeguata forza la maniglia e si ritrovò all’interno della camera, di fronte a lui però una chioma di capelli neri lunghi e finissimi sostituì l’immagine che di Oskar aveva occupato la sua mente fino a quel momento. Pedro! La sentì esclamare con stupore e un pizzico di divertimento. Il sorriso che si aprì sul viso di Pedro fu genuino, istintivo, inconsapevole. Accadeva spesso quando gli occhi nocciola si posavano su quella che per lui era la figura nen definita e così minuta di Frida. In un certo senso, il tempo sulla ragazza per Pedro era passato solo attraverso una piccola spinta del corpo che, in tutti quegli anni, certamente era cresciuto e aveva definito i suoi contorni spigolosi, ma oltre quello Pedro non riusciva sempre a vedere altro cambiamento. Sapeva quanto Frida fosse divenuta orgogliosa, fiera, forte ed incontrollabile, eppure per lui restava sempre la più piccola di casa Sandström a cui non poteva non volere infinitamente bene. Ricordava ogni suo passo compiuto, che fosse stato nell’avanzare o nel retrocedere un po’, Pedro credeva di conoscere Frida come le sue tasche. Altre volte invece la guardava e sapeva con certezza che, nonostante fossero così vicini, c’erano cose che lei di sè non voleva spiegare. «Mì nena!» - La mia piccola! esclamò, pronunciando il nomignolo con il quale usava chiamarla ormai da sempre, sin da quando l’aveva vista la prima volta e gli era sembrata troppo indifesa per il mondo in cui cercavano di tenersi a galla. Alla fine lo aveva capito che così piccola non lo era effettivamente mai stata, eppure aveva continuato a voler tenere quel nomignolo per sè, più che altro per i momenti come quello, lontani dal resto del mondo e uno di fronte all’altra non come colleghi o compagni di un’organizzazione, ma come due persone che si conoscevano da così tanto ormai, da volersi bene anche senza doverselo dire per forza. E’ da tantissimo tempo che io e te non ci vediamo. Si ritrovò a dire Frida sollevandosi dalla sedia della scrivania alla quale era stata seduta fino a quel momento per dirigersi verso Pedro e avvolgerlo caldamente in un abbraccio. L’afferró affettuosamente, lui, stringendola con dolcezza a sè mentre le lasciava un bacio sui capelli scuri. «Non dirmelo, al contrario mi sono dovuto sorbire quel musone di tuo fratello. Accenderò un cero in chiesa per la povera anima cui toccherà prenderselo e metterci su famiglia.» scherzó allora ma con tono inizialmente serio, poi riservò un occhiolino divertito a Frida, allentando la presa su di lei per lasciarla andare di nuovo. Sei qui per qualcosa in particolare? Gli domandò allora lei, curiosa di sapere cosa ci facesse li. Con Frida era semplice parlare, non le aveva mai davvero nascosto nulla e Pedro sapeva che qualsiasi conversazione nascesse fra loro, Frida era ben ferma nel tenerla solo per sé. Era venuto su in maniera quasi naturale, il loro rapporto. Contro ogni previsione quei due si erano compresi come raramente Pedro vedeva accadere all'interno dell'organizzazione e, forse per via di quella rarità a cui non avrebbe voluto rinunciare, Frida restava qualcosa di altrettanto prezioso per lui. «Volevo parlare con Oskar riguardo alla consegna di ieri ser- iniziò, bloccandosi mentre lo sguardo cadeva oltre le spalle minute di Frida per accostarsi alla scrivania sulla cui superficie erano sparse delle foto. Increspò istintivamente le sopracciglia, Pedro, chinando il capo da un lato mentre si allungava appena con il busto per guardare, curioso. Non appena fu capace di distinguere i lineamenti e i contorni su ognuna di quelle foto, si lasciò andare ad una risata leggera e genuinamente divertita. «Ahi-ahi, qui qualcuno si è dato alla pazza gioia senza controllare i circuiti di sicurezza. Potrebbe costare molto caro. Sbaglio?» commentò, rivolgendosi alla fine nuovamente col viso verso Frida mentre, come suo solito, l'istinto da ficcanaso lo spinse a punzecchiare con le dita su una delle foto così da afferrarla e tirarla su, vicina al viso in modo da guardarla da vicino. «Il tipo non lo conosco, ma lei... hm, niente male.» continuò quindi, annuendo piano con il viso mentre scorgeva i lineamenti della donna nella foto e pensava che, dopotutto, probabilmente ci sarebbe cascato anche lui come un fesso. Fu certo che se l'avesse fatta vedere ad Eden quello non avrebbe apprezzato, aveva iniziato a cogliere parte dei suoi gusti e a quanto pare gli piacevano le musone scorbutiche ma hey, ad ognuno il proprio. Lui, dopotutto, si era ritrovato impigliato in un paio di occhi da cerbiatto e un caschetto biondo. E il pensiero di Amy lo riportò immediatamente per terra, così si ritrovò ad abbandonare nuovamente la foto sul tavolo mentre tornava a prestare la propria attenzione su Frida. «Come stai tu?» le chiese quindi, posando i palmi delle mani aperte sui propri fianchi in una posizione quasi d'attesa, come a volerle dire che si sarebbe concesso del tempo per lei e che sperava Frida potesse fare lo stesso.
     
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    Era una fittissima rete di intrighi quella che suo padre aveva intessuto nel corso degli anni, così fitta che era incredibilmente semplice perdercisi dentro, se non si aveva la giusta chiave di lettura. Non sapeva molto delle sue trame, Oskar non amava parlare dei suoi piani, neppure con i suoi figli, neppure con le persone che gli stavano più vicine. Certe cose avrebbe continuato a portare con sé sino ad arrivare nella tomba, Frida ne era più che convinta e la cosa la infastidiva un po’. Aveva sempre cercato di avere un posto di maggiore rilievo nell’organizzazione, di ottenere la fiducia di suo padre, senza tuttavia riuscirci mai davvero. Se ne stava chiuso nel suo ermetico silenzio, all’interno di pareti troppo strette per permettere a qualcuno di raggiungerlo. Ci aveva provato a lungo, tentando il tutto e per tutto poi, alla fine, si era arresa. Aveva capito che non si potevano smuovere le montagne, neppure con tutta la testardaggine del mondo. E allora. Spinta dal suo egoismo e dalla sua voglia di rivalsa, aveva iniziato a percorrere un cammino nuovo, fatto di intrighi diversi, di tradimenti, di pedine che ancora non avevano preso parte al gioco e che, in un modo o nell’altro, ne avrebbero deciso le sorti. Una persona in più o in meno, dal proprio lato della barricata, avrebbe potuto spostare l’ago della bilancia in maniera irrimediabile e lei lo sapeva bene. Per questo ancora il piano non era partito, per questo continuava a studiare, a pianificare. Certe cose avevano bisogno di tempo e pazienza e persino lei, che di solito si buttava nelle cose senza pensare, aveva dovuto accettarlo. Tutto, pur di ottenere ciò che voleva.
    Seduta alla scrivania continuava a far scorrere lo sguardo tra le foto che le avevano chiesto di portare al sicuro. Fissò l’uomo con una certa attenzione, cercando di ricordare il suo nome. Non era brava con le questioni politiche, si annoiava sempre quando la tiravano in ballo e finiva con il perdersi tra i suoi pensieri, smettendo di ascoltare il suo interlocutore. Forse doveva essere un nuovo candidato alla posizione di sindaco, o magari ancora più in alto. Di sicuro non doveva essere una persona comune, non se le sue foto erano finite su quel tavolo, all’attenzione di Oskar Sandström. Stava ancora cercando di mettere insieme alcuni puntini quando la porta della stanza si aprì, seguita dalla figura di Pedro che varcava la soglia. Per qualche momento tutti gli altri sparirono e lasciò che solo la gioia di rivederlo fosse al centro dei suoi pensieri. Non capitava spesso di incontrarsi senza che ci fossero delle questioni da sbrigare. Erano entrambi molto impegnati e, il più delle volte, suo padre affibbiava loro dei partner diversi. Si era chiesta, in alcune occasioni, se anche quello facesse parte dei suoi piani: tenerli lontani, il più possibile, per evitare che il loro rapporto si rafforzasse e potesse divenire una minaccia. In quel momento, tuttavia, preferì non pensarci. Si concentrò soltanto sul sorriso di Pedro che faceva da eco al suo, mentre lo stringeva in un abbraccio affettuoso. Sorrise in maniera ancora più sincera quando sentì quel nomignolo che solo l’uomo poteva usare con lei. Da nessun altro avrebbe accettato di farsi definire piccola, ma Pedro era sempre stato una figura importante, quasi uno zio, quasi una figura paterna persino, visto che Oskar si era tirato indietro davanti a quel ruolo. La prima volta che lo aveva incontrato era solo una bambina e aveva guardato con sospetto quel ragazzo dallo strano accento, arrivato da chissà dove. Molte cose erano cambiate da quel giorno, molti anni erano trascorsi.
    Ridacchiò appena nel sentirlo parlare di suo fratello e del suo muso lungo, evitando di commentare la parte sulla donna che lo avrebbe sposato. -Non cambierà mai, è fatto così. - disse invece, soltanto, scuotendo appena la testa. Erano sempre stati molto diversi, eppure su certe cose erano sempre andati sin troppo d’accordo. Gli chiese che cosa ci facesse lì, allungando appena il capo nella sua direzione con aria curiosa quando nominò velocemente ciò che era accaduto la sera prima, per poi venire catturato dalle foto che lei stava analizzando. -Suppongo di si. Ma non riesco a ricordare chi sia, credo si tratti di un politico, ma al momento mi sfugge il nome. - ammise, mentre muoveva un passo verso la scrivania, così che entrambi potessero osservare meglio i due individui. -Sono sicura di averlo già visto da qualche parte, ma non riesco a capire cosa mio padre possa volere da lui. - continuò, con un leggero sospiro, per poi scuotere il capo e rivolgere un leggero sorriso in direzione di Pedro. -Credi che si fiderà mai tanto di qualcuno da rivelargli ogni cosa? - domandò, e il tono scettico con cui aveva posto quella domanda rendeva evidente che per lei poteva esserci solo una risposta negativa. Oskar Sandström non si fidava di nessuno, forse neppure di se stesso. Non parlava spesso di suo padre con le altre persone, ma era curiosa di sentire l’opinione di Pedro a riguardo. Lui, per caso, conosceva tutti i suoi piani?
    -Io? Alla grande. A parte il fatto che mio padre ha ben pensato di appiopparmi il tizio nuovo.. quello di Oslo.. il tuo amico. - disse, evitando in maniera accurata di dire il suo nome. Avevano collaborato per una missione e doveva ammettere che non le aveva fatto poi una brutta impressione, ma continuava a non fidarsi di lui, a non volersi fidare, per nessun motivo al mondo. Le persone nuove non le piacevano, soprattutto quando era difficile trovare informazioni sul loro conto. -Mi spieghi come fai a trovarlo simpatico? - domandò quindi, inclinando appena il capo per osservarlo meglio, genuinamente curiosa di sentire quale sarebbe stata la sua risposta. La verità era che Pedro era un uomo decisamente più socievole di quanto lei fosse mai stata e che Frida, molto spesso, partiva prevenuta. -Continuo a pensare che quelli di Oslo lo abbiano mandato per un motivo, che vogliano qualcosa. - disse, dopo aver atteso la risposta dell’altro, arricciando appena le labbra in un’espressione poco convinta. Quelli di Oslo non erano che l’altra fetta della famiglia Sandström, i parenti più stretti di suo padre, che non avevano mai passato il confine di Besaid. Oskar ci teneva a lasciare le cose in quel modo, a tenere solo per loro la questione delle particolarità. Lei era convinta che Eden non avesse mai davvero smesso di lavorare per loro, che gli passasse delle informazioni. -Puoi tenerlo d’occhio? - chiese, e il tono pacato con cui pose quella domanda lasciava trasparire che non si trattasse di un ordine, ma di un favore personale. Di lui si fidava, così come del suo giudizio. Non avrebbe dato retta all’opinione di nessun altro in merito.
    -Andremo a Bergen tra qualche mese. Io e Anders… - iniziò, rivelando una notizia che sarebbe dovuta restare tra pochi intimi. Erano in pochissimi a conoscere quella missione e non avrebbe rivelato troppi dettagli, ma aveva bisogno di esporre le sue preoccupazioni a qualcuno. -Mio padre ha detto che se faremo in fretta non ci accadrà nulla. Che la nostra particolarità non darà problemi. - continuò, per fargli capire dove voleva andare a parare. Non era la missione in sé a preoccuparla, quanto il fatto che sarebbe uscita da Besaid e nessuno aveva mai voluto dirle che cosa poteva accadere a due persone legate come loro, se la loro particolarità si fosse spenta. -A te ne ha mai parlato? Tu sai cosa potrebbe succedere? - provò, anche se temeva che in quel caso Pedro non avesse alcun tipo di risposta da darle. C’erano cose da cui neppure lui poteva proteggerla.
     
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2 replies since 25/8/2021, 07:32   78 views
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