You don't need to save me, but would you run away with me?

Bellatrix ft. James | Rainbow lounge restaurant | 05.10.2022

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  1. wanderer.
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    I love you, it's ruining my life

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    C'era una volta una ragazza che viveva accanto al camino. Come una moderna Cenerentola dei nostri giorni passava ore di fronte al fuoco, la allietava, e la faceva viaggiare con l'immaginazione, donandole calma e forza. E seppur facesse un gran rumore di disappunto in casa, e si opponesse sempre ai suoi genitori, era anche a lei che toccava ripulirlo. Passava i giorni con le guance sporche di fuliggine e carbone, nessuno si premurava di lavarglielo via finché non era lei al bagno successivo che aveva a disposizione a poterselo togliere dal viso. Nessuno avrebbe immaginato che sarebbe mai diventata qualcuno, era solo un soldo bucato.
    Quella ragazza era Bellatrix Doyle, e a quel tempo veniva chiamata la fatina del carbone (fairy coal) di Howth
    .

    Era passato così tanto tempo da quando l'aveva visto che non poteva credere ai suoi occhi. Quel secondo - o quella manciata di secondi - che aveva speso a riprendersi dall'emozione era stato notato: se non da lui, almeno da lei. Gli attimi di défaillance che erano passati per ricomporsi erano stati già troppi, e per Bellatrix era difficile immaginare di essere sembrata una sciocca ragazza, non una donna, non una adulta, ma la ragazzina di allora, del tempo perduto che avevano condiviso per qualche volta in un'altra terra, una decina di anni prima. Troppi ricordi guizzavano nella sua mente quando immaginava il suo passato, e se nel suo passato era stata follemente invaghita di James O'Neill tanto da essere canzonata costantemente dalla sua sorella gemella per quello, adesso nel suo presente si rendeva conto di quanto fosse arduo distaccarsi da quell'immagine imponendosi di essere superiori alla propria parte, conscia della sovrapposizione che subiva tra quella che era stata, e quella che era allora. Gli sorrise, con un sorriso spontaneo, non costruito, cercando però di imporsi nella sua emozione a non sorridere troppo, le guance appena visibilmente imporporate dall'imbarazzo del rivederlo - sperò che venisse scambiato e frainteso per il calore improvviso del locale rispetto al freddo fuori. «Onestamente non sapevo lavorassi qui. È stata una sorpresa, mi hai colto impreparata.» Glielo disse candidamente, come se avesse scelto le parole migliori per dirgli la verità senza però dire troppo di lei, di tutto quello di cui consisteva il suo imbarazzo, sperando effettivamente di non essere colta in flagrante nel tentativo. Le fece poco segretamente piacere essere chiamata Miss Doyle. Le piaceva il suo cognome, sapeva di casa senza ricordarle le sue origini, sembrava, quando lo raccontava, un cognome lontano e importante, il cognome del capostipite del genere del giallo, e un nome che tradiva una discendenza scozzese diverso dal ceppo della sua Irlanda. Come lei, anche quel nome dissimulava le sue origini e raccontava qualcosa di diverso, sapeva molto di più di tutto quello che era mai stata Bellatrix. E lei aveva deciso quel nome di non cambiarlo, appunto, neanche per la sua campagna elettorale, presentandosi esattamente per quella che era in quel momento. Avrebbe voluto chiedergli di getto come stesse lui, da tutto il tempo che era passato dall'ultima volta che si erano incontrati, ma si zittì stringendosi le mani attorno al grembo rendendosi conto che avrebbe dovuto dosare le sue domande senza gettarsi sull'uomo con tutte le sue curiosità e sui perché del caso. Si sorprese a pensare che era passato davvero tantissimo dall'ultima volta che si erano incrociati. James era stato amico storico di Sirius, e sapevano entrambi che erano lì a Besaid da tempo, ma il fatto di essere stretti, l'una per parentela e l'altro per amicizia del sacerdote in ogni caso aveva fatto si che sapessero qualcosa l'uno dell'altra ma mai troppo, e che comunque non si frequentassero loro due direttamente, chissà per quale motivo. Forse la scelta delle compagnie, le strade che avevano preso, erano nella vita della cittadina molto lontane tra loro. Per Bella ovviamente James rappresentava anche una vergogna viscerale sul passato che aveva avuto, non tanto quello che riguardava il suo contesto e i suoi sogni, la sua condizione e le costrizioni della famiglia, ma proprio per la grande infatuazione che aveva avuto per lui quando non sapeva vestire il suo corpo slanciato e nodoso e non sapeva ancora curare l'acne o acconciare i capelli. Il fiore era ben lontano dallo sbocciare allora. Si inorgoglì dunque, alzando bene il mento alla domanda allusiva che le aveva posto l'uomo. Tenne a freno i pensieri bruschi per un pò, rallentando le parole e aspettando che fossero vicini entrambi i loro volti, per guardare la sua espressione e chiedersi se fosse un modo di flirtare che non aveva mai conosciuto direttamente da James con la Bellatrix adulta, o un modo per canzonare la Bellatrix ragazza. Era una domanda che doveva lasciare per la fine della serata, perché le danze erano appena iniziate, e lei poteva avere tutte le supposizioni che voleva tra le mani ma non poteva saper nulla che fosse certo, senza alcuna possibile probabilità dalla sua. «Se invece la piccola Bella e la risoluta Miss Doyle fossero effettivamente la stessa persona, cosa consiglieresti basandoti su quello che vedi adesso e che immagini di sapere?» Incrociò le braccia sotto il suo mento, posando il volto tra le mani ancorate al bancone. Bellatrix era diventata brava a mascherare tutte le emozioni superflue, ed era determinata a continuare a farlo a lungo per i più disparati ambiti della sua vita. La paura era solo una nemica da tenere a bada, lei lo sapeva bene, e in tutte le occasioni si ricordava di pensare bene prima, a rispondere a tono, ad essere allusiva, a dire quello che voleva lasciando solo quando era necessario un margine di incertezza, abilità importantissima nel suo settore. Affrontare la paura, permettendo che passasse oltre e la attraversasse. Questo era il suo mantra, le svuotava i sensi rinnovandola di forza. James la guardava con occhi incuriositi, così come quelli di lei cercavano la sua figura lasciando trapelare un'interesse, che poteva significare tutto senza sapere di nulla. La danza continuava. Guardò James fare la sua magia, e districarsi tra le bottiglie colorate illuminate dalle luci soffuse del locale, passando da un bicchiere all'altro, al mixer e al ghiaccio, arrivando a completare la sua composizione. Si avvicinò a lei con la sua creazione tra le mani, e lasciò lo sguardo di James per concentrarsi davvero sul suo cocktail. Le sembrò di conoscere qualche sapore, immaginando i profumi che le aveva regalato. Sul whisky non poteva sbagliare, era il liquore di casa, secco e aspro, difficile e bellissimo come la sua terra. Le note dolci erano date da un sapore fruttato, e dal miele che si era amalgamato all'acidità complessa del super alcolico lasciandone scivolare i sorsi facilmente, le inebriò i sensi. Non ebbe modo di dire nulla a James prima che si fosse riavvicinato a lei, nel frattempo aveva scorso il menù sulla lista che le aveva lasciato il cameriere della sala, che era tornato a prendere le sue ordinazioni dopo aver lasciato il tempo di bere il cocktail insieme ad un piccolo benvenuto della casa. Ordinò un piccolo antipasto con un tagliere di formaggi, crostini, composte e foie gras, e il sapore dell'arancia nel suo drink omaggiato da James le fece scorrere velocemente la lista facendole scegliere subito l'anatra glassata all'arancia, una scelta insolita e apprezzata su di un menu in Norvegia, che strizzava l'occhio alla Francia, accompagnato da contorni di verdure tipici di quella terra. Quando James tornò da lei lo fissò dritto negli occhi, più a suo agio nel nuovo ambiente e più sicura istintivamente di dire la sua, complice anche l'alcool che aveva bevuto. «Una scelta molto apprezzata. Perciò alla fine a cosa ti sei ispirato di me per questa creazione?» Sottolineò il cosa, facendogli intendere che non aveva dimenticato l'argomento che avevano inziato prima. Bellatrix aveva appena iniziato a duellare con le parole, e la fune di conversazione che le aveva posto James non le dispiaceva neanche un pò. Il suo passato era forse strampalato come poteva, ma le ricordava quel sentimento ingenuo che aveva avuto per lui, e voleva indugiarci su per capire quanto di quel ragazzo da cui era attratta rimaneva ancora in lui, e quanto l'uomo che aveva di fronte ricordava chi fosse lei.
    Si indispettì parzialmente quindi, quando lui le chiese se dovessero far finta di non conoscersi. Probabilmente doveva solo considerarla come una domanda cautelativa, e volutamente scelta solo per tutelare lei, eppure, alzò appena un sopracciglio lasciando intendere vagamente quello che poteva pensare senza aggiungere altre parole, quasi inneggiando al fatto che fosse scontato il contrario, che dovesse assolutamente considerarsi off-limits dal suo passato, e che lui e lei non avevano proprio niente a che spartire. Ma durò per un attimo, e poi accompagnò il chiarimento ad una risposta gentile. «Certo che siamo amici La scelta di parole sul come definirsi non le piacque molto, e la rimaneggiò, parlando lui con un tono di voce basso, perché si intendessero solo loro, ma limpido, incatenando lo sguardo al suo. «Condividiamo un amico molto rompiscatole per lo meno da moltissimo tempo.» A quel punto lo fece lei l'occhiolino, inarcandosi sulla sua schiena per avvicinarsi a lui, terribile e felina come quando voleva esserlo. Il povero Sirius era citato nella loro conversazione e fece di nuovo capolino tra i suoi pensieri, la fece sorridere rendendo il suo viso dolcissimo e la posizione temibile, pronta a scattare come un puma. La campagna era stata tirata in ballo ed era arrivato il momento di parlarne a seguito della sua domanda. «La campagna va molto bene. Vediamo tra qualche mese cosa succederà.» Non si sbilanciò oltre, sapendo che tutto quello che diceva poteva essere usato contro di lei. Non era scaramantica, ma non si poteva mai sapere con i sondaggi e i pronostici. «Io sto bene, grazie.» Si fermò. Dopo aver detto del lavoro non sapeva cosa dire di lei. Non voleva lasciargli troppe parole tutte insieme, e non voleva dire frasi banali quali "sto al meglio di come potrei essere". Perciò gli sorrise, facendo intendere che se avesse chiesto di più, lei si sarebbe raccontata meglio. Ricambiò subito la domanda presa dalla conversazione, sapendo che aveva aspettato a chiederglielo per prima proprio perché aveva aspettato prendesse lui l'iniziativa. «Come stai tu invece? Non ci vediamo da... tantissimo. Da quanto lavori qui?» Pose la domanda rammentando le considerazioni che aveva fatto prima, il pensiero a Sirius, ed il fatto che non si vedessero davvero da molto, non si erano neanche più incrociati per qualche via o stradina di Besaid, e per un pò nella sua vita James non era balenato tra i suoi pensieri. Questa considerazione le sembrò amara, così tanto che continuò ad incalzare il discorso, come se fossero proprio due vecchi amici che si rincontrano e si sfidano di nuovo in una conversazione, misurandosi e cercando di capire quanto potersi esporre l'uno con l'altro. «È la mia prima sera al Rainbow, hai un compito molto importante, devi farmi innamorare del posto.» Lo specificò, chiara sul non sapere nulla del locale, e ambigua sul resto della frase. Non era mai stata in quel locale, e se non era mai venuta lì non era stato un caso che non si fossero più incontrati. Lasciò chiaramente nel mezzo una frase criptica, rimanendo salda e composta sulla sua seduta, e sapendo esattamente che tipo di effetto facesse alla gente una frase di quel tipo detta da Bellatrix Doyle.


     
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