Pre-Quest #05 - Sykdom Project

Role di gruppo - partecipazione esclusiva per gli invitati

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    Pre-Quest #05 - Sykdom Project



    Un’occhiata veloce all’aula, i posti vuoti nelle file più lontane, quelli in prossimità della lunga e pulita cattedra davanti alla lavagna appena più occupati, eppure non donavano comunque un’aria piena alla stanza. Nonostante la sensazione di vuoto che la poca affluenza nell’aula le dava, Sibylla riuscì ad immaginare un’innumerevole mole di persone, occhi, mani, braccia e gambe che, dietro le spalle di ognuna di quelle persone ora sedute dinanzi a lei con espressione tra il cinico e il curioso, sapeva si nascondessero. Fili conduttori fatti di carne e anima che strisciavano più che altro al buio, la dove l’occhio disinteressato non avrebbe mai potuto scorgere nient’altro che un’andatura frettolosa, quella di chi, si pensa, stia facendo tardi a lavoro o abbia commissioni urgenti da svolgere. Esseri umani, cos’altro avrebbe potuto esserci? Se lo domandò nella frazione di un secondo: quando a fondo potevano scavare delle radici umane, prima di divenire sovrumane? Un pensiero facile da sopportare per una che, giornalmente, aveva le dita immerse nel vero mistero primordiale di quella città così singolare: aveva fatto, Sibylla, del proprio cammino, il cammino di tutti gli altri che superavano il confine di protezione che rendeva lei e loro esseri speciali.
    Ancora in silenzio, attese che l’ultimo arrivato avesse preso posto e, braccia conserte, si mosse di qualche passo verso la porta per chiuderla. Quindi si voltò per dirigersi nuovamente dinnanzi alla lavagna. Si poggiò sulla superficie della cattedra, una gamba appena sollevata e il piede avvolto nella scarpa beige col tacco restò a mezz’aria, le mani congiunte, dita contro dita.
    Sorrise a labbra strette. Amorevole, coraggiosa, arrogante.
    «Avendo ricevuto un invito specifico per quest’incontro, e´ chiaro che la presenza di ognuno di voi qui, oggi, non sia casuale, così come la mia.» Pausa. «Alcuni di voi hanno una distinguibile influenza sulla città in termini economici e non solo...» ammiccò, ben conscia di ciò che stava dicendo e soprattutto di chi avesse fra le file di sedili di fronte a lei. «Per evitare sprechi di tempo a noi tutti prezioso, andrò quindi dritta al punto.» annunciò, sollevando appena le spalle e slacciando le dita dalla prese della altre. Si sollevò e, forse per abitudine, forse per condividere con i suoi interlocutori quella stessa sicurezza che la caratterizzava, si avvicinò alla lavagna prendendo fra indice e pollice un gessetto bianco dallo scompartimento. Dando le spalle alla piccola platea privata, parlò e scrisse. ”S. Greseth Nilsen”, calligrafia mossa eppure altrettanto elegante. «Sono la professoressa e dottoressa Greseth Nilsen, docente di criminologia in questo stesso istituto oltre che consulente tecnico per le forze dell'ordine. Il mio compito, oggi più nello specifico, è puramente comunicativo Gettò il gesso nello scompartimento dal quale lo aveva preso e si voltò, tornando davanti alla cattedra. «Proprio come la persona che vi siede accanto, dietro, davanti, che avete magari già visto da qualche parte o che vi porti a chiedere, in questo momento, “di chi si tratta?”. Credo sia il caso che, almeno per ora, vi facciate bastare la domanda…» disse, lasciando che il proprio sguardo vagasse sulle facce di ognuno di loro, alcuni conosciuti, altri sconosciuti, eppure riuscì ad abbinare ad ogni volto un nome. Indicò nuovamente dietro di sé, su quelle strisce di gesso che racchiudevano in così poche lettere la sua persona, il ruolo che ricopriva. «…che vi facciate bastare il mio nome e il motivo per il quale sono in piedi davanti a voi, in cerca magari di una tregua che ci permetta di lavorare assieme, quel che basta.» aggiunse, sorridendo appena. Poi sospirò, drizzando appena le spalle, petto in fuori, tornando seria. «Non e´ un segreto che la città stia attraversando un periodo insolito, i nostri concittadini si sentono insicuri dopo gli avvenimenti del Black Day dello scorso anno. Ho avuto modo di far parte delle indagini, motivo per il quale sono stata anche incaricata di condividere con voi le informazioni fino ad adesso raccolte.» continuò, prendendo a camminare in maniera lenta dinanzi la prima fila di sedili occupati. «Gli avvenimenti del Black Day non sono stati frutto di una coincidenza. L’esperienze traumatiche di chi ha vissuto quella notte nella paura hanno potuto fornirci in maniera grossolana un quadro generale di cosa in realtà sta accadendo. Quel sogno comune all’interno del quale sono rimasti intrappolati i ragazzi era un chiaro messaggio riguardante il futuro della città. Il Black Day è festeggiato da tempi che noi neanche conosciamo, è l’anniversario di un rito compiuto per dare a Besaid la doppia realtà che oggi ci rende speciali. Durante il Black Day la città si rinnova, veste una nuova pelle: non è una coincidenza che, la maggior parte dei più grandi ed inspiegabili eventi che abbiamo visto, soprattutto negli ultimi anni, avvengano sempre nello stesso periodo. Vi ricordo, ad esempio, l’arena spuntata dal nulla circa tre anni fa.» si fermò, appena prima di riprendere. «La differenza è che, questa volta, ci è stato riferito un messaggio, un’allerta. La vita a Besaid potrebbe finire per come la conosciamo e no, non per lasciare posto ad un cambiamento positivo, come vi ho spiegato prima.» aggiunse, sospirando lievemente prima di continuare. «Purtroppo, nonostante il passare del tempo e le continue indagini sul caso, la situazione si è rivelata più complicata del previsto, c’è una fitta rete di collegamenti fra quella notte e tutto ciò che è accaduto successivamente. In molti hanno parlato di un virus, ne abbiamo letto sulle testate dei giornali» disse, voltandosi a guardare in direzione del responsabile del Besaid Daily News - «alcuni hanno speculato sull'idea di un gruppo di ribelli.» aggiunse poi, scuotendo appena il capo. «Ed ecco che entra in gioco la mia funzione: quella di comunicarvi che non si tratta di un virus. Non si tratta di un gruppo di ribelli.» constatò, interrompendo i propri movimenti per fermarsi e guardare, quasi uno ad uno, gli invitati. «Siamo noi tutti - per il bene della nostra città e di chi la abita - alla ricerca di un uomo. Un solo uomo, nessun gruppo. Un essere umano, tale e quale a voi, tale e quale a me, in possesso di poteri straordinari, come i vostri, come il mio, con la differenza che a lui questi non appartengono, sono stati sottratti a chi ora è steso su un letto d’ospedale e lotta per la propria vita, perché è questo ciò che accade, che accadrebbe a chiunque di noi, una volta perse le particolarità.» aggiunse, il tono di voce serio, lo sguardo ora appena più frustrato. «Non è ancora stata trovata una cura, se così può esser definita. Per sconfiggere la morte, le vittime hanno bisogno di riavere ciò che appartiene loro. Quest’individuo è quindi un pericolo per chiunque, nessun escluso. Non il denaro, nessun altro potere materiale, stato sociale: niente di tutto questo potrà proteggerci.» Restò in silenzio qualche istante appena, abbassando lo sguardo sul pavimento di marmo, le striature beige e marroni, quasi dorate, che si disperdevano fin sotto i suoi piedi. Rialzò lo sguardo, la voce ferma, le spalle dritte, un soldato. «Cosa fareste se, domani, qualcuno vi portasse via ciò che vi rende ciò che siete?» chiese tornando a guardare i volti che aveva davanti. «...ciò che vi ha donato per tutta la vita ispirazione, motivazione… denaro, ricchezza?» disse, riprendendo a camminare lentamente, una barca in mezzo alle onde soffici di un mare appena mosso, in attesa della tempesta. «Abbiamo la domanda, speriamo di non dover mai conoscere la risposta.» disse con tono di voce appena più basso, quasi un ammonimento a chi avrebbe osato sfidare il destino. Sospirò, tornando ad alzare appena la voce nella direzione della piccola platea. «E da comunicativa, la mia funzione ora cambia forma, diviene una richiesta.» aggiunse. «A nome della città e di chi la governa cercando di mantenere il giusto ordine fra le sue strade, sono qui per chiedere quindi aiuto, a nome di chi vuole salvare non solo se ́ stesso ma anche gli altri, anche voi, così che ognuno possa tornare a rispettare i propri passi, la propria via, a rimettere in ordine quegli equilibri ora decisamente precari perfino per chi e´ soggetto ad una forza di gravità propria, indipendente dal resto del mondo. Un po´ come lo e´ Besaid, un puntino invisibile su una cartina, eppure così singolare da dover restare segreta, poiché altrimenti troppo ambita.» continuò, tornando in direzione della cattedra per fermarsi davanti ad essa. «Il governo vi sarà grato per qualsiasi tipo di aiuto: informazioni, studi, qualsiasi cosa posa aiutare nella difesa della città, nella protezione dei suoi cittadini, nella cattura di quest’uomo di cui, al momento, non abbiamo neanche un nome, solo un modus operandi e… queste.» disse, tornando dietro la cattedra per afferrare una sottile pila di fogli fino a quel momento rimasti inermi nel vuoto della superficie pulita e lucida della cattedra. Li smosse appena con le dita, affernadoli e dirigendosi verso le file di sedili, distribuendo una copia ad ognuno dei partecipanti: foto sgranate, la qualità delle camere di sorveglianza attraverso le quali erano state riprese piuttosto bassa, sul quale appariva sempre la stessa sagoma, il volto quasi impossibile da decifrare al meglio. «Questo è l’individuo che stiamo cercando. Per proteggere il corso delle indagini e l'influenza che i media potrebbero arrecarvi, chiedo cordialmente ai rappresentati delle testate giornalistiche qui presenti, oggi, di non divulgare i dettagli di questa conversazione e quindi delle indagini in corso, foto comprese. Chiaramente, abbiamo bisogno anche del vostro aiuto, un aiuto che stia dalla parte di chi vuole catturare quest'individuo a tutti i costi.» disse, guardando nuovamente alcuni di loro in volto senza soffermarsi davvero su qualcuno in particolare, poi compiendo il giro dell'aula per completare la condivisione della figura. Quando torno alla cattedra, lasciò le foto restanti sulla superficie e, poggiandosi contro di essa, intrecciò nuovamente le mani l'una all'altra, sollevando lo sguardo sui volti nella stanza mantenne un'espressione seriosa. «Ci sono domande? Con piacere accolgo anche e soprattutto qualsiasi tipo di informazioni collocabili al caso. Sono naturalmente a disposizione per voi anche in separata sede.» concluse, lasciando vagare lo sguardo attento sui volti dinanzi a lei.
    Che fosse l'inizio di una nuova era?




    Informazioni utili sullo svolgimento di questa piccola role pre-quest 2023:

    ● La Quest vera e propria inizierà successivamente a questa role di gruppo. Lo scopo della role attuale è prevalentemente introduttivo e ha la funzione di informare i vostri PG all'interno del gioco di ruolo riguardo ciò avverrà in futuro.

    ● Ogni utente ha ricevuto un invito tramite MP dallo staff. L'invito è stato inviato specificatamente per uno solo dei vostri personaggi in gioco sul gdr, scelto dallo staff per motivi di trama. Avete avuto la possibilità di accettare o di rifiutare, la partecipazione a questa mini-role è, di conseguenza, non obbligatoria. Se non avete risposto al MP, non siete stati quindi inseriti nella lista qui di seguito e, di conseguenza, NON potete partecipare alla role.

    ● C'è un solo turno per ogni pg.

    ● Ognuno di voi avrà a disposizione 4 giorni per postare. Dopodiché salterà il turno, perdendo di conseguenza l'occasione di partecipare alla role.

    ● La vostra risposta deve fare riferimento al post del master/ella/Sibylla: questo non significa che siate obbligati a far interagire direttamente i PG se non vi va, ma siete liberi di farlo in caso contrario (condividere infos che il vostro PG possa avere, porre domande, interagire con altri pg mossi da altri utenti, ovviamente prima accordandovi, magari, per evitare incomprensioni.) Insomma, i vostri PG hanno carta bianca! Possono anche alzarsi e andarsene se non hanno alcuna voglia di prestare attenzione :3 Nell'eventuale caso in cui vogliate far partecipare attivamente il vostro PG tramite la condivisione di informazioni riguardanti le indagini (o più nello specifico - Spoiler Alert - riguardanti il ricercato) ma non avete infos o non credete che il vostro PG possa avere accumulato qualche succulento scoop al riguardo, contattate una dello staff e vi daremo qualche idea! E' chiaro che, a questo punto dell'"Epidemia", più di qualcuno sia stato attaccato.

    ●Per info sulle quest in generale e per prepararvi magari alla prossima (cuoce in pentola), cliccate Qui! (Nello stesso topic trovate anche i link alle quest precedenti!) -- Qui invece il link al Besaid Journal con gli ultimi articoli riguardanti il "virus".

    ● C'è da seguire il seguente ordine di risposte:
    - Sibylla
    - Astra
    - Naavke
    - Niko
    - Iago
    - Nora
    - Rei
    - Ares
    - Lars
    - Jonah
    - Sirius
     
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    The Fourteenth of the Hill.

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    Athena Astra Drakos
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    Per Aspera Ad Astrasheet

    «No, parlerò io stessa con Stor, non preoccuparti» accennò rassicurante in greco, intenta ad osservare distrattamente una teca mentre reggeva con grazia la propria ventiquattrore.
    Entro lo scrigno di vetro v'erano esposti alcuni –– relativamente –– antichi reperti ed una carta stellare d'un certo interesse, tuttavia i suoi occhi chiarissimi parevano essere altrove, guardare orizzonti ben meno definiti di quelli dipinti sul disco di ottone.
    «Oh, i giornali ne parleranno in ogni caso. Mi dispiace, Papà» concluse asciutta, scuotendo appena il capo al pensiero di suo fratello e dell'ennesimo scandalo che aveva scelto di portarsi dietro, tirando in ballo l'intera famiglia.
    «Non sono certa che Londra sia il terreno più fertile per lui. Continuando così finirà su ogni tabloid dell'isola e –– esatto, noi con lui» profetizzò senza una stilla di ironia.
    «Ci parlerò... Sì –– a presto» si accomiatò, terminando la chiamata per poi posare la valigetta al proprio fianco ed incrociare, pensosa, le braccia sotto ai seni.
    Come al solito era in lauto anticipo.
    Detestava i ritardi, la mancata puntualità e l'inefficienza delle loro conseguenze. Aveva così preferito presentarsi con almeno venti minuti di vantaggio ed attendere il momento opportuno per fare il proprio ingresso.
    Non percorreva aule universitarie da tempo eppure Athena vi aveva sempre riferito estremo riguardo: che fosse per una lezione da lei tenuta od assistita, i luoghi di sapere per lei avevano sempre avuto un certo, ammaliante fascino e suscitato nel suo animo una sorta di sacro rispetto.
    Controllò il proprio sottile orologio da polso, confermando le proprie aspettative.
    In quel serpeggiare di aule, auditori e laboratori simili, la giudice Drakos aveva trovato casa e rifugio, conforto e lunghe ore di serenità in gioventù.
    «Thyelas, con me» esalò Athena, severa, raccogliendo la propria ventiquattrore mentre si muoveva presso l'aula magna.
    La sua grifone seguì a ruota, attirando gli sguardi stupiti di studenti e studentesse attardatisi a lasciare il complesso.
    Le scarpe firmate della giudice ticchettarono come lancette d'orologio ad ogni ampia falcata del suo corpo alto e slanciato, fasciato ad un abito grigio ed una calda sciarpa color panna, indossata a mo' di protezione drappeggiante al freddo di quella sera.
    Fu la prima a prendere posto, scegliendo una seduta all'incirca nel mezzo della sala.
    Avrebbe voluto occhi sia su qualsiasi relatore fosse stato invitato a parlare ed allo stesso tempo su eventuali altri partecipanti a quel misterioso convivio.
    Il fatto di essere allo scuro, di non avere accesso ad informazioni previo l'incontro e di conseguenza alcun controllo sulla situazione la spinse ad adottare un comportamento cauto, analitico più del solito.
    Posò la ventiquattrore dinanzi a sé mentre Thyelas, maestosa ed elegante, si posizionava all'estremo della sala più vicino alla sua padrona e sorella.
    «Occhi su tutti» mormorò, tirando fuori dalla valigetta niente più che un nudo blocco note e la sua stilografica prediletta.
    Lentamente i primi ospiti cominciarono a fare il loro ingresso, rivelando la maschera indossata per la serata: il loro atteggiamento, vestiario e dialogo avrebbe potuto forse rivelarle qualche indizio.
    Athena riconobbe immediatamente Naavke Evjen, esimio curatore del museo cittadino e suo stimato compagno d'intelletto. Lo salutò con un cenno del capo, sondandone i modi distinti ed il medesimo approccio analitico all'intera situazione.
    A seguirlo fecero il proprio ingresso Nikolaj Mordersønn, riconosciuto da Athena solo grazie alla sua innegabile fama nel campo della tecnologia ed innovazione ( e la sana abitudine di lei di leggere i quotidiani locali ) e Iago Torres, rinomato direttore della maison Estrella che la giudice aveva sentito nominare persino in aula ma per cui ella non aveva realmente mai conosciuto il Signor Torres, quanto più per la sussurrata abilità, in circoli benestanti ed oltre, che l'uomo pareva aver acquisito: reperire rare opere nel mercato antiquario in cui egli si dilettava in modo eccellente.
    Oltre i due uomini si aggiunsero poi due donne: una longilinea, spigolosa, dai capelli bruni ed intensi occhi scuri e l'altra simile per tinte, magra e composta, il cui viso era incorniciato da un paio di eleganti e tondi occhiali da vista.
    Entrambe erano sconosciute alla giudice che le studiò per un istante.
    Si soffermò qualche attimo in più sulla seconda che parve rivelare una qualche flebile con Mordersønn, di primo acchito.
    La giudice passò poi oltre, delegando a Thyelas il compito di scoprire dove ognuno avrebbe preso posto.
    Seguì poi Lars Berg, redattore capo al Besaid Daily e famoso collaboratore televisivo, familiare agli occhi di Athena che aveva ascoltato e letto le sue parole in molteplici colonne del quotidiano o come corrispondente.
    Efficiente e carismatico, il signor Berg le diede l'impressione di non aver mai mancato di essere al passo con ogni notizia del mondo esterno e cittadino.
    Ciò suggerì ad Athena il fatto che chiunque, in quella stanza, fosse stato scelto ed invitato poichè facente parte d'un qualche gruppo di radicale rilevanza in città: che fosse tecnologico, sociale, mediatico o, come nel suo caso, giuridico.
    Poco dopo il signor Berg, con il suo familiare piglio aggressivo ed impaziente, Ares fece il suo ingresso in aula, sorprendendo Athena anche solo con la sua mera presenza, del tutto inaspettata in un'occasione come quella.
    Si ritrovò ad inclinare appena il capo, incuriosita mentre il suo volto mostrava appena i segni della propria sorpresa: le sopracciglia si alzarono un po', lo sguardo si acuì e la postura s'irrigidì ulteriormente.
    Perchè anche Ares era stato convocato?
    A chiudere il gruppo si aggiunsero due giovani uomini fisicamente molto differenti: uno dai capelli paglierini, slanciato e dai modi cordiali. L'altro meno entusiasta ma curioso, bruno e dalla costituzione più strutturata.
    Athena salutò chiunque avesse incrociato il suo sguardo che fosse stato con un cenno del capo, un accenno di sorriso od un gesto cortese.
    Non mancò poi molto all'ufficiale apertura delle danze.
    Fu Greseth Nilsen, professoressa di criminologia e collaboratrice delle forze dell'ordine, a cominciare un denso discoso, sfuggita all'occhio attento di Athena sino a quel momento.
    L'ascoltò con attenzione, soprassedendo alle vaghe note d'irritazione che parve provare al suo tono condiscendente ma rigoroso, probabilmente atto a studiare le reazioni dei presenti.
    Prese alcuni appunti e comprese dunque che i suoi sospetti erano fondati: nessuno in quella sala era stato ovviamente scelto per caso, chi per un motivo e chi per un altro aveva un certo fiuto per le persone, caratteri ed individualità, una intuizione sempre brillnte che aveva concesso tutti loro di andare avanti, abbracciare ruoli di rilievo ove sarebbe potuto essere possibile ascoltare, raccogliere informazioni, muoversi nell'ombra o sondare l'opinione pubblica in cerca di indizi.
    Questo, a quel punto, spiegò anche perchè Ares fosse lì. Forse un occhio al di fuori della Legge sarebbe potuto essere utile persino alla Città, a quel punto.
    Tutto questo per aprire una caccia all'uomo che non convinse affatto Athena.
    La danza austera della sua costosissima penna si fermò agli sgoccioli del discorso di Nilsen, concedendole un momento per sondare la stanza e riordinare i pensieri.
    Volse lo sguardo ad Ares, curiosa di leggere le sue reazioni e convinta del fatto che si sarebbero scambiati pareri ed intuizioni una volta fuori da quell'aula.
    Legge, Mondanità, Media, Tecnologia, Arte e Guerra: qualcosa di serio stava bollendo in pentola, qualcosa per la quale molti elementi erano stati omessi o sorvolati di proposito.
    Athena l'intese poichè era un linguaggio a cui lei stessa era abituata, una serie di silenzi posti nel momento e nell'ordine giusto.
    V'era più di un pezzo che Astra non aveva ancora collegato e ciò parve pungolarla ed infastidirla al tempo stesso.
    Accavallò dunque le lunghe gambe flessuose e si sporse appena, rigorosa e incapace di sottostare a quello strano discorso di mezze verità, intuizioni, dinamiche di potere delicate e traballanti.
    «Gentile Professoressa, confesso di avere alcuni dubbi sulla sua arringa d'apertura, se così si può dire.» ammise cortesemente la giudice, volgendo lo sguardo da lei al resto dei presenti.
    La sua voce era calda e sicura, ferma ed austera proprio come lo era sempre stata nella sua aula, in tribunale.
    «Farmi bastare, come Lei dice, le magre credenziali fornite ed i vaghi sospetti da voi illustrati non è per me sufficiente, come può bene comprendere, affinché possa o voglia prestare il mio aiuto a questa imminente caccia all'uomo» esordì Athena, trafiggendo la donna di fronte a sé con i suoi intensi occhi chiarissimi.
    «Lei ci ha illuminato con una gran quantità di parole ma sento che non ci è poi stato rivelato chissà quanto» incalzò, ricordando nei ritmi lenti ma puntuali del proprio discorso la sua carriera militare e, successivamente, quella persuasiva d'avvocatessa.
    «Innanzitutto per quale divisione militare o para-militare lavora lei esattamente?» soggiunse lei, diffidente ed asicutta, prima di impugnare la propria stilografica in attesa di risposte.
    «A seguire, cosa vi fa credere che sia un unico uomo responsabile di tutti gli eventi accaduti recentemente? Perchè le forze dell'ordine, qualsiasi siano, non riescono a trovare ulteriori dettagli e sono, mi perdoni, in ristrettezze tali da chiedere a noi di farci avanti e..» fece una breve pausa «.. Legalmente, che ruolo dovremmo ricoprire in tutto ciò?» chiese Athena, indicando col mento il dossier appena passatole.
    «Non abbiamo firmato documenti od alcun Accordo di Non Divulgazione sinora..» A conclusione del proprio pungente intervento la giudice restò in avido ascolto di tutti i suoi colleghi e compagni partecipanti.
    Si domandò cosa ognuno di loro stesse veramente pensando e quanto pericolosi fossero i messaggi nasconsti che la Professoressa Nilsen aveva omesso, compresi i criteri di partecipazione a quell'invito.
    Colma di incertezze segrete e dubbi svelati, Athena attese.
    Avrebbe dipanato e tessuto anche quella matassa.


    Edited by Annie` - 6/2/2023, 17:34
     
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    Nel momento in cui Naavke mise piede fuori dalla macchina, catturò nei polmoni aria che in città era irreversibilmente cambiata, e lui lo sentiva sin nelle ossa. L'invito che aveva ricevuto lui, così come era sicuro altre personalità della città, non era stato un evento casuale. Si trattava dell'opera del governo norvegese, e non solo, della divisione B6-D, di cui nessuno parla ed in cui lui non era riuscito ad infiltrarsi come desiderava. Erano anni che Libra lavorava attorno, con, e piegando i limiti imposti dalla divisione top secret, e nonostante sia lui che Cassandra avessero cercato d'intessere trame oltre il controllo dell'ufficio fantasma come l'acquisizione del giovane coreano ed un network di monitoraggio di sospette persone con particolarità al di fuori della nazione, ciò non significava aver fatto scacco matto alle istituzioni che nell'ombra si rivelavano operose tanto quanto la sua organizzazione. Aveva dato istruzioni precise a Iago affinchè lo raggiungesse separatamente, in modo che il loro legame, per quanto noto ai più, si mostrasse più lontano, nodi intrecciati gli uni con gli altri senza mostrare quanto serrati realmente fossero. Fasciato in un pregiato abito formale blu, Naavke si fece avanti tra le aule dell'università come fossero casa sua, ricordando molto bene quegli spazi sin da quando aveva terminato dapprima la sua laurea e poi il suo dottorato lì. Se fosse stato per lui, avrebbe distrutto l'intero campus tra le fiamme, ma questa sarebbe stata una discussione per un altro momento.
    Quando fece il suo ingresso in aula magna, la prima persona che notò fu la dottoresa Greseth Nilsen, che riconobbe immediatamente per la sua presenza sicura e preparata, e di cui conosceva i legami molto profondi col governo, sebbene non nel dettaglio. Per essere lì a lasciar scivolare una stecca di gesso sulla lavagna come se una lezione fosse sul punto d'iniziare, doveva avere informazioni importanti, per quanto limitate, sugli eventi recenti. La salutò con un cortese cenno della testa, e con disinvoltura Naavke andò ad accomodarsi in una delle ultime file, assicurandosi di non restare troppo indietro ma di avere al contempo una visuale molto chiara di coloro che condividevano il suo spazio. «Avendo ricevuto un invito specifico per quest’incontro, e´ chiaro che la presenza di ognuno di voi qui, oggi, non sia casuale, così come la mia.» Fu allora che Naavke smise del tutto di riflettere ed iniziò ad ascoltare. Avrebbe potuto carpire quanto più possibile unicamente dalle inflessioni della voce fiera della dottoressa, e non volle farsi sfuggire neanche un solo dettaglio.
    Lasciando scivolare lo sguardo sul resto della platea, notò ogni persona invitata come più o meno familiare: la prima che vide fu Athena Drakos (accompagnata dal suo poderoso grifone) che Naavke salutò affabilmente ricambiando il suo cenno cortese. La giudice era una donna indomita e minuziosa, e gli ricordava tratti che tanto ammirava di sua moglie Cassandra, sebbene le due fossero tese verso ben diversi scopi - una agente della giustizia e l'altra del caos. Poi, naturalmente, riconobbe Nikolaj Mordersønn, uno dei suoi diretti oppositori ma anche avversario interessante: se nelle profondità della sua mente Naavke avrebbe gioito nel vederlo morire violentemente sotto la cupola anni prima, sapeva anche che senza di lui il lavoro di Libra e l'avanzamento del proprio operato sarebbero stati quantomeno noiosi. Dopodichè arrivò Iago, esperto manipolatore con la sua espressione mansueta e riflessiva, un braccio destro per Naavke da cui persino lui avrebbe dovuto tenersi in guardia, anche se non in questo particolare contesto; osservò discretamente poi una donna poi che legò al nome di Nora Berg, arrivata nel radar di Naavke solo tangenzialmente e di cui per futura utilità sarebbe stato saggio monitorare le mosse. Il resto del pubblico, o di quella classe improvvisata, era più o meno nota agli occhi del curatore. Rei Kobayashi, responsabile della divisione segreta del Mordersønn Institute che rappresentava un'incognita sin troppo interessante per Naavke per non indagare su di lei, vista la sua vicinanza con Nikolaj; Lars Berg, il responsabile del Besaid Daily e membro stimato della stampa della città, che più volte aveva trattato nel suo giornale eventi del Kunstmuseum o riportato nella cronaca azioni militanti di Libra; ed infine padre Sirius Doyle, che Naavke conosceva unicamente come membro del clero ma che supponeva, essendo lì, che potesse avere altri legami a doppio filo molto più complessi con le vicende della città. Gli unici due individui che non aveva collocato del tutto nel tessuto di quell'incontro erano Jonah Losnedahl, su cui Naavke non era al corrente di alcun dettaglio ma su cui si sarebbe prontamente informato, ed Ares Maleros, di cui conosceva l'operato lecito ed illecito così come il suo nome, ma non molto di più. Nell'osservarlo, Naavke subodorò le tracce di un legame di qualche tipo con Athena, eppure non avrebbe osato spingersi oltre in supposizioni ed ipotesi. Certamente ogni persona accorsa all'università quel giorno era fonte d'interesse, e l'occhio attento e scuro di Naavke non l'avrebbe ignorato.
    La dottoressa Greseth, nel parlare delle indagini e nell'interpellare ognuno ed ognuna di loro, aveva tracciato un quadro ben chiaro che Naavke soppesò attentamente nel silenzio. Lasciò emergere le proprie impressioni solo dopo che la stimata giudice Drakos ebbe preso la parola, considerando ogni sfumatura anche del suo discorso, tagliente e diretto. Fu allora che Naavke lanciò uno sguardo obliquo a Iago, sollevando così una mano elegantemente. Le perplessità della stimata giudice Drakos sono legittime, non è stato firmato alcun accordo vincolante. Esordì allora il curatore, restando comodamente seduto al suo posto mentre con lo sguardo esaminava l'intera sala, volto per volto, sino a fermarsi su quello della dottoressa Greseth. Sappiamo tutti e tutte dei devastanti eventi dell'Eclissi della Luna di Sangue avvenuti due anni fa, ed il governo ha rilasciato ben poche informazioni alla stampa, come potrà confermare il signor Berg, sugli interrogatori alle persone coinvolte. Su questo possiamo convenire all'unanimità in questa sala, dottoressa Greseth. Noi cittadini e le cittadine di Besaid abbiamo il diritto di sapere ciò che potrebbe difenderci da eventuali pericoli, specialmente in periodi.. fragili, vulnerabili come questi. Naavke parlava tranquillamente, piantando i gomiti sui braccioli della sedia ed intrecciando con disinvoltura le mani, come se stesse egli stesso ascoltando ad un discorso di suo grande interesse. Da quando aveva iniziato a descrivere il suo ruolo e le informazioni che desiderava condividere con loro, Sibylla invitava ogni persona lì presente a farsi avanti, eppure celava la sua reale posizione sulla scacchiera, esattamente come Naavke, Iago, Nikolaj, Rei, e molti e molte altre. Come ben sapete, dal Besaid Kunstmuseum passano, per mecenatismo oppure per influenza culturale, una serie di persone con voci poderose nella città e che conducono vite diversissime tra loro. Nei molti ed ovviamente più intimi eventi del museo viste le circostanze attuali, ho raccolto le preoccupazioni di besaidiani e besaidiane ed assieme ad esse, anche delle informazioni che sono certo troverete d'interesse. In merito ho preparato un dossier che posso condividere con la cittadinanza e, naturalmente, anche con voi del Governo. Certamente il personale che rappresenta il nostro amato stato troverà utili queste notizie, e potrà essere d'aiuto alla popolazione tanto quanto la popolazione lo è per la sua città. Fu dopo aver dato quel sottile avvertimento che Naavke si alzò, avvolgendo il palmo della mano sempre guantata di nero attorno ad una cartella che custodiva la documentazione di cui stava parlando. Lo posò direttamente sulla scrivania dove Sibylla aveva appoggiato la sua borsa, superando con una camminata sicura le file di sedie accuratamente disposte per poi tornare a sedere al suo posto, non prima di aver accuratamente studiato la criminologa con lo sguardo. Molte persone ricche ed esposte ai media non gradiscono far sapere al mondo dei turbamenti delle loro famiglie o informazioni sulla propria particolarità che potrebbero svelare dettagli oscuri. Io stesso non amo mostrare i miei poteri, com'è noto. Come però potete immaginare, le persone agli eventi mondani parlano molto più di quanto vorrebbero, persino quelle più difese e potenti. Nel dossier troverete informazioni, alcune marcate come da verificare, che riguardano la persona in questione. A quanto pare si tratta realmente di un solo individuo, un uomo, che tempo addietro ha frequentato luoghi non ancora.. regolamentati in città dove le persone con particolarità complesse vanno per mettersi alla prova e scoprire di più in contesti meno controllati, se così si può dire, ma anche più liberi dai pregiudizi. Le notizie, di cui avete prova anche nel dossier, riferiscono che nonostante quest'uomo possa aver quasi certamente utilizzato un alias, Dominik Sykvold, l'identikit non è stato riferito con certezza. Si conoscono notizie poco certe e troppo poco solide sul suo aspetto. A questo punto, Naavke si fermò ad osservare Sibylla e di tanto in tanto anche gli altri membri del covegno, un po' come se stesse intessendo una amabile ma fattuale conversazione, le stesse che intrecciava con disinvoltura davanti ad un calice di vino pregiato o un'opera d'arte dalla pennellata piena di tormento. Ciò che è stato raccolto nel dossier spiega un ultimo importante dettaglio: i poteri non vengono solo sottratti, ma anche assorbiti. Quest'uomo non ruba solo particolarità ad altre persone per eliminarle, ma diventano sue. Va trovato ad ogni costo per la sicurezza di tutte le nostre famiglie e tutte le persone che abbiamo care, e se anche una sola traccia tra queste che ho condiviso potrà costituire una pista sono a disposizione. Confido che gli ufficiali del governo intendano mantenere una linea di comunicazione frequente ed esaustiva con al cittadinanza tutta e non solo con una magra task force come noi qui ed ora. Il materiale è lì per voi e può essere discusso qui o in separata sede.

    Ci possiamo fidare? Cosa avrà detto di vero e cosa buGGia?👀 HOHOH


    Edited by ‹Alucard† - 10/2/2023, 10:11
     
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    Da quando era entrato nella stanza, Nikolaj Mordersønn non si era quasi più mosso. Solo il lento girare dell'anello di famiglia intorno al dito come unico movimento. Era arrivato per primo, i suoi genitori aveva cresciuto molte cose ma non un ritardatario, si era seduto e lì aveva atteso senza più spostarsi che arrivasse chiunque altro era stato cortesemente sollecitato dallo Stato a partecipare a quello che, glie lo si leggeva chiaro nell'espressione blanda, l'uomo non considerava essere il modo migliore di impiegare il proprio tempo. In realtà quella chiamata aveva acceso il suo interesse più di quanto si potesse immaginare, ma ci si sarebbe dovuti fidare della sua parola perché da fuori non traspariva niente, nada, tavola piatta. Quando a pochi secondi dal suo arrivo Miss S. Greseth Nilsen aveva fatto il proprio ingresso Nikolaj era apparentemente concentrato sul mobilio, come se uno come lui potesse interessarsi anche solo vagamente della provenienza di quelle orribili e scomode sediacce. In realtà l'aveva seguita con la coda dell'occhio per tutto il tragitto fino alla lavagna vicino cui prese posto, impettita come fosse al posto di comando. La cosa lo fece sorridere sotto i baffi mentre pensava con cattiveria a quanto poco controllo il governo avesse su di lui. La cosa ancora più ironica? Entrambe le parti ne erano consapevoli. Quando lo salutò, Nikolaj finse di vederla per la prima volta rispondendo al solito con una cordialità nauseabonda che nascondeva l'urgenza di andare dritto al punto e iniziare, farsi dire ogni cosa e finirla lì. Niente chit-chat o farse. Sentì la punta delle dita pizzicare sotto la spinta della particolarità che voleva uscire sempre di più, ultimamente. Avrebbe potuto, l'atto in sé sarebbe stato di una semplicità che ancora oggi lo stupiva e eccitava al tempo stesso, solo che poi avrebbe dovuto farle cancellare la memoria o quantomeno ucciderla, e quella era la parte meno divertente di quel piano ideato nella testa nel brevissimo spazio di tempo che la donna aveva impiegato per attraversare la stanza. Troppi rischi, troppo da ripulire.
    Tardò a riconoscere in lei la ragazzina con le treccine che gli si era seduta al fianco un paio di volte al liceo, ora sepolta da qualche parte tra le pieghe di quel avvilente attire tipicamente d'ufficio. Quando se ne rese conto era ormai troppo tardi, la porta si era aperta lasciando entrare diverse persone che iniziarono lentamente a prendere posto intorno a lui, che arricciò lievemente il naso nell'avvertire lo spostamento d'aria e il suono di sedie che venivano mosse sul pavimento. Pur non soffermandosi ancora su nessuno troppo a lungo Nikolaj riconobbe qualche viso e gli altri, se già visti, aveva certamente dimenticato dove. Seguì con gli occhi la figura sottile di Rei prendere posto scambiandovi un'occhiata che dal di fuori non doveva apparire più di una leggera curiosità, ma che nel silenzio di quelle iridi confermava il patto fatto nel tempo di tacere sugli affari del Mordersønn. Si fidava di lei, forse l'unica lì dentro della cui lealtà poteva davvero essere sicuro. Lealtà non verso di lui, non c'era neanche un briciolo di loro che andasse al di là del lavoro, ma verso L'Istituto sì e poteva farselo bastare. Altro discorso era la ragazza emaciata che, entrata per ultima, gli si posizionò a qualche posto di distanza. Nelly? Nancy? No, non era quello il suo nome ma qualcosa di simile. Sbagliava o aveva visto la sua foto negli archivi del personale? Qualcosa di tecnico, forse ciber security, troppo niche affinché lui potesse interessarsene ma Charlie l'avrebbe saputo. Pensò nervosamente che avrebbe voluto averla lì. Quella ragazza poteva rivelarsi un grosso problema ma, mentre si sforzava di ricordare, qualcun altro catturò tutta la sua attenzione e Nikolaj smise bruscamente di far girare l'anello intorno al dito. L'uomo in questione trovò posto qualche fila più avanti e da quel momento Nikolaj non smise mai di osservargli l'unica parte di lui visibile, il retro della nuca, che immaginò di poter far esplodere con gli occhi. Spappolare quella mente snervantemente brillante per studiarne i segreti e appendarla poi nel proprio ufficio. Che bellezza, pensò. Altre personalità di dubbio spicco si dispersero nell'aula, nessuno troppo vicino all'altro, e quando Sibylla cominciò l'uomo accavallò la sinistra sulla destra congiungendo nuovamente le mani in grembo. La partita era appena iniziata.
    Ascoltò con attenzione chi prese la parola, non lasciando che il proprio volto tradisse alcuna emozione. Aveva notato Lars Berg nell'aula prima ancora che la detective menzionasse la stampa, che rientrava nelle cose che il giovane Mordersønn odiava di più al mondo dopo il Natale, i mobili dell'Ikea, la gente che piangeva e la gente e basta. Avrebbe dovuto recitare la farsa quella volta come tutte le altre volte in cui la stampa era presente, e comunque non si sarebbe potuto di certo fidare dei presenti, tantomeno dello stato. Il giudice Drakos aveva ragione nel dimostrarsi scettica e dubbiosa, non c'era niente che li salvaguardasse e quella era una stanza piena di nemici.
    Con il gomito puntellato, sollevò e mosse un paio di dita per prendere la parola. «Tutto qui?» Suonare deluso era una delle sue specialità. «Avrei sperato in qualche informazione in più, sopratutto da chi dice di volerci a tutti i costi proteggere. D'altronde è allarmante e palese che brancoliate nel buio, visti certi individui comuni a cui chiedete disperatamente aiuto.» Accennò con un vago gesto al resto della stanza, escluso ovviamente sé stesso. Era lapalissiano che di comune le persone lì dentro non avevano proprio niente ma mai ne avrebbe riconosciuto il vero valore, men che meno a parole. Fece un sospiro scavallando le gambe per risistemarsi leggermente sulla scomoda sedia. Gli sembrava di essere tornato tra i banchi di scuola e la sensazione non gli piaceva per niente. «Fortunatamente il Mordersønn ha delle informazioni che è disposto a condividere senza NDA o accordi vincolanti, perché il benessere e la salvaguardia dei cittadini e della stessa Besaid è alla base di ogni cosa che facciamo. L'unica cosa che chiediamo in cambio è di non avere il nostro nome associato a terzi in questa stanza, capirete le nostre motivazioni. » Pausa effetto, uno sguardo verso Lars e un lieve sorriso raccapricciante, poi le iridi dritte in quello di Sybilla.
    Dopo quelle che parvero ore intere, l'uomo distolse finalmente lo sguardo abbassandolo sui foglii che poco prima aveva distribuito e che lì erano rimasti, sulla superficie lucida, senza che Nikolaj l'avesse sfiorati. La foto sgranata di quel viso bastava a confermare quello che già sapeva da un pezzo tramite altre vie di gran lunga meno legali di quella, anche se, come aveva correttamente fatto notare la giudice, niente in quell'incontro sembrava ufficiale.
    Osservò a lungo l'immagine di un volto in cui a stento riconosceva la persona che un tempo aveva abitato le stesse preziose mura che Nikolaj passava ogni straziante giorno a cercare di proteggere e che lui, lui stava mettendo in pericolo oggi come tanti anni addietro. Era impossibile esserne certi ma l'uomo sapeva già che a ricambiare il suo sguardo c'era quello pixellato di uno dei primi errori del Mordersønn. E come gestivano gli sbagli?
    «L'individuo in questione non è sconosciuto al Mordersønn Institute, in effetti è alla stregua di una fastidiosa leggenda dalle nostre parti.» Iniziò, sollevando lo sguardo su Sibylla. «Millenovecentonovantadue, una donna arrivò nel nostro Istituto in condizioni cliniche precarie e in stato di estrema confusione. Nessun parente, nessun oggetto o documento le era stato rinvenuto addosso: non aveva neanche un nome, e se ce l'aveva non l'abbiamo mai saputo. Era una perfetta Jane Doe, e sembrava nata dal nulla.» Intrecciò le dita sul ginocchio appuntito. Sapeva di avere l'attenzione degli altri. «Sebbene fosse un caso di per sé affascinante, la cosa che lo contraddistingueva era lo stato avanzato di gravidanza in cui la donna si trovava e il fatto che quella non era una gravidanza come tutte le altre. Il feto infatti mostrava già il nucleo di un potere potentissimo che purtroppo non avremmo mai avuto l'onore di vedere manifesto in tutta la sua magnificenza. Anni dopo la nascita, infatti, il soggetto scappò prima che potessimo aiutarlo e guidarlo ulteriormente. All'epoca la particolarità non era del tutto sviluppata e ancora allo stato grezzo, ma mostrava un potenziale senza pari. Quanto alla natura umana del soggetto, dopo la triste perdita della madre sin da bambino si dimostrava... incontrollabile e di temperamento indomabile, sì, credo sia questo l'aggettivo usato dall'equipe medica che lo seguiva. In quanto al nome, invece... » Gli occhi color ghiaccio sfiorarono il profilo di Naavke. «Durante i suoi anni all'Istituto era conosciuto diversamente ma al momento mi sfugge come, mi perdoni. Ignoriamo tuttavia se l'abbia mantenuto o meno. » Il tono era sempre rimasto calmo, alla fine quasi divertito, e Nikolaj rilassò le spalle contro lo schienale. «Lo troverà comunque nelle informazioni che ho già provveduto a mandarle tramite email, Miss Nilsen. D'altronde siamo entrati da un pezzo nell'era digitale, e sono sicuro che apprezzerà meno scartoffie. Lei e il pianeta. »
     
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    Iago Gabriel Blanco Torres|39 y.o.|Time traveller|

    Iago Torres è un temerario.
    Iago Torres è un incosciente.
    Duale, nella sua ribellione alle regole della società civile, il signore del tempo non si è premurato minimamente di limitare il suo uso della particolarità. Le vittime, ai suoi occhi non sono che anelli deboli RIP Dottor Swarowski, Malgy porta fiori sulla tua tomba, codardi, agnelli spaventati da un solo lupo anche se forti del loro gregge. È evidente che l’uomo stia sottovalutando la minaccia che da mesi incombe sulla sua città. Egli sorride sotto i riflettori e poi manovra nell’ombra, manipola volontà, mette armi in mano a chi non dovrebbe usarle. La morale viene meno, quando le luci si spengono e lasciano spazio a coloro che danzano suavemente nelle tenebre.
    Iago Torres è un incosciente, ma non è stupido.
    Finche le luci sono puntate sulla minaccia che sembra più grave, la criminalità può muoversi indisturbata per la città. Alcuni di coloro che affollano la Besaid invisibile si sono alleati con le forze dell’ordine per combattere il nemico comune. Iago no, lui è solo un superbo, un avido, il cui ego è stato gonfiato da tutto ciò che gli è stato negato in gioventù. Denaro, gloria, potere, muovono il suo animo molto più dell’umana pietà. Se è rimasto silente, l’uomo dai mille nomi, è perché in mezzo al caos ha avuto modo di condurre i propri affari indisturbato, accrescere i suoi guadagni e i suoi contatti, di adornare d’opere d’arte le scie di sangue che il mercato delle armi si lascia dietro.
    Oggi, però, è lì per contribuire, partecipando al consesso organizzato dai e per i vertici della città maledetta. Una farsa, alla quale parteciperà senza lasciar trapelare la minima esitazione. Perché Iago Torres è, per la città intera, un imprenditore visionario, un uomo di classe e di potere, nulla più. Il ruolo gli si addice, così come la maschera dorata che indossa a copertura del suo animo nero. A proposito di Nero… Sa già che pure Naavke è stato convocato, con lui ha parlato in precedenza per concordare cosa dire e cosa no. Ma le circostanze gli imporranno di mostrare di non conoscerlo. Ci sono persone coi più svariati poteri a Besaid: alcuni sono in grado di percepire le menzogne, altri di leggere il pensiero, altri ancora di vedere di che colore sia l’anima. Se guardassero la sua la vedrebbero nera, striata di viola stile Valentin my love <3. Spera saranno altri i problemi su ciò si concentreranno gli occhi di tutti. O magari si limiteranno a vagliare il suo completo bianco di Saint Lauren, sotto cui indossa una camicia nera appena sbottonata cioè tipo trova il mafioso qui dentro. Fa il suo ingresso nell’aula dell’Università. Lo sguardo furbo passa da Nikolaj Mordersonn, brevemente su Naavke, sulla leggiadra Astra, e si soffermano su Nora. Nora? Che ci fa lì? È una bad girl la mamacita! Le rivolge un occhiolino e passa oltre, andando a sedersi nelle ultime file.
    Iago Torres sa qual è il suo posto nel mondo.
    Ancora.
    Adulatore, lascia che gli altri credano di essergli superiori, e poi azzanna, nell’ombra, perché l’hombre del tiempo(?) vuole tutto. Probabilmente come l’uomo di cui andranno a parlare. Non sono così dissimili, Iago e Skydom PLOT TWIST, qualcuno ha mai visto il ricercato? Qualcuno ha mai visto il ricercato e Iago nella stessa stanza? Coincidenze? Io non credo. Un abbracio, Liz e Popi.
    La prima vera attenzione, l’uomo la rivolge alla signorina Greseth Nielsen, che modera quella discussione e introduce i fatti. Il Black day, quello originale, Iago l’ha vissuto. Una volta, e questo se lo ricorda bene, ha viaggiato nel tempo indietro, troppo indietro, oltre le sue possibilità. E una volta giunto lì, nel tempo in cui gli dei camminavano tra gli uomini e in cui la cittadina era più simile che mai al Valhalla, era rimasto intrappolato in quell’epoca per anni, senza più poteri e possibilità di fuga. Fin quando non erano riapparsi.
    Ora, più cosciente e saggio, segue le parole della donna, poi le parole degli altri. Se Naavke non si sbilancia, lui può. Sfoglia i fascicoli, guarda la foto. Quelle che loro avevano sono andate bruciate dallo stesso uomo che ora stanno cercando.
    ”Spero mi perdonerete, se non ho portato fascicoli.”
    Sornione, abile venditore, ora Iago ha da vendere una versione convincente che non comporti domande.
    ”Non soy uno studioso, né un poliziotto. Lavoro nel mundo delle luci e degli agi, e ciò che posso riportare sono solo voci. Ma le voci di chi racconta cose quando si sente più tranquillo valgono come verità acclarate, io credo. ”
    Preambolo, che gli fa da discolpa. Si sta sforzando di parlare Norvegese corretto.
    ”Immagino che abbiate sentito parlare di Libra e dei suoi ideali. Si dice che ci sia un centro ed essi affiliato, no so bien donde, che accoglie persone dalle particolarità più svariate e li aiuta ad imparare ad utilisarle. Beh, a quanto si narra l’uomo che cerchiamo è entrato nel centro qualche anno fa, evidentemente dopo essere sparito dai radar del Mordersonn. Ma gestire quel potere non gli è bastato, no, el chico si è sentito prigioniero, e così ha attaccato le persone che cercavano di aiutarlo. Quatro vittime.”
    Probabilmente, chi vorrà indagare, riuscirà persino a reperire i nomi di quelle vittime. Quattro persone morte lo stesso giorno non capitano spesso, in un posto come Besaid.
    ”A quanto pare ha rubato la particolarità a una delle quattro e con essa ha ucciso gli altri. Poi è fuggito, e di lui si sono perse le tracce. Fino all’eclissi.”
    Leggende metropolitane o verità? Cosa riferisce l’argentino?
    ”Inoltre, si bisbiglia che un misterioso uomo abbia attaccato due spacciatori nei pressi del Bolgen, due giorni fa. Qualcuno vuole confermare?”
    Sbirri, di certo avranno info in più rispetto a Poison, Malgy e agli altri uccellini canterini.
    ”Non ho molto da aggiungere, solo observare como egli abbia un limite: Besaid. Il suo potere si alimenta della città ed è prigioniero di essa. E se lo spingessimo fuori, in qualche modo?”
    Lascia sospesa quella domanda, incrocia qualche sguardo, gioca con una penna e prende qualche appunto. Non ha molto da aggiungere, di tecnico, sul potere, che il Mordersonn non abbia già riportato.
    Scusate il post-skifo con sto presente, non so più scrivere senza addormentarmi ciao
     
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    Quando la sua casella di posta aveva segnalato un nuovo messaggio inizialmente non ci aveva neppure badato. Era andata avanti con il suo lavoro, convinta che si trattasse della richiesta di qualche cliente o della mail di qualche collega del progetto di ricerca che cercava, per l’ennesima volta, di fissare una riunione in presenza a cui lei non avrebbe partecipato. Di certo non si era aspettata di leggere quelle righe così bizzarre che si dicevano firmate dal Governo in persona. Aveva assottigliato lo sguardo nel leggere parola dopo parola, arricciando le labbra in un’espressione di disappunto. Era rimasta a fissare quelle lettere per diversi minuti, cercando di comprendere come e perché qualcuno potesse aver deciso di invitarla a un evento come quello. Non era convinta della veridicità del messaggio. Aveva già avuto pessime esperienze con qualcuno che aveva finto di essere Roy solo per tenderle una trappola, eppure visti i tempi che correvano e quello strano virus che circolava in giro per la città, non poteva neppure essere certa che quella non fosse la verità. Ci aveva pensato per un po’, indecisa sul da farsi e soltanto alla fine, a pochi minuti dal termine, aveva deciso di partecipare.
    Aveva raggiunto l’università con la sua auto, compiendo il tragitto familiare che di solito la portava fino al Dipartimento di Informatica, dove aveva parcheggiato prima di muoversi a piedi verso l’Aula Magna stretta nei suoi jeans neri e in una felpa dello stesso colore. Lo sguardo assente era puntato dritto davanti a sé, mentre all’interno della sua mente ancora cercava di comprendere che cosa potessero volere dalle sue doti informatiche. Non era la prima volta che il Governo la contattava o cercava di reclutarla all’interno delle sue fila, senza tuttavia portare nulla in grado di convincerla. Che quella fosse la volta buona? Varcò la soglia dell’aula, cercando un posto laterale dove accomodarsi, lontano dagli sguardi della maggior parte dei presenti. Non era sicura di voler partecipare attivamente a quanto sarebbe accaduto in quella stanza, ma di certo era interessata ad avere qualche risposta. Notò la Professoressa Nilsen davanti alla cattedra, che osservava gli invitati con una certa sicurezza. Non la conosceva direttamente, aveva sentito qualche voce sul suo conto al campus ma non aveva mai ritenuto necessario indagare sul suo conto. Trovarla invece lì, a moderare quell’incontro, le fece intuire che doveva esserci molto di più dietro quello che lei lasciava sapere sul suo conto e si appuntò mentalmente di provare a scavare una volta rientrata a casa. Una figura in bianco attirò la sua attenzione, notando solo un momento troppo tardi che in effetti conosceva l’uomo in questione, che le rivolse un occhiolino prima di sedersi qualche fila dietro di lei, senza dire nulla. Lei si limitò a guardarlo arricciando le sopracciglia. Visto che negli ultimi mesi, per fare felici i suoi amici più cari, aveva evitato di usare la sua particolarità mettendosi a rischio, era divenuta meno attenta alle sue frequentazioni e aveva lasciato il vizio di cercare notizie su ogni persona che incontrava il suo cammino. Un errore fatale a quanto pare.
    Sollevò di nuovo lo sguardo quando sentì la porta chiudersi, segnandosi l’inizio di quell’incontro. Ci tenne a precisare che la presenza di ciascuno di loro non fosse casuale, come se l’aver ricevuto un invito personale non fosse bastato a renderlo noto a tutti quanti loro. Sollevò appena la schiena, posizionandosi meglio sulla sedia per osservare la donna con più attenzione. Nora non aveva che le persone potessero dubitare della sua intelligenza, neppure per sciocchezze come quella. Scrisse il suo nome alla lavagna, presentandosi a chi ancora non sapeva chi fosse, affermando di avere un semplice scopo divulgativo. Dubitava seriamente che una criminologa potesse svolgere solo quel ruolo all’interno della vicenda, ma evitò di obbiettare, almeno per il momento, preferendo piuttosto sapere che cosa aveva intenzione di comunicare loro. Partì, com’era ovvio, dal Black Day che aveva dato iniziato agli ultimi spiacevoli avvenimenti. Il suo pensiero corse subito a Bella, al ricordo di quanto le aveva raccontato di quella notte e di come avesse rischiato di perderla senza neppure saperlo. La sorprese non vederla lì, tra i partecipanti, lei che ormai si era avvicinata molto ai vertici della politica locale. Pensò di scriverle un messaggio, ma il sentire nominare l’Arena le fece cambiare immediatamente espressione. Lei non aveva colto che le due cose potessero essere collegate ma un brivido le percorse la spina dorsale nel ripensare a quel momento, a ciò che aveva subito, a ciò che aveva visto. Il ricordo di una persona nello specifico spinse per tornare a galla ma lei si sforzò di ricacciarlo indietro, di reprimere i quei ricordi dolci e amari che si erano conclusi con un addio che non avrebbe mai voluto dire. Posò il gomito contro il bracciolo della sedia e prese un profondo respiro. Non avrebbe lasciato che le emozioni la destabilizzassero e le facessero perdere di vista il suo obiettivo.
    Finalmente giunsero le prime notizie interessanti: il Sykdom non era un virus. Le bastò quello per sentirmi immediatamente più tranquilla. Tutto quello che stava accadendo era riconducibile a un solo e semplice uomo, la cui immagine sfuocata era visibile ora tra le sue mani, così come in quelle di tutti gli altri ospiti. Nora lo scrutò con attenzione, come se persino sulla carta stampata avrebbe potuto utilizzare la sua particolarità e migliorare la definizione di quell’immagine, anche se purtroppo non era affatto così. Tuttavia quella era senza dubbio la notizia migliore che avesse sperato di ricevere. Avere a che fare con un uomo, esattamente come tutti loro, rendeva ai suoi occhi la questione molto più semplice. Era brava nel trovare le persone, le serviva solo capire da dove cominciare. Smise di ascoltare per qualche secondo, mentre nella sua mente iniziava a pensare a una buona strategia. Le sarebbe servito il file originale da cui avevano estrapolato quella foto, insieme a tutti i dati a esso relativo e ogni informazione utile.
    La giudice Drakos fu la prima a prendere parola, muovendo qualche obiezione a quanto appena udito. Arricciò il naso, prevenuta davanti a figure come la sua. Nora non aveva mai avuto una buona opinione della giustizia, né tutto il settore burocratico, ed era felice di essere riuscita a tenersi alla larga da loro per tutto quel tempo, nonostante il suo lavoro spesso si spostasse ben al di là di ciò che era consentito dalla legge. Condivideva però il suo disappunto davanti all’incompetenza di un governo incapace di trovare un singolo uomo. Al contrario di quanto affermò la donna, tuttavia, non la ritenette una cosa così strana. Dubitava che ci fossero davvero degli individui capaci all’interno di quegli uffici e questa non ne era che la prova. Il resto dell’intervento invece, sulla questione legale e burocratica, le fece perdere di nuovo interesse nei confronti della donna. Le aveva fatto ricordare per quale motivo detestasse i burocrati e i loro noiosi scorsi, era anche colpa loro se il mondo andava a rotoli, sommerso da tutte quelle scartoffie e da tempi decisamente troppo lunghi. Fu poi il Signor Evjen a prendere la parola, un uomo su cui Nora aveva fatto tante ricerche in passato, spinta a trovare qualcosa di utile all’interno della famiglia di Coco che la aiutasse a convincere Roy a lasciarla perdere, prima che anche lei decidesse di accogliere questa riccia all’interno della sua famiglia. Nonostante questo comunque non aveva mai rivolto la parola a quell’uomo, lo aveva sempre osservato da lontano. Nascosto dietro la facciata di un semplice curatore di un museo, Nora aveva sempre creduto che ci fosse dell’altro, anche se non aveva trovato delle prove concrete. Si appuntò sul telefono di andare a cercare gli interrogatori che il Governo aveva portato avanti e che dovevano senza dubbio trovarsi in alcune registrazioni nascoste chissà dove. L’uomo aggiunse poi di aver reperito una certa quantità di notizie, di cui alcune da verificare. Mormorò uno pseudonimo, raccontando fatti che la colpirono ma senza lasciarla troppo sorpresa. Non sapeva però quanto potesse fidarsi delle parole di quell’uomo. Mantenne il silenzio mentre cercava di razionalizzare tutte quelle novità e inserirle all’interno di un puzzle che potesse avere un senso compiuto, mettendo insieme alcuni tasselli. Prese il suo tablet dalla borsa e iniziò a schematizzare alcune cose, cercando di ricostruire il filo. Colse la velata offesa di Nikolaj quando lui iniziò a parlare e sorrise appena. Era lieta di constatare che il Signor Mordersønn non fosse affatto cambiato, nonostante non lo vedesse da parecchio tempo. E ancora più lieta di sapere che, se avesse scavato abbastanza a fondo all’interno della banca dati dell’istituto, probabilmente avrebbe trovato qualche notizia più interessante sull’individuo oggetto di quella discussione. Dopotutto era stata lei a lavorare all’ultimo sistema di sicurezza, non sarebbe stato un problema trovare una via di accesso da quel sistema per poi bypassare tutto il resto.
    Un altro tassello si aggiunse al puzzle quando anche Iago prese parola, nominando una certa Libra, un’organizzazione di cui aveva già sentito parlare e che, a quanto pare, esattamente il Mordersønn Institute tanti anni prima, aveva accolto quell’individuo per un certo periodo. A quanto pare potevano esistere numerose briciole sul cammino del loro soggetto ignoto. -Posso avere il file di questa immagine? - domandò quindi, senza preoccuparsi di presentarsi, né di aggiungere commenti su quanto gli altri avevano appena esposto. Non aveva notizie da fornire e non era certo una da inutili convenevoli. -Insieme a tutti i dati a essa connessi.. e.. lasciamo stare, passerò più tardi nel suo ufficio per spiegarle meglio che cosa mi serve. - aggiunse, scuotendo appena il capo e preferendo non essere troppo esplicita in quel momento. -Mi sembra evidente che l’unico messaggio che possiamo cogliere da questo incontro è che chiunque al momento lavori non voi non sia in grado di svolgere il suo lavoro, se con tutti i mezzi a vostra disposizione non siete in grado di trovare un solo uomo. - disse ancora, lasciandosi andare a un leggero sospiro di disappunto. -E’ proprio vero che se vuoi che una cosa sia fatta bene devi farla da sola. - concluse, dicendo così tra le righe alla Professoressa Nielsen che aveva tutta l’intenzione di salire a bordo della nave e di non essere disposta a lasciar andare la presa fino a che quell’uomo non sarebbe stato scovato. Non lo faceva tanto per se stessa. Lo faceva per Roy, per Bella, per Del, forse persino anche un po’ per Coco e qualcun altro. Insomma, per quelle pochissime persone che avrebbe potuto definire amiche.

    Scusatemi non so cosa ho scritto e non ho il tempo di rileggere <3
     
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    And now the end is near

    Rivolse un rapido inchino a chi l'aveva convocata lì, agli invitati e alle invitate come lei, a Nikolaj. Sembrava essere arrivata dopo l'orario stabilito dall'invito ma credeva di non essere l'ultima poiché chi aveva convocato tutte quelle persone lì non prese immediatamente a parlare. Rei fu grata dell'avere a disposizione una così ampia scelta di posti, e optò per quello più vicino all'uscita, compiendo pochissimi passi dopo il suo ingresso, credendo di non avere abbastanza energie per avventurarsi oltre, ovvero verso le prime file. Lasciò il bastone che l'aveva accompagnata fino a là nel camminare fra le proprie gambe, appoggiando su un banchetto vicino a lei una spessa agenda nera e una penna. Dal Black Day il suo stato di salute era peggiorato terribilmente, prendendo una direzione opposta a quella che gli abitanti di Besaid lamentavano: il suo organismo non era stato in grado di prendere di nuovo le redini della produzione del proprio veleno e la particolarità, invece di assopirsi, si era fatta più intensa, affamata dello stesso corpo che la ospitava. La macchina aveva smesso di funzionare, erano saltati tutti gli ingranaggi. Per Rei non c'erano più dubbi: sapeva di essere vicina alla fine.

    Allora perché sprecare il suo ultimo, preziosissimo, tempo su quella terra per partecipare ad una riunione su qualcosa che, nel breve termine, non sarebbe più stato un suo problema? Forse Rei avrebbe dovuto riformulare la domanda per sé stessa. In fondo, aveva sprecato già moltissimo tempo della sua esistenza. Ascoltò il preambolo della professoressa Greseth, le giuste rimostranze della giudice Drakos, la ricostruzione del professor Evjen, le preziose informazioni fornite da Nikolaj, le provocazioni di Iago Torres, e coloro che si unirono alla discussione. Rei sfiorò prima con lo sguardo e poi con le dita le immagini che circolarono fra i pochi presenti. Lei conosceva quell'uomo. L'aveva conosciuto tempo prima e forse era l'unica all'interno di quella stanza che sarebbe stata in grado di delineare la fisionomia del ricercato, facendola emergere da quella cozzaglia di pixel e immagini sgranate. Lei aveva, fra tutte quelle persone, non solo maneggiato i fascicoli a cui aveva fatto riferimento Nikolaj ma era invischiata in modo ancor più personale nell'intera faccenda. A quel tempo era solo una bambina, ma avrebbe conosciuto gli esperimenti messi in atto fra le mura del Mordersønn anni più tardi. "Abbiamo fra le mani un potenziale infinito." Ricordava le parole del padre e il bagliore sinistro che ne aveva colorato le iridi, e quelle di Aleksej, dotate una brillantezza assoluta e inquietante, che superava il semplice desiderio di avere la meglio sugli altri, raggiungere un potere terreno, per cogliere la conoscenza totale. Quei due avevano voluto sondare la verità, assoluta, atomica, terribile. E, nel farlo, erano diventati morte.

    Quel giorno sulla spiaggia... l'ho visto. E so che è lui, è solo lui. Non può essere nessun altro. So che è tutto vero. So che non sono la sola ad aver vissuto quell'esperienza. Su quella spiaggia siamo tutti morti e tornati in vita... due donne come me, quel ragazzo caduto in coma, e Astrid, e... Eira. Solamente tornare con il pensiero a quei ricordi, mai del tutto sbiaditi, le provocava un intenso bruciore alla gola: eventi del passato e del suo presente iniziarono a mescolarsi nella sua testa, confondendola. L'arrivo della donna gravida al Mordersønn, il risveglio sulla spiaggia e la nascita di Sadaaki, sua madre che scomparve nel nulla nel 1993, gli albori del Progetto EVA e il primo fallimento, il successo, le ore in Laboratorio, gli occhi di sua figlia, tutti i nomi dei pazienti, i loro volti, le loro storie, le loro sofferenze. Era alla soglia dei trent'anni quando ereditò questo pesantissimo bagaglio, trasformandosi in suo padre, montando con solennità il cavallo pallido, mortifero e rigeneratore. Si portò una mano alle labbra, nascondendo un silenzioso colpo di tosse. Sentiva i denti spingerle contro il palato e l'interno della bocca iniziò a riempirsi della sostanza viscosa, che ingoiò nonostante volesse espellere tutto quel veleno, e insieme ad esse tutte quelle informazioni che ne contaminavano la mente.

    Tuttavia, senza quella contaminazione probabilmente Besaid non sarebbe esistita. Perché catturare quell'uomo? Perché renderlo un nemico? Chi avrebbe stabilito cos'era bene e cos'era male per Besaid? E dove si sarebbe spostato l'indice accusatorio dopo aver soddisfatto senza indugi il desiderio di rendere giustizia (a chi e per quale motivo)? Che stesse eccedendo nella tolleranza? Rei aveva perso da tempo le norme di condotta morale da seguire in certi casi. Silenzio. Considerò che sarebbe stata la soluzione migliore, tuttavia Rei inspirò a fondo: in quel momento avrebbe raggiunto volentieri con le mani una magrissima stecca delle sue sigarette, ma strinse le dita attorno alla penna. Girò uno dei fogli che le era stato assegnato e iniziò a scribacchiare sulla parte bianca, ricalcando le forme che la memoria le stava fornendo: gli occhi leggermente distanziati, la riga dei capelli a sinistra, la fronte ampia e un naso irregolare, la bocca sottile e piatta, gli zigomi bassi, la caratteristica fossetta nel mezzo del mento e un segno, forse una cicatrice, sulla guancia destra. Scrisse il vero nome dell'uomo. Lasciò il foglio sul tavolo, nascondendo il disegno, e lasciò l'aula senza proferire parola.
     
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    ARES MALEROS
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    Completamente vestito di nero, avvolto in un outfit che suo padre avrebbe considerato a dir poco inadeguato per un’occasione così formale, Ares Maleros se ne stava comodamente seduto su una delle numerose sedute che costellavano quella ampia e ariosa aula dell’Università di Besaid.
    Erano passati anni dall’ultima volta che il greco si era seduto dietro un banco scolastico, costretto a frequentare sia le normali lezioni scolastiche che quelle preparate dai prestigiosi tutor che suo padre era solito assumere per perfezionare la sua educazione, ma la sensazione provata rimaneva sempre la stessa: soffocamento, irritazione, voglia di fuggire. Non gli era mai piaciuto particolarmente doversene stare seduto per ore e ore ad ascoltare qualcuno blaterare su nozioni e fatti che non gli sarebbero serviti a nulla a lungo andare e quello fu esattamente il pensiero che si affacciò alla sua testa mentre le parole della dottoressa e criminologa Greseth Nilsen gli penetravano i timpani.
    Aveva ormai perso il conto di quante volte ella avesse utilizzato la parola noi, ma ogni volta che l’aveva fatto gli angoli delle sue labbra si erano sollevati un po’ di più verso l’alto, in un ghigno che sapeva di presa in giro, di scherno. Gli uomini e le donne riuniti in quella stanza erano perlopiù sconosciuti agli occhi di Ares – a parte per la figura elegante e slanciata della sua amica di infanzia, la giudice Athena Drakos – , ma gli era bastata una sola occhiata per discernerne la natura: si trattava di persone facoltose, potenti, spudoratamente ricche.
    Persone proprio come suo padre che badavano soltanto ai loro troni e portafogli senza considerare le esigenze di chi stava sotto di loro. Certo, molti di loro potevano fingersi filantropi, persone interessate a proteggere l’intera città e lottare per la giustizia, ma tutto ciò che Ares poteva vedere erano piccole copie di Leander Maleros che distribuivano fascicoli e donavano informazioni come se fossero caramelle il dì di Carnevale.
    E d’altronde cos’era tutta quella sceneggiata, se non un grande e prestigioso spettacolo del circo?
    Ares fece scorrere gli occhi sui vari fascicoli che vennero distribuiti, sfogliandoli con fare quasi annoiato, e ascoltò ogni intervento con la solita espressione divertita stampata in volto, gli occhi che ogni tanto andavano a cercare quelli di Athena come per condividere con lei quanto l’intera situazione fosse a dir poco irritante.
    « Come vi è già stato fatto notare, Miss. Nielsen, non sappiamo quale sia il suo o il nostro ruolo in tutta questa faccenda, perciò mi viene molto difficile immaginare quale possa essere questa fantomatica “gratitudine del governo” di cui parla come ricompensa, anche se sono assolutamente certo non sia nulla di mio interesse » prese parola il greco, il volto contratto nella solita espressione saccente che chiunque avrebbe desiderato cancellare con un pugno ben assestato. Non pochi ci avevano provato, anche se con scarso successo.
    « Inoltre, è divertente notare come la polizia di queste parti sia forse persino più incompetente di quella americana. Non mi è mai capitato di vedere le forze dell’ordine richiedere l’aiuto di semplici civili in così grande numero, soprattutto se si tratta di persone così... facoltose. Come fate a sapere che l’uomo che cercate non sia uno dei presenti nella stanza? O forse qualcuno ad essi collegato? E come distinguerete le informazioni affidabili da quelle che non lo sono? Tutti sanno esattamente cosa cercate adesso e questo significa che la vostra attenzione sarà divisa e puntata in molteplici direzioni, manovrata a piacimento di chiunque ne abbia interesse ».
    Mentre terminava quella frase, il mercenario aveva già cominciato ad alzarsi e si stava evidentemente preparando ad andarsene.
    « Se proprio dovessi scegliere di lavorare con qualcuno, di certo non perderei il mio tempo con chi non conosce il significato della parola “task force”… E che usa il “noi” come un predicatore durante la Messa della domenica o un sofista nella piazza dell’akropolis.».
     
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    ~ Clara ~

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    Jonah Losnedahl


    Confuso. Jonah era solamente e totalmente confuso: l’invito ricevuto in quei giorni, che lo convocava in un’università del cui nome aveva un vago ricordo dai tempi dei suoi studi, non spiegava il motivo dietro tale riunione; eppure, era un’informazione abbastanza vitale a parer suo, considerato che sarebbero potute essere innumerevoli le ragioni dietro quel misterioso incontro – e nessuna di queste piacevole. Più il tempo scorreva, seduto in quelle scomode sedie in plastica, con la gamba in jeans consumati tremante per la tensione, più la confusione cresceva assieme alle domande, una valanga di punti interrogativi mai soppiantati da punti veri e propri. La questione principale, però, che più tra tutte si ripeteva tra le altre ed a cui tornava sempre, era solo una: lui, esattamente, cosa diamine ci faceva lì? Già il semplice fatto che la sua presenza fosse richiesta in un’occasione talmente importante da riguardare le vite stesse dei concittadini lo confondeva terribilmente, soprattutto considerato quanto fosse nuova la sua presenza tra loro – ma poi, lo aveva visto. Quando era entrato, gli sguardi disinteressati di volti sconosciuti, la consapevolezza di essere una pecora in una stanza di lupi: Jonah non aveva la minima idea di chi fossero tutti quei personaggi apparentemente rinomati a Besaid, culla della sua infanzia e nulla più, perciò, l’idea di essere coinvolto in una situazione di tale portata con nessuno di cui si potesse veramente fidare lo metteva più a disagio di quanto avrebbe mai ammesso a se stesso. No, lui non era proprio un fifone, soprattutto perché la sua impulsività gli impediva quasi sempre di fuggire alle situazioni di pericolo (anzi); tuttavia, si sentiva veramente travolto in qualcosa di più grande di lui senza che avesse le capacità necessarie, o le conoscenze adeguate, per poterla affrontare. Ehi, almeno c’era Ares in quella stanza – oddio, non si fidava neppure di lui, ma ironicamente era la persona che meno lo rendeva nervoso, e forse per quello aveva deciso di prender posto nella zona a lui circostante, però più dietro, onde evitare di risaltare troppo. Prima di farlo, gli aveva persino fatto un cenno del capo, quasi un vano tentativo di dimostrare a se stesso ed ai presenti che la sua esistenza in quella cittadina non fosse completamente passata inosservata, nonostante la sua brevità.

    In tutta quell’assurda situazione, erano solo due le cose che lo mettevano a suo agio, oltre al Fedora consumato tra le sue mani: l’alta probabilità che fosse stato chiamato in quanto professore di biologia, e che quindi avrebbe solo dovuto dare una mano ai medici – cosa che avrebbe fatto volentieri – e… il grifone. Tra tutte le assurdità di quella stanza, ironicamente era proprio la cosa più assurda a rassicurarlo, forse perché un animale, forse perché non ne aveva mai visto uno prima, ed era completamente catturato dai suoi movimenti, dal suo piumaggio, dal suo sguardo curioso che somigliava al suo. Jonah probabilmente si era perso una buona parte del discorso della professoressa – altro volto sconosciuto, ma ben osservato per poterne carpire i particolari – pur di osservare il più possibile quella creatura conosciuta e non al contempo, finalmente contento di esser lì per avere l’occasione di ammirarla in tutta la sua bellezza. Tra le tante domande, tra l’altro, ne figuravano molte sul grifone: perché fosse lì, a chi appartenesse o se fosse venuto da solo, quali fossero le sue intenzioni e perché pareva volesse studiare tutti con attenzione… Era stato anche lui soggetto di quello sguardo inquisitore, ed aveva cominciato una breve gara che si era conclusa alla consegna di preziosi fascicoli – “E di questi cosa me ne faccio?” fu il suo primo pensiero, accompagnato da un sospiro mentre i suoi occhi, finalmente presi da altro, scorrevano rapidi cercando un appiglio, qualcosa che lui potesse riconoscere come famigliare, ma nulla. Persino quello sfocato sguardo d’inchiostro lasciava più domande che risposte, e la sensazione peggiorò solo quando capì di essere veramente l’unico senza la benché minima idea di cosa stesse accadendo.

    Non che non sapesse del “virus”, sia chiaro: vi erano misure di sicurezza ben conosciute ormai, ed essendo una piccola città le notizie viaggiavano velocemente (infatti, sin da subito si era maledetto per aver scelto proprio quel posto per ricominciare, tutto considerato). E la scoperta di quanto si celasse dietro quell’epidemia di origine umana lo aveva quasi sconvolto quanto le conseguenze della stessa: il concetto di perdere una parte di sé lo aveva attanagliato la sua vita intera, pensare che così tante persone stessero soffrendo quasi quanto lui in passato lo colpiva profondamente, in una ferita ancora aperta. Tuttavia, era ormai ben chiaro che le persone riunite in quella stanza fossero pezzi grossi: tutte le informazioni che potevano elargire e la facilità con cui lo facevano, tutte le persone che conoscevano, quell’aria di superiorità che Jonah disprezzava, erano chiari segnali di persone d’un certo calibro, persone con cui solitamente lui non si sarebbe associato. Il governo aveva reso così chiaro quanto fossero disperati, eppure loro sembravano già aver risolto il caso; dicevano tanto su quanto fossero incompetenti gli ufficiali da arrivare a chiedere aiuto alla gente “comune” come loro, ma alla fine, considerate le ultime scioccanti rivelazioni, non avevano forse fatto bene? Insomma, da un lato era grato la situazione sembrasse risolvibile – o che perlomeno fossero sulla strada giusta – ma dall’altro quel nuovo scenario nel quale era stato posto strideva talmente tanto con la calma cittadina ed i suoi semplici abitanti che quasi credeva d’esser entrato nel posto sbagliato. Ma l’aula era quella, grifone compreso, e la realtà è che Besaid era molto più di quanto sembrasse, svariate realtà che ad una prima occhiata non sarebbero mai potute venire a galla, molti più segreti di quanti si sarebbe mai aspettato di dover – no, voler scoprire. Difatti, nessuno lo avrebbe mai costretto ad impicciarsi in affari altrui o scavare nel passato per dare spiegazioni a fenomeni incomprensibili, ma era uno scienziato ed ancor prima un animo curioso: la paura delle conseguenze non lo avrebbe mai fermato. Ed anche se fosse stata abbastanza forte da poterci provare, l’immagine delle vittime sofferenti si sarebbero ripetuta così spesso nei suoi sogni che non sarebbe mai riuscito a liberarsi dal senso di colpa per non aver agito, per aver lasciato indietro quei gusci vuoti così simili al Jonah di anni prima: se non fosse stato per sua moglie, che gli aveva teso la mano, di lui cosa ne sarebbe stato? Ora che la terapia d’amore ed abiti caldi non sarebbe mai stata abbastanza, avrebbe mai avuto il coraggio di allontanarsi?

    Quel nodo alla bocca dello stomaco tacitamente, ma prontamente rispose di no. Quindi, che fosse per un’egoista generosità o per la sua instancabile curiosità – o forse ancora per un mancato senso del giudizio, e lì sentì la mancanza di Liss – alla fine decise di rimanere seduto, ancora nervosamente agitando la gamba con l’orecchio teso ad ascoltare le svariate informazioni. Si era chiesto più e più volte cosa avrebbe potuto offrire, ma la soluzione, in realtà, era proprio davanti ai suoi occhi; e sì, il piatto era comunque sbilanciato verso gli altri invitati, tuttavia lui ci provò lo stesso, anche solo per poter rimanere ancora nell’ensemble di quell’interessante teatrino e scoprire qualcosa in più sui retroscena d’una città a lui palesemente sconosciuta. «Se… se posso» voce tremolante, alzò cautamente la mano pallida in cerca dell’attenzione della dottoressa Nilsen, conscio di dover ora districare quella matassa di pensieri in parole, «penso i qui presenti abbiano già consegnato informazioni… abbastanza vitali per questo caso, e mi dispiace non poter fare altrettanto, essendo appena arrivato». «Tuttavia,» riprese fiato, lo sguardo brevemente perso sul lucido pavimento in marmo che si rialzava in quello della donna con ritrovata convinzione, «immagino io sia stato chiamato qui nel mio ruolo di biologo, perciò confermo di potervi aiutare a trovare una cura per le vittime o, se necessario, anche una soluzione per risolvere il problema alla fonte…». Concluse alludendo alla possibilità di intervenire direttamente sul criminale a piede libero: seppur non fosse sicuro di come e addirittura se si potesse bloccare una particolarità, la persona in questione era pur sempre umana – e aveva già qualche idea su come fermarla, una volta trovata, ovviamente. In realtà, non aveva dubbi che quel coro di sguardi misteriosi sarebbe riuscito a portare l’uomo alla giustizia in men che non si dica, anzi – se avessero utilizzato il metodo di attirarlo fuori suggerito da Iago forse si sarebbero anche sbrigati prima, ma non volle sbilanciarsi menzionandolo nel suo discorso, soprattutto considerato che, tra tutti, la sua espressione era forse quella più preoccupante. E, in realtà, era già abbastanza nervoso da sé: era stato coraggioso fino a quel momento, lasciando la sua impulsività prender possesso delle sue facoltà mentali e ribellarsi a quella paura che lo costringeva a farsi sempre più piccolo – ma ora che era veramente parte di quella vicenda, che aveva reso disponibili le sue conoscenze ad una caccia all’uomo capace di distruggere le vite altrui, aveva una nuova domanda in mente, una che pesava sulle spalle e si sfogava nella falda del cappello, stretta tra i polpastrelli e le unghie rovinate. In che diamine di assurda situazione si era andato a cacciare?

    Prima quest, quindi spero di non fare casini (che potrei già aver fatto lmao) <3 è un piacere scrivere con voi hehe
     
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    Un invito. Sirius se l'era rigirato fra le mani più e più volte, prima di aprirlo: era strano che in parrocchia arrivassero cose del genere, soprattutto indirizzate a lui, in bella grafia. Era così elegante da sembrare minaccioso, per qualche ragione a lui stesso sconosciuta. Lo aveva aperto di lì a poco, osservandolo e rimanendo con gli stessi dubbi che l'avevano attanagliato prima di rompere la carta della busta. Probabilmente, si era detto, l'idea migliore era starsene al suo posto, rifiutando la gentile offerta ed evitando di presentarsi a quell'incontro misterioso. D'altro canto - e questo era stato il pensiero in grado di spostare l'ago della bilancia - se era stato invitato doveva esserci un motivo: per quanto oscuro ed assurdo che fosse, la sua presenza era richiesta.
    Quel giorno aveva lasciato a casa gli abiti da "lavoro", come soleva chiamare il saio e tutti gli accessori che gli competevano in quanto membro del clero, ed aveva preferito invece un maglione grigio e dei jeans scuri: non si guardò allo specchio sulla console prima di uscire, si diede giusto una rapida sistemata ai capelli, nello specchio più piccolo in bagno, non volendo indugiare troppo sul suo abbigliamento. Ogni volta che lasciava a casa, sebbene solo fisicamente, quei vestiti, aveva l'impressione di mentire, di indossare una maschera che assomigliava al Sirius del passato, il Sirius Doyle che era stato un tempo e non il Padre Sirius che era diventato da ormai parecchi anni. Si impegnava a non scindere troppo le due cose: nei suoi discorsi, nei suoi modi di fare, persino nei suoi stessi pensieri, quasi desiderasse convincersi che quella divisione, in realtà piuttosto netta, fra essere umano e uomo di chiesa, non esistesse. Evitare di guardarsi allo specchio, ad esempio, era proprio un modo che aveva di sfuggire ai propri pensieri e di prendersi in giro: i problemi, dopotutto, potevano essere evitati, come facevano i bambini, semplicemente chiudendo gli occhi.
    Aveva scelto di camminare, preferendo schiarirsi un po' le idee all'aria fresca piuttosto che su un ben più affollato - e rumoso - autobus cittadino: ce ne erano tanti che portavano alla sua meta, un istituto solitamente popolato dalle persone più disparate. Proprio per questo, l'Università di Besaid gli era sempre piaciuta: era un crogiolo di esperienze ed etnie, come d'altra parte ormai tutte le università europee, rispetto alle altre tuttavia poteva vantare gli studenti più speciali e "particolari" al mondo. Quanti altri atenei avrebbero potuto vantare una peculiarità come quella? Di recente, quel tema aveva stuzzicato la sua mente con frequenza sempre più alta: in molti erano venuti al suo confessionale a raccontargli di quanto assurdo fosse stato l'evento durante l'eclissi, ormai parecchio tempo prima. Inizialmente aveva cercato semplicemente di confortare quei fedeli, senza dare troppo peso a quanto gli avessero detto: Besaid era una cittadina particolare, unica, per cui eventi come quello non potevano che essere relativamente frequenti. Nonostante tutto, su quanto quell'evento e tanti altri a seguire, tutti concentrati in un periodo di tempo relativamente piccolo, un piccolo dubbio Sirius l'aveva coltivato.
    Entrò nell'aula in silenzio, notando fra quei banchi alcune persone di spicco nella comunità besaidiana: c'era Nikolaj Mordersønn, capo dell'omonimo istituto, Naavke Evjen, curatore del Kunstmuseum, la giudice Athena Drakos, il giornalista più importante di Besaid, Lars Berg... e poi c'era lui. Che diavolo c'entrasse, non riusciva a comprenderlo. A capo di tutti, c'era poi Sibylla, che salutò appena con un'occhiata lievemente più insistente rispetto agli altri: non voleva creare alcun problema rendendo noto - a chi poi? - che fossero amici. Non sapeva in realtà in che qualità fosse lì. Di lei sapeva tutto e niente: aveva iniziato a conoscerla solo di recente, a capire un minimo cosa si celasse dietro la storia che gli aveva raccontato nei minimi dettagli. Quella donna era molto di più del suo passato, forse per questo lo intrigava tanto da spingerlo a frequentarla un po' di più rispetto ad altri.
    Sedette composto, in silenzio, aspettando che tutti fossero pronti a quello che sarebbe venuto. Sibylla parlò in maniera chiara e concisa, andando al dunque senza alcuna gentilezza, come d'altra parte aveva sempre fatto da quando aveva avuto il piacere di conoscerla. Tutto sommato però, Sirius non poteva dire di essere "scioccato" in senso stretto: il discorso che la donne fece, in realtà, chiarì soltanto i dubbi che da parecchio tempo, nel suo piccolo, aveva sempre avuto. Sin da quando la notizia del "virus" era trapelata, aveva dato un solo volto a quella strana pandemia, conscio di poter sbagliare e che quei pensieri fossero soltanto delle malignità dettate da parole e da modi di fare fraintendibili. Della conversazione avuta con quell'uomo, o presunto tale, Sirius ricordava con precisione la voce e un accenno di sorriso, tra i fori del confessionale. Sembra quasi inebriato dai suoi stessi desideri. si era detto, non comprendendo nemmeno a fondo il perché stesse parlando con lui delle proprie pulsioni: li considerava peccati? Voleva che gli venissero tolti? Eppure quella sembrava solo l'apparenza di un qualcosa a cui nemmeno il confessante stesso poteva dar credito.
    Sfogliò delicatamente le pagine che gli erano state porte, mentre parole e ipotesi si accalcavano attorno a lui: ognuno era stato portato lì con un preciso scopo, ognuno aveva messo a disposizione le proprie idee e le proprie informazioni. Ma lui non poteva farlo. Non poteva violare il segreto professionale, non in quel modo, non davanti a tutti quegli sconosciuti.
    Si sentiva combattuto, diviso da tra ciò che voleva - e che riteneva giusto, in quanto uomo - e ciò che invece sapeva di dover fare in quanto membro del clero. Sospirò piano. Ricordava con precisione la sensazione che gli aveva dato quella confessione ed il pensiero che, per quanto sicuramente eccessivo e sarcastico - da bravo irlandese non poteva fare a meno del sarcasmo - gli era balenato per la mente: Sto confessando un Hitler dei giorni nostri. In ogni caso, come si era già detto più e più volte, si trattava pur sempre di una confessione e lui, come chiunque degno di fiducia, era vincolato dal segreto che la sua carica gli imponeva. Strinse i pugni: era in questo che il suo ruolo, tante volte, gli sembrava stretto. Cosa stabiliva dove finiva il suo "lavoro" e dove iniziava il suo essere uomo? Come poteva capire dove fosse il confine fra giusto per Dio e giusto per la comunità? Erano discorsi assurdi che, tuttavia, nella sua posizione, non riusciva a non fare.
    Basta.
    Prese il foglio di carta che gli era stato dato e diede alcuni dettagli: parlò del sorriso, degli occhi lievemente distanziati, della voce profonda, delle parole che gli erano state riferite e che non riusciva a togliersi dalla testa. Era stata una conversazione relativamente normale, tolti i toni quantomeno, almeno fino a quel punto: Sirius gli aveva suggerito quello che era il suo mantra, l'esser grati di ciò che si ha, per quanto poco o molto che fosse.
    «Non bisogna dare scontato ciò che si possiede: potremmo esserne privati dall'oggi al domani, in un battito di ciglia. Un po' com'è capitato a quei pover'uomini all'ospedale, se ha letto le news.» L'uomo dall'altra parte sorrise: i suoi denti quasi brillarono, colpiti dalla fioca luce della cappella ormai vuota. "Ha ragione, Padre, povera gente. Ma vede, io sono consapevole di esser fortunato, ma questo non mi basta. Non riesco a considerarmi "felice". Sa, forse il mio più grande problema è proprio l'eccesso di ambizione. Quanto leggo di queste sventure, non posso che pensare a quanto mi piacerebbe esser io colui in grado di beneficiare della sfortuna altrui, maneggiando i poteri che quella gente ormai non possiede più.". Poteva essere una frase come tante: forse lo era, ma il suo intuito, che fosse giusto o sbagliato, gli suggeriva tutt'altro.
    Piegò il foglio con delicatezza, attento a non farsi notare dagli altri, alzandosi in piedi di lì a poco ed avviandosi verso la porta con gli occhi verso Sibylla: «La ringrazio per l'occasione e per la stima che è stata riposta in me, mi sento onorato nel far parte di questo piccolo manipolo di giusti contro un male che sembra ben più grande di tutti noi.» disse, riferendosi a tutti gli altri che aveva definito con un termine che ben poco gli si addiceva. «Tuttavia, ritengo di non poter essere d'alcuna utilità per i più presenti in aula. Sono solo un prete, non di certo un direttore di un grande centro di ricerca o esperto della mente umana. Per tutti gli altri, sappiate sempre la mia chiesa è sempre aperta.» Con un gesto della mano, si lasciò alle spalle l'aula, sperando di cuore che con quell'ultima frase la donna comprendesse che, sebbene in maniera un po' goffa e di sicuro poco adatta all'ambiente in cui si trovava, Sirius avesse cercato di fare la cosa giusta: poi certo, che con "giusta" si intendesse aiutare la comunità o Sibylla, questo non era ancora pronto a comprenderlo.
     
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    I’m falling apart, I’m barely breathing. With a broken heart.

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    Pre-Quest #05 - Sykdom Project
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    Non si era di certo aspettata che il meeting venisse accolto con positività ed entusiasmo. Se lei fosse stata ufficiosamente all'oscuro di tutto e si fosse ritrovata a sedere dall'altro lato dell'aula, probabilmente sarebbe stata tanto scettica quanto loro. «Tutte argomentazioni valide. Vorrei poter rispondere a chiunque in maniera chiara e ben delineata, ma… come detto in precedenza, la mia figura qui è più che altro rappresentativa, comunicativa. Non sono qui per parlare di me, Giudice Drakos. Le mie credenziali non sono di suo interesse, non si trova in un tribunale e io, così come la città di Besaid e le intenzioni di proteggere i suoi cittadini, non sono a giudizio.» affermò, il tono della voce pacato. Non era lì per fare o dire più di quanto le fosse stato chiesto, e quello avrebbe fatto. Nulla di più, nulla di meno. «La scelta è vostra: condividere o meno informazioni, fidarvi o meno delle parole pronunciate in quest’aula, e non solo le mie. Non sono qui per puntare la pistola contro la testa di nessuno, non sono qui per costringere nessuno. Chiunque avrà voglia di unirsi alla caccia all’uomo -come è stata definita poco fa- sarà ben accetto ed avrà a disposizione tutte le informazioni utili del caso, certamente non da me, ma da chi di dovere.» continuò, tornando a muoversi nell'aula. «Comprendo la diffidenza; comprendo l’espressione scettica che avete stampata in viso; comprendo chi pensa di star sottovalutando o sopravvalutando il problema, proprio adesso.» disse, sollevando una mano e lasciando che il dito indice roteasse nell'aria, quasi volesse esprimere il concetto figurativo di un vortice di pensieri. Quando tornò ad abbassare il braccio, si fermò nuovamente, gambe dritte, piedi ben piantati per terra, schiena e spalle dritte, petto all'infuori: un soldato. Chinò appena il capo da un lato mentre un sorriso le assottigliava le labbra rosse. «Ringrazio in ogni caso per la condivisione dei fascicoli, ogni singola informazione verrà analizzata e di conseguenza verificata.» si rivolse con il viso nella direzione del Signor Evjen e il Signor Mordersonn, per niente sorpresa che proprio dalle labbra dei due fossero venute fuori le prime informazioni. Lo sapevano loro e lo sapeva Sibylla che quelle erano solo mosse figurative, quelle di chi -lei compresa- faceva bella faccia a cattivo gioco. «Signorina Berg, sarò lieta di offrirle i documenti richiesti in cambio del suo aiuto, non appena saremo fuori di qui.» annunciò in direzione della donna. «...e, Signor Maleros, non penso di aver mai parlato di "Gratitudine del Governo" come ricompensa. Forse dovrebbe prestare più attenzione a quello che le accade intorno, nessuno qui dovrebbe sottovalutare la situazione, no?» constatò brevemente e con poco interesse nei confronti delle parole che l'altro aveva pronunciato, l'arroganza di lui le aveva fatto immediatamente comprendere che fosse un megalomane solitario, bastava per eliminarlo dalla lista. «E su questa corrente, ringrazio quindi anche chi, nonostante abbia espresso chiaramente di non avere alcun interesse nel futuro della nostra città, abbia comunque deciso di presentarsi a questo incontro.» aggiunse, prima di voltarsi in direzione del Signor Losnedahl e Sirius. «Ne sarei onorata, Signor Losnedahl, mi lasci i suoi contatti e la disponibilità.» disse, rivolta al giovane. «Grazie, Sirius.» si pronunciò mentre lo seguiva con lo sguardo mentre lui si avviava in direzione della porta. «Auguro a tutti una buona serata.»



    Questa role pre-quest è terminata! Grazie a tutti per la partecipazione! <3 La Quest vera e propria inizierà successivamente. Lo scopo della role attuale è prevalentemente introduttivo e ha la funzione di informare i vostri PG all'interno del gioco di ruolo riguardo ciò avverrà in futuro.

    ● I PG che hanno partecipato a questa role NON devono essere gli stessi che iscriverete alla Quest. Potrete naturalmente iscrivere altri PG.

    ●Per info sulle quest in generale e per prepararvi magari alla prossima (cuoce in pentola), cliccate Qui! (Nello stesso topic trovate anche i link alle quest precedenti!) -- Qui invece il link al Besaid Journal con gli ultimi articoli riguardanti il "virus".
     
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