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Rei & Eira / Ospedale / Post-quest

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  1. Kagura`
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    Giugno aveva accolto Rei in modo insolito. Però, se avesse dovuto essere più precisa, erano ormai tre mesi che non poteva più riconoscere gli elementi costanti e familiari nella sua routine. Dopo quello che era successo in spiaggia mesi prima, la qualità del sonno si era fatta ancora più preoccupante, così come l'acuirsi del tabagismo. Molto spesso il mancato riposo veniva tradotto in un comportamento ancor più spigoloso e aggressivo a lavoro: era intrattabile, perennemente assente nonostante fosse piantata dietro i vetri dei laboratori la maggior parte del suo tempo, e tutto lo staff preferiva versarsi addosso del caffè bollente piuttosto che avere a che fare con lei. Per quanto ciò rientrasse a pieno regime con l'andamento della quotidianità nei laboratori di Omega, non era stato difficile notare un aggravamento della situazione. Da un paio di settimane, tuttavia, aveva deciso di non mettere più piede a lavoro. Aveva chiesto di potersi allontanare per un po' dagli esami e dagli esperimenti, dando sollievo al suo team e lasciando la direzione del Laboratorio in mani esperte. Era sicura che se la sarebbero cavata anche senza di lei. Al posto di passare le sue ore fra lavoro e casa, nell'appartamento che divideva con il suo gatto Jiji, Rei aveva preso l'abitudine di passare il suo tempo presso l'ospedale di Besaid, trattenendosi delle volte per tutta la durata dell'orario di visita. Si trattava di un'abitudine che si era intensificata nell'ultimo mese, fino a farsi costante nelle due settimane di riposo da lavoro. A pochi metri da lei, stesa sul letto d'ospedale e in stato comatoso, c'era una ragazza di cui non sapeva nulla, di cui fino a qualche tempo prima non conosceva nemmeno il nome, ma che in breve tempo era diventata il centro di tutto per lei. Eira era una poco più che una ragazzina e, immersa dal candore delle coperte d'ospedale, sembrava quasi difficile per Rei non pensarla come una bambola in porcellana. Immobile, se non per il lentissimo e regolare alzarsi e abbassarsi del petto, di fronte a quella scena Rei avrebbe potuto giurare d'essere in una camera mortuaria. Invece non stava vegliando su una giovane ragazza morta: Eira era solo in coma. Inoltre, era quasi del tutto convinta che Eira fosse anche sua figlia.

    "Io ti aspetterò. Ti prego, non lasciarmi andare ancora."

    La voce spettrale e distante di Eira tornava ogni tanto a farle visita. Pur non avendola mai sentita parlare prima di quella notte, non potendo accedere ai suoi ricordi di vagiti e pianti distanti, le parole della ragazza si ripetevano nitidamente nella memoria di Rei, bloccata su quel segmento di quella melodia interrotta. Avvertiva lo strappo e riattaccava la punta al nastro, riavvolgendolo ogni volta senza che potesse davvero avere un controllo sul suo inizio o sulla sua fine. Non era la sola a far visita a Eira. Ovviamente, c'erano i suoi attuali genitori. Quando William o Oliver si presentavano Eira rimaneva in disparte, assumendo l'aria austera e riflessiva di una monaca, come se fosse lì in missione. "Ho sentito parlare della vicenda di Eira. Prego per lei e per l'altro ragazzo in coma." La sua presenza non sembrava disturbare i coniugi Viken, che non le avevano mai chiesto di allontanarsi. Sembravano quasi rassicurati dalla presenza di Rei, come se avessero bisogno di un altro paio di occhi che vegliasse sulla figlia mentre loro erano impegnati con il lavoro. I Viken erano sempre molto presenti - e più raramente si presentava sull'orlo della stanza anche un altro ragazzo, che doveva avere più o meno l'età di Eira. Rei preferiva uscire dalla stanza quando c'erano altre persone in visita, anche se un paio di volte le capitò di origliare qualche conversazione mentre si stava svegliando da un pisolino non programmato.
    "Signora Kobayashi... manca poco alla fine dell'orario di visita. Non voglio metterle fretta, la sto solo avvisando. Fra mezz'ora chiederemo a tutti di uscire." La voce di un infermiere la destò dalla sua apnea, facendo realizzare a Rei che aveva passato chissà quanto tempo su una pagina del libro che si era portata dietro senza leggerla davvero. Annuì un paio di volte, inclinando il corpo per abitudine verso l'infermiere, ringraziandolo a bassa voce. "Ah... dannazione. Dove l'ho messo..." Borbottò infastidita, costretta a levarsi gli occhiali dalla radice del naso per sfregarsi con forza gli occhi. Dopo averli appoggiati sulla propria coscia sinistra, allora iniziò a cercare fra le tasche della giacca che aveva addosso, finendo per tirare fuori da una di esse una piccola boccetta di collirio. Tirò la testa all'indietro e si inumidì gli occhi. Da tempo non avvertiva più il suo corpo come avrebbe fatto un tempo: era più stanca del solito e di certo il trauma vissuto poco tempo prima non l'aveva aiutata a vedere dei miglioramenti - i farmaci per dormire non avevano alcun effetto su quella peculiare forma d'insonnia, che si rivelava tormentata e insidiosa. Forse in un certo senso se la meritava: a quanti pazienti aveva negato il sonno? Inforcò di nuovo gli occhiali sul naso, mentre una patina di leggero disgusto le piegava il viso, abbandonandola poco dopo con tanta rapidità con cui si era generata nel volto.
    Rei mise da parte la lettura, stringendosi le braccia conserte al petto. Tornò a guardare Eira, e poi il soffitto della stanza d'ospedale. La consapevolezza che c'era una sola persona dietro quella tragedia non solo la spaventava, ma l'affascinava. Non sapeva bene come quell'informazione l'avesse raggiunta e nemmeno dopo mesi avrebbe potuto ricomporre linearmente gli eventi di quella notte. Quale mente era stata in grado di architettare tutto ciò? Chi li aveva costretti a provare tanto dolore senza nemmeno firmare le proprie azioni? Dopo un po' di tempo guardò l'orologio che aveva al polso girando verso l'alto il palmo della mano. In quel momento si chiese se qualcun altro avrebbe fatto visita a Eira o se fosse arrivato il momento di tornare a casa. Gettò un ultimo sguardo alla ragazza. Una strana sensazione le stava impedendo di allontanarsi. Prima che potesse rendersene conto, Rei si alzò dalla sedia posta a una discreta distanza dai piedi del letto, e si avvicinò ad Eira, sfiorando con una mano le barre metalliche sul finire del materasso. Mai aveva osato avvicinarsi a tal punto, preferendo vegliare su di lei ad una certa distanza, spaventata all'idea di poter essere la prima persona che avrebbe rivisto una volta risvegliata dal coma.

    Edited by Kagura` - 11/10/2023, 14:52
     
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5 replies since 7/2/2023, 01:11   170 views
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