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Rei & Eira / Ospedale / Post-quest

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  1. ‹Alucard†
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    "Va tutto bene, aspetta. Eira... con calma." Tra i suoni confusi, i respiri conquistati faticosamente e lo sguardo nebbioso del dopo, Eira riuscì ad emergere verso se stessa e la sua vita interrotta sulla spiaggia di Besaid proprio aggrappandosi alla voce della donna che era certa essere sua madre. Lo sapeva, l'aveva sentita, l'aveva vista con i suoi stessi occhi. I contorni delle pareti d'ospedale si facevano sempre più vividi, e con essi anche la sagoma della figura della madre, che prima di diventare del tutto nitida sfuggì al suo sguardo. A sostenerla in quel passaggio fuori dal sonno accorsero due infermieri e poi Oliver e William, fuori di sè dalla gioia nel vedere la figlia finalmente viva e vegeta rispondere alla luce. Eira tuttavia riuscì a percepire, oltre ad una confusione cronica, anche una fortissima tristezza, una voragine tra le costole che si placò solo quando potè adocchiare il biglietto da visita che era stato posato sul suo comodino - una tenue speranza di incontrare nuovamente Rei. La ripresa però non fu lineare e facile come si aspettava: certo, sapeva che avrebbe dovuto affrontare i ricordi di ciò che le era accaduto, ma cosa significava questo in pratica? Sedute di terapia disgustosamente lunghe, non riuscire a dormire pur volendolo fare per paura di non risvegliarsi più, essere contattata anche se solo una ragazzina da persone che dicevano di essere del governo norvegese per non riuscire a dir loro nulla, come se ogni evento fosse ben presente nella sua mente ma le frasi di ciò che lo componeva le sfuggissero dalle labbra, una sensazione di apatia che si spezzava solo quando Eira era in compagnia dei suoi amici e delle sue amiche, un blocco che la proteggeva dalla enorme quantità di informazioni e sentimenti che minacciavano di investirla da un momento all'altro per aver vissuto quella esperienza brutale durante l'eclissi ed aver condiviso ogni momento con la persona che era certa fosse sua madre, perduta molti anni prima. «Papà.. Sei sicuro che tu e papà non sapete nulla sui miei genitori biologici?» Avvolgendo le dita magre e pallide allo schienale della poltrona dove Oliver stava comodamente leggedo il giornale, Eira si sbilanciò di lato, in modo che suo padre potesse vederla. La sua voce non era increspata da alcun tipo di emozione negativa, era curiosa. Oliver, per contro, sembrò colpito nel sentire Eira menzionare quella domanda, preso in contropiede. Non ne era però del tutto sorpreso: entrambi i suoi figli erano stati adottati, ed immaginava assieme a William che avrebbero potuto ad un certo punto delle loro vite richiedere informazioni sulle loro origini. «Oh tesoro. Purtroppo no.. Io e tuo padre abbiamo cercato in tutti i modi di reperire delle informazioni sapendo che queste domande sarebbero potute essere importanti per te ed Hakon, tuttavia nessuno all'orfanotrofio è riuscito a risalire ai tuoi genitori. Mi dispiace molto.»
    «Hey~ Siamo i Murder of Crows, e stasera iniziamo con una cover. Non vi dico il titolo, tanto la conoscete Aggrappandosi con le mani al microfono e sfoggiando le sue nuove unghie smaltate di nero sotto le luci colorate, Eira fissò il suo sguardo sul pubblico, cercando di identificare tra le sagome per il momento informi e scure quella di Rei, che aveva invitato dopo averle mandato un messaggio al numero che aveva trovato sul suo biglietto. Forse temeva che udire la voce della madre oltre la cornetta avrebbe disimbrigliato tutte quelle emozioni che erano rimaste così fortemente custodite in lei sin dal giorno dell'eclissi. «And here we go again, / We've taken it to the end, / With every waking moment, / We face this silent torment / I'd sacrifice, / I'd sacrifice myself to you / Right here tonight / Because you know that I love you.» Non è ancora arrivata.. Pensò Eira tra una nota e l'altra, cristalli sotto le dita di Akinyi, velandosi di una coltre di dispiacere. Forse aveva sbagliato ad invitare la dottoressa Rei Kobayashi ad un concerto, forse avrebbe preferito parlare in un altro luogo, oppure si era spaventata anche lei, esattamente come Eira, ed aveva deciso di non presentarsi. «The candle is burning low / At the window to my soul / The reaper is at my door now / He's come to take me home.» Con l'assottigliarsi delle speranze di Eira si affilava anche lo sguardo di Kris, ora posato sulla donna che, reggendo il suo drink, gli chiedeva proprio di lei. Il ragazzo quindi si appoggiò al bancone, solo per indicare con una mano tatuata il palco. «Sì, lei è Eira, la cantante. Che dire, mi rende fiero la pulcina. Perchè non resta? Il concerto è appena iniziato.» Rei parve accogliere l'invito, e quando Eira tornò sotto ai riflettori la vide: era lì, sua madre era arrivata. Un leggero sorriso si dipinse sulle sue labbra color cremisi, e voltandosi verso Petra, le rivolse un cenno d'assenso. Era stata lei ad incoraggiarla, ed era felice che fosse lì in quel momento. «Ora vi cantiamo una canzone del nostro EP Graveyards, è quella che mi sta più a cuore, si chiama Vår Frelsers* Una melodia più eterea riempì le piccole sale dell'Haunted Hearse, e dove le note profonde del basso di Petra supportavano l'armonia, la voce più sottile e velata di Eira si intrecciava a quelle stesse note, cantando delle sue tristezze e delle sue speranze. La canzone si discostava un po' dal tipico sound della musica goth, ed accarezzava sonorità più sintetiche ed echeggianti, il lamento di uno spettro, l'abbraccio assente di una persona tanto desiderata nel momento del bisogno o il ritmo sordido ed ostinato delle gocce di pioggia sulle lapidi ormai da tempo dimenticate - le stesse che scivolavano giù dagli occhi di Rei e che Eira non riusciva a vedere, ma che sentiva tra le vibrazioni negli altoparlanti. Il concerto si rivelò un gran successo, e concludendo con un brano più movimentato e tormentoso, i Murder of Crows potevano dire di aver colpito ancora una volta nel segno con il pubblico piccolo ma affezionato dell'Haunted Hearse.
    Per fortuna, una volta terminato il concerto, la fretta che investì Eira per non perdere sua madre tra la gente venne placata ancora una volta dal supporto di Petra, che le fece notare la presenza della donna ancora sotto il palco. Eira le lanciò uno sguardo, ma subito dopo tornò all'altra ragazza, ringraziandola e stavolta mostrandosi più che felice di ricevere quel bacio incoraggiante ed affettuoso, sorridendole mansueta ed abbracciandola di rimando. Anche Kris l'aspettava ai piedi delle scale in legno che conducevano al palco, e saltando per raggiungere la sua mano tesa in alto Eira gli battè il cinque, superando anche lui prima di fronteggiare Rei, ora a pochi centimetri di distanza da lei. “Eira, grazie per avermi invitata. Devo farti i complimenti, è stato un bel concerto, hai davvero una bella voce... mi è piaciuto ascoltarvi, anche se è tutto nuovo per me." Nell'ascoltarla, mani nelle mani, Eira non mancò di notare l'incrinarsi della voce di Rei, e lei stessa stava trovando più difficile gestire il battito del cuore, ora più accelerato e scalpitante del normale. Ora riusciva a vederla, a memorizzare i suoi lineamenti e finalmente dar loro un volto reale. Rispecchiò istintivamente quel sorriso molto lieve, e chiudendo i lembi della giacca in velluto nero che indossava sul petto, Eira accolse quei primi complimenti scuotendo appena i ricci scuri. «Grazie e.. Grazie anche per essere venuta, non ero sicura che volessi...» Vedermi? Tuttavia Eira si fermò lì, scrutando lo sguardo più morbido dell'altra. «Venire in un posto tanto nuovo.» Concluse allora, iniziando così ad incamminarsi verso l'uscita. Il grande vantaggio di frequentare l'Haunted Hearse così spesso era che la band e tutti i suoi membri potevano senza problemi lasciare lì anche tutta la loro attrezzatura, in modo da restare più leggere dopo un concerto. Senza alcun velo di scherno uno sbuffo di una risata si librò dalle labbra di Eira non appena sentì Rei rimarcare l'altezza del volume all'inerno del locale, e lei non potè far altro se non annuire. «Sinceramente sono un po' nervosa.. Ma sto bene. Non ho mangiato, ma.. Mi piacciono molto le zuppe quindi.. Sì mi farebbe piacere. Andiamo.» Il tempo di inviare a William un messaggino per dirgli di star bene e di non tornare per la cena ed Eira fu pronta a passare quella serata tanto singolare con sua madre appena ritrovata. Solo loro avrebbero potuto comprendere gli eventi che avevano vissuto insieme nei mesi precedenti, eppure Eira sentiva come se interi tasselli della sua vita adesso le si fossero sgretolati sotto ai piedi, molti di questi risalenti a quando non avrebbe comunque ancora avuto modo di ricordarli, quindi... Perchè sentire quella mancanza? Perchè piangere la perdita di qualcosa che non aveva mai avuto? "L'ultima volta che ho fatto qualcosa fuori dalla mia zona di conforto mi sono trovata in una situazione... strana." Un utilizzo di parole interessante per Eira, che restando in silenzio si fermò dal porre qualsiasi giudizio sulle frasi di Rei almeno finchè non ebbe finito di parlarle. Ora il rumore del mare si era fatto più vivo oltre le mura dell'Haunted Hearse, e già visibile agli occhi di entrambe era la luce calda che dal locale proposto da Rei traboccava oltre le finestre. "Eppure è anche quello che è successo che mi ha portata qui. Immagino che tu abbia molte domande da farmi... cercherò di risponderti come posso." Ancora una volta, Eira dovette impegnarsi nel leggere dei sentimenti che non riusciva a comprendere, a riconoscere. Non sentiva nulla, eppure, al tempo stesso, non si era mai sentita tanto agitata in vita propria, come se ogni cellula del suo corpo stesse rispondendo ad un riverbero leggermente distorto rispetto a tutto il resto, più intenso, più veloce. Per il momento si limitò unicamente ad annuire, attendendo di essere sedute nel ristorante prima di iniziare delle discussioni che avrebbero richiesto uno spazio ed un raccoglimento maggiore. Restò alle spalle di Rei finchè non vennero condotte al loro tavolo, una piccola alcova illuminata da una luce gialla molto morbida ed intima, un posto che a pelle Eira apprezzava per la sua intimità e le sue ombre morbide. Si accomodò sulla seduta adiacente a quella di Rei e poi si portò le mani sulle cosce, raccolte in una presa leggera, come a darsi forza in quel modo. «Io.. So la risposta a questa domanda, ma devo fartela lo stesso, voglio saperlo da te. Sei mia madre, dottoressa Kobayashi?» Soffiò lei portando i grandi occhi contornati di nero in quelli più stanchi ma non meno luminosi dell'altra donna. Nonostante fosse sicura della sua risposta sin nelle ossa, Eira avrebbe desiderato sentirla dalle sue labbra, con la sua voce, la stessa che aveva avuto tanto timore di sentire a telefono nei giorni precedenti. Non appena Rei la pronunciò infatti, parte della preoccupazione che investiva Eira sembrò svanire, dissolversi dal suo petto per poi spostarsi piano sul suo cuore. «Non so se.. Mi avresti cercata, se non ci fosse stata l'eclissi, ma questo non importa.. È successo e so che qualcosa di grosso e di brutto sta arrivando. Sono spaventata.. Ma forse anche per questo sono contenta che ci siamo viste. Se mi fosse successo qualcosa e non avessi avuto modo di conoscerti sarebbe stato.. Sarebbe stato spiacevole. Per me.» Cercare di mettere in ordine o razionalizzare ogni parola sarebbe stato inutile, per questo Eira rinunciò a farlo del tutto, parlando solo attraverso il sommesso battito del suo cuore che correva. «È per questo che sei venuta stasera? Perchè adesso? Potevi.. Non lasciare alcun biglietto all'ospedale, andartene per sempre.. Perchè hai deciso diversamente?»

    *Il Cimitero del Salvatore è il più famoso in Norvegia, e si trova ad Oslo.
     
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