In this twilight how dare you speak of grace

Niko x Naavke

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    †Marzo 2019†

    «You forgive how God forgives. Would you have done it quickly, or would you have stopped to gloat?»
    «Does God gloat?»
    «Often.»

    Ovunque. Naavke, in quei mesi era stato ovunque ed aveva visto tutto: il modo in cui gli esseri umani tendono a sbriciolarsi sotto il peso delle loro vite, in cui si rafforzano per mantenere intatte quelle dei loro cari, le ferite pronte a tagliare e trapassare la carne e la stessa tornare a rimarginarsi. Giocare una vera partita a scacchi con in palio esistenze umane da lui ora plasmate lo aveva reso estatico, e lasciandosi alle spalle ogni considerazione intellettualmente stimolante di natura teologica, si convinse del fatto che anche per un solo, unico momento, avesse conosciuto il potere illimintato della divinità, nel custodire nelle proprie mani il potere di uccidere, ferire e salvare a proprio piacimento. L'intervento alla Kaigaten era stata, fin ora, l'opera meglio orchestrata da Libra. Se non convincente nell'immediato per i diretti interessati, la notizia in città si era diffusa quanto bastava per incuriosire nuovi adepti e rimpinguare le fila dell'Organizzazione, già sino a quel momento composta da un lauto numero di membri. Le frange più militanti e violente ne rimasero deliziate, quelle più miti affascinate. Tutto procedeva secondo i piani. Quando sui piatti della bilancia si posano un cuore ed una piuma, il risultato non è mai deducibile sino alla fine, per questo Naavke ritenne opportuno continuare ad incalzare nelle sue mosse personali, muovendosi di casella in casella con attenzione e con rinnovata audacia sino a raggiungere il suo vero obbiettivo. Nulla era stato lasciato al caso, tantomeno alla Kaigaten; ogni partecipante era stato scelto con cura per creare la cornice perfetta e mirare dritto ad uno in particolare, Nikolaj Mørdernsonn. L'Istituto avrebbe dovuto soffrire finalmente un colpo dopo anni di stasi immeritata: la città era pronta ad uno sconvolgimento, per quanto sottile, dei suoi equilibri. Naavke, del resto, in questo frangente non era nient'altro che un messaggero. Lo scopo principale non era farsi scoprire, eppure non si sarebbe tirato indietro nel prendersi la responsabilità di ogni ferita ed ogni lacrima versata da Nikolaj e quella che aveva intuito fosse una donna importante per lui. Come ben si sa, gli scacchi sono un gioco di pazienza e riflessione, in cui l'avversario non va semplicemente annientato, ma studiato: ogni pattern, ogni movimento, cedimento dello sguardo e delle mani, tutto traccia un ritratto le cui pennellate si riflettono sull'intera partita. Quindi, Naavke aveva aspettato. Rimasto nell'ombra, a raccogliere informazioni e lasciar crescere il proprio giardino, vedendone sbocciare i fiori e germogliare i frutti anno dopo anno, finchè non furono maturi per essere finalmente raccolti. Ed è qui che gli scacchi si fanno ancor più interessanti, poichè dopo la riflessione scatta l'attacco: può essere crudele, serrato, inarrestabile, un banchetto in carne umana dal quale Naavke non si era astenuto dal partecipare. Quasi lo sentiva sotto i denti il sangue versato da quelle giovani vite, quasi spezzate sotto la bolla della cupola, boccioli annegati e distrutti dall'acqua versata nel fragile terrario.
    Il suono più squisito si era rivelato il rantolo di Nikolaj, immobile nel contemplare la sua momentanea sconfitta ad un passo dalla morte. Naavke se ne compiacque, non tanto per aver arrecato danno a qualcuno la cui organizzazione si poneva sul lato diametralmente opposto al proprio, ma per aver trovato finalmente la giusta occasione per colpire. Un momento perfetto e terrificante, tutto ciò di cui aveva bisogno per sfiorare le reazioni di Nikolaj in momenti estremi. Voleva conoscerlo meglio, carpire alcuni dei segreti più terribili e reconditi del suo animo, e ci era riuscito. Ripensando a Delilah, ai ricordi nel cubo, alla volontà di lottare del più giovane, Naavke capì di aver compiuto la scelta più giusta. Voleva spezzare Nikolaj, solo per vedere in che modo avrebbe raccolto i frammenti di se stesso. Il risultato era stato sbalorditivo e tremendamente istruttivo, ed aspettandosi da un rivale tanto interessante niente di meno, fu Naavke stesso a proporgli un incontro. Si trattava di un locale in centro, niente di troppo elegante ma nemmeno di esageratamente frequentato, rigorosamente tra le braccia immobili di Besaid, in pubblico. Non avrebbe insultato la sua intelligenza celandosi dietro gli eventi della Kaigaten, e per quanto la sua identità fosse segreta e ben nascosta, Naavke era certo che l'operato dell'Istituto avrebbe senza dubbio tracciato dei collegamenti tra Libra e l'accaduto. Sfiorare un'ammissione di colpevolezza gli sembrò il contrappasso giusto da pagare per rompere la stasi definitivamente incrinata tra le due organizzazioni. Non avrebbe ammesso ad alta voce di essere il capo della Setta, ma avrebbe certamente accolto ogni congettura di Nikolaj, che fosse corretta o meno. Accomodatosi già elegantemente al tavolo in attesa del suo prezioso ospite, Naavke non si affrettò nel rigirare tra le dita come sempre ricoperte di nero lo stelo di un calice borgogna, lasciando respirare il vino nero proprio mentre osservava le luci morenti del giorno affacciarsi per sfiorare i passanti e le attività ancora per poco tempo assorbite nelle loro giornate lavorative. Non c'è pace per i proverbiali dannati però, che racchiusi nei loro piccoli piani e programmi continuano ad agitarsi incessantemente per mantenere quel poco potere che hanno racimolato per sè. Quella consapevolezza aveva reso Naavke più mansueto, ma non meno feroce. Attendeva Nikolaj e si domandava cosa il futuro avrebbe avuto in serbo per loro, considerati gli equilibri di una cittadina tanto mutevole ed imprevedibile.
    Assottigliando lo sguardo, il curatore riuscì ad identificare la figura del giovane amministratore delegato farsi strada tra la gente, spiccando tra le persone, a dispetto della sua somiglianza con loro. Può lasciare qui la bottiglia, grazie. Gocce rosse e spesse tornarono a superargli le labbra in un discreto assaggio, col quale Naavke si congedò dal cameriere per poi sollevarsi, una volta che Nikolaj gli fu sufficientemente vicino. Sembrava quasi del tutto intoccato dagli eventi alla Kaigaten, ora che le sue ferite parevano invisibili, nascoste da strati di ricchezza e sofisticazione. Lo salutò e poi si accomodò nuovamente, tornando al suo vino senza mai separare lo sguardo dell'altro per troppo tempo. Anche stavolta, Naavke non rimase sorpreso: la resilienza mostrata da Nikolaj ancora una volta si presentava tangibilmente davanti ai suoi occhi, nel suo respiro e nei suoi movimenti. Senza chiedere il permesso, si permise di versare un quantitativo simile di pinot nero nel calice dell'altro, dopodichè cessò la sua attività d'attenta osservazione per rilassarsi sulla seduta. La trovo bene, Nikolaj. Spero che anche la signorina Renoir sia in via di recupero. Un convenevole mai vuoto e necessario si fece largo tra i due, la voce di Naavke ferma eppure mai arida. Sono qui in qualità di umile pedone, i giochi non finiscono mai. Affermò lui, tornando ad avvicinare il calice alle labbra per il puro piacere di assaggiare ancora quel vino cremisi che tanto gli ricordava quegli ariosi rantoli di morte. Il legame con l'operazione di qualche settimana prima naturalmente non si rivelò accidentale, giacchè Naavke avrebbe volentieri accolto qualsiasi commento o pensiero dell'altro a riguardo. Ho sempre trovato l’idea della morte confortante. Il pensiero che la mia vita potrebbe finire in ogni momento mi rende libero di apprezzare pienamente la bellezza e l’arte e l’orrore, e tutto ciò che il mondo ha da offrire. La tragedia, infatti, non sta nel morire, ma nell’andare sprecati. Lasciando vagare senza invadenza lo sguardo sul torace di Nikolaj, Naavke si sovvenne della ferita che lo aveva trapassato da parte a parte, cercando così di empatizzare per qualche breve attimo con lui. Cosa avrebbe fatto lui, al suo posto? Si sarebbe lasciato mangiare come qualsiasi altro pezzo o avrebbe lottato? In questo, Naavke si riconosceva come simile al suo rivale. Per questo, sarebbe stato inutile farlo attendere ancora, andando direttamente al dunque. Io ho intenzione di divorarla. Non di ucciderlo, di torturarlo, di danneggiarlo, ma consumare Nikolaj, affinchè nulla di lui e della sua organizzazione venisse sprecato, il più grande peccato possibile. Il Mørdersonn Institute avrebbe potuto servire uno scopo più grande, ma avrebbe dovuto essre divorato e digerito da Libra affinchè ciò avvenisse. La sperimentazione sui cittadini certamente sarebbe stata, in previsione di uno scenario simile, un gran bolo da smaltire. E lei, cercherà di fare lo stesso, Nikolaj?

    «Killing must feel good to God, too. He does it all the time, and are we not created in his image?»
    «Depends on who you ask.»
    «God's terrific. He dropped a church roof on 34 of his worshipers last Wednesday night in Texas, while they sang a hymn.»
    «Did God feel good about that?»
    «He felt powerful.»

     
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    Era stata dura, e ancora più duro era ammettere d'aver subito un colpo talmente ben assestato da essere a un passo così dalla morte. Nikolaj Mordersønn non era tipo da spaventarsi, e non credeva di avere particolari paure esterne, eppure gli si rizzava la peluria dietro il collo al pensiero della cupola. Detestava essersi sentito così vulnerabile, che qualcuno avesse potuto assistere alla scena intonso, da una posizione privilegiata che tutto coordinava dall'alto. Pur non essendo in grado di provarlo, non ancora, il sospetto che dietro quella cocente umiliazione ci fosse Naavke Evjen si consolidava sempre di più nella sua mente alimentando quel cuore nero d'odio. Fino a quel giorno i due si erano limitati a tenersi d'occhio ma da lontano. Era impossibile ignorare la presenza dell'altro nonostante a volte Nikolaj provasse a fingere che non esistesse, da sempre convinto che siamo noi, con le nostre attenzioni, a dare spessore e importanza a una cosa. Tuttavia non era uno stolto. Entrambi uomini potenti aspiranti al controllo generale, sapeva di non poter usare la stessa tecnica che usava con la maggior parte del mondo. Perché, per quanto l'idea lo disgustasse, Naavke Evjen non era come tutti gli altri e l'aveva dimostrato chiaramente una manciata di settimane prima quando aveva deciso di giocare con la sua vita. La sconfitta gli bruciava dentro insieme alla ferita che, ancora bendata stretta, si stava lentamente rimarginando sotto la camicia inamidata a nuovo che aveva scelto appositamente per quell'occasione. Nell'auto dai vetri oscurati che procedeva a passo d'uomo nel cuore della città, Nikolaj si sfiorò i gemelli ai polsi, assaporando con trepidazione un incontro che a volte aveva desiderato ardentemente, altre neanche un po'. C'era da una parte la naturale curiosità che uomini come lui avevano verso un opponente che aveva dimostrato di sapergli tenere testa quando molti altri avevano fallito, troppo intimoriti e deboli per anche solo provarci; voleva capire cosa pensava, come funzionava la sua testa, forse constatare se fosse simile alla sua. Doveva esserlo, in una qualche misura, affinché i loro destini fossero così ingarbugliati. Dall'altra, invece, c'era la solita noia e repulsione che il giovane CEO provava verso qualsiasi scocciatura, che fossero le zanzare a Luglio o un uomo pericoloso come Naavke. Una scarpa lucida nera atterrò sul marciapiede e per qualche secondo quella fu l'unica cosa visibile di Nikolaj insieme alla lunga gamba, poi seguì il resto del corpo allampanato che si mosse senza troppe esitazioni verso l'ingresso di quel locale che forse, se fosse stata idea sua, non avrebbe scelto. Ma era un luogo pubblico, quello contava davvero. E che avessero dello scotch decente. Fece il suo ingresso con tranquillità, grazie l'alta statura sovrastava gli altri e fu in grado di scorgere l'uomo quasi subito. Un brivido, la colonna vertebrale fremette leggermente insieme alla palpebra sinistra, ma il passo di Nikolaj rimase controllato e calzante mentre si avvicinava al tavolo ricambiando il saluto. Accomodatosi sulla sedia, potè osservare il proprio nemico più da vicino. Non che ci fosse solo lui sulla sua personalissima lista nera, ma gli avrebbe forse fatto piacere sapere d'essere tra i primi posti. ≪La ringrazio.≫ Disse, chissà se lo stava ringraziando per il bicchiere di vino o per il "complimento". Evitò accuratamente di abboccare all'esca "Delilah", l'ultimo argomento di cui voleva parlare con l'uomo. ≪ Io invece la trovo..invecchiato. Forse dovrebbe limitare le gite in periferia e dedicarsi alla campagna o al mare. L'aria pulita è un toccasana, così ho sentito dire.≫ Soppesò la sua reazione, non aspettandosi comunque un'ammissione eclatante da parte sua. Quando aveva ricevuto la proposta di incontrarsi, Nikolaj era rimasto stupito. Si erano incrociati altre volte naturalmente, ma quello era il primo faccia a faccia che avevano, se non contiamo il vigliacco incontro al Kaigaten. C'era Naavke dietro quel mantello e quella maschera ne era sicuro, nascosto come il più ignobile dei codardi dietro un simbolismo che non era sfuggito a Nikolaj nonostante le condizioni critiche in cui quell'incontro l'avevano lasciato. Era sicuro fosse opera di Naavke, e lo mandava su tutte le furie non poterlo ancora dimostrare. Nei giorni che lo separavano dall'incontro aveva ragionato molto, Nikolaj, domandosi se l'altro volesse avere l'occasione di vantarsi sottilmente del colpo inferto o se magari volesse spaventarlo? Del resto era quello lo scopo, il messaggio che aveva voluto mandare imbastendo quell'orribile gioco sotto la cupola, no? Assottigliò lo sguardo grigio accennando un sorriso decisamente poco amichevole, mentre con due dita alzate chiamava il cameriere e ordinava uno scotch liscio con ghiaccio. Non aveva la minima intenzione di toccare quel vino. Fidarsi è bene non fidarsi è meglio, diceva sempre il nonno. Non perse tempo a bere un sorso calibrato non appena il suo drink arrivò, sentendosi immediatamente meglio, più rilassato. Sebbene avesse fatto vagare lo sguardo per la sala, Nikolaj lo ascoltò attentamente fino alla fine, fingendo solamente il contrario. Flesse la schiena contro la sedia, accavallò una gamba sull'altra unendo le mani sul ginocchio. ≪La morte?≫ Un sospiro spazientito. ≪Non ho bisogno di lei per godermi la bellezza, l'arte e l'orrore e tutto ciò che il mondo ha da offrire. ≫ Imitò intenzionalmente le sue parole, ricalcandole una per una come se stesse leggendo o ripetendo in classe. Portò di nuovo il bicchiere alle labbra, tingendole d'ambra. ≪È un concetto talmente lontano da me da non contemplarlo.≫ Mentiva, naturalmente. Aveva visto la morte a diciotto anni in una sala operatoria, ma i dadi avevano scelto lui come vincitore a discapito del gemello. Poi, sotto la cupola, afflitto dalle visioni e dallo sguardo acquoso di Delilah, con una lama conficcata nel petto aveva pensato per un momento che potesse essere la fine. Tuttavia non era successo neanche quella volta, la sua ora non era ancora giunta e questo aveva rinforzato le manie di onnipotenza che, in fondo in fondo, lo convincevano d'essere in qualche modo in grado di sfuggirle. Vennero serviti degli stuzzichini raffinati. Nikolaj afferrò un'oliva snocciolata che portò alla bocca con la punta del pollice stretta all'indice. Rimase spiazzato da quell'improvvisa ammissione, un colpo al ciel sereno talmente diretto da stonare dopo tutte quelle vaghe ma altrettanto evidenti allusioni. Dovette ammettere di apprezzare l'audacia dell'uomo, rispecchiandosi per certi versi in quel volto segnato dalla vita che per un attimo gli ricordò quello del nonno. In fondo, c'era stato un tempo in cui anche Aleksej avrebbe voluto divorarlo. Bloccò la masticazione per un secondo, alzando gli occhi grigio azzurri su Naavke per poi annuire come gli avessero appena comunicato che domani avrebbe piovuto abbondantemente. Si prese il tempo di ingoiare, passando il tovagliolo sulle labbra con lentezza prima di rispondere. ≪Sarei rimasto deluso nell'apprendere il contrario.≫ Ammise molleggiando leggermente la gamba accavallata.≪ Devo avvertirla però che le risulterà complicato. Ho più risorse di quanto immagina.≫ Accennò con lo sguardo alla strada, ai tetti delle case limitrofe. C'erano diversi suoi uomini a controllarli in quello stesso momento attraverso il mirino di armi a lungo raggio. ≪Vede, Naavke, se con il teatrino al Kaigaten e con questa spiacevole conversazione spera di spaventarmi la devo fermare subito: io non ho intenzione di divorarla, non direttamente almeno.≫ Prese una seconda oliva, masticandola a labbra strette. Ingoiò. ≪Come stanno Eyr, Poison, Roy e... Calypso, giusto? Splendida ragazza, complimenti. Una vera forza della natura.≫ Scambiò gamba da accavallare. Non era l'unico, Naavke, ad aver studiato. Come aveva scoperto Delilah, anche lui sapeva una cosa o due sul conto della famiglia dell'altro. ≪Dicono sia importate circondarsi di donne forti, che sono loro a tenere in piedi un uomo. Lei la pensa così? È Cassandra la sua forza o il suo punto debole?≫ I polpastrelli delle dita solleticavano al desiderio di piantarsi sulla sua pelle e controllarlo. Non ricordava di aver mai desiderato così ardentemente di ferire qualcuno come in quel momento. Voleva guerra aperta? Nikolaj Mordersonn era pronto a dargliela.
     
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