As I open my arms to the depths below

Sibylla & Sirius | Tarda Serata, casa di Sirius

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    As I open my arms to the depths below
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    Era stata addestrata tutta la vita per quello, per quel panico che, sebbene fosse ancora solo la scia di un grido d'allarme, cominciava ad impadronirsi del terreno che calpestava. Sapeva di cosa la mente umana fosse capace, tanto quanto sapeva di cosa fosse capace la spinta dei sentimenti altrettanto umani. Ogni cosa, al mondo, si muoveva per rincorrere una stabilità emotiva di cui, alla fine, nessuno godeva. Erano i sentimenti e le emozioni non solo a creare quel mondo in cui vivevano, ma anche a distruggerlo. E lei, Sibylla Greseth, era stata creata per quello, addestrata per quello, per arginare i danni di chi si lasciava sottomettere dalle proprie emozioni. Aveva iniziato quando era stata ancora solo una bambina, le avevano insegnato a distinguere la rabbia dalla tristezza, la sete di vendetta dal senso di colpa, la felicità dalla malinconia. Tutto per comprendere che, qualsiasi essa fosse, l'emozione restava solo passeggera e fonte d'illusione, non avrebbe dovuto compromettere la solidità di un pensiero ragionato, della parte razionale del proprio io. Qualcuno avrebbe probabilmente osato dire il contrario, magari non in sua presenza, ma Sibylla sapeva perfettamente quanto controllo avesse su se stessa e sulle proprie emozioni e, di questo, se ne sarebbe sempre vantata con semplicità. La curiosità aleggiava intorno e sugli altri, sul come fosse facile per alcuni perdere il controllo e su come, invece, altri tentassero con tutte le forze di non cedere e di restare invece aggrappati alla parte razionale. L'abisso era immenso.

    Quando Sirius aprì la porta, Sibylla reggeva in una mano una bottiglia di Cabernet Sauvignon del 2013, un rosso pregiato dal sapore dolceamaro, nell'altra un sacchetto di cartone bianco dalle medie dimensioni, al suo interno un paio di Hot Dogs presi dal food truck di fronte l'università. Sebbene si potesse pensare che fosse dal palato fine, Sibylla si lasciava spesso andare a cibi veloci e non sempre salutari, cedendo alla tentazione soprattutto a tarda serata, quando l'intera giornata trascorsa aveva quantomeno tentato di toglierle via le energie, invano. «Siamo di fronte ad una lunga notte, mi chiedevo se anche tu volessi passarla in compagnia.» affermò non appena gli occhi di lui si furono posati sulla figura di Sibylla dinnanzi la porta dell'abitazione. Accennò un sorriso gentile mentre sollevava di poco entrambe le braccia per mostrare a Sirius il vino e il sacchetto.
    Dopo che l'ebbe lasciata passare, Sibylla si fermò educatamente poco dietro di lui, attendendo che chiudesse la porta e si voltasse verso di lei. Le sensazioni che si sprigionavano dentro di lei quando era in presenza di Sirius erano del tutto positive, portandola a chiedersi se, dopotutto, si trattasse solo ed esclusivamente di curiosità o se, a lungo andare, l'uomo stesse riuscendo a scavarsi un posto caldo e al sicuro fra le riga delle sue più strette amicizie. Sentiva di appartenere ad ognuno di quei momenti trascorsi assieme non solo al parroco, ma all'uomo che aveva deciso di prenderne le vesti. Sebbene Sibylla fosse capace di distinguere le due figure, al contempo era abile nel riconoscere quelle somiglianze che legavano le due estremità, poteva riconoscerle nel modo in cui Sirius esternava i propri pensieri legati a ragionamenti di una mente umana che, come lei, comprendeva anche alla perfezione le emozioni e l'influenza che queste potessero avere sulla parte razionale dell'uno. Si trattava però, alla fine, di un rivestimento. Non andava troppo lontano da quello che lei indossava giornalmente quando attraversava i corridoi dell'università e, solo qualche ora dopo, quelli più stretti e ambigui della sezione governativa. Si trattava sempre della stessa persona che, per raggiungere uno scopo, qualsiasi esso fosse, doveva necessariamente sacrificare parti di sé: che fosse tempo, debolezze, senso di colpa, nessuno poteva osservare quelle parti nascoste, almeno finché il travestimento non cedeva o ci se ne spogliava. L'abito di Sirius, la sua corazza protettiva, era per Sibylla ben più interessante di qualsiasi altro travestimento o protezione, più luminoso di qualsiasi deviazione comportamentale con il quale avesse già avuto modo di prendere contatto o visione attraverso gli anni di carriera come criminologa o addestratrice di reclute per il governo. Sotto le semplicissime vesti di un prete si nascondeva Sirius e tutte le sue debolezze, tutte le incertezze e di conseguenza il riflesso vero di ciò che vedeva quando si guardava allo specchio. Era tutto lì e lei ancora non poteva vederlo, solo immaginarlo.
    Posò la bottiglia di vino e il sacchetto di cartone sul tavolo di fianco al divano così da avere le mani libere per togliersi la giacca che l'aveva riscaldata fino a quel momento. «Ho pensato che avresti apprezzato un bicchiere di vino versato da una bottiglia, una volta ogni tanto, dopo anni di contenitori di cartone.» scherzò, riferendosi a tutte quelle volte che, nelle tarde serate della domenica, si erano rintanati nel retro della Chiesa per dedicarsi uno o due bicchieri in compagnia di un paio di chiacchiere tanto leggere quanto spaventosamente profonde e che, per tutto quel tempo, erano anche rimaste un'esclusiva meravigliosa fra di loro, solo fra Sibylla e Sirius. Esclusiva che da qualche mese a quella parte si era alterata per allargare i propri confini e nascere anche altrove: un Cafe nel centro di Besaid, un trancio di pizza in un ristorante italiano, un film interrotto nel mezzo della visione perché dai flebili commenti riguardo la trama e, più di tutto- la struttura spirituale e psicologica dei personaggi, ne erano nate conversazioni riguardo al tutto e al niente che li aveva consumati per ore. Sebbene avessero intessuto un rapporto ben poco convenzionale, c'erano state comunque alcune cose di cui non era stato ancora ammesso parlare e, una di quelle, era stato il lato governativo della criminologa e professoressa. Sibylla in primis era stata onesta con Sirius dal primo momento, quando bloccati nell'ascensore, aveva deciso di confidare a lui ogni peccato e, conseguentemente, ogni sfumatura opaca della propria vita. Da quel momento, però, quel preciso cassetto del proprio armadio non era mai stato più aperto con lui, finché, lo aveva saputo, lo aveva accolto nell'aula dell'università la sera di una settimana prima. Lì, in mezzo a mille altri volti conosciuti e non, Sirius era stato certamente tra i meno sorpresi nel vederla in piedi fronte ad una cattedra e non per insegnare concetti di psicologia ai suoi studenti, ma a rappresentare un ente più grande di lei, più grande di qualsiasi normale comune cittadino. Se Sirius, quindi, restava protetto dalle sue vesti nere con colletto bianco, Sibylla ora era solo Sibylla e nient'altro e, per quel preciso motivo, aveva deciso di rincorrere Sirius per ciò che era, ma avrebbe potuto farlo solo dando a lui la possibilità di notare che, la donna che ora aveva davanti, fosse al suo stato più basilare e veritiero, per quanto una donna con alle spalle addestramenti sia fisici che mentali potesse esserlo davvero.
    Non si erano visti per un'intera settimana, rimandando forse inconsciamente quello che sarebbe stato l'incontro più temuto della prima vera confessione. «Se fossimo in procinto di assistere al corso di una selezione naturale... dovremmo bere l'intera bottiglia di vino oppure limitarci, come al solito, ad uno o due bicchieri?» azzardò, ben conscia del messaggio che in realtà stava rivelando. Non aveva timore che lui le ponesse domande, sebbene ce ne fossero state sicuramente alcune alle quali non avrebbe potuto davvero rispondere. Il permesso, più che altro, lo elargiva ad osare con lei come persona, non come criminologa o agente governativo. Da quel permesso, però, Sibylla ne avrebbe dedotto anche il proprio, quello che le avrebbe dato il via libera alla caccia al vero Sirius, niente toga o colletto bianco.
     
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