This is a lesson to take, hold someone tight and they break

Magnus x Tara

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    A mezzanotte il Perception era aperto da poco, ed ogni singolo spazio del locale era pronto ad essere popolato. Tara si muoveva indisturbata in penombra, abituata a quelle stanze ed a quelle persone che solo qualche anno prima rispondevano a sua cognata Isie. Erano cambiate molte cose da allora, ed era cambiata anche lei. Come fare a riprendere le fila di una vita dalla trama già tanto spessa quando si manifesta una particolarità che mostra solo il peggio degli altri e di te stessa? Come non restare schiacciata dal peso delle responsabilità? Ogni volta che provava a pensarci razionalmente ogni sua considerazione si frantumava in un sonoro mal di testa. Allora spazzava tutto via sotto il proverbiale tappeto, in modo da fermarsi ad affrontarne lo sporco solo in rari momenti di pace, oppure lasciava che tutto le esplodesse dritto in faccia, proprio come il pugno che le era arrivato sul naso pochi minuti prima. «Pezzo di merda.» Soffiò velenosa, asciugandosi quelle poche gocce di sangue emerse dalla pelle con il dorso della mano. Quest'ultima non si rivelò la mossa più efficace, eppure Tara non riuscì a fermarsi, infastidita dal dolore e da quella sensazione scomoda e scivolosa sul volto. Arrivò facilmente al bar, e fu allora che Henri la salutò cortese come sempre, porgendole una compressa di ghiaccio come se i suoi movimenti seguissero un automatismo a lui familiare. «Abbiamo aperto soltanto un'ora fa, signorina Lennox... Il signor Wilson non c'era? Mi chiedo perchè continuino a cercare di spacciare qui dentro, offriamo già dei prodotti sopraffini.» Solo un grugnito accolse il bonario rimprovero del barman dall'altra parte. «Wade è più diplomatico, dici tu.» Pungolò lei, sbuffando una risata che si sciolse direttamente nel ghiaccio che pressò sulla ferita. «Nah, oggi ha preso un giorno libero. Come vedi, nemmeno stanotte avremo il pienone.» La recente epidemia che aveva iniziato a macchiare il territorio besaidiano preoccupava non solo le autorità e gli onesti cittadini impegnati a difendere il bene comune, ma anche il ventre criminale della città, là dove gli affari si smuovono parallelamente alla superficie. Ogni grattacapo che Tara si trovava a dover risolvere non riguardava mai soltanto lei, ma anche la sua famiglia, in particolar modo suo padre. Roger Lennox era un uomo meticoloso sino ai limiti dell'ossessione nei confronti dei suoi affari; il suo occhio poteva vedere tutto se non abilmente distratto, e Tara, così come Magnus, desiderava che rivolgesse la sua attenzione altrove finchè non avessero capito di più su ciò che stava accadendo. Persone che perdevano la loro particolarità, si indebolivano, entravano persino in coma. Una nuova oscurità era calata su Besaid, e come per tutte quelle affrontate in precedenza, Tara e Magnus non si tiravano indietro nell'addentrarvicisi.
    Era dunque arrivato il momento di mettersi a lavoro. Dando un paio di colpetti al bancone con la mano libera, Tara salutò il prezioso barman e si fece indietro con la compressa ghiacciata ancora nel palmo, sicura del fatto che ne avrebbe avuto bisogno anche in seguito. Dal primo spazio più raccolto emerse nel secondo bar, più simile ad un club che ad un vero e proprio circolo di gioco, e le parole che aveva pronunciato poco prima tornarono a farsi vive come se le avesse sussurrate al proprio udito: in quegli ambienti scuri e pulsanti di musica solitamente occupati da persone perse in ogni tipo di peccato ora non si trovava che lei, da sola. Attraversò allora l'intera sala illuminata unicamente dal chiarore freddo dei neon per sedersi su uno dei divanetti, allargandosi su di esso e sfilandosi la pistola dalla cinta dei jeans per posarla al proprio fianco per star più comoda. Nel socchiudere le palpebre, Tara esalò un respiro più pesante: avrebbe voluto riempirsi di considerazioni, di domande, riflettere su ciò che stava accadendo e sul perenne, invadente sguardo di suo padre sin da quando le aveva affidato il Perception, a ciò che ogni volta ricordava quando pensava a lui ed al suo volto spaventato e consapevole, eppure non c'era nulla. Si sentiva vuota. Esattamente come lo spazio in cui si trovava, lei più di tutto era una voragine scura in cui, stavolta, non desiderava guardare. Era certa che ciò che avrebbe visto spiando al suo interno non le sarebbe piaciuto. Non si era neanche resa conto di aver riportato l'impacco di ghiaccio sul naso, e nonostante ciò, registrò un odore a lei familiare. Fumo spesso, e sotto di esso un dopobarba forse sorprendentemente scadente ma buono, quasi prepotente al naso. Magnus. Riaperti gli occhi affilati ed attenti, Tara li fissò sul fratello a pochi metri di distanza da lei. Le era di fronte, e potè facilmente esaminarne la figura con lo sguardo, un vezzo rapido e quasi inconsapevole, come ad accertarsi che l'altro stesse bene. Tanto veloce e rischioso, l'andamento delle vite di entrambi li poneva tutti e due in una condizione di incertezza quasi continua. «Beh, com'è andata la gita? La criminologa carina voleva solo chiederti il mio numero?» La domanda, mordace come sempre, scivolò con una punta di curiosità fuori dalle labbra di Tara, al corrente del fatto che Magnus avesse ricevuto un invito importante. Nientepopodimeno che ufficiali del governo di sua maestà avevano richiesto misteriosamente la presenza di rappresentanti della cittadinanza ad un incontro in università sul recente scoppio dell'epidemia sykdom. Tanto e più velocemente di quanto facessero nel mondo dei "civili" le notizie scorrevano nell'underground, e già parecchie speculazioni erano state fatte riguardo alla natura dell'epidemia. Molto probabilmente si trattava di una persona che operava da sola attraverso la sua particolarità, forse di una nuova manifestazione sovrannaturale della città, o entrambe le cose. Tanto era stato detto e tanto era stato cercato. Infatti, così come immaginavano che gli altri avventori di quel meeting singolare avessero svolto le loro ricerche, anche Magnus e Tara si erano informati al meglio delle loro possibilità. Troppe incognite però continuavano a gravitare sull'argomento, e la partecipazione di Magnus all'evento avrebbe fornito più elementi in grado di permettere loro di sostenere gli affari di famiglia anche in quel periodo tanto mutevole.
    «Sai che Senior ci starà addosso tra non molto.» Considerò Tara poco dopo, abbandonando solo allora la compressa di ghiaccio sul tavolino di fronte a sè, incrociando le braccia al petto. Sembrava volesse difendersi dalle opinioni taglienti ed inutili del padre anche quando lui non era presente in carne ed ossa ad infastidire sia lei che il fratello. Per quanto fosse accaduto in passato, Tara non avrebbe permesso più a Roger anche solo di tentare di ferirla, avvertendo un viscerale fastidio nel pensare a lui, tanto da desiderare, come spesso accadeva, di poter restare in un futuro non lontano in piedi, ad osservare la bara di suo padre venire calata nella terra per non riemergerne mai più. Magnus invece, preparato ed intuitivo com'era, non conservava in sè quel tipo di presunzione e vuoti giudizi per coloro che gli erano attorno - amava mostrarsi agli altri intoccabile e capace di far loro del male, e possedeva al contempo un grande pregio e difetto: pensava unicamente a se stesso. Tara apprezzava esattamente questo suo tratto, che per quanto difficile per molti da elaborare, lei invece capiva come fosse suo. Narcotizzato dalla sua forte consapevolezza di sè, Magnus era difatti una persona tanto spericolata ed imprevedibile da essere difficile da spezzare, in qualsiasi situazione. Sebbene in forme differenti, Tara vedeva se stessa rispecchiata nello sguardo del fratello, quand'era mansueto tanto quanto fuori controllo - due sottovalutati che si erano fatti strada nella privilegiata famiglia Lennox con non pochi sforzi. Roger, infatti, avrebbe sempre cercato di esercitare il suo potere su di loro, ed in un modo o nell'altro entrambi avrebbero dovuto assorbirne gli effetti e negoziarne le conseguenze. Mentre attendeva le sue risposte, senza fretta, Tara si sporse un po' in avanti, chiedendo a Magnus con un cenno con due dita di passarle una sigaretta. Fumava raramente, eppure le sarebbe servito un momento di pausa - nonostante la giornata sulle sue spalle fosse stata già molto lunga, la notte era appena cominciata.
     
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    Di cosa si trattasse aveva poca, pochissima importanza. Quello era solo il preambolo di conseguenze che li avrebbero colpiti di sottecchi, sarebbero divenuti danni collaterali, la mina che esplode solo se ci metti il piede sopra per sbaglio: boom, un salto per aria; l'aria che si porta via tutta la cenere, quella che rimane. E questo, Magnus, purtroppo lo sapeva, che a furia di esser lasciato fuori da tutto aveva imparato ad osservare, calcolare l'incalcolabile, come in quel momento in cui, dopo aver infilato dito indice e medio nella tasca dei pantaloni neri, ne aveva tirato fuori due banconote per posarle sul bancone del bar del Perception, lo sguardo sulla parete entro la quale vi era incastonato uno specchio, a guardarcisi riflesso fu capace di riconoscere solo quello. Da quando Isie aveva deciso di lasciar andare la presa su ciò che pensava le spettasse di diritto dopo la scomparsa di suo marito, ogni cosa era cambiata, persino lui, persino lei, persino quello che Magnus aveva sempre saputo non avrebbe mai retto, non in quella realtà, non con le mani di Roger strette attorno al suo collo e a quello della donna che aveva amato. Che amava ancora.
    Soffocò quel pensiero per renderlo piccolo, gettarlo in una busta di plastica ed inquinarci il mondo affinché non facesse lo sfesso con i suoi polmoni già anneriti di tabacco. A scegliere tra il proprio bene e il bene del mondo, Magnus, non aveva mai avuto proprio alcun dubbio, nessuno. Se gli altri voltavano lo sguardo dinanzi alla sua figura, perché mai avrebbe dovuto, lui, evitare di fare lo stesso? «Uno ci ha provato di nuovo, stasera.» Henri, dietro la bancone, si allungò nella sua direzione per lasciargli un bicchiere ricolmo di un fluido chiarissimo, due cubetti di ghiaccio al suo interno. Solo allora Magnus spostò lo sguardo dal riflesso nello specchio per posarlo sul viso dell'altro. Sollevò il mento senza proferir parola, le sopracciglia due linee rette prive di qualsiasi curva d'espressione. Sapeva perfettamente di cosa si trattasse, era successo altre volte, eppure mai così spesso come in quel periodo. La città sembrava aver perso il proprio equilibrio e, se da una parte i cittadini sembrava avessero paura di esser buttati giù, dall'altra Magnus aveva l'impressione che chiunque facesse di tutto per cadere da solo, senza alcuna spinta, prima che fosse troppo tardi. Era abbastanza chiaro a chiunque che, entro quelle specifiche mura, nessun altro aveva il diritto di commerciare il cavolo che gli voleva e ora la consapevolezza che, in qualche modo, le regole sembravano ribaltate senza una vera e propria ragione, lo infastidiva e non poco. I tempi in cui aveva ripreso a sollevare gli angoli delle labbra in un sorriso che solo ed esclusivamente ad una persona aveva riservato erano oramai andati, di quel Magnus non sembrava esserci rimasto quasi niente, neanche il ricordo, solo una fantasia che si avvicinava ad esso. «Ci ha già pensato Tara.» aggiunse l'altro automaticamente, abituato agli impercettibili e pochi segnali che Magnus riservava generalmente ai dipendenti del Perception. Accennò di conseguenza solo un gesto con la mano, il pollice s'innalzò nella direzione del ragazzo prima che la mano si protrasse ad afferrare il bicchiere dalla forma di un cristallo intagliato, la zigzatura s'illuminava sotto la luce dei faretti neon del bar. Gli diede quindi le spalle per andare a rifugiarsi nella seconda sala, dove sapeva che Tara lo stesse aspettando.
    Varcata la soglia, la sagoma della sorella se ne stava su uno dei divanetti, gli occhi serrati, iridi perse in un tempo che non era quello, forse in un mondo che non era quello. Fumosi come la sigaretta che, sfilata da dietro l'orecchio, Magnus andò ad incastrare fra le labbra sottili per poi accenderne un'estremità. Quando le fu abbastanza vicino, Tara aprì gli occhi per puntarli su di lui mentre il bicchiere di Vodka che aveva trascinato con sé, ora già vuoto, veniva posato sulla superficie del tavolino lì vicino. «Beh, com'è andata la gita? La criminologa carina voleva solo chiederti il mio numero?» scherzò Tara, in parte. «Sì, per avere una scusa e mettermi la mano nei pantaloni.» ribattè lui, scrollando appena le spalle mentre, avvicinandosi a lei, restò in piedi a mezzo metro dalle gambe di Tara. «Spero l'altro sia messo peggio. Queste cose però dovresti farle risolvere a qualcun altro. Dopotutto il signor tutina si porta a casa un bel gruzzolo per il lavoro che non fa.» disse con tono di voce calmo, serioso, un pizzico di ironia nella voce ovviamente non potè mancare nel momento in cui si riferì a Wade, da sempre contrario alla sua presenza al Perception.
    Prese a camminare lentamente, destra, sinistra; sinistra, destra; Il viso ora rivolto verso il pavimento oscurato dal mix di luci fioche e buio sotterraneo in cui si nascondeva ormai da anni il Perception, strana la sensazione di familiarità che gli era rimasta attaccata addosso anche dopo che Isie aveva ceduto il proprio posto. Riportò quindi la sigaretta alle labbra, soprappensiero, ed inspirò profondamente. Veleno dentro, veleno fuori, veleno intorno. «Sai che Senior ci starà addosso tra non molto.» aggiunse la sorella e, quando Magnus sollevò nuovamente lo sguardo su di lei, gli venne quasi naturale collegare quello sguardo poco malleabile di lei con il tono di voce quasi seccato, forse spacciato? Credeva, Tara, che non avrebbero avuto più alcuna possibilità di scelta? Si fermò, piantò i piedi sul pavimento, la giacca nera che copriva una camicia dello stesso colore intrappolata nella vita di un pantalone scuro. Portò via la sigaretta dalle labbra, premendone poi il filtro marrone nel posacenere ancora pulito sul tavolino. «Hm.» mugugnò, continuando a restarsene in piedi per qualche secondo prima di dirigersi nuovamente verso l'uscio della sala. Sparì dietro di esso per qualche istante, riapparendo con un altro bicchiere in una mano e una bottiglia di Vodka nell'altra. Posò entrambi sul tavolo e si destreggiò nel versare il liquido cristallino in entrambi i bicchieri, dopodiché ne spinse uno col dito indice in direzione della sorella e lui afferrò il proprio.
    Riprese a camminare, destra, sinistra; sinistra, destra.
    «Potrebbe non essere così.» cominciò, poi un sorso di vodka gli schiarì la gola. Si sedette accanto a Tara, sorrise divertito per una brevissima frazione di tempo, giusto quello che gli servì per formulare la frase, il pensiero. «A Roger non piace ciò che non funziona, non gli piace ciò che non è bello, non piace ciò che fa muffa.» disse, fermandosi di nuovo per versarsi un altro bicchiere. Aprì la bottiglia, il tappo scivolò sul tavolo e rotolò sul pavimento. Fu perso nel buio. «Il Perception è relativo, il più brutto dei suoi affari, poco importante e di conseguenza, se Besaid fa la muffa, Roger non sarà capace di buttarci l'occhio. Mi spiego? E' un uomo di politica, tuo padre. Sta solo dove ci sono cose belle, Tara.» sollevò lo sguardo su di lei, restò sul viso della sorella per qualche secondo in attesa di una reazione. Aveva un pensiero, Magnus, avrebbe dovuto avere paura di pronunciarsi? «Se cade Besaid, Roger non muoverà un dito per impedire che il Pereption precipiti.» aggiunse, annuendo piano con la nuca. Sollevò il bicchiere, giù l'ennesimo sorso, poi si sollevò di nuovo. «Hanno parlato di un qualcuno, una sola persona, nessun virus. Che poi era quello che sapevamo già. Potrebbe giocare a nostro favore.» sussurrò questa volta, lo sguardo di nuovo per terra, Magnus si perdeva nei calcoli della propria mente, cercava le conseguenze. Era quello, il momento da sfruttare per far parte del caos e crearne dell'altro. «Si stanno ribaltando le regole, e non solo qui dentro, ovunque. Non hanno idea di che pesci prendere, vince chi prende meglio per il culo l'altro.» concluse, chiedendosi da che lato sarebbero caduti loro due.
     
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    Tara e Magnus scivolavano nelle loro vite come il fumo della sigaretta che il ragazzo reggeva tra le labbra nelle pareti scure del Perception. Non era concessa loro molta luce, ma quella che bastava nessuno dei due era disposto a soffocarla, chi per una ragione chi per un'altra. Tara ne veniva tagliata al profilo, seduta tra le sale vuote, decimate da una epidemia che aveva spostato l'ago della bilancia a Besaid. Verso chi pendesse era ancora un mistero. Magnus col suo arrivo avrebbe portato della chiarezza in una situazione che più che di fumo sapeva di nebbia, fatta per disorientare e che lasciava l'umido fastidioso della domande che si portava con sè dritto in faccia. «Sì, per avere una scusa e mettermi la mano nei pantaloni.» Il dolore al naso non fermò Tara dal regalare un'espressione quantomeno dubbiosa e riluttante al fratello, guardandolo avvicinarsi a lei, restando quasi indolente agli stimoli esterni. «Spero l'altro sia messo peggio. Queste cose però dovresti farle risolvere a qualcun altro. Dopotutto il signor tutina si porta a casa un bel gruzzolo per il lavoro che non fa.» Il fatto che Magnus non amasse Wade non costituiva un enigma per nessuno al Perception, ma Tara doveva ammettere di considerare la loro rivalità divertente, anche perchè in uno strano modo le scaldava il cuore, riportandole alla mente dei tempi di Isie al Perception. Dici tu, non devo rovinarmi la manicure. Ribattè divertita e senza pungere lei. Wade l'ho mandato a casa io. Hai visto anche tu, non c'è un cane. Non più almeno. E comunque Tutina mi ricorda Isie. Cacciati i commercianti illeciti infatti, nelle sale del locale non si trovava davvero nessuno oltre al personale, Magnus e Tara. Una giornata lenta non avrebbe risvegliato normalmente alcuna preoccupazione, ma data la condizione in cui versava la città, Tara non sentì di poter tralasciare alcun dettaglio.
    Per quanto non vicini in maniere convenzionali, Tara aveva sentito il rumore del cuore di Magnus che si spezzava e la vibrazione triste del vuoto che ne era seguito dopo che Isie aveva concentrato i suoi sforzi lontana dal Perception. Magnus non era un uomo petulante, si gettava sul lavoro e non permetteva agli altri di accedere ai suoi dispiaceri, ciò non significava che restassero del tutto invisibili, così come la devozione di lui per Isie. C'erano cose tra i Lennox-Nystrom che restavano non dette, scheletri nell'armadio che impigliati tra parole di conversazioni sussurrate ed i loro costati fatti d'osso, immobili ed ingombranti. Ciò che aveva fatto Magnus per Isie era questo ed un'intuizione che non avrebbe mai dovuto essere confermata ad alta voce. A Tara bastava. Dunque, proprio come in ogni altro momento di crisi e giro di boa, Magnus cominciava a muoversi. Faceva come un pendolo, da una parte all'altra, inesorabile come il ticchettio delle lancette. Tara lo guardò scomparire nel buio ed emergervi poco tempo dopo, versando così della vodka ad entrambi. Un'occasione degna di un brindisi. Più che come una affermazione quel pensiero si formò nella mente di Tara come una possibilità, una domanda. Che si trattasse di pura sete o semplicemente della disfatta della città si sarebbe scoperto molto presto. «Potrebbe non essere così.» Tra tutte continuava ad essere Roger Lennox l'ombra più grande al Perception, almeno per Tara. Avrebbe voluto dissiparla con violenza, eppure ancora non ci riusciva, lo sentiva incombere su di lei ed al tempo stesso guardare a loro con sdegno. Del resto, due verità possono coesistere, specialmente se si parla di un politico. Silenziosa, Tara ringraziò il fratello con un cenno del capo, e lo vide prendere posto accanto a lei su quel divano ridicolmente spazioso. «A Roger non piace ciò che non funziona, non gli piace ciò che non è bello, non piace ciò che fa muffa.» Avrebbe voluto sorridere con lo stesso divertimento che Magnus riservava ai suoi pensieri a riguardo, eppure si ritrovò ad inspirare sangue ancora una volta.
    «Il Perception è relativo, il più brutto dei suoi affari, poco importante e di conseguenza, se Besaid fa la muffa, Roger non sarà capace di buttarci l'occhio. Mi spiego? E' un uomo di politica, tuo padre. Sta solo dove ci sono cose belle, Tara.» Ancora chiusa nel silenzio Tara soppesò ogni parola, sollevando solo allora il bicchiere per lasciarsi scivolare della Vodka giù per la gola, tenendolo un attimo in bocca affinchè bruciasse un po'. «Se cade Besaid, Roger non muoverà un dito per impedire che il Pereption precipiti.» In quel momento Tara si ritrovò ad annuire. Si posò il bicchiere su una gamba tenendolo racchiuso in mano e puntò qualche istante lo sguardo sul punto in cui credeva di aver sentito rotolare via il tappo ormai perso nel buio. Molto spesso nell'angolo più buio della stanza c'era lei, e l'idea non la disturbava più. Su questo sono d'accordo, del Perception e di noi lui non se n'è mai fregato niente, quindi se Besaid esplode, esplode. Concordò lei tornando al suo bicchiere sino a che non ne svuotò il contenuto. Però non è capace di non buttare l'occhio. A lui piace ciò che è bello, ma ciò che è bello per lui è ciò che può controllare. Soffiò rendendosi conto di non parlare unicamente del Perception, e come sempre, col veleno nella voce. Lui non farà niente se dovessimo cadere, ma si riserverà il piacere di dirci, una volta che saremo nella merda fino al collo, che è stata tutta colpa nostra. E io odio sentirlo anche solo parlare. Dopo quell'ultima frase, si pentì di averla pronunciata. Un tipo molto specifico di rabbia si annidava in Tara ogni volta che pensava o parlava di suo padre. Probabilmente non aveva mai detestato nessuno come Roger, eppure sapeva di dover impiegare tutte le sue forze per non lasciarsi andare. Gli equilibri legati al Perception erano troppo fragili ed i propri obbiettivi troppo disallineati con quelli di tutti gli altri per mettere le carte in tavola. Come al solito si trattava di giochi pericolosi e sottili.
    «Hanno parlato di un qualcuno, una sola persona, nessun virus. Che poi era quello che sapevamo già. Potrebbe giocare a nostro favore.» Nuovamente, Tara annuì. Le informazioni in loro possesso generalmente potevano considerarsi sicure, ma una conferma dagli apici del governo non poteva che rivelarsi utile. Che Tara desiderasse limitare i danni del sottobosco besaidiano o che Magnus volesse rimpolpare gli affari, sapere di potersi inserire nel discorso non avrebbe che giovato al Perception. «Si stanno ribaltando le regole, e non solo qui dentro, ovunque. Non hanno idea di che pesci prendere, vince chi prende meglio per il culo l'altro.» Finalmente, un sorriso spuntò sulle labbra di Tara. Mise da parte il bicchiere vuoto e si portò le mani intrecciate al ventre, stendendo le gambe per incrociare le caviglie. Era più tranquilla: si trattava di lavoro. Lei e Magnus sapevano farlo bene. Allora non ci batterà nessuno. Ridacchiò ben contenta, portando poi lo sguardo al volto del fratello. Ci conviene avere delle idee... su cosa fare se le tutto resta così (improbabile) e cosa fare se tutto esplode (molto probabile). Sykdom non era la prima sfida a bussare alle porte del Perception, eppure rappresentava una prima volta per Besaid intera, e le incognite si nascondevano numerose e pericolose, in agguato, ed anche Tara iniziò a pensare ad un salto nel buio. Nonostante tutto si dimostrava una criminale cauta, tenendo gli occhi aperti su ogni persona che entrava ed usciva dalla sua vita privata e professionale, ma non era quello il momento per ritrarsi. Le malefatte di Senior si sarebbero rivelate ancora una volta insegnamenti da cui trarre ispirazione, per quanto Tara lo detestasse. Sei tu quello che si occupa del mercato, quindi l'ultima parola su queste cose è la tua, ma di solito quando c'è un disastro gli affari diventano interessanti per persone come noi durante la ricostruzione. Suggerì lei, ripensando all'intero discorso che il fratello aveva condiviso. Hai tante conoscenze Magnus, sono sicura che qualcosa salterà fuori che potremo avere solo noi, e che venderemo solo noi, ed il Perception si riempirà come un uovo, al contrario di oggi. Meglio noi di altri. Era sempre quella la frase che Tara si ripeteva ancora e ancora e ancora. Meglio loro di altri, anche se continuare a pensarlo non la convinceva del fatto che fosse vero. Questo qui conoscerà persone che sono passate dal Perception, forse potrebbe anche essere venuto di persona in passato. Se ripasserà e becca uno di noi sarebbe un casino. Decidere da che parte stare, aggiungere un altro peso alla bilancia o cercare di sradicarla del tutto avrebbe fatto differenza se Magnus o Tara fossero stati destinati a morte certa ed un declino veloce come tanti altri cittadini a Besaid? Una domanda che valeva la pena di farle cambiare idea - Tara riprese il bicchiere ormai abbandonato, e lo riempì ancora, facendo lo stesso con quello del fratello. Però è anche vero che potremmo anche prenderci una pallottola in testa anche tra un secondo, quindi mi faccio troppi problemi.
     
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    Quando era stato solo un bambino, Magnus si era posto innumerevoli domande a cui aveva sentito la necessità di rispondere per conto proprio, deluso da tutti quei muri mai ignoti che aveva avuto intorno, tutti con facce stampate su grandi poster e affisse a quelle pareti, alcune riportavano quegli stessi tratti che, per vie genetiche, aveva purtroppo ereditato senza aver avuto alcuna possibilità di scelta. Erano state le domande più disparate, quelle che sua madre in primis non aveva compreso e aveva lasciato aperte lì, sulla bocca schiusa di Magnus, lo sguardo torvo, ignaro, perso. Allora, quando le domande avevano cominciato a farsi più complicate, più pressanti, Magnus lo aveva capito: non ci sarebbe stato nessuno ad alleviare quei pesi, a snodare quei fili di pensieri al posto suo. Avrebbe dovuto farlo da solo, avrebbe dovuto contare su sè stesso, fare affidamento sulla propria mente, la propria capacità di catturare elementi, immagini, voci, righe dentro un libro, tutto fino ad accorpare l'essenza totale della vita in un'unica sola direzione, il masso che, dopo un po' di tempo, avrebbe riconosciuto dentro sè stesso come verità assoluta: il mondo, quello che conosceva e - ne era abbastanza certo - anche quello che non conosceva, era un luogo cattivo, un luogo in cui il peso dell'oscurità si premeva su quello della luce scacciandola via, se non del tutto, per un tempo indefinibilmente lungo, abbastanza da togliere l'energia anche al più forte raggio di sole che, nell'oscurità dell'universo, si era già fatto strada fra asteroidi, pianeti e, probabilmente, buchi neri. E allora, inconsciamente, aveva compreso che se si fosse lasciato andare al buio non avrebbe dovuto esercitare più alcuno sforzo in tutta la sua vita, si sarebbe lasciato trasportare nella melma nero pece che imprigionava dentro ogni singolo fascio di luce e, da quel momento, sarebbe stato finalmente solo parte d'essa e nient'altro e quella sensazione aveva confermato ogni sensazione, cancellando anche i dubbi che sporadici gli avevano fatto credere alla luce proveniente dal sorriso prima di Astrid, poi di Isie. Illusioni contro le quali aveva dovuto sbattere la testa prima di riuscire a ritornare al proprio posto, nella melma nero pece che tutto divorava.
    Wade l'ho mandato a casa io. Hai visto anche tu, non c'è un cane. Non più almeno. E comunque Tutina mi ricorda Isie. le parole di sua sorella, Tara, crearono una nuvola di nebbia nella mente di Magnus che, sollevato per qualche secondo lo sguardo sul volto spigoloso dell'altra, si accigliò per qualche microsecondo e non di più. Udire il nome di Isie pronunciato da altri era come ricevere la conferma del fatto che lei fosse esistita davvero e lui non avesse immaginato quello che fra loro c'era stato, era la conferma del fatto che, alla fine, ogni raggio di luce prima o poi sarebbe scomparso, a lui era successo nel momento in cui il grano dei capelli di Isie si era dissolto in un cuscino rimasto intaccato, un lato del letto che non cigolava sotto alcun peso. Ad alta voce non ne avevano davvero ancora mai parlato, lui e Tara, c'era un silenzioso accordo con sè stesso che impediva a Magnus di esprimere un dolore che, al contrario, doveva venire soffocato, che non avrebbe potuto esser lasciato andare, non dinanzi a qualcun altro, non in presenza anche solo di sè stesso, e questo probabilmente Tara lo sapeva. Per cui, a quelle parole, Magnus si ritrovò a scrollare quasi impercettibilmente le spalle e proseguire, scacciare la nebbia dalla mente, bere due veloci sorsi di vodka dal bicchiere. Era passato.
    E considerando quanto gli affari fossero più importanti di ogni testolina bionda che avesse mai conosciuto, Magnus e Tara tornarono a concentrarsi sulla situazione attuale che in città teneva tutti sulle spine, tanto da averla quasi prosciugata del buon senso, del divertimento, della spensieratezza: condizioni quasi perfette per due come loro. Presentò a Tara quali fossero le sue impressioni dopo l'incontro all'università e quali pensava fossero le conseguenze che avrebbero potuto riversarsi su di loro e sul Perception. Tara d'altronde sembrò rivelarsi abbastanza affine a quella linea di pensiero, tanto che la sentì concordare con lui su quasi tutto, aggiungendo un pizzico di esperienza in più che, per via del legame e degli anni trascorsi con Roger, le permetteva di avere una visione più ampia del raggio d'azione di suo padre, Roger Lennox. Però non è capace di non buttare l'occhio. A lui piace ciò che è bello, ma ciò che è bello per lui è ciò che può controllare. Lui non farà niente se dovessimo cadere, ma si riserverà il piacere di dirci, una volta che saremo nella merda fino al collo, che è stata tutta colpa nostra. E io odio sentirlo anche solo parlare. confessò lei, e Magnus potè leggere tra quelle righe, riconoscere un tipo di rabbia che sembrava scorrergli sotto pelle, rivolta verso figure genitoriali che per entrambi sembravano esser riusciti in una sola cosa: insegnare loro a stare a galla completamente da soli, facendosi odiare. L'unica differenza tra di loro, tra l'odio che Tara provava per suo padre e quello che Magnus provava per sua madre si celava più che altro nell'idea generalizzata della società che concedeva all'uomo di sottomettere la figura della donna. Si rese conto in quell'istante del fatto che Magnus aveva imparato a tradurre quell'odio che covava dentro per trasformarlo nella paura che leggeva nelle iridi di sua madre ogni qualvolta lo vedesse; la distanza che Ludmila ostentava, lo sguardo che mai perdeva Magnus di vista quando erano nella stessa stanza, le iridi che seguivano ogni movimento delle mani di suo figlio, il terrore che si celava nell'eventualità che, prima o poi, sarebbe stato capace di far sparire anche lei. E Tara, probabilmente, avrebbe voluto poter fare lo stesso con Roger, e Magnus allora si domandò fugace cosa fosse a fermarla? Cosa incrinava il tono della sua voce quando parlava di suo padre? Era paura o frustrazione derivata dal sapersi figlia sua? Hm. Di solito manda uno di famiglia a sistemare la situazione. Direi che sta esaurendo le possibilità. ironizzò pensando all'ultima possibilità di Roger: Melanie, che se mai avesse dovuto mettersi al comando del Perception probabilmente sarebbe fuggita alle Maldive.
    Tra un bicchiere di Vodka e l'altro, comunque, Magnus condivise con Tara ciò che all'incontro era stato detto e riferì alla sorella l'informazione riguardo al tizio che, a quanto pareva, stava creando quel caos assoluto in città. Allora non ci batterà nessuno. Ci conviene avere delle idee... su cosa fare se le tutto resta così (improbabile) e cosa fare se tutto esplode (molto probabile). Sei tu quello che si occupa del mercato, quindi l'ultima parola su queste cose è la tua, ma di solito quando c'è un disastro gli affari diventano interessanti per persone come noi durante la ricostruzione. udì con attenzione le parole di Tara ed un lievissimo sorriso divertito gli sollevò gli angoli della bocca, le dita delle mani intrecciate attorno al vetro del bicchiere che Tara gli aveva riempito nuovamente di quel liquido chiaro. Annuì piano con la testa, poi portò l'orlo del bicchiere alle labbra per bere ancora. Hai tante conoscenze Magnus, sono sicura che qualcosa salterà fuori che potremo avere solo noi, e che venderemo solo noi, ed il Perception si riempirà come un uovo, al contrario di oggi. aggiunse Tara e Magnus di trovò nuovamente ad annuire. Ho sentito che alla Tana stanno avendo gli stessi problemi, questo è positivo, ci da tempo. constatò, serio. Inoltre, credo di poter avere un aggancio ai piani alti, qualcuno di nuovo che potrebbe passarci un po' di informazioni confidenziali, ecco. sussurrò, voltandosi verso Tara e sollevando un angolo delle labbra verso l'alto, il sorrisino tipico di Magnus quando sapeva d'aver fatto centro. Ma è presto per dirlo, ora come ora sono tutti sulle tracce del pazzo. aggiunse, scrollando appena le spalle, tranquillo. Questo qui conoscerà persone che sono passate dal Perception, forse potrebbe anche essere venuto di persona in passato. Se ripasserà e becca uno di noi sarebbe un casino. Però è anche vero che potremmo anche prenderci una pallottola in testa anche tra un secondo, quindi mi faccio troppi problemi. ammise Tara dando voce a pensieri del tutto plausibili, al che Magnus si ritrovò ad annuire alle parole della sorella. Dopo aver avvicinato il bicchiere alle labbra e aver bevuto ancora, lo portò nuovamente sul tavolo lasciandolo andare con decisione sulla superficie di questo mentre tornava a poggiarsi con la schiena al divanetto, una postura più rilassata. Direi che per due come noi le probabilità siano piuttosto basse. Io sono in giro da solo per la maggior parte del tempo e, di solito, sono gli altri che mi stanno alla larga. Tu, per quanto ne sappia io, trascorri la maggior parte del tuo tempo in questo buco, non mi stupirei se una volta alla luce del sole bruciassi viva come i vampiri. Detto ciò, non dobbiamo far altro che continuare ad essere gli stessi sociopatici asociali di sempre e, fra qualche mese, saremo probabilmente gli unici sopravvissuti. constatò con aria del tutto seria mentre, infilati dito indice e pollice nella tasca intera della giacca scura estrasse il pacco di sigarette. Ne sollevò l'apertura e lo porse in direzione di Tara per offrirle una delle stecche, dopodiché ne estrasse una per sè. E in quel frangente silenzioso ricordò il vociare del locale solo qualche mese prima, quando di tutto quel caos ancora non si era parlato abbastanza, quando dietro al bancone c'erano almeno tre baristi e non uno, quando la voce di Isie restava inaudibile per via della musica e non per via della sua assenza.
    Tutto era cambiato, tutto cambiava, eppure Magnus aveva l'impressione che il contorno non riusciva ad addentrarsi fino al nucleo, non raggiungeva né lui, né Tara. Non ancora.
     
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