Like an echo in the forest

Jungkook & Joon

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    Nel mezzo della notte aveva deciso di farsi accompagnare fino alla vecchia casa nel bosco dalla propria bicicletta. Pensava di essere trasportato da quel mezzo più che essere l'agente effettivo del movimento e, mentre veniva accarezzato dal vento, si chiedeva quale sarebbe stato l'ultimo slancio delle gambe prima che queste prendessero a camminare - sostituendosi alla bicicletta, ma senza riconsegnargli il pieno possesso del proprio corpo. Spostato, dislocato, apolide. Queste parole non avrebbero avuto significato se non collegate ad uno specifico evento traumatico e attaccate al tempo stesso ad una persona che diventava sradicata, fuori luogo, senza un posto dove andare o dove tornare. Ciò presupponeva che per una persona doveva esserci una radice, un luogo, dove stare e dove far ritorno, una casa a cui si può appartenere. Joon aveva abbandonato da tempo la strada principale, quella normalmente percorsa dalle macchine, preferendo seguire uno dei percorsi che, costeggiando parallelamente il traffico, si addentrava nel bosco. Avrebbe raggiunto casa sua allo stesso modo, ma l'avrebbe fatto in solitudine. In verità, non ci sarebbe stato nessuno a notarlo: quella zona era raramente frequentata a quell'ora. Tenendo le mani sulle estremità del manubrio, Joon aveva preso a camminare accanto alla sua bici. Una volta raggiunto il cancello d'ingresso semplicemente lo tirò verso di sé, entrando in casa sua senza poter ignorare il sospetto di essere un intruso.

    E tu, sei arrabbiato Joon?


    La luce lunare faceva fatica a filtrare attraverso le tende che parzialmente oscuravano la casa. Nulla era stato toccato da quando aveva abbandonato casa sua e, a distanza di tempo, ricordava gli ultimi giorni passati in quella casa come un conglomerato nebuloso. Era stato lui a decidere di allontanarsi da Besaid e, incapace di lasciarsi alle spalle la città, farci ritorno per spostarsi. Alla fine si era allontanato, per difendersi da quel ricordo che pulsava ancora nei meandri del bosco. Tum, tum. Tum, tum. Era solo il proprio battito cardiaco quello che sentiva? Percepiva se stesso come un archivio di cose che gli erano successe, e si perdeva a riflettere sulla differenza fra il suo corpo, la sua esistenza, e l'arena - con la sua sabbia, gli spalti, le urla. Esisteva davvero qualche differenza fra loro? Il suo corpo aveva raccolto ogni trauma, così come i materiali che componevano l'arena avevano assorbito la sofferenza di molti come lui. Poco importava che quel luogo era sparito del tutto, scomparso con la stessa velocità con cui era venuto alla luce - e anzi, forse anche quella caratteristica non era altro che un ennesimo punto di contatto. L'arena continuava ad accadergli, in un perpetuo momento di "qui e ora" che paradossalmente mancava della categoria del reale presente e di cui era impossibile tracciare coordinate definite e rigide. Quella irrealtà si presentava come un sintomo di realtà, generando in lui la sensazione di essere sul punto di afferrare qualcosa, per poi trovarsi con le mani vuote.

    Cos'è che ti fa più male?

    . . .

    Novembre 2018 - Besaid
    "Ehi, uhm... Noah? Sei impegnato? Posso entrare... e rubarti un paio di minuti?" Dovevano essere passate da pochi minuti le cinque di pomeriggio - ma l'esterno aveva già inghiottito nel buio l'intera casa e la zona che li circondava. L'inverno si stava avvicinando e, con esso, anche l'accorciarsi delle giornate. Nonostante fossero passati pochi giorni dall'inaspettato arrivo del nuovo coinquilino in casa, Joon sembrava essersi quasi abituato a quella presenza - tanto gradita quanto silenziosa. Non era il solo a sapere della sua presenza, nonostante non ne avesse ancora fatto parola con la famiglia. Ovviamente sarebbe stato difficile tenerlo nascosto al signor Roald, ma ebbe l'occasione di parlare di Noah con un carissimo e vecchio amico, Søren. I suoi consigli si erano rivelati molto utili e immaginava che, più avanti, avrebbe agito da punto di contatto fra il nuovo amico e il vecchio precettore. Nel raggiungere la stanza che Joon aveva lasciato a Noah, affinché potesse riprendere le forze e si ambientasse una seconda volta alla vita in superficie, le luci del corridoio lo accompagnavano, salutandolo con un bagliore al suo passaggio e spegnendosi alle sue spalle. Aveva portato con sé un paio di tazze di tè e una teiera (regalo dei suoi genitori), qualche leccornia per poter stuzzicare l'appetito di entrambi, e stava bilanciando con una certa ansia il vassoio su una mano. Presto la sinistra, dopo aver picchiettato contro la porta socchiusa di Noah e avergli parlato brevemente, tornò ad aiutare la destra, sventando un incidente sicuro e mortale. "Ah, grazie. Come stai?" Mormorò solo quando vide davanti a sé Noah, sorridendogli. Ne osservò per qualche secondo il viso, scrutandone l'umore, quindi si introdusse in camera sua fino a poter appoggiare la merenda che avrebbero potuto condividere su una superficie orizzontale - facendo qualche passetto per allontanarsi con cautela dal liquido caldo.
    Noah gli sembrava a suo agio. Non aveva perso del tutto il cipiglio pensieroso o più scuro, ma Joon sapeva che ciò non sarebbe stato possibile in così poco tempo: avrebbe avuto l'occasione di poter vedere lo sguardo dell'altro brillare per la prima volta? "Ho portato del tè... verde? Credo. Tè verde. Sì." Indicò l'offerta con entrambe le mani, quindi giocherellò un po' con le proprie dita, offrendo all'altro un secondo sorrisetto - più breve. Si avvicinò al tavolino dove aveva appoggiato il cibo e si sedette a terra, guardando Noah dal basso. "Non voglio rubarti troppo tempo, ma volevo dirti che ho parlato al signor Roald della conversazione che abbiamo avuto l'ultima volta, quella sui documenti... e sulla tua intenzione e possibilità di ricominciare una vita qui, a Besaid." Le dita affusolate di Joon raggiunsero una delle due tazzine fino a quando non se l'avvicinò alle labbra, prendendo un primo sorso della bevanda calda. Attese qualche secondo e tornò a guardare Noah. "Mi ha detto che sarebbe possibile ottenerli... ma ovviamente hai tu tutto il potere di decidere. Se hai cambiato idea, andrebbe bene comunque. Non è una situazione..." Si interruppe per qualche secondo. Facile. "Che ho mai vissuto prima, ma voglio aiutarti, come posso."
    Anche quella volta, così come tutte le occasioni in cui si erano trovati insieme a partire dalla loro conoscenza, Joon aveva portato con sé un blocchetto simile a quello che Noah aveva utilizzato la prima notte. Avrebbe potuto scriverci su, semmai anche in quell'occasione non avesse avuto modo di parlare. Seppur quel comportamento gli sembrasse peculiare, Joon non avrebbe forzato l'altro a interrogarsi anche su quella mancanza. Il taccuino originale l'aveva lasciato a sola disposizione di Noah, non volendo introdursi nel suo personale archivio se non esplicitamente invitato. Del resto, Joon aveva registrato i passaggi di quei giorni nel suo diario, che si era fatto più fitto di informazioni. "Abbiamo pensato che potrebbe essere una buona idea quella di cambiare nome. Posso darti una mano con la scelta... anche io ho cambiato il mio." Offrì, parlando serenamente e con calma, tornando a sorseggiare il tè caldo.

    Ricordi?
    Quando ho imparato a conoscere
    il tuo nome per raggiungerti?

     
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0 replies since 31/3/2023, 22:13   14 views
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