Quest V : Sykdom Apocalypse

Quest nr. 5 | Besaid

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  1. scarecrow!
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    ✖️ Il proibito era ovunque quella notte. Nella terra, nelle luci, nella musica arcaica, nei passi affrettati, nell'aria salata che dal mare risaliva i vicoli e allagava i polmoni di tutti, Nikolaj incluso, insieme al fumo del più innocuo fra brutti vizi di quell'uomo alto e con la faccia sempre increspata in una forma qualsiasi di malcontento, che da sempre attraversava la vita da solo, isolato anche in mezzo alle folle più fitte. Ma proprio solo non era da un po', difficile a dirsi da quanto e cosa fosse cambiato, tutto intorno e lui sempre di meno del resto, ma sicuramente non era solo in quel momento - avevano davvero importanza i come e i perché? Un movimento impercettibile verso destra, labbra che lasciavano la presa magnetica sul filtro e la cicca che si apprestava a compiere un giro intorno alla terra bloccato a metà da un gesto semplice dell'uomo. Così, invece che il giro del mondo, pochi centimetri soltanto bastarono e la sigaretta giunse a destinazione, una meta calda di cui Nikolaj aveva cominciato a sognare il sapore quando era lontana e Nikolaj non sognava mai, non cose così, non capelli biondi sottilissimi che d'improvviso si tingevano di punte nere con la pece. Aveva avvicinato Melodie a sé con un braccio senza interrompere la camminata. Sembravano non avere fretta, come se il dove non fosse importante quando invece era al centro cruciale di tutto, e al contempo sapere esattamente dove fossero diretti, dove tutti erano diretti. Verso la promessa, il proibito, verso la risposta a quella domanda che da mesi li aveva assillati e che doveva essere lì fra la gente, alla fine della strada, sulla spiaggia, alla fine del mondo dove cielo e terra si fanno tutt'uno fino a scomparire. Non che lui fosse del tutto all'oscuro, no, lui possedeva parte di quella conoscenza che per un po', anni fa, era stata del Mordersonn e di nessun altro e che poi era scomparsa nel buio senza lasciare più tracce. Anni erano passati, anni di tormenti, di ricerche, di infiniti supplizi finché quella verità non era entrata a far parte anche della ossessioni. Da nonno a figlio, finalmente. E poi qualche tempo indietro qualcosa era tornato a muoversi, i sussurri si erano fatti più forti ma sempre imprecisi, fino a quel momento. Non c'era modo di perdersi neanche a volerci provare, poi, visto come la città e la sua architettura sembra spingerli tutti in una stessa direzione. Passarono davanti a un bidone e il bagliore di qualsiasi cosa stesse andando a fuoco lì dentro disegnò sul viso dell'uomo i contorni di quella che, intersecata alla struttura appuntita del cranio e ai segni neri che Mel gli aveva dipinto, sembrava una maschera d'ossa terrificante. Sembrava un morto, pensò dopo essersi scorto fugacemente nella vetrina di un negozio sbarrato e, proprio mentre contemplava quel pensiero assurdamente piacevole, d'improvviso dal fondo di un vicolo nero spuntò la faccia scarna di una ragazza, distorta dalla paura. "Non dovremmo essere qui, moriremo tutti", lo disse come in preda a una visione mentre gli afferrò il braccio fino al gomito, aggrappandosi a lui per fissarlo con occhi di melachite sgranati fino al limite. Voleva salvarli o meglio, stava cercando disperatamente di salvare sé stessa, di uscire dall'ipnotica smania di dover continuare ad avanzare nonostante facesse paura dovunque li stessero conducendo. A Nikolaj però non servì contemplare l'avviso, sapeva già che non l'avrebbe mai seguito. Non dovremmo essere qui., era una delle frasi che più gli piacevano da sempre. L'aveva detta o gli era stata detta prima di molti momenti chiave della sua vita e il letto della sala operatoria tornava alla mente come fosse ieri, come se bastasse voltarsi per ritrovarsi di fronte Jakob che gli diceva, con quel dannato viso copia del suo raggrinzito in una smorfia, "Non dovremmo essere qui. ". "Ti sbagli." Si sentì rispondere e la scrollò di dosso, mentre sul viso gli si dipinse un sorriso dei suoi, da mostro mentre continuava: "Mai sentito parlare di Darwinismo? Di lotta alla sopravvivenza? I più forti, i più adatti, sopravvivono. Il resto..." Si fermò guardandola da capo a piedi e lasciando che quelle parole permeassero sotto la pelle per depositarsi nel nido più profondo dove alloggia la paura.
    Non ebbe modo di scoprire l'effetto delle sue parole perché, come a farsi altrettanto beffe di quell'avvertimento, Melanie lo afferrò per una mano spingendolo a correre lontano, verso la musica e l'orizzonte illuminato non dalla luna ma da dozzine di piccoli fuochi. Perché il proibito si respirava nell'aria, quella sera, e nelle cose da non fare Nikolaj aveva sempre trovato il sui posto, un luogo sicuro nell'insicurezza che solo il vietato restituisce. Lui stesso era nato come qualcosa che non avrebbe dovuto essere, un errore: Nikolaj non avrebbe dovuto essere lì da trenta e passa anni. E invece c'era, respirava, viveva anche se non avrebbe dovuto, ed era lì per completare quella conoscenza che solo in minima parte possedeva e che aveva deciso di condividere con il governo qualche tempo prima, più o meno accuratamente. Perché più di qualsiasi altra cosa, Nikolaj Mordersonn era attratto dal potere, che pulsava come linfa per le via e il cui epicentro sembrava scaturire dal centro esatto della spiaggia, dove il falò più grande brillava anche da lì. Danzarono vicini, bevevano celebrando qualcosa di antico che tutti sapevano e non sapevano al contempo, i minuti e le ore si dilatavano all'infinito per riallacciarsi poi in un secondo, un senso di vuoto d'aria che dava le vertigini e bloccava il fiato nel petto. L'asfalto si fece presto sabbia senza che neanche se ne accorgesse, e intere mezzore dovevano essere passate quando si accorse di averla persa tra la gente. Non ebbe molto tempo di chiedersi dove fosse finita, visto che quelle che sembravano grosse ali nere presero a marciare verso un punto preciso della spiaggia, disponendosi in file come schieramenti che proteggono il loro pezzo più prezioso, al centro esatto dei ranghi. Si guardò intorno, facce già viste spiccavano qua e là come pezzi bianchi in una scacchiera. Lars, Naavke, Samantha, Athena, padre Sirius da cui una volta era andato a confessare i peccati trovandosi incapace di iniziare quella lista troppo lunga, ma nessuna traccia di Melodia tra quei volti emaciati dalla luce delle fiaccole. O di Delilah.
    Quando una veste bianca si staccò dal brado di pellicce e armature, Nikolaj trattenne il fiato con forza riconoscendo forse in quella camminata il passo di un bambino che un tempo aveva calpestato i corridoi del Mordersonn con la stessa feroce solennità che mostrava ora, e di cui Nikolaj aveva letto e analizzato dozzine e dozzine di fascicoli.
    Finalmente. Pensò mentre l'altro si calava il cappuccio e iniziava a parlare. Finalmente, pensò sentendosi tuttavia anche desideroso di allontanarsi il più velocemente possibile da lì, come se il suo corpo avvertiva quella cosa inspiegabile mentre la sua mente voleva restare per saperne di più. Per sapere, finalmente. Era così che si era sentita la ragazza dagli occhi di melachite? Un guizzo, i muscoli si contrassero ma le gambe non risposero al comando. Era paralizzato. Volente o nolente, qualcun altro aveva preso la decisione per lui. Abbacinato come se l'individuo fosse fatto di luce pura, Nikolaj avvertì una sensazione spiacevolissima strapparlo violentemente dall'interno come, se la mano di un chirurgo gli fosse appena entrata dentro privandolo di qualcosa che gli apparteneva. Piegò leggermente il busto in avanti, bocconi, tirando su gli occhi verso l'uomo in tempo per vederlo con le mani alzate e il sorriso terribile di chi è satollo dopo un pranzo luculliano. Riuscì a raddrizzarsi ma iniziava a sudare. Piccole goccioline gli imperlavano la fronte, una scivolò nel solco profondo fra le sopracciglia che la assorbirono in parte. Quando parlò di nuovo, parve farlo da molto vicino a lui, tanto che dovette sforzarsi per non sobbalzare. Era quella, la verità? Aveva sempre creduto d'essere più forte, più intelligente, più meschino e crudele degli altri, eppure di fronte a quell'uomo si sentì minuscolo. Ancora una volta avvertì l'esigenza di scappare, ma l'enorme quantità di potere che si avvertiva nell'aria gli impediva di volerlo fino in fondo. L'ho già detto, se c'era una cosa a cui Nikolaj Morserdonn non poteva resistere era il potere. Probabilmente era un gene di famiglia, quello, perché non era forse quella la ragione che aveva spinto il nonno a creare l'Istituto? Appropriarsi delle particolarità più forti in esistenza, e quello a cui stava assistendo superava di gran lunga qualsiasi cosa avesse mai visto.
    L'ennesimo falò accese l'aria notturna, questa volta fatto di carne umana piuttosto che di legno e benzina. Esplose abbastanza vicino a lui da sentirne il calore divampare con prepotenza e spingerlo a fare un passo indietro per sopportarlo, gli occhi resi acquosi dal fumo, dall'euforia, dall'odore e dalla paura. Una fiamma innaturale e verde li circondava ora, non c'era via di scampo. «Tutti quelli che vogliono stare dalla parte del potere, del giusto, di chi non accetta di esser domato.» Ripensò alla ragazza dagli occhi di melachite, alla sopravvivenza della specie e alle parole del nonno che gli diceva di lottare. Così aveva sempre fatto da allora Nikolaj. Aveva lottato per la propria sopravvivenza anche quando significava sacrificare il suo stesso gemello. Sentì la prima voce alzarsi dalla platea silenziosa, una voce che avrebbe riconosciuto tra mille tanto la odiava. Ebbe un moto di stizza pensandosi in quella stessa situazione non solo con Naavke, ma dalla stess parte di Naavke. Odiava gli eroi, li trovava stupidi, inutili, buoni solo a farsi ammazzare per primi. Per la prima volta, poi, forse aveva trovato qualcosa da cui tornare e non per dovere. Perché lo voleva, forse.Sopravvivenza. Al resto ci avrebbe pensato dopo, e avrebbe trovato una soluzione come sempre. Si limitò a fare due passi in avanti per separare la sua alta figura dagli altri, attendendo che si accorgesse di lui con la mano già alzata e il palmo rivolto davanti a sé.

    La voce del nonno pompava insieme al sangue nei timpani. Secondo Darwin, l'evoluzione della specie avviene come risultato di caso e necessità: nelle specie si hanno della mutazioni naturali casuali, piccoli errori nella riproduzione, e l'ambiente salva quelli adatti e elimina gli altri, principalmente attraverso la lotta per la vita.

    Quando gli strinse la mano, Nikolaj riuscì solo a pensare: che bruciasse pure tutti gli eroi, gli avrebbe fatto solo che un piacere.

    Edited by scarecrow! - 29/5/2023, 12:40
     
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