Quest V : Sykdom Apocalypse

Quest nr. 5 | Besaid

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Annie`
        +6   +1   -1
     
    .
    Avatar

    The Fourteenth of the Hill.

    Group
    Cittadini
    Posts
    10,037
    Reputation
    +355
    Location
    The Matrix.

    Status
    Offline

    Athena Astra Drakos
    ❝39 y.o. , paladin of Justice, chained bird.
    I am no mother. I am no bride. I am king.
    Per Aspera Ad Astrasheet

    I walk alone, beside myself / Nowhere to go
    This bleeding heart that's in my hands, I fell apart
    My flesh and bone
    This part of me / The seeds I've sewn



    La sensazione d'impotenza che colse Athena nel momento in cui quell'uomo scoprì le sue carte fu impossibile da ignorare. Niente avrebbe scalfito quel potere, specialmente ora che non ve n'erano altri ad opporsi al suo.
    A scapito d'ogni volontà, il nemico stava avendo la meglio.
    Le iridi chiarissime della giudice si svuotarono progressivamente di luce, riempiendosi di un inquietante sfumatura d’annientamento che la spinse a ricalcolare forzatamente i suoi passi.
    Ogni suo errore, ogni passo, ogni mossa falsa presente e passata. Telathe, suo padre, i suoi fratelli, il suo lavoro, Ares.
    «Voi che non potete capire la grandezza di questa città sarete i primi a cadere.»
    Sentì il proprio corpo irrigidirsi, preda d'un'influenza esterna ed il suo primo istinto fu di muoversi e tentare di trovare una via d'uscita. Ogni sforzo fu vano e ciò la rese ancor più inquieta, risvegliando in lei oscuri campanelli di allarme mai dimenticati, figli di traumi passati.
    La sua lunga treccia pesante e scura dondolò quasi a lambire il pavimento della pedana quando Athena fu costretta, assieme agli altri dissidenti, ad inginocchiarsi come un agnello sacrificale nei pressi di quel falso dio intento a parlare.
    Irradiava sicurezza, follia, una sorta di zelo distorto che la giudice trovò ancor più disturbante ora che era avviluppata in spire di panico simili ad acciaio ardente contro la pelle.
    Percepì la propria fronte madida di sudore freddo, il cuore martellare nel petto.
    Aveva visto suoi commilitoni morire per mano nemica, aveva assistito a crudeltà, barbarie, tirannia e provato alcune di quelle sensazioni sulla propria pelle in passato.
    Era stata un soldato eppure alcun addestramento avrebbe potuto prepararla a quella tensione sovrannaturale, aspra ed appuntita che permeava quel momento.
    «Uccideteli.»
    Athena esalò con vuota, densa sconfitta mentre abbracciava lo scenario meno auspicabile e più concreto fra quelli a cui aveva pensato. Inspirò di nuovo, tentando di regolare il suo corpo tremante di rabbia ed agitazione che si ribellava a quelle costrizioni con ogni fibra di sé.
    Si guardò attorno e, curiosamente, notò solo allora d'essere fra Vilhelm ed Ares.
    Tormento e fuoco, entrambi astri del suo passato ancora presenti nella sua costellazione presente. Nel bene e nel male, erano stati entrambi memento del suo percorso di vita sino a quel drammatico momento.
    Sentì qualcuno avvicinarsi alle sue spalle e si dimenò in un'ultima istintiva e disperata protesta.
    Scorse Sibylla Greseth oltre le spalle di Ares; a seguire, una giovane donna dallo sguardo di cristallo ed una sorta di velata, gentile innocenza che le ricordò Telathe e le strinse il cuore.
    Ad infoltire il gruppo sacrificale, anche Lars Berg ed il prelato che Athena aveva scorto in università durante il loro ultimo incontro.
    Ogni sagoma divenne meno importante quando infine riconobbe Jonah, incombente alle spalle di Ares.
    Lo scorse, esile come un elegante giunco, avvicinarsi al suo amante. Brandiva un coltello scintillante fra dita affusolate quando Athena riconobbe panico assoluto nel proprio animo.
    «Jonah... no. So che queste non sono le tue intenzioni, capisco la paura» disse infine, gli occhi glauchi volti quanto più possibile a quella presenza conosciuta in un appello che aveva tanto i chiaroscuri d'una preghiera.
    «Lotta. Ribellati» l'incitò, sperando nell'utopia che la fine di Ares sarebbe potuta essere risparmiata. Avrebbe voluto concedergli tempo, trovare un modo per liberarsi, uno spiraglio di luce.
    Per un momento la sua mente si volse a loro da ragazzini, ridere in una delle tante turchesi spiagge della loro Grecia.
    Per un momento, la gola di Athena si strinse d'un'amarezza così tesa ed incredibilmente triste da ferirla. Rimpianse tutto ciò che non aveva osato dire od ammettere a se stessa sino a quel momento, ogni verità celata a favore d'un'illusoria sicurezza.
    La verità era che era sempre stata una vigliacca e non avrebbero potuto ammetterlo altri se non lei.
    Alle sue spalle, l'ombra armata si allungò e lei capì fosse arrivato anche il suo momento.
    La mano che vide avvicinarsi era giovane, d'un ragazzo forse non più grande di suo fratello Lander.
    Athena espirò e scosse piano il capo, scrollando quell'abissale tristezza di dosso ed ammettendo sconfitta forse per la prima volta nella sua vita.
    Incapace di parlare, la giudice raddrizzò le spalle e sollevò il mento, aggrappandosi solo al suo inespugnabile orgoglio per non crollare e non concedere ad alcuno il privilegio di vederla sgretolarsi preda d'un doloroso rimorso.
    Il suo pensiero volò a suo padre che tanto amava, ai suoi fratelli e sorelle, a Telathe e la sua vita sottratta prematuramente.
    Ogni affetto ch'ella avesse mai avuto parve salutarla un'ultima volta, concedendole addii invisibili ch'ella serbò nel suo cuore pressoché inaccessibile.
    Volse lo sguardo ad Ares. I suoi intensi occhi di ghiaccio s'incatenarono a quelli di lui ed al mare velato di raggi albeggianti alle sue spalle.
    Gli concesse riconoscenza senza parole per averla riportata indietro nel tempo con la sua presenza ed il suo calore, per averle donato un po' della sua libertà ed impeto. Gli concesse di scorgere un affetto che forse non sarebbe riuscita ad esprimere apertamente, fredda e fiera come sempre mentre sentiva la lama premere contro la pelle.
    Abbracciando il proprio destino, Athena ci mise un istante ad acclimatarsi al caos che seguì.
    Sentì uno scricchiolio, parole arcane dell'Unico ed un roboare di tuono.
    Il cielo ed il mare, la sabbia e la terra si schiusero come crisalidi e serpeggianti radici invasero la spiaggia. La sfera di contenimento non vacillò ma il resto, attorno a sé, tremò come se Poseidone stesso avesse parlato.
    La figura di Sykdom si lacerò di luce ed il resto divenne buio. Una delle sue forti mani toccò la radice di un albero immenso, alieno, inebriandosi di una nuova ed inaspettata fonte di potere.
    Quello bastò.
    Athena capì ben presto di riuscire a muoversi di nuovo, approfittando della distrazione dell'Unico sul campo di battaglia.
    Da essere un'esecuzione era divenuta una guerra e ciò la rese paradossalmente più in pace con se stessa.
    Sapeva cosa avrebbe potuto fare.
    L'istinto le diceva di correre ai ripari, l'animo di lottare. Si avvicinò a Vilhelm, tirandogli con inconscia eleganza la maglia che indossava.
    «Su, puoi muoverti» lo spinse Athena, voltandosi poi rapidamente verso la giovane donna dagli occhi chiari che aveva intravisto su quel patibolo improvvisato.
    «Corri, cerca un riparo» l'incitò con coraggio e mosse la propria attenzione ad Ares. Fu giusto sul punto di afferrarne la mano per riorganizzarsi con lui quando di colpo tutto divenne bianco.
    Athena si ritrovò fuori dal tempo e dallo spazio, baciata da una coltre nebbiosa di brina e rugiada.
    Guardinga, aguzzò le orecchie per ascoltare un qualsiasi segno di vita o della battaglia che era in procinto d'imperversare sulla spiaggia da lì a poco.
    Una sagoma si fece avanti: un uomo dagli occhi lattei, la pelle aurea come la sabbia della sua Grecia ed uno splendore inumano che lei non aveva mai visto.
    Irradiò densa calma ed autoritaria fermezza quando si mosse verso di lei, privo di vesti od una fisionomia precisa. Sebbene chiaramente cieco, egli riuscì a scorgere Athena con una profondità che lei stessa non aveva mai sperimentato su di sé.
    Si sentì posta sotto un'analisi che custodiva discriminanti segrete.
    Quell'entità dalla potenza pressoché ultraterrena era un Giudice.
    Pesante eppure incorporea, una bilancia sostava fra le dita della creatura.
    Athena comprese di non essere in pericolo o, in qualche modo, il messaggio le giunse anche se l'uomo non schiuse mai le labbra d'oro.
    «Dove sono?» domandò Astra, cauta, mentre quell'entità si mosse verso di lei con la stessa sicurezza e maestà di un dio.
    Le giunse vicina tanto ch'ella avrebbe potuto specchiarsi nei suoi occhi bianchi e splendenti come perle.
    A Besaid, Athena Drakos le comunicò la creatura, in greco e dritto nella sua mente prima di posare la propria mano su uno dei due dischi l'ossidiana della bilancia.
    Colta dal medesimo istinto o spinta da una grazia superiore, Athena imitò l'entità al suo fianco.
    Posò la mano destra sul freddo piatto della bilancia e, d'un tratto, una sensazione di profondo, viscerale sollievo l'avvolse.
    Capì essere.. Equilibrio.
    Il suo respiro cominciò a divenire più regolare, il cuore si rinforzò e ralletò progressivo ad ogni battito.
    Il terrore cessò e Dovere, Coraggio, Robustezza si scolpirono nel suo animo severo ed intransigente.
    Athena pensò per un istante d'aver ancora avuto gli occhi chiusi ma l'oscurità la stava avvolgendo completamente anche quand'ebbe ripreso coscienza di sé e dei suoi spazi, gelido velo celeste che le penetrò persino le ossa.
    Anche allora sentì quella presenza al suo fianco, aurea e scalfita dall'oscurità, seguirla con la stessa severa premura dello sguardo d'un padre su una figlia.
    Capì d'essere stata scelta, che quella voce neutra e fredda era stata Vocazione e parte di sé.
    Cosmica, infinita, abissale, potentissma, le aveva concesso un'opportunità.
    Riportata alla realtà, Athena tornò a respirare salsedine e fuoco, udire rumori di battaglia e la risata crepitante dell'Unico ora distante da lei.
    Rintracciò Ares in una posizione diversa ancor prima ch'egli avesse potuto valicarla. Jonah, il curatore Evjen, Vilhelm, Lars, il giovane che aveva avuto il compito di ucciderla, Sybilla.
    Non riusciva a vederli ma percepiva le loro scie vitali splendenti e multicolore come comete in un universo accessibile soltanto da lei.
    Sebbene incapace di scorgersi, priva d'uno sguardo paragonabile a quello d'un qualsiasi altro essere umano, Athena ritornò alla vita, a Besaid, con un manto d'ombra a lambirne il corpo asciutto e gli occhi chiarissimi divenuti cristallo. Puro, iridescente, così luminoso da essere quasi impossibile da scrutare troppo a lungo.
    Ad ogni passo fumo tenebroso e denso le baciava le caviglie, lambiva la sabbia, muovendosi attorno a lei come lingua d'un fuoco primordiale ed oscuro. Si toccò fugacemente le punte delle dita, riscoprendole coperte di brina ghiacciata così come il suo respiro.
    Dopo la distruzione del lutto d'un amore perduto in fanciullezza, essere stata dilaniata da colpe inespiabili, essere rinata oltre il trauma e la paura, Athena era divenuta qualcos'altro: aliena, potente, abbracciata da un nuovo dono in quella città prodigiosa.
    Era stata graziata dalle ombre ed era, finalmente, divenuta quell'Inverno che era sempre stata.
    Così la giudice si guardò attorno, quello sguardo paterno sempre vivo in sé, e cominciò a tessere una tela nuova.
    Ombre e brina ghiacciata formarono una trama sottilissima di trappole che cominciarono a scattare non appena ondate di opponenti presero ad infrangersi contro di lei.
    S'impose di non ucciderli se non quando strettamente necessario, spianando la strada ai suoi compagni con l'unico intento di sfoltire le fila nemiche.
    Scorse Naavke e la sua torreggiante, tenebrosa presenza muoversi con potere immenso verso Vilhelm e tentò di fermarne l'avanzata. Meteore di Notte e Gelo s'infransero come una pioggia inesorabile di stelle cadenti al terreno, logorando il campo di battaglia e cambiandone vagamente la conformazione sulla battigia.
    Grazie ai crateri formatisi, Athena fornì riparo ad i suoi per avanzare ed una nuova occasione di ribattere mentre parava colpi e ne scoccava altri con precisione, dardi di gelo ed ocurità così perfettamente incatenati da sembrare gemme di costellazioni perdute.
    Fu allora che sentì il proprio corpo martellare di dolore ad un fianco. Gemette portandosi d'istinto una mano gelata allo squarcio che le scoprì pelle e sangue, senza sapere chi fosse stato il fautore dell'attacco i quel caos inimmaginabile.
    Ringhiò sommessa a causa del pulsare incessante della ferita ch'ebbe collezionato, muovendosi sul campo di battaglia così da avere chiara visuale su Ares e Jonah alle sue spalle.
    Si lasciò ammantare dalle ombre come uno scudo alle sue spalle ed attese il momento opportuno per proteggere il suo amante. Le dita s'intrecciarono in un filo d'ombra, poi un altro ed allo stesso tempo gemme di brina vi si arrampicarono su, formando una marionetta intessuta di tenebra ed inverno nelle sue mani sottili.
    Parve così piccola, se non fosse che una nuova Thyelas, possente e regale, si era appena formata sulla sabbia, al suo fianco, e stava già correndo poderosa verso i due uomini. Le dita di Athena la tenevano in vita grazie alla marionetta, quantomeno per una manciata di secondi sufficienti a concedere ad Ares un po' di respiro.
    La sua grifone brillava, le ali di ghiaccio e buio spettrale, piuma dopo piuma intrecciate di stelle.
    L'animale, mosso da Athena e la sua scaltrezza in lontananza, cominciò a mietere vittime tanto da sfrondare le fila dell'avversario anche su quel fronte.
    Altri attacchi le giunsero ai lati, alle spalle e mantenere la concentrazione su quell'essere meraviglioso per più di qualche minuto le fu impossibile.
    Athena lo mise in conto troppo tardi.
    «NO!» gridò, tentando di avvicinarsi quando un nuovo urto la colpì nella mischia di quel caos arcano.
    Morendo per una seconda volta, Thyelas si frantumò in mille proiettili di ghiaccio che investirono senza pietà chiunque si fosse trovato nei suoi paraggi.
    Ares, Jonah inddubiamente e chissà chi altri.
    La giudice sputò sangue e volse gli occhi inumani e brillanti ai seguaci di Sykdom: che fosse stato lui stesso ad infliggerle quella serie di colpi, uno dei suoi neofiti fra cui il giovane uomo che aveva avuto il compito di ucciderla dapprincipio od Evjen, lei non riuscì ad intuisco con immediatezza.
    Fatto sta che la ferocia che provò in quel momento le dilaniò l'animo più d'ogni altra ferita avesse potuto subire.

    Edited by Annie` - 23/6/2023, 07:07
     
    .
37 replies since 25/5/2023, 20:33   1730 views
  Share  
.
Top