And all the times we fell behind were just the keys to paradise

SANTANA "ANA" BARROS & EIRA ADRIENNE VIKEN

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    ~ Clara ~

    Group
    Cittadini
    Posts
    31
    Reputation
    +117
    Location
    🌙⭐☀️☄️

    Status
    Offline
    Ana, esistenza ossimorica, era contenta solamente in due situazioni: quando le cose andavano abbastanza male da concederle il permesso di combinare casini e scervellarsi su improbabili soluzioni; e quando le cose andavano così bene da concederle il titolo di genio assoluto proprio per tali risvolti positivi (almeno per lei). Ecco, fu tale condizione a palesarsi quando, metallico suono mellifluo seguito da lento scatto, le chiavi facilmente scivolarono nella toppa, rivelando, all’apertura del portone azzurro da palestra scolastica, proprio l’interno di questa: in particolare, l’oscurità loro complice presto smascherò, supportata della tenue luce lunare, la piscina del liceo di Besaid, palesemente sola in una notte quasi estiva come quella. Quasi le dispiaceva la sua solitudine – menomale che era giunta in suo soccorso con il solito sorriso sbruffone, le converse ancora sporche del fango affrontato per raggiungere il retro dell’istituto e, dietro di sé, una delle poche persone che veramente poteva definire sua amica, essenza goth perfetta per quell’ambiente liminale man mano scavato dall’inquietudine ad ogni rintocco successivo all’orario di chiusura. Consapevole di ciò e dei risultati ottenuti, la minuta giovane si voltò soddisfatta proprio verso l’altra, folto sopracciglio alzato assieme alle dita, finte pistole firma delle proprie vittorie. «Missione compiuta, mia complice,» scherzò, un rapido occhiolino che nascose momentaneamente lo scuro dei suoi occhi, macchie simili a quanto le circondava eppur sprezzanti per il vivo scintillio contenutovi, «benvenuta… nel nostro nuovo covo segreto». Un inchino invitò la ragazza dalla pelle candida a godersi lo spettacolo, un ambiente scolastico completamente a loro disposizione imbevuto d’una quiete innaturale da metter quasi i brividi: gli spalti svuotati dal raro tifo di una piccola cittadina, l’assenza di onde sulla superficie piatta delle vasche a malapena colorate da galleggianti dimenticati, il fresco della serata ancora nelle loro ossa nonostante la porta appena socchiusa (via d’uscita d’emergenza, la sicurezza prima di tutto!). Ogni singolo dettaglio di quello scenario era un battito in più, un magico suono nel petto fasciato di nero che gli angoli della bocca di Ana, topi per il pifferaio, non potevano far altro che seguire verso l’alto. D’altronde, l’adrenalina le permetteva di lasciar volare il suo animo più di qualsiasi altra sostanza di cui avesse mai fatto uso – cos’era l’alcol rispetto alla paura di beccarsi qualche malattia dal suo nuovo graffio sulla guancia, gentile offerta della volpe utilizzata come diversivo ed ora probabilmente sua acerrima nemica? Non era riuscita a trattenersi, forse sotto lo sguardo sconcertato di Eira, era scoppiata a ridere quando aveva sentito piccole lacrime di sangue scorrerle lungo il mento; l’animale, trattenuto ora lontano dal volto che ostinato si dimenava, era incapace di liberarsi ma, soprattutto, di scalfire la sua di libertà, uno spirito a sua volta ostinato di scoprire cos’altro sarebbe riuscita a combinare. La guardia notturna l’aveva scoperto subito dopo, ritrovandosi ad affrontare un’improvvisa figura rossa scodinzolante di rabbia nell’ala dell’istituto (opposta rispetto alla meta delle due studentesse) in seguito ad un breve tragitto attraverso una finestra “accidentalmente” rotta solo un paio di giorni prima da un colpevole ancora a piede libero… Beh, non poteva mica farsi punire anche per quello, le bastava e avanzava un intero mese di inaccessibilità al laboratorio per un esperimento sorprendentemente mal riuscito ad una delle migliori studentesse bla bla, che gran peccato… ma come altro avrebbe allontanato l’inserviente dallo sgabuzzino quanto basta da recuperare le chiavi e passarle a Gree, ottenendone una perfetta copia da condividere con lei per il libero accesso all’istituto? Certo, la collaborazione non era del tutto piacevole, considerato i due caratteri agli estremi opposti, però il guadagno era assicurato e contava solo quello: ora poteva comodamente godersi un nuovo rifugio dallo spazio-tempo, irreale quasi quanto il cielo che si spacca – quasi. Non volendo appesantirsi il capo già fin troppo riccioluto con sconvolgenti verità, lasciò il polpastrello scivolare sull’apertura del telefono così che, in un battito di ciglia, il silenzio della notte si potesse colorare di piacevoli echi rock.

    «Julie and the Phantoms per il mio fantasma preferito, ovviamente» un altro occhiolino e via, il rovinato zaino militare fu subito abbandonato accanto alla vasca più vicina, converse mangiucchiate dal tempo pittrici d’impronte fangose qua e là sul pavimento immacolato mentre lo sguardo seguiva il medesimo pattern, immaginando avventure con cui ravvivare il mondo nascosto a loro disposizione. «Ho da bere e mangiare, e puoi cambiare musica se vuoi,» si voltò nuovamente verso l’altra ragazza, sorridendole complice e camminando al contrario lungo il lato corto della piscina, «siamo qui per rilassarci, divertirci e scoprire cosa può offrirci questo magico istituto nell’unico momento in cui veramente vale la pena visitarlo». Questo è quanto disse, eppure segretamente – e sperava non più di tanto, d’esser stata ovvia con tale richiesta ed i costanti tentativi di strapparle un sorriso – aveva intenzione di dare ad Eira tutto lo spazio necessario per ricaricarsi, parlare, sfogarsi sull’ultimo anno, avvenimenti che lei in primis non sarebbe mai riuscita a reggere; okay, anche lei aveva il suo bel fardello ancora da condividere ad anima viva, però poteva benissimo farcela da sola, no? Non sarebbe mica crollata al peso delle responsabilità che si era auto-inflitta quel benedetto giorno di qualche anno prima, no?? …Certo che no, si voltò nuovamente e proseguì nel suo percorso, sfiorando le pareti intonacate con delicatezza così stridente quando confrontata alla ferocia con cui seppelliva le proprie paure davanti agli occhi altrui, persino dei suoi cari: ma se avesse cominciato ad aprirsi, poi chi l’avrebbe richiusa? No no, non era proprio il caso, la sua amica aveva la priorità e lei gliel’avrebbe sempre concessa, anche perché già troppo era concesso ad Ana, il fatto stesso che Eira si stesse macchiando di effrazione per un suo capriccio ne era grande prova. E poi, in fondo, aveva trascorso abbastanza tempo a preoccuparsi della sua missione in quel periodo; certo, poi una misteriosa forza sovrannaturale aveva squarciato il cielo terrorizzando la città e portato con sé la poca speranza che le era rimasta, lasciandola completamente vuota all’idea di ritrovarsi di nuovo al punto di partenza senza idea alcuna sul da farsi, senza minimo appiglio o possibilità di uscita dalla propria esistenza intinta di panico… Okay, forse quella serata serviva più a lei che all’altra ragazza, ma comunque ne sarebbe valsa la pena, ne era… quasi sicura. Al massimo ne avrebbe guadagnato una malattia ed un’acerrima nemica (sì, sempre la volpe). «Dooon’t looook down, cause we’re still rising uuup riiiight now~» canticchiò il ritornello della canzone che tanto amava per il suo ritmo travolgente, falcate affiancate al bordo della vasca e l’animo in avanscoperta per sopprimere con la curiosità qualsiasi sensazione negativa. «Non trovi l’acustica sia perfetta? È proprio sprecata, dovremmo farci un concerto dei Murder of Crows,» propose, gli occhi, ora illuminati dall’idea e brillanti nel buio con cui facilmente si confondeva, alla ricerca dell’altro paio lì presente, volendo scoprirne l’opinione, «già me lo immagino – magari ci servirà una distrazione meno… aggressiva, però potreste mettervi qui…» rapidamente rivolse il corpo verso gli spalti, braccia ben aperte recuperanti la spalla della camicia a scacchi precedentemente arresasi alla gravità, «dovrebbero esserci le prese dei microfoni, lì, dove si mettono i giudici… E il pubblico, invece,» un giro di 180 gradi e furono ancora solo le converse a separarla dall’acqua, il brivido della vicinanza ad essa un piacevole sottofondo come la playlist dalla forte atmosfera, copia dell’animo che l’aveva creata, «qui in piscina, a nuotare e ballare! Penso sarebbe il miglior concerto dell’estate Besaidiana di sempre! Lo so, sono un genio, non c’è bisogno di ringraziarmi». Grande sorriso, ripercorse a passi rapidi lo spazio che la separava dal suo zaino attendendo la risposta della cantante, seppur stesse già fantasticando su come altro utilizzare il nuovo nascondiglio per vivere ancora un’altra vacanza, ancora altre emozioni, benzina nelle braccia toniche presto spogliate dalle lunghe maniche di camicia. Generalmente, l’avrebbe volentieri abbandonata ovunque, incurante dei suoi averi, però in quell’occasione preferì accertarsi di non lasciar traccia, onde evitare d’esser scoperta: se in futuro avrebbero ammesso altre persone, le probabilità di risalire alla studentessa perfetta diventata incubo della scuola sarebbero state minori, ma al momento… non che avrebbe aperto il suo covo a chiunque, sia chiaro, però doveva ammettere fosse più divertente scatenarsi tra corpi ammassati, nonostante la sua amica fosse dell’idea opposta. I concerti le univano, però, e la sola idea di poter aiutare nella diffusione della sua meravigliosa voce la rendeva felice, più di quanto si sarebbe mai potuta immaginare. Seppur l’avesse già ammesso da tempo, s’imbarazzava ancora al pensiero Eira fosse stata la sua prima vera amica, l’unica capace di accedere ad informazioni più personali su di sé (per quanto non fossero tutte); tuttavia si rilassava ricordandosi il motivo del loro incontro, il suo cambiamento radicale, ciò che l’aveva resa la stessa persona che – saltata fuori dalle converse e presa la rincorsa – non aveva paura alcuna di tuffarsi a bomba nella piscina scolastica in piena notte, quasi lanciando un urlo in ultimo intrappolato solo per non metter nei guai una persona a lei cara. Inevitabilmente, finì per schizzare anche lei, e poco se ne curò tirando su la testa dall’acqua al profumo di cloro, massa di ricci pesante solo finché non si disperdeva sulla superficie chiara bagnata dalla luna; presto, anche la pelle sperimentò la medesima sensazione quando lo lasciò in balia della gravità, galleggiando completamente. Ah, i corpi d’acqua erano veramente i suoi preferiti: scorpione nell’animo, quando combinava casini e quando si immergeva era completamente nel suo elemento, qualsiasi sensazione, anche le più ingarbugliate, trasportate con così irrisoria facilità dalla corrente o, in quel caso, dalle increspature create da massa solida distesa su liquido – oh, wow, troppa fisica qui, non era certo il caso di pensare al proprio peso, così come prima aveva preferito ignorare la… gravità della situazione. «Mia signora… ho affrontato le acque per lei…» tornò in posizione eretta fingendo fatica, avvicinandosi lentamente all’amica con sguardo sofferente, una mano drammaticamente tesa verso di lei ed un’altra stretta al petto, «ho sconfitto… il re del cloro… gettando sodio alle sue truppe…». Abbassò il capo, raccogliendo nelle mani un po’ dell’acqua per poi lasciarla scivolare fra le dita, sorriso a stento trattenuto da carnose labbra. «Ho reso questa landa desolata… un reame salato degno di vostra altezza… bassezza?» in ultimo, alzò lo sguardo ed una mano, mostrando finalmente l’espressione divertita così naturale al profumo di libertà e leggerezza da lei sempre agognate. «Cosa ne pensa, le andrebbe di governarlo con me?».
     
    .
0 replies since 17/8/2023, 01:09   33 views
  Share  
.
Top
Top