Does a hunt that has no violence feed anyone?

Naavke & Vilhelm | post-quest

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Cittadini
    Posts
    889
    Reputation
    +1,248

    Status
    Anonymes!
    Nel rispetto di tutti i lettori si avvisa che da questo punto in poi sono presenti tematiche di: contenuti sensibili (ferite). Ricordiamo che si tratta di un'opera immaginaria, frutto della fantasia di chi scrive e che non mira a danneggiare nessuno nello specifico. Le azioni descritte non sono ad ogni modo condonate e sono diretta responsabilità creativa di chi ha realizzato tali contenuti.


    You're an angel, I'm a dog
    Or you're a dog and I'm your man
    You believe me like a god
    I destroy you like I am

    In quel momento erano estranee, lontanissime, le immagini che si erano incise indelebilmente nella mente di tante altre persone come Vilhelm. Non restavano di tutti quei ricordi che tracce confuse, apparizioni poco definite nella sua testa che si mischiavano al sapore ferroso del sangue e quello della salsedine. Aprendo appena gli occhi e girandosi fra le lenzuola riuscì a vedere la luce dell'alba filtrare dalle finestre attraverso piccoli segmenti che si ripetevano sulle pareti della stanza, mentre le tende, come leggerissimi petali, segnalavano la presenza di una brezza inusuale per il periodo dell'anno. Vilhelm ebbe l'impressione di non trovarsi nello stesso posto in cui si era addormentato il giorno prima e, lo capì presto, nemmeno nella realtà che aveva imparato a conoscere come quella che abitava, anche se era vero che il dubbio non lo abbandonava mai. Era immerso in un sogno. Stava navigando con la mente in ricordi che lo raggiungevano come delle carezze sulla pelle dilaniata dalle ultime esperienze, onde dolcissime che promettevano di riportarlo a riva. In quel momento, tutto il dolore era lontano anni luce: Vilhelm si era svegliato a Palermo. Infatti, abbassando lo sguardo nel percorrere la figura distesa di fianco a sé avrebbe riconosciuto Naavke: quell'immagine piena di una luce chiarissima gli restituiva il corpo nudo dell'amante, assopito placidamente, indifeso. Alla fine dell'addome, sotto l'ombelico, una linea bianca segnava il limite raggiunto dai raggi del sole sulla pelle di Naavke leggermente più abbronzata. Il ricordo, come la percezione dolorosa di un arto fantasma, proseguì davanti ai suoi occhi costringendolo a desiderare di poter esserne protagonista e non spettatore, di poter portare indietro le lancette del tempo fino a quel mattino carico di promesse. Ora Vilhelm sembrava covare l'ingenua convinzione di poter sistemare tutta la situazione, nutrendo l'arroganza di essere capace di schiacciare sotto un'unica soluzione problemi molto diversi tra loro. Il tempo gli aveva insegnato a riconsiderare la propria posizione nell'intera dinamica ma, come nuovamente raggiunto da illusioni passate, Vilhelm non poté che abbandonarsi alle sue stesse fantasie.
    La notte precedente aveva portato nuove incertezze e drammi con sé e Vilhelm credeva che crogiolarsi in quel passato romanticizzato e fatto di finzione fosse anche lecito. Così, nel prolungare le carezze con lo sguardo e nel renderle concrete con il movimento del palmo della mano sulla pelle dell'amato, Vilhelm notò un elemento estraneo che registrò per la prima volta sul corpo di Naavke: una lunga ferita dalla forma irregolare. Al tatto risultava ancora fresca, quasi pulsante, e ricordava un inquietante sorriso. Vilhelm non frenò l'indagine dei polpastrelli, scoprendo che il taglio si estendeva da un fianco all'altro di Naavke, tracciandone il basso addome: era la sua ferita. Il panico lo assalì e mentre si tirava su dalla posizione distesa, arrivò con le mani là dove la carne continuava ad aprirsi. Tentennò su quella voragine, sussurrando una serie di preghiere e di scuse che si persero fra le lacrime. Mentre le dita iniziavano a sporcarsi di sangue nel vano tentativo di chiudere e tamponare lo squarcio, non riuscendo più a riconoscere se si trattava del proprio o di quello di Naavke, in quegli spazi vuoti iniziò a scavare con le dita. Stava agendo proprio come avrebbe fatto uno dei suoi cani, aprendo la carne di Naavke fino a quando le mani non gli diventarono completamente rosse. Ricordava di aver stretto un pugnale fra le mani: era stato lui a causare tanto dolore a Naavke? «No... no, non... posso.» Biascicò ubriacato dal dolore, non rendendosi conto di essere ben lontano dalla dimensione del suo sogno tramutatosi presto in incubo: era caduto in quell'abisso creato da lui stesso. In verità seduto su una poltrona in un'abitazione che non riconosceva, Vilhelm stava faticando a mantenere la testa dritta e sentiva attorno a sé la grande stanza girare. Aveva caldo e freddo insieme, avvertiva il bruciore al ventre farsi sempre meno pungente e, con esso, un sonno insidioso farsi spazio dentro la sua testa: si sentì avvolgere da un telo morbidissimo che gli fasciò le membra, simulando un abbraccio confortante. Sembrava che qualcuno si stesse prendendo cura di lui, eppure non riuscì a verificarlo. Sarebbe stato impossibile per Vilhelm controllare l'alzarsi e l'abbassarsi delle palpebre, come appesantite da un sonno innaturale, forse indotto. Non in grado di fissarne il volto di chi lo stava aiutando nello sguardo così da poterlo riconoscere, Vilhelm si lasciò andare a effimere speranze. «Naavke...» Sussurrò, senza poter essere certo di aver davvero parlato, o di aver pregato che l'altro potesse rispondergli, che potesse raggiungerlo con la sua voce così da confermare tutte le delusioni che riempivano la testa di Vilhelm. Dopo aver emesso qualche altra richiesta e rantolo confuso, Vilhelm calò nel buio e si abbandonò ad un sonno senza sogni.

    I'm sorry I'm the one you love
    No one will ever love me like you again
    So, when you leave me, I should die
    I deserve it, don't I?

    Con un faticosissimo tentativo di riprendere fiato, Vilhelm si risvegliò per l'ennesima volta durante quella notte che sembrava eterna. Non era certo di quanto fosse distante nel tempo e nello spazio da casa sua ma non avvertiva nessun campanello d'allarme: tutto era calmo attorno a sé e regnava il silenzio, senza più nessuna discordante marcia di morte ad accompagnare la voce altisonante di un santone sconosciuto. Perfino la sua testa era stata svuotata da ogni preoccupazione, come se qualcuno fosse stato in grado di spaccargli il cranio in due per far scivolare via la melma tirando via un tappo. Pop. Ogni malessere gli era fluito fuori direttamente dalle orecchie, abbandonando il corpo ad una inusuale sensazione di libero benessere. Mentre faceva i primi passi verso l'uscita della stanza, accorgendosi non solo di avere dei nuovi abiti addosso, puliti, ma anche di essere stato accuratamente fasciato là dove era stato pugnalato, un invitante profumo di cibo raggiunse i sensi ancora parzialmente assopiti. Seguì quella scia fino a raggiungere uno spazio disgustosamente grande, elegante e raffinato. Da quello che poteva vedere fuori dalle ampie finestre, non doveva essere molto lontano da Besaid; fuori era buio e Vilhelm non sarebbe stato in grado di affermare se fossero immersi nel bel mezzo della notte o se quelle fossero le ultime ore più buie prima dell'alba. Per quanto tempo aveva dormito? Mentre cercava di capire dove si trovasse, i suoi occhi non impiegarono molto ad individuare la figura di Naavke, occupato in quel momento a cucinare vicino ai fornelli. Attese che fosse Naavke a girarsi, e Vilhelm fissò lo sguardo scuro sul volto dell'altro, ignorando il sollievo che avvertì nel mezzo del petto. Era vivo, c'è ancora del tempo.
    Come se avesse abitato quegli spazi da tempo, Vilhelm si diresse verso le lucidissime bottiglie di alcolici in esposizione. Soppesò la sua scelta per qualche secondo e si preparò un fondo di whiskey, aprendo i sigilli che chiudevano la bottiglia: nel mezzo di tutte le altre scelte, quel whiskey sembrava fuori luogo, ma Vilhelm apprezzò la presenza di un liquore meno elitario. Non temeva che la mano di Naavke potesse raggiungerlo, rendendo le ore a seguire un inferno fatto di una sete irrefrenabile di alcool: ricordava di averlo disarmato, consegnando la sua particolarità ad un folle despota, condannandolo. Non poteva negare di aver provato piacere nel ricevere quel compito e nell'averlo portarto a termine. Le dita che stringevano il bicchiere gli parvero cosparse da macchie scure e cremisi ma Vilhelm non si concentrò su quell'immagine allucinata. Al contrario, presee posto a tavola, concendendo a Naavke la cortesia di non ignorare il suo impegno in cucina. «Credo che questo abbia ristabilito gli equilibri: tu hai rovinato la mia vita, io la tua. Ora siamo pari.» Parlò senza asprezza nella voce, mentre avvicinava il bicchiere al naso. Scoccò un'occhiata oltre il bordo del largo bicchiere a Naavke prima di prendere un sorso di whiskey. «La giustizia... come un ruscello, fa sempre il suo corso. Deve avere un posto speciale nel tuo cuore, Naavke, come lo ha nel mio.» Quando Naavke posò il piatto di fronte a lui, Vilhelm lo guardò per qualche secondo, osservando il suo riflesso nel brodo. Non aveva bisogno di spendere ulteriori parole sul recente passato e non aveva bisogno delle conferme di Naavke: l'aveva visto nelle sue visioni e, sebbene le sue motivazioni gli fossero rimaste parzialmente oscure, Vilhelm non credeva di voler investigare ulteriormente. In quel momento era irrilevante se Naavke avesse agito per ottenere una vendetta contro di lui, per gettare la giudice Drakos nel dubbio, o per qualche personale ripicca verso altre persone coinvolte nell'intera faccenda o in equilibri di cui Vilhelm era all'oscuro. Cercare un movente sarebbe stato un inutile spreco di energie: a Naavke era sempre piaciuto giocare, e il piacere del gioco, o della caccia, erano sufficienti come spiegazione. Naavke, tuttavia, non era l'unico ad amare il gioco e, ora era evidente, non doveva essere il solo con delle manie di protagonismo.
    Immerse il cucchiaio nel brodo e per qualche secondo lo squarcio nel cielo che si era palesato davanti ai suoi occhi per meno di un secondo gli apparve una seconda volta in mente. «Chi hai visto, Naavke? Cassandra?» Domandò con serenità senza controllare la reazione di Naavke. Era contento che Naavke fosse seduto di fronte a lui, lontano da sua moglie. Per qualche strano motivo, Vilhelm aveva immaginato, convincendosi fino alla cieca certezza, che quelle visioni non si fossero presentate nelle teste di tutte quelle vittime come la pallottola di una roulette russa, ma fossero piuttosto ricollegabili ad un disegno ben preciso, crudele per quanto ironico. Quante altre persone avevano strappato la vita dalle mani di persone che amavano? A quel punto, interrompendo il pasto, Vilhelm si appoggiò sullo schienale della sedia, studiando con una certa attenzione il viso di Naavke. «Sai qualcosa che io non so sulla faccenda. Ti conosco, Naavke, meglio di chiunque altro. Puoi dirmi quanto vuoi di quello che vuoi, ma non puoi mentirmi. Lo saprei.» Lo fissò con intenzione, non spaventandosi di fronte alla visione di due palchi sanguinanti che iniziarono a crescere dal cranio di Naavke, protetto dal fumo, dall'ombra, abbracciato dai fulmini. Una strana anticipazione euforica gli spezzò il fiato per qualche secondo, come se si fosse improvvisamente ricordato della bellezza che si era aperta davanti ai suoi occhi nell'osservare il cambiamento di Naavke. Nella mente di Vilhelm iniziarono a susseguirsi immagini rapide: quello che era accaduto nel bosco, il fiato che bruciava per lo sforzo della corsa, il sapore del sangue che danzava sulla sua lingua, la tenerezza dello strapparsi delle carni, la meravigliosa e dolorosa strage avvenuta sulla spiaggia. "È parte di quello che sei. Abbandonati ad essa." «Sono dalla tua parte e ho bisogno che tu mi creda, Naavke... per favore.»
     
    .
0 replies since 17/9/2023, 12:20   33 views
  Share  
.
Top
Top