coffee-flavored hangover

Nate x Lexi, 12.11.2023

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    mentally disturbed llama

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    Nathaniel Larsen era sveglio da poco più di dieci minuti, il corpo sprofondava nel letto, la testa gli doleva e sentiva la tempia destra pulsare contro il materasso, il cuscino magicamente finito ai suoi piedi durante la notte. Aveva dormito su per giù cinque ore, da quando era arrivato in Norvegia, ovvero tre settimane prima, quella era stata la sua prima sbornia a Besaid.
    I ricordi riguardanti la serata precedente erano offuscati, qualche bicchiere di birra, un paio di Gin Lemon e tre shot di vodka avevano fatto sì che parte della serata venisse dimenticata o quasi. Si era ritirato nel piccolo monolocale preso in affitto verso le quattro di mattina, ancora ubriaco si era steso sul letto, si era dato piacere e poi ripulito di fretta con un po’ di carta igienica, mezzo nudo si era poi addormentato. Fuori il tempo non era dei migliori, se c’era una cosa che avesse capito in quel breve tempo in città era che, a Besaid, non esistevano belle giornate. Anche quella mattina infatti pioveva, non fosse stato per il mal di testa, il sapore di alcol attaccato al palato, il freddo pungente sulla pelle o il ventre rimasto appiccicaticcio, molto probabilmente avrebbe ritrovato nello scroscio della pioggia un buon motivo per rimettersi a dormire e rilassarsi. Piuttosto aprì gli occhi venendo accecato dalla fievole luce che fuoriusciva dalle nubi grige, altri dieci minuti prima di decidersi ad alzarsi.
    Erano ormai giorni che viveva le proprie giornate travolto dai pensieri, in primis c’era la morte di suo padre, il dolore era ancora fresco e con assoluta certezza lo sarebbe sempre stato, poi c’era stato l’arrivo nella città natia del genitore che l’aveva cresciuto, si chiedeva se fosse effettivamente stata una buona idea e se fosse mai riuscito ad ottenere delle vere risposte riguardo a chi fosse suo padre prima di arrivare a Parigi, c’era poi la lettera, criptica e insolita, ed infine quegli strani tagli sul divano, spariti al tocco della sua mano, non era riuscito ancora a dare una spiegazione a quell’evento e la cosa lo infastidiva alquanto. Ora, seduto al banco della cucina, con una tazza di caffè tra le mani e un blocco da disegno davanti ripensava alla serata precedente, alla donna dai capelli castani che lo aveva aiutato a riprendersi, non riusciva a ricostruirne il viso nella propria testa ma ne ricordava la presa delle mani che lo aiutavano a rialzarsi da terra, così come, stranamente, riusciva a ricordare di avergli parlato dei suoi problemi, gli aveva parlato di quegli squarci nella pelle, l’idea che forse lo avesse preso per pazzo era vivida dentro di lui. Lexi questo era il nome che improvvisamente gli venne da associare alla ragazza, ancora intontito si affrettò a prendere il telefono e a controllare nella rubrica telefonica il nome della donna, magari gli aveva lasciato il numero, magari riusciva a ricontattarla. Ed eccolo lì, nero su bianco, visibile tra il riflesso dei cristalli liquidi, doveva solo mandare un messaggio.

    Ciao Lexi, sono Nate
    Volevo ringraziarti per ieri sera, posso offrirti un caffè nel pomeriggio.
    Magari mi rinfreschi la memoria su cosa ho combinato ahahah
    Sarò alle 16 in centro, raggiungimi se vuoi.

    Lasciò il telefono sul banco di legno, aveva bisogno di una doccia.
    Fissò la sua immagine riflessa nello specchio per qualche minuto, gli occhi gonfi e leggermente arrossati, si accese una sigaretta come era suo solito fare prima di ogni doccia, era ormai diventato un rito che non riusciva ad evitare. Sbuffò qualche nuvola di fumo dalla bocca per poi inalarla nuovamente col naso, era mezzogiorno, si sarebbe dato una sistemata, avrebbe pranzato con gli avanzati della pizza della sera prima, sarebbe poi uscito da quel lurido monolocale, lo odiava ma era quello che poteva permettersi finché non avesse trovato un lavoro e una sistemazione decente. Non aveva smesso di piovere ma in quelle ore il cielo si era schiarito, ora si intraveda un po' azzurro, per quanto spento, dietro le nuvole e la pioggia scendeva piano e fine. Non aveva un ombrello con se, perciò dovette accontentarsi del cappello della felpa, si fermò alla fermata dell'autobus vicino casa, direzione centro città, attendeva ancora una risposta da Lexi.
     
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