Besaid in Love ❤️

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    Fae Olsen odiava il giorno di San Valentino. La trovava una festa stupida, come molte altre segnate nei calendari appesi alle pareti bianche delle case. Ma il lavoro che aveva scelto di svolgere di certo non prendeva in considerazione il suo parere personale al riguardo. Per questo, aveva dovuto mettere da parte la marea di pregiudizi che lasciava infestassero la mente e organizzare quindi una serata a tema, in modo tale da poter regalare altre entrate extra al proprietario del Bolgen. Aveva messo su in circa due settimane un nuovissimo evento: lo start era previsto per il 14 Febbraio, alle 22.00 di sera. Aveva organizzato tutto nei minimi dettagli, cambiando addirittura -solo per quella serata- il listino delle bibite, inserendo tre cocktails a tema di colore rosso, ovviamente. La prima vera scelta era ricaduta sul Kiss me boy, un cocktail servito in un bicchiere basso, contenente scorza di arancia, spruzzi di maraschino con sciroppo al lampone, succo d’arancia e naturalmente una piccola aggiunta di vodka a dare un tono al tutto; il New Bowl invece, servito in un normalissimo bicchiere di prosecco dal collo allungato, possedeva quel retrogusto speciale dello Champagne accompagnato da un cucchiaino di miele, succo di limoni e rum bianco; per rendere la serata più piccante, aveva invece optato per un Cosmopolitan allo zenzero servito nel classico bicchiere da Martini, che vedeva l'insieme di triple sec e vodka al limone, con contorno di succo di cranberry e lime. A disposizione aveva anche messo due grandi tavolate colme di stuzzichini di ogni tipo: chips, pop-corn, gommose delle più sporadiche sfumature di rosa, viola e rosso, mini sandwiches colmi di salsine indescrivibili anche per lei, bacchette di cioccolata e muffin ripieni di cioccolata. Ovviamente, non sarebbe potuto mancare neanche lo stand dello zucchero filato, posto nell'angolino più remoto della sala per evitare il rumore fastidioso della macchinetta che lo avrebbe prodotto. Palloncini a forma di cuore -i più banali e scontati, quindi quelli in minoranza-, banana, fragola e naturalmente pacchi di preservativi durex, erano stati gonfiati con elio per fare in modo che toccassero il soffitto, mentre palloncini normali giacevano in libertà sul pavimento, in attesa che qualcuno li calpestasse per sbaglio ed esplodessero causando più di qualche mezzo infarto. Aveva dedicato molto del proprio tempo all'organizzazione di quella serata e sperava di riuscire a soddisfare le aspettative di tutti coloro i quali vi avrebbero partecipato. Il vero scopo dell'evento sarebbe stato, sostanzialmente, il contrario di quello che la festa di San Valentino avrebbe normalmente previsto. A Besaid il mondo sembrava da sempre girare lentamente al contrario, così Fae aveva deciso che quella sera ci sarebbe stata una ventata d'aria fresca per le coppie millenarie della città. Per loro aveva previsto un giochino molto semplice, al quale ognuno avrebbe potuto prendere parte come singolo, estraendo un numero a caso dall'interno di un grande sacco dorato che successivamente sarebbe stato abbinato ad un altro numero estratto, in maniera del tutto casuale. I due partecipanti, poi, avrebbero avuto il compito di scegliere se cantare o ballare. La “coppia” migliore avrebbe vinto il titolo di Best Valentina & Valentino.
    Bene, potrei richiedere la vostra attenzione? E' ora di mollare la presa sui vostri partner -se siete accoppiati; sui vostri amici -se siete qui con un accompagnatore che credete sia innocuo; ...e basta, perché se siete qui da soli allora questa sarà sicuramente la parte più bella della vostra serata, direi. Sì, lo so, a parte la possibilità di scolarvi cicchetti a metà prezzo. Per questo ringraziate la pazienza di Grant, al bancone. Non avete idea di quanto abbia maledetto l'intero evento e San Valentino compreso, mentre si tirava su per le scale cartoni colmi di bottiglie che fino ad oggi pomeriggio erano appostate giù in magazzino. Grazie, Grant. Se qualcuno si ritroverà a vomitare nei bagni o a non centrare il water durante i più comuni dei bisogni, sarà tutto merito delle tua abilità di vendita. esordì Fae al microfono. Si voltò in fretta verso la console del Dj posta esattamente dietro di lei, su un piccolo palchetto. Dinnanzi ad essa, un tavolino rotondo sosteneva una grande sacca dorata colma di foglietti di carta sui quali vi erano i nomi delle coppie estratte al sorteggio. L'afferrò e si voltò nuovamente in direzione della folla. Adesso tirerò fuori i fogliettini, uno per uno, e quelli che saranno chiamati dovranno scegliere quindi se deliziarci con una bella canzoncina o con una danza. Vogliamo mosse sexy, vi avverto. continuò a spiegare, prima di infilare la mano giù per il sacco ed estrarne quindi il primo abbinamento. Si comincia! Qui ho un certo Erik Hoffman e... cosa, Fae Olsen? Chi ha messo il mio nome in questo coso? Sì, sì, lo so che non posso ritirarmi! Vado avanti con... Kara Andersen e Levi Kvist. Poi, hm, Ivar Wasenlund e Adam Kane. E ancora Engel Larssen insieme ad Astrid Heriksson. Si aprano le danze! concluse, sorridendo con gusto. Si sarebbe rivelato un bello spettacolino.
    Mise il sacco da parte e spostò autonomamente il tavolino, portandolo giù dal palchetto e posizionandolo in un angolino buio della sala da ballo. Si rivolse in direzione del centro della pista, dove i candidati si erano radunati. Erik? Iniziamo noi due? Di ballare non credo se ne parli, ma cantare posso provarci. chiese, rivolgendosi all'unico dei ragazzi che parve voltarsi nell'udire quel nome. Gli passò un microfono, provando a mantenere un'espressione del tutto compiaciuta. Si soffermò per qualche secondo con lo sguardo sulla figura dell'uomo, rimanendo piuttosto sorpresa dal fatto che anche a quell'età sembrava esserci ancora chi pensava a divertirsi il giorno di San Valentino. Si avvicinò a lui, facendo poi segno con la mano al Dj, con le cuffie tirate su e le mani pronte sulla console. Partì finalmente la musica, e le note di The bad touch risuonarono per tutta la discoteca, mentre intorno iniziava a formarsi un piccolo cerchio che avrebbe lasciato spazio ai primi due concorrenti della serata. Un ritmo veloce, allegro, che accompagnavano i piccoli e quasi impercettibili movimenti di bacino di Fae. Si voltò in direzione di Erik, osservanone la reazione nell'udire quelle note. Fortunatamente poi, Fae aveva iniziato la propria serata a suon di shots, che aveva continuato a bere almeno fino a qualche minuto prima dell'annuncio riguardante l'estrazioni, per cui le sembrò piuttosto facile dare vita a quel teatrino. Iniziò a camminare intorno ad Erik, posando una mano su di una spalla dell'uomo e facendola scivolare lentamente fino all'altra estremità, senza distogliere gli occhi da lui. Non era esattamente un'esperta, e la maggior parte delle volte in cui tentava di essere sensuale, faceva anche cilecca. Altre volte, invece, si decideva a lasciarsi inalmente andare, sciogliendo i muscoline dandonl'impressione di sapere davvero ciò che stava facendo. E quella, di sicuro, contava come una delle volte. Giocava in casa, naturalmente. Avvicinò quindi finalmente il microfono alle labbra e prese a cantare i primi versi. "I'd appreciate your input. Sweat, baby, sweat, baby sex is a Texas drought me, and you do the kind of stuff that only Prince would sing about. - si allontanò da Erik, fermandosi a qualche passo di distanza da lui e continuando a guardarlo divertita. Posizionó la mano libera all'altezza del bacino, afferrando l'estremità dei jeans con due dita, poi riprese a cantare. So put your hands down my pants and I'll bet you'll feel nuts, yes, I'm Siskel, yes I'm Ebert and you're getting two thumbs up. You've had enough of two-hand touch, You want it rough, you're out of bounds I want you smothered, want you covered, like my Waffle House hash browns. Come quicker than Fed Ex, never reaching apex like Coca-Cola stock you are inclined to make me rise an hour early just like Daylight Savings Time." proseguì quasi senza sosta, nel suo inglese condito da accento straniero. Non conosceva quel tipo, e forse questo fu a rendere il tutto molto meno imbarazzante. Sapeva solo che il suo corpo continuava a muoversi avanti e indietro, su e giu, in maniera totalmente inconsapevole, come se fosse la musica a spingerla in direzione di una o l'altra parte. L'immagine non era esattamente delle migliori, e se solo zia Rory fosse stata lì present, sarebbe arrossita dalla vergogna alla vista di sua nipote intenta a ballare a ritmo delle note di quella canzone. In effetti, ripensandoci, le parole erano pregne di un significato che qualsiasi bambino non avrebbe dovuto mai ascoltare prematuramente. Ma per Fae, la parte divertente stava anche in quello: aveva cercato qualcosa di insolito, qualcosa per cui in molti ancora si sarebbero coperti orecchie e occhi. Quindi continuò a muoversi con la delicatezza di un elefante, cercando comunque di apparire sensuale e di interpretare a modo suo le parole della canzone, le quali altro non erano che un invito a conoscersi più da vicino, più intimamente. L'unico problema era che davanti ed intorno a se aveva innumerevoli sconosciuti. Erik sicuramente l'avrebbe pensata allo stesso modo, ma ormai ci erano dentro e perché no? Perché rinunciare al divertimento?

    Ordine: Erik, Kara, Levi, Ivar, Adam, Engel, Astrid
     
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    Sin da quando era un adolescente dagli ormoni impazziti, Erik Hoffman aveva adorato circondarsi di persone. Non che anelasse a qualche incipt da manie di protagonismo, ma l'energia degli altri esseri umani in qualche modo lo rinvigoriva. Ed era per questo che aveva deciso di prendere parte a quell'insolita iniziativa organizzata da una delle PR del Bolgen, prettamente legata alla festività di San Valentino. Lui, che con l'amore aveva chiuso i battenti anni addietro, pensava a quel giorno come ad un'unitile tentativo da parte della società di fare del consumismo il soggetto prediletto. E lui vi era cascato come una pera cotta, non fosse stato per il cocktail che era certo avrebbe presto per rinfrescarsi tra una danza e un canto a squarciagola. Ennesima pessima idea perché il suo fisico, per quando moderatamente scolpito da una sana attività fisica, risultò piuttosto debole rispetto a certe spallate da ottocento chili di muscolatura.
    Decise dunque di approfittare di quel fantomatico evento del quale tutti parlavano e, dopo aver urlato domande alla gente peggio messa, riuscì ad individuale in quel vortice di cunicoli e sale da ballo dove veniva proposta in ciascuna un genere musicale diverso, il luogo desiderato.
    I suoi occhi intercettarono all'istante la bella Fae Lynae Olsen, con quell'arcobaleno al posto dei capelli che avrebbe saputo ammaliare in qualche modo anche un cieco. Le domandò come funzionava la gara, constando che era la prima volta che le rivolgeva la parola anche se l'aveva adocchiata al Bolgen già diverse volte, e quando tutto gli fu chiaro non solo fu certo che vi avrebbe partecipato, ma si sentì anche parecchio elettrizzato dalla cosa. I preparativi iniziarono ed il sorteggio prese vita sotto agli occhi curiosi dei cittadini di Besaid. Non importava, quel giorno, se si era single o fidanzati, ciascuno faceva parte della giostra che stava oliando gli ingranaggi e prendendo gradualmente vita. Solo una cosa Erik non aveva previsto: di essere chiamato per primo. Quando udì il proprio nome il suo collo scattò nella direzione della voce, come un robot. «Direi che posso provarci anch'io, ma ti avverto, non sono la persona più intonata di questa terra.» ammise alzando i palmi delle mani verso il soffitto. Avrebbe sopperito le sue lacune tecniche con una buona dose di ironia, come sempre. Come quando era un ragazzino e serate di quel tipo erano un habitué e frequentandole non si sentiva un pesce fuor d'acqua come in quel momento. Allungò qualche passo fino a raggiungere il modesto palcoscenico allestito per l'occasione.
    Quando partì la canzone, The bad touch dei Bloodhound Gang, Erik Hoffman si abbandonò ad una fragorosa risata. Se qualche teppistello era stanziato in prima fila con il cellulare alla mano pronto a riprendere un video che avrebbe successivamente caricato su YouTube, poteva dire addio alla sua carriera. O alla sua nomea di professore serio e coscienzioso. Se tanto doveva farlo, tanto valeva farlo al meglio. Prese tra le mani il microfono e tenendolo con entrambi i palmi pigiati iniziò da dove Fae si era interrotta. Senza che si fossero organizzati alcun tipo di balletto, intrecciò la mano con quella della ragazza arcopaleno, facendo leggermente pressione affinché gli si avvicinasse. Si, infondo poteva essere che quella canzone, lui, la stesse cantando proprio a lei. «Do it now! You and me baby ain't nothin' but mammals so let's do it like they do on the Discovery Channel (...), gettin' horny now!» Mosse il bacino, attento a non urtarla e sperando di lasciarle intendere che non era un pervertito all'ultimo stadio, ma un quarantenne che era lì per divertirsi, per far divertire lei ed anche il loro pubblico. «So if I capsize on your thighs high tide, be five you sunk my battleship. Please turn me on I'm Mister Coffee with an automatic drip»
    Fece oscillare il braccio prima a destra e poi a sinistra, il palmo disteso e le dita ben pigiate le une tra le altre: di tanto in tanto lanciava qualche occhiatina ai presenti come un mitomane che sta facendo foggia di sé durante un atto vecchio quanto il mondo. Ovviamente lui non era così e non ricercava le attenzioni di nessuno ma faceva tutto parte dell'esibizione e ci ciò che, inevitabilmente, il testo di quella canzone poteva lasciar pensare.
    «Love the kind you clean up with a mop and bucket like the lost catacombs of Egypt, only God knows where we stuck it. Hieroglyphics? Let me be Pacific I wanna be down in your South Seas » A quel punto si staccò dalla ragazza, mimò prima le le forme umane dei geroglifici egiziani e poi prese il mocho vileda che uno degli attrezzisti aveva cercato di nascondere.
    Andarono avanti così, a ritmo di una musica martellante ma non ripetitiva e gesti volgarmente etichettabili come fuori luogo eppure appropriate per quel tipo di messaggio che doveva trasmettere quella canzone vecchia come il cuculo.
    Quando la musica terminò, prima di lasciare il palco e fare ritorno tra i plebei, il tedesco abbassò il capo per sussurrare all'orecchio della norvegese. «Ti devo un drink. Magari la tua performance farà si che io non venga espulso dall'università dove insegno, dopo che qualche balordo dei miei alunni che sono certo frequenti questo ambiente avrà sbattuto il video della nostra esibizione sul Tubo.» dopo un baciamano vecchio stile, ma che gli parve appropriato in quell'occasione, Erik Hoffman abbandonò i presenti, puntando al bancone dove avrebbe ordinato un bicchiere di tequila per riprendersi.

    Edited by Comet - 21/2/2018, 17:39
     
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    | IVAR WESENLUND | 24 Y.O | Bolgen Disco Pub | Evening
    Il disagio di quella giornata era iniziato quando, scorrendo le mail riguardanti la falegnameria, ne aveva trovate diverse con inviti per San Valentino. Coupon per una cena per due, sconti alle terme per due, ingressi omaggio alle feste se ci si presentava in coppia… la parola "due" quel giorno stava diventando ricorrente almeno quanto il numero nove per Dante e i fissati con l’esoterismo. Sbuffò, eliminando quelle mail una dopo l’altra. Non se la sentiva di scegliere solo uno dei suoi gatti e portarlo alla festa. Gli altri patatini si sarebbero offesi di sicuro! L'idea di invitare qualche ragazza poi, non l’aveva nemmeno sfiorato. A parte che non ne conosceva molte, la maggior parte delle papabili era fidanzata, e, dettaglio, la donna che probabilmente amava ancora stava con un altro e non si ricordava di lui. Alzò gli occhi al cielo, chiedendosi cosa avesse fatto di male nelle vite precedenti per meritarsi tutto ciò. Era sempre stato una persona buona, uno di quei bambini a cui Babbo Natale – se fosse esistito- avrebbe portato un sacco di regali meritati. E invece no, la sfiga sembrava essersi abbattuta sulla sua vita sentimentale come le sette piaghe d’Egitto, spazzando via ogni possibilità d’infatuazione o di ripresa. Sembrava quasi uno strano scherzo del destino, tutto ciò, proprio nel momento in cui il suo cuore era stato appena fatto a pezzi dall’improvviso ritorno di Astrid. Aveva temuto di non riuscire a sopravvivere a tutto ciò che gli era accaduto, per pochi terribili istanti, per l’ennesima volta. Eppure era lì, a fissare apaticamente lo schermo di un computer e a cliccare col mouse sull’icona del cestino per eliminare richieste che, di certo, non avrebbe potuto soddisfare. Sopravviveva, sempre e comunque, Ivar, nonostante la vita continuasse a infliggergli dolorose ferite che mai sarebbero guarite. Sopravviveva, per le persone che amava, per i pochi momenti belli che meritavano di essere vissuti, e che sapeva avrebbero squarciato le tenebre come luci proiettate da un faro, ogni volta. Continuava a vivere perché la sua vita era un eterno equilibrio tra il male che infliggeva e quello che riceveva. Era lui, la bilancia nella cerimonia della psicostasìa, l’ago tra cuore e piuma, il caos e la quiete. Sopravviveva, e lottava, per tenere in pari l’equilibrio.
    Una delle mail attirò la sua attenzione. C’era una festa al Bolgen, che fortunatamente non richiedeva una dama, e prometteva piuttosto bene. Si disse che ci sarebbe andato alla faccia di Astrid e Henrik –perché si, il pensiero di loro due a cena fuori a lume di candela gli faceva rivoltare lo stomaco- e che doveva divertirsi, perché in fondo aveva solo ventiquattro anni. La gente alla sua età non rientrava mai a casa, e invece lui si era dato alla vita da pensionato. La sua capacità si sarebbe manifestata comunque nei momenti meno opportuni, a prescindere da dove si trovasse, quindi rischiare non avrebbe fatto la differenza. Avrebbe rischiato, come faceva sempre, per qualche flebile attimo di spensieratezza.
    E così dopo aver comprato una rosa rossa a sua madre, perché in fondo era lei l’unica donna che amava davvero, e che sicuramente avrebbe gradito quel dono che magari avrebbe evocato in lei qualche ricordo piacevole, tornò a casa e si preparò per la serata.

    . . . . .



    Fuori dal Bolgen pub c’era la ressa, tutta Besaid sembrava essersi radunata lì quella sera. Superò qualche coppietta che si sbaciucchiava, con una bottiglia di birra in mano, guardandosi intorno alla ricerca di qualche volto conosciuto. Ciò che non aveva considerato, in effetti, era che probabilmente si sarebbe trovato da solo, come un coglione, in mezzo alla folla. Ciò che lo consolò, in parte, era che la maggior parte della gente era già ubriaca e vestita in maniera imbarazzante perché era anche carnevale, e non erano nemmeno le dieci. Si avvicinò all’ingresso del locale, quando scorse la chioma rosso fuoco di sua cugina Engel e la massiccia presenza di Kylo. Incredibile ma vero, il guardiacaccia più schivo del nord Europa si era presentato ad una festa, molto più euforico di quanto potesse avere memoria. “Kylo!” Si avvicinò, salutandolo con un sorriso e una pacca sulla spalla. “Stai attento a questa qua. E’ una specie di sirena in grado di farti perdere la testa col suo canto”. Disse, abbastanza convincente, affiancandosi a Kylo e indicando Engy col dito come se non la conoscesse. Poi sorrise, incrociando gli occhi ambrati e ammalianti di lei. Quella recita era durata meno di due secondi. Si avvicinò a lei, cingendole delicatamente la vita e schioccandole un bacio sulla guancia. “La mia bellissima sirena”, puntualizzò, rendendosi conto solo dopo della situazione in cui si era appena intromesso. Engy stava parlando con Kylo. Engy e Kilo. Ivar iniziò a saltare urlando “asdfghjajhgfdsdfghklalkjhgfdfaghjklajhagfghjkalh LA SHIP adfghjajgfghj” Che tra Engy e Kylo ci fosse qualcosa, e che lui in quel momento fosse uno scomodo terzo? Il dubbio lo sfiorò, tanto da spingerlo a distogliere lo sguardo dai due e a voltarsi. Ciò che vide però non fu proprio ciò che si aspettava. Astrid. La vide camminare col suo passo sinuoso al fianco della sua fidata amica Lois, di cui, a quanto pareva aveva recuperato la memoria. E si maledisse, di nuovo, trovandosi a pensare che fosse bellissima. Perché lei era lì? Perché non era con Henrik? Perché, per una sera in cui tentava di godersi i suoi fottuti ventiquattro anni, doveva trovarsi a sprofondare di nuovo nell’abisso? Trattenne il respiro, per un istante, mentre la bottiglia che teneva in mano iniziava a divenire opaca, il vetro ad assottigliarsi pericolosamente fino a rompersi. Nemmeno si rese conto se a romperla fu la sua particolarità o una stretta troppo forte. Si ritrovò semplicemente a spostare lo sguardo da Astrid ai pezzi di vetro che cadevano a terra, alla propria mano che per fortuna non recava segni di tagli, e poi di nuovo a lei. Lei che era così spensierata e felice, mentre il suo cuore si dilaniava nel solo vederla. Avrebbe dovuto fuggire da quella condizione prima che alla rossa venisse la brillante idea di andare a salutarlo, così come si faceva con i vecchi amici, scatenando l’ennesimo tumulto incontrollabile nel suo cuore. Di scatto, si voltò verso sua cugina e la prese a braccetto. “Non vorrei interrompere nulla, ma ho bisogno di bere. Adesso.” Disse, accennando ad Astrid. Lei avrebbe capito. Cioè no, forse non avrebbe capito, ma avrebbe intuito. Insomma, ci siamo capiti #wat. “Kylo?” Lo guardò con la faccina disperata da tipregoaiutami a cui nessuno avrebbe potuto dire di no. Alternava stati di malinconia ed euforia, Ivar, come una barca in balìa delle onde. Ma per quella sera avrebbe solo voluto non pensare, non reagire, essere ciò che mai era stato.

    . . . . . . .



    Invitare su cugina e Kylo a bere si era rivelato fin troppo semplice, e nemmeno a dirlo, la situazione era sfuggita loro di mano. Un drink, poi due, poi altri. La sua mente si era annebbiata talmente tanto da indurlo a dimenticare ciò che fino a poco prima lo aveva lo aveva incupito. Sapeva che quell’euforia sarebbe durata solo poche ore, eppure era come respirare una boccata d’aria fresca dopo secoli di prigionia. E rideva, Ivar, anche per la minima stronzata, così come non faceva da tempo. colpo di scena: una gioia. Intravide persino Erik, che salutò con la mano da lontano, e la splendida Fae, affaccendata. Quest’ultima prese la parola, poco dopo, dando il via alla serata. Avevano messo i loro nomi nel calice di fuoco in quel bussolotto per scherzo, senza sapere minimamente a cosa sarebbero serviti.
    “Adesso tirerò fuori i fogliettini, uno per uno, e quelli che saranno chiamati dovranno scegliere quindi se deliziarci con una bella canzoncina o con una danza. Vogliamo mosse sexy, vi avverto.”
    Ivar alzò gli occhi al cielo, sperando che almeno per quella sera gli dei avessero pietà di lui.
    Non Astrid. Non Astrid. Ti prego, tutto tranne Astrid! Si ritrovò pensare, e rise da solo, immaginandosi come un Harry Potter che implorava il cappello parlante. ”Non serpeverde! Non serpeverde!” Ivar Wesenlund e i doni della morte parte 2.
    “Si comincia! Qui ho un certo Erik Hoffman e... cosa, Fae Olsen? Chi ha messo il mio nome in questo coso? Sì, sì, lo so che non posso ritirarmi! Vado avanti con... Kara Andersen e Levi Kvist. Poi, hm, Ivar Wasenlund e Adam Kane. E ancora Engel Larssen insieme ad Astrid Heriksson. Si aprano le danze!”. Si girò verso Kylo, al rallentatore, guardandolo perplesso, con gli occhi sgranati e un inquietante sorriso a salvadanaio. Poi scoppiò a ridere. Era tutto dannatamente paradossale. Lui e Kylo, Batman e Robin, il guardiacaccia e il falegname. “E adesso che cazzo facciamo?” Sapeva che, ballando o cantando avrebbero fatto comunque una figura di merda. Ivar era anche abbastanza intonato in effetti, ma era talmente ubriaco che leggere le parole scritte sullo schermo del karaoke sarebbe stata un’impresa degna di Eracle. “Io non so ballare nemmeno la macarena. Dobbiamo cantare, per forza”. Gli disse, continuando a ridere. Nel frattempo, le esibizioni iniziarono. La splendida Fae si muoveva divinamente, cantando con un impacciato Hoffman che tuttavia faceva la sua gran figura. Nel frattempo pensò a quale canzone poter cantare. Qualcosa di triste? O magari qualcosa di facile. Si ecco, tipo Elvis Presley, quello gli riusciva bene di solito. Ma quando si ritrovò col microfono in mano e Adam al suo fianco, gli venne il dubbio. “Ma possiamo sceglierla noi la canzone?” Chiese al dj, che probabilmente vendendoli entrambi troppo alticci rispose. “Ovviamente no, scelgo io. Una facile.”. Scorse il panico nello sguardo di Adam. Erano due persone completamente inadatte ed estranee a quel contesto. Eppure la sua presenza gli dava coraggio. Avrebbero vinto pure l’imbarazzo, insieme. Il dj gli fece cenno di avvicinarsi e gli diede in mano due cappelli da marinaio. “Ma che cazzo…” Sussurrò perplesso, fin quando sullo schermo non apparve la scritta “Candyman”. Guardò il dj ridere come un cretino e prenderlo palesemente per il culo. “Ehi, questo è un sabotaggio. Ti sembro Cristina Aguilera?” Polemizzò, ridendo, ed arrendendosi. Si mise in testa il cappello – che con la maglietta bianca piuttosto aderente e i jeans lo rendeva un perfetto marinaio(?)- e tornò da Kylo, che era rimasto impalato in mezzo al palco da solo, mettendogli in testa il cappello. “La bionda la fai tu” disse, completamente no sense, mentre la musica dell’intro iniziava a risuonare nel locale. In realtà l’avrebbero fatta entrambi, visto che era solo Cristina Aguilera a cantare, ma si vedeva già come una parodia delle ragazze nel video originale. “Questa è la più grossa figura di merda della mia vita”. Aggiunse poi, ma in effetti, poco gliene importava. Non in quel momento. Le figuracce, in effetti, erano l’ultima delle sue preoccupazioni. Guardò lo schermo, evitando di incrociare lo sguardo delle persone che lo circondavano. Era imbarazzante, dannatamente, almeno come la prima recita scolastica. La canzone partì, e la loro colossale figura di merda iniziò. Cercò di leggere la prima parte del testo, quella cantata dall’uomo, ma scorreva talmente veloce che ciò che gli uscì fuori fu un: “wocciudeinedeiuinghinouà”. E sperò che Kylo proseguisse con “Candyman”, perché lui aveva già iniziato a ridere, sotterrandosi mentalmente sotto un cumulo di terra. E si tirò giù la visiera del cappello, pronunciando un “Sweet, sugar, candyman!”, in un tono decisamente troppo basso per ricordare Cristina Aguilera, tuttavia abbastanza intonato. Non fece l’acuto, ovviamente, lasciando che la musica scorresse da sola. Nemmeno un cantante lirico sarebbe arrivato a quelle note, figuriamoci lui. E poi tentò con la frase successiva, sempre tenendosi di parecchi toni più basso, quante erano le sue possibilità, improvvisando anche un movimento di spalle piuttosto impacciato. “I met him out for dinner on a Friday night. He really got me working up an appetite. He had tattoos up and down his arm. There's nothing more dangerous than a boy with charm. He's a one stop shop, makes the panties drop. He's a sweet talkin' sugar coated candy man. A sweet talkin' sugar coated candy man” E ancora una volta si trattenne dal tentare l’acuto. Nemmeno riusciva a cantare in realtà. Ad un certo punto si sentì persino Ivar ridere nel microfono. Più guardava Kylo, impacciato, più rideva. Sembrava il capitan findus il fottuto tizio dei surgelati con quel cappello, e quell’immagine lo ammazzava ogni volta. Provò a fargli da spalla nella strofa successiva, ma ogni tanto si perdeva, pronunciando solo l’ultima parte delle frasi o “candyman” a caso. Gli parve persino di sentire qualcuno pronunciare “tornate a spaccare la legna e smettetela di spaccare i coglioni”. Pfff, che gente! Che erano venuti a fare a quella festa se non riuscivano a godersi quella performance degna dei talent show più trash del pianeta? Nelle parti successive rinunciò del tutto a cantare quella parte confusa maschile, e continuò con: “He's a one stop, gotcha hot, makin' all the panties drop. He's a one stop, got me hot, makin' my pop. He's a one stop, get it while it's hot, baby, don't stop.” E indicava Kylo. Non sapeva nemmeno cosa stesse dicendo. Qualcosa di imbarazzante, probabilmente. Nell’ultima frase si limitò solo al controcanto, con qualche: “Say what?”, “say?” e “uh!”. La performace si concluse con Ivar piegato in due dal ridere, che aveva abbandonato il microfono. Dio, da quanto non rideva così. A un certo punto la musica continuò ad andare da sola, tra risate e fischi(?). “Ti prego, tieni il cappello, ti sta troppo bene!” Disse a Kylo, con le lacrime agli occhi, abbandonando il palco senza nemmeno una standing ovation(?). Non riusciva a respirare, tanto rideva. E di certo non avrebbero vinto il premio, non che ci tenesse. Ma quella serata sarebbe rimasta impressa per sempre nella storia del disagio. E comunque almeno Engy non li avrebbe criticati. Forse.
     
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    Adam non era un tipo da feste. Non quelle in discoteca almeno. Le persone accalcate in spazi ristretti come sardine, la musica - probabilmente house scadente - a palla, il binge-drinking, tutto ciò non era nelle sue corde. O meglio, Il bere sicuramente si, ma in un contesto simile sarebbe diventato solo un palliativo per eludere al massimo i rapporti sociali che bene o male si sarebbero verificati. Passando poi la maggior parte del tempo fuori casa, in luoghi privi di esseri umani, non aveva nemmeno tenuto il conto dei giorni e gli era completamente sfuggito che fosse San Valentino. Il guardiacaccia si colpi la fronte col palmo della mano appena gli arrivò, dopo il lavoro, un messaggio sul cellulare da parte di Engel che lo stava invitando - trascinando - ad una festa a tema al Bolgen; si sarebberodovuti vedere fuori dal locale, per evitare che lui evadesse la situazione a piè pari. Lasciandosi cadere sul divano, il boscaiolo si rese conto che si era dimenticato di farle almeno un augurio, darle qualcosa, portarla da qualche parte. Non pensava che la barista fosse un tipo da feste capitaliste comandate, ma era sicuro che avrebbe apprezzato un pensiero da parte sua, quindi la prospettiva di accontentarla e andare a questa serata sembrò decisamente più gradevole, partecipandovi in coppia. Conoscendo poi l'indole della rossa, così vitale ed estroversa, ci sarebbe stato da divertisi - sarebbe stato profondamente imbarazzante - ma divertente. Il ragazzo pensò che al malpartito si sarebbe ubriacato, quindi aveva un piano. Dopo aver riflettuto su questo famoso piano di salvataggio si alzò, e senza perdere tempo si andò a dare una sistemata e a cambiarsi. No, assolutamente niente di ricercato - solo qualcosa di comodo, una maglia a maniche corte color kakhi scuro con lo scollo a V, jeans e giaccone; una volta presi anche cellulare, portafogli, chiavi varie, il giovane uomo uscì, chiudendosi la porta alle spalle. Sarebbe stata senz'altro una notte interessante.
    Parcheggiata la macchina alla bell'e meglio, Adam notò con suo grande sconforto che la gente dilagava, fuori dal Bolgen. Sembrava un formicaio, pieno di insettini che si accalcavano verso l'entrata. Gli occhi scuri del guardiacaccia iniziarono a scandagliare l'esterno, cercando di individuare il prima possibile i capelli color carota di Engel, che come un faro avrebbero brillato nell'oscurità del panico che lo stava investendo. Ed eccola lì, meravigliosa come sempre; minuta, provocante, vispa. Emettendo un sospiro di sollievo il boscaiolo si avvicinò a lei a grandi passi, avvolgendola con le braccia e lasciando sulle sue labbra un bacio entusiasta e speranzoso; era così rincuorato nel vederla, che probabilmente il gesto venne compiuto un po' più impetuosamente di quanto avesse voluto. Distaccandosi, il ragazzo si allontanò di poco ed iniziò a guardarsi intorno, dopo aver squadrato la figura della giovane donna dalla testa ai piedi. Ciao, rossa. Mormorò allora lui, abbastanza a disagio, ma comunque contento di essere con lei, e sforzandosi con tutte le energie nel rilassarsi almeno un minimo.
    “Kylo!” Una voce maschile, squillante ed amichevole fece girare immediatamente Adam, che non credeva di poter essere mai riconosciuto da qualcuno in quel trambusto infernale. Era Ivar. La serata non poteva andare meglio di così. Le labbra del guardiacaccia si distesero in un sorriso ottimista; se ci fosse stato anche il falegname, sicuramente avrebbero condiviso almeno in parte le ansie sull'evento e soprattutto sul posto. Il palmo del giovane Wesenlund si infranse contro la spalla ampia del boscaiolo, che gli rivolse un cenno di saluto. “Stai attento a questa qua. E’ una specie di sirena in grado di farti perdere la testa col suo canto”. Se quello fosse stato un avvertimento vero e proprio, sarebbe stato già troppo tardi, perchè Adam si era già abbondantemente fatto ammaliare dalla splendida rossa che gli aveva fatto perdere la testa. Ma si conoscevano? Il ragazzo non ne era sorpreso, Engel gestiva un bar, probabilmente conosceva anche alla lontana tutta Besaid, socievole com'era. Ivar si avvicinò alla giovane donna, abbracciandola e baciandole la guancia. “La mia bellissima sirena”. Il guardiacaccia incrociò lentamente le braccia, mantenendo la sua mansuetudine, non lasciandosi prendere con sforzo da un'anticchia di gelosia che iniziava a impadronirsi di lui. In effetti, fu proprio il falegname a voltarsi e a distogliere lo sguardo, probabilmente avendo subodorato qualcosa tra i due. Un leggero rumore di vetri infranti non arrivò all'orecchio del boscaiolo, che non aveva notato in tutta quella confusione la reazione dell'amico alla vista di Astrid.
    “Non vorrei interrompere nulla, ma ho bisogno di bere. Adesso.”Prendendo Engy a braccetto, Ivar iniziò ad avviarsi nella discoteca, allora Adam non perse tempo e li seguì, aiutandosi con la sua corporatura massiccia a farsi strada tra le persone. “Kylo?” Le iridi castane del ragazzo imploravano il giovane uomo ad empatizzare forse? Lui non capì lì per lì, ma se Ivar aveva bisogno di bere, era sicuramente perchè aveva visto qualcosa che non avrebbe voluto vedere, e allora il guardiacaccia annuì. Andiamo a bere, ci servirà. Dichiarò infine, per poi spianare la strada ai due dietro di sè verso il desiderato bancone, che sembrava essere un miraggio nel deserto. Un fiume di alcool si era contrapposto tra Adam e la sua sanità mentale, offuscandogli i sensi e sottolineando i suoi istinti, ed anche un lato di lui che spesso non emergeva; era entusiasta, scoordinato, la sua sbronza era particolarmente allegra, difatti quasi non risuciva a respirare dal ridere. Non era facile far perdere il lume della ragione ad un uomo piazzato ed abituato a bere come lui, ma aveva ingurgitato così tanti drink dai mille colori e gusti che chiunque sarebbe caduto vittima dell'ebbrezza.
    Una ragazza dai capelli arcobaleno salì sul palco, parlando di un gioco? Una cosa come il karaoke? Era difficile capire con chiarezza, visto che l'ubriacatura aveva preso e distrutto l'intelletto del boscaiolo.“Adesso tirerò fuori i fogliettini, uno per uno, e quelli che saranno chiamati dovranno scegliere quindi se deliziarci con una bella canzoncina o con una danza. Vogliamo mosse sexy, vi avverto.” Allora, lui si voltò verso Engel e Ivar, e sbuffò una risata, portandosi una mano tra i capelli, appoggiandosi al bancone per evitare di barcollare. Avete sentito?! Bofonchiò sorpreso il guardiacaccia. Vogliamo mosse sexy, vi avverto. Ripetè le parole della donna sul palco, sollevando l'indice come se stesse facendo una precisazione, chinandosi poi precariamente verso la rossa e parlandole nell'orecchio, dandole un leggero colpo col bacino. Si, era decisamente ciucco.
    “Si comincia! Qui ho un certo Erik Hoffman e... cosa, Fae Olsen? Chi ha messo il mio nome in questo coso? Sì, sì, lo so che non posso ritirarmi! Vado avanti con... Kara Andersen e Levi Kvist. Poi, hm, Ivar Wasenlund e Adam Kane. E ancora Engel Larssen insieme ad Astrid Heriksson. Si aprano le danze!”. Ivar si girò verso Kylo, con uno sguardo perplesso ed impanicato, per poi scoppiare in una fragorosa risata. Adam aveva a malapena capito che qualcuno l'aveva chiamato a ballare qualcosa in coppia con il falegname dall'indole gentile. “E adesso che cazzo facciamo? Io non so ballare nemmeno la macarena. Dobbiamo cantare, per forza”. Cantiamo cantiamo! Annuì il guardiacaccia, cercando di tranquillizzare l'amico con un movimento della mano, come a dirgli "pfff, andrà tutto bene".
    L'esibizione di Fae ed Erik era stata davvero carina, i due si sapevano muovere nonostante il contesto poco familiare che li circondava, erano stati graziosi e avevano cantato e ballato abbastanza bene. Il boscaiolo non si chiese minimamente cosa avrebbe dovuto fare, anzi era intento a bersi una birra, ignorando le proteste del suo fegato ormai in fiamme, e indusse uno stordimento ancora più intenso per affrontare il palco. Barcollando, Adam riuscì a raggiungere il palco con Ivar, e agguantò il microfono senza alcuna esitazione. “Ma possiamo sceglierla noi la canzone?” Domandò allora il giovane Wesenlund, al che il dj rispose con un secco no. Ecco, come se cose avessero potuto essere facili. Con un'espressione delusa il boscaiolo rivolse lo sguardo prima all'amico, e poi ad Engel, che per fortuna era riuscita ad arrivare in prima fila.
    Candyman? Davvero? Conosceva quella canzone, non alla perfezione ma almeno era una di quelle hit pop che per almeno due mesi si insinuavano nella testa. Inoltre, una cosa che gli sarebbe tornata utile era che parlava inglese molto bene, e quindi non avrebbe avuto problemi a pronunciare le parole della canzone - se solo non fosse così ubriaco. Il dj passò ai due malcapitati dei cappelli da marinaio, e ridendo Adam lo prese senza protestare. “Ma che cazzo…Ehi, questo è un sabotaggio. Ti sembro Cristina Aguilera?” Reclamò allora il ragazzo castano, mettendosi anche lui il cappello. Tranquillo Ivar, sei davvero uno schianto. Biascicò allora il guardiacaccia con un sorriso fiducioso sulle labbra, per poi vedere la scritta col titolo del brano apparire a caratteri cubitali. Il falegname gli mise il cappello, ed affermò. “La bionda la fai tu” disse, e Adam annuì sventagliando nuovamente la mano come a dirgli "sisi, la faccio io la faccio io". Ed ecco che la musica era partita, la più grande figuraccia della coppia Kane/Wesenlund era appena iniziata, e il ragazzone dei boschi non aveva la minima idea che lo sarebbe stata.
    “Wocciudeinedeiuinghinouà”. Scoppiando in una risata argentina e leggermente sguaiata per via dell'alcool, Kylo partì subito con Candyman, candyman! facendo da spalla all'amico. Naturalmente, la voce abbastanza intonata, ma bassa e profonda di lui, anche più grave di quella di Ivar, era completamente inadatta alla parte di una avvenente donna bionda vestita anni 50, ma era quello che passava in convento. “Sweet, sugar, candyman!”, sussurrò il falegname, al che il guardiacaccia mimò un saluto militare, portando la mano che non reggeva il microfono alla fronte. . “I met him out for dinner on a Friday night. He really got me working up an appetite. He had tattoos up and down his arm. There's nothing more dangerous than a boy with charm. He's a one stop shop, makes the panties drop. He's a sweet talkin' sugar coated candy man. A sweet talkin' sugar coated candy man”, Ivar si era buttato, aveva spiccato il volo. Allora da bravo amico, Adam alzò le braccia iniziando a battere le mani a tempo, ed invitando gli altri a fare lo stesso, per poi avvolgere le spalle dell'altro, per fargli capire che stava andando benissimo. Adesso era il suo turno. He took me to the Spider club on Hollywood and Vine, we drank champagne, and we danced all night. Le parole uscivano naturalmente dalle labbra del guardiacaccia, che sembrava stranamente a suo agio, nonostante l'impacciatezza; ecco i miracoli che i drink potevano creare. We shook the paparazzi for a big surprise (a big surprise).Nel dire quell'ultima frase si inginocchiò stile strisciata-con-la-chitarra fermandosi verso Engel, sottolineando davanti a lei le parole "a big surprise" afferrandosi per qualche istante il cavallo dei pantaloni per poi rialzarsi e continuare. The gossip tonight will be tommorow's headlines, he's a one stop shop, makes my cherry pop, he's a sweet talkin' sugar coated candy man (oh yeah), a sweet talkin' sugar coated candy man, facendosi i coretti da solo, Adam si stava sinceramente divertendo un mondo, supportato da qualche "candyman" a caso pronunciato da Ivar.
    Kylo fermò un attimo, sentendo qualcuno dire “tornate a spaccare la legna e smettetela di spaccare i coglioni”. Allora, un po' per istinto di protezione nei confronti del falegname, e un po' per proprio orgoglio personale, rivolse proprio mentre cantava un bel dito medio all'aria verso il disturbatore. Nessuno si sarebbe permesso di distruggere l'entusiasmo che si era impossessato dei due ragazzi; sicuramente Ivar era più lucido, ma sembrava comunque star godendo di quel momento di assoluto imbarazzo sul palco. Well, by now I'm getting all bothered and hot, when he kissed my mouth, he really hit the spot, he had lips like sugar cane, oh, good things come for boys who wait, sventagliandosi in modo femminile e tirando appena la maglia per indicare quello che canzone stava dicendo, dopodichè Adam afferrò i lembi della maglia, provocando un leggero fischio al microfono, togliendosi la maglietta -e il cappello- in un gesto veloce ma impacciato, sbattendola per terra. “He's a one stop, gotcha hot, makin' all the panties drop. He's a one stop, got me hot, makin' my pop. He's a one stop, get it while it's hot, baby, don't stop.” Quando il Ivar cantò "baby, don't stop" Adam scosse il capo, come a confermare quello che stava dicendo, aggiungendo anche un movimento di negazione con l'indice, voltato verso di lui. Qualche "shabadabaduba" e"candyman" gli era partito per ricambiare il supporto vocale del falegname, e dargli un coretto segno di essere chiamato tale - quasi.
    He got those lips like sugar cane, good things come for boys who wait, he's a one stop shop with a real big (uh) Dando un colpetto di spalla ad Ivar, il guardiacaccia continuò a cantare, mimando anche abbastanza bene il suono del gemito femminile della Aguilera, ridacchiando subito dopo, per poi proseguire, ballando un po' a modo suo. He's a sweet talkin' sugar coated candy man, (Say what) a sweet talkin' sugar coated candy man, (Say) a sweet talkin' sugar coated candy man, woo A sweet talkin' sugar coated candy man. Per fortuna i "say what", "say?", e "uh" erano cordialmente offerti da casa Wesenlund, biascicandoli in imbarazzo. Il "woo" sembrò una specie di ululato, che provocò una risata immediata dal boscaiolo ora mezzo nudo. Senza aspettare la fine della canzone, Adam iniziò a camminare - trascinarsi - giù dal palco, completamente noncurante delle reazioni del pubblico, dopo essere quasi caduto nel tentativo di riprendere la t-shirt da terra. “Ti prego, tieni il cappello, ti sta troppo bene!” Disse Ivar, spezzzato in due dal ridere. Al che, anche Kylo rise divertito, rimettendosi il cappello in testa. Una volta arrivato di fronte ad Engel, abbassando lo sguardo verso di lei, il guardiacaccia ridacchiò ancora una volta. Agli ordini, capitano! Disse lui, con un tono di voce molto alto, inconsapevole di star ridendo ancora,mentre portava un braccio attorno alle spalle di Ivar ancora una volta. Era stato un grande show, se lo sentiva. Chi l'avrebbe detto che il guardiacaccia e il falegname avrebbero fatto crollare il Bolgen - dalle risate.

    Edited by xSoulS._ - 15/2/2018, 23:54
     
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    Gesú santo, ma davvero stava per festeggiare s.valentino? Sí, tutto minuscolo perchè lei non la considerava manco una festa. Quando aveva letto le intenzioni di suo cugino che voleva uscire e andare al Bolgen, aveva imprecato, aveva pensato a come bidonarlo, vomitato un paio di volte, pensato di farsi rapire da qualche setta satanica e alla fine era uscita a comprare qualcosa che la facesse sembrare almeno piú decente Delle felpe giganti da rapper che possedeva. Perchè sì, infine aveva invitato Adam e dopo due ore se ne era pentita.
    ma perchè non potevamo, che so, stare in casa a scopare? Per forza di cose dobbiamo andare in quel luogo? sí, si rendeva conto di essere una sfrangicoglioni in quel momento, ma non le andavano tanto a genio i luoghi come quelli. Cosí, era entrata nel primo negozio che considerasse decente ed aveva esordito cosí, ponendosi ad una commessa: Allora… mi serve un vestito e Delle scarpe da abbinarci che non mi facciano sembrare eccessivamente santa ma nemmeno l’escort del presidente. la commessa la guardò con gli occhi spalancati, mentre lei si appoggiava al banco cassa annoiata, scoppiando la grossa bolla di chewing gum che si era formata sulle sue labbra. Le aveva portato questo vestito corto e super attillato di pelle nera e degli stivali sino al ginocchio. Engel l’aveva guardata e aveva pronunciato ok, in omaggio mi date anche un frustino e un gatto a nove code? Mica devo girare 50 sfumature di sto cazzo… dajeeee, fammi provare. l'aveva provato, aveva camminato con quegli stivali comprovando che sí, li adorava e non se ne sarebbe piú separata, e si sentí un misto tra escort del presidente, mistress dell’ultima ora e il Grinch. Il Grinch perchè lei odiava s.Valentino e avrebbe tanto voluto dire Basta, io non ci vado ma poi, alla fine, sticazzi c’era Adam. Quindi, prese quel vestito, gli stivali, un completino rosso come quelli che ti svendono nei sexy shop a capodanno a tre euro (ma molto carini) e rimase ad osservare le reggicalze, giocherellando con i ganci. Se doveva sembrare na battona, almeno che sembrasse una battona di classe. massí, tanto io il pene lo vedo nel duemilacredici. e quindi uscí da quel negozio con la borsa piena. E dire che carnevale era appena iniziato

    {...}


    Aveva rollato un paio di canne, giusto per passarsi la serata piú serena, senza sembrare una maniaca sessuale. L’ultima volta c’era mancato poco che stuprasse il povero Adam, quindi aveva tirato fuori dal magico barattolo di nonna un pò di marijuana e si era preparata la scorta. Poi doveva capire perchè nei tutorial di make up veniva una cosa e nella realtá ne veniva un’altra. Però il risultato le piaceva, e quindi si decise finalmente a scendere, dopo aver ricontrollato che effettivamente le chiavi fossero in borsa. Maledetta la volta che è nata ossessiva compulsiva.
    Prese la jeep e con la nausea si avviò verso la destinazione, sperando di trovare subito il suo “qualunque cosa ora lui fosse” (chiamarlo fidanzato portava sfiga, la maledizione voleva che se pronunci la parola fidanzato, dopo due mesi vi mollate).
    Scese, non appena parcheggiò, e si diresse verso l’esterno del locale, guardandosi attorno. Aveva gli sguardi di molteplici ragazzi, addosso, uno dei quali si avvicinò con l’alito che sapeva di alcol e lo sguardo che diceva “voglio scoparti” ciao splendore… sei da sola? la rossa continuò a guardarsi intorno, finchè non si ritrovò ad incrociare lo sguardo di Adam. Solo che quel tipo ancora la importunava. evapora, grazie. si limitò a dire, facendosi largo tra la folla per raggiungere il suo compagno. Si guardarono, lei facendogli capire che effettivamente avrebbero potuto impiegare quella serata a fare altro tipo scopare, ma tipo eh. Era quasi certa di aver visto su Facebook che sarebbe venuto anche Ivar, suo cugino, come se non fosse giá abbastanza che mezzo mondo dovesse vederla conciata come un’escort. Ma poi perchè era uscita cosí? Ah sí giusto, per avere una chance di ricevere quella gioia dopo che l’ultima volta che aveva visto quel tipo di gioia era stato ai tempi della caduta del muro di Berlino. Cosa non si doveva fare per vedere un pisello. Mah. che c’è? Volevo sembrare una mignotta di classe, ho anche le reggicalze e le mutandine fluo che anche se sei ubriaco le riesci a trovare schioccò le dita tre volte, prima a destra, poi a sinistra e di nuovo a destra, come le donne di colore che vivevano nel suo quartiere, con l’aria da finta supponente.
    Giá… ma poi perchè erano ancora lí? E perchè non erano andati insieme? Invece lui l’abbracciò e le lasciò un bacio sulle labbra, facendola quindi sorridere. ciao rossa.
    Ok, sexy, siamo ancora in tempo per fare dietrofront e andare a casa mia a guardare nove settimane e mezzo. Anche a replicare, se vuoi. invece no, sembrava dovessero restare e lei sembrava ancora piú convinta a seguirlo. Dove diavolo era finita la sua indipendenza e la sua forza d’animo? Engy lo sapeva: sui suoi addominali.
    Quando stettero per entrare, mano nella mano, si sentí subito gli occhi di molti dei maschi presenti su di sè –e te credo–, sbuffando e restando con la schiena appoggiata al petto ampio di Adam
    Amore… ci andiamo a fumare una canna? chiese con nonchalance mentre si guardava attorno, e non erano entrati nemmeno. Manco si accorse della presenza di Ivar che si era avvicinato a loro.
    Stai attento a questa qua. E’ una specie di sirena in grado di farti perdere la testa col suo canto Si voltò per ritrovarsi la faccia di Ivar abbastanza vicina da potergli riservare l’espressione piú adatta: quella da “ti meno”. ha parlato quello che le stende tutte con un dito? (If you know what i mean) lo sguardo si tramutò in uno vibrante e felice di rivedere suo cugino, alias il suo vecchio amico di bevute e sventure. mio serial killer personale… dove ti eri cacciato, baby? rispose lei, passandogli una mano tra i capelli, mentre con lo sguardo vedeva entrare la nemesi di tutte le sfighe del cugino. oh porca troia! si lasciò sfuggire per evitare che Ivar vedesse, ma evidentemente era stata troppo rumorosa e il cugino se ne era accorto. Era da quando era successa quella vicissitudine che Ivar non se la passava tanto bene, e lei piú di stargli accanto e tentare di riparare all'irreparabile non sapeva che fare. O meglio, aveva un suo piano, ma le serviva il tempo necessario. Non vorrei interrompere nulla, ma ho bisogno di bere. Adesso
    Il boscaiolo irruppe invece in un: Andiamo a bere, ci servirà. Engy tirò fuori la prima canna e la sventolò sotto il naso dei due uomini: come ve la cavate con questa?

    {...}


    Shottini. Shottini come se piovessero. In piú, l’erba aveva fatto subito effetto e quindi si erano ritrovati fatti e sbronzi. Sembrava quasi la classica serata di lei e Ivar se non fosse che ora c’era pure Adam. Il suo Adam. Gli sedeva in braccio, a quel tavolino che erano riusciti a rubare ad un gruppetto di ragazzini che pomiciavano manco dovessero scambiarsi tutti i liquidi corporei. Engy li aveva convinti, dicendo loro che aveva visto un pusher all’esterno che vendeva erba a dieci euro in meno. Una cosa straordinaria.
    Si erano ritrovati tutti e tre a ridere come deficienti per ogni minima stronzata, ed era bello, pensò Engy, che finalmente suo cugino avesse ritrovato un pò del vecchio spirito e che fosse lí con loro. Almeno aveva senso essere usciti. invece di scopare
    E porca puttana, quando era davvero convinta che essere uscita fosse una cosa fica, ecco che dovevano rovinarle tutto: dal palco, venne annunciato che avrebbe dovuto fare coppia con Astrid, proprio con quella per cui soffriva il suo adorato cugino.
    Avete sentito?! Vogliamo mosse sexy, vi avverto
    Sbarrò gli occhi, guardando Ivar e poi guardò Adam: tu me la paghi. Tu, Ivar, per riflesso, subirai la mia vendetta. Eccome se ti beccherai la mia vendetta. fece l’eye of the Tiger e andò al bancone a chiedere una bottiglia di vodka alla menta, perchè per affrontare quella sfida ne aveva bisogno.
    Quando Fae –che Engel aveva sempre ritenuto una che si sarebbe scopata prima di subito– ed Erik –che era stato divino– sotto le note di bad touch, fu il momento di Ivar e Adam: la giovane si issò sul bancone, di cui conosceva i baristi, e si sedette, giá convinta di ridere fino ad avere il mal di pancia. Sorseggiò il liquido verde e iniziò a urlare frasi di incoraggiamento: VAI IVAR FAGLI VEDERE COME MUOVI QUEL CULETTO!!!! VOGLIAMO UN BOSCAIOLO NUDOOOOOOO!!!
    Si era appena scatenata la festaiola che era in lei: ciò che non si aspettava era che il dj avrebbe fatto partire Candy man, cosa che la fece quasi cadere dal bancone per le grasse risate che si fece. Questa è la più grossa figura di merda della mia vita BUGIARDO… DICIAMO CHE SARÁ LA CENTORDICESIMA!!!! NON BARARE!!! ok, si stava divertendo piú del solito. Forse era quasi meglio di restare a casa a scopare. In fin dei conti, se la stavano cavando bene.
    wocciudeinedeiuinghinouà no, decisamente no. Meno male che stava filmando cosí avrebbe riguardato quel video all’infinito, tutte le volte che si sentiva un caso umano. Aveva le lacrime agli occhi, ogni volta che suo cugino iniziava a ridere, anche lei non riusciva a fare altro. E la stessa cosa valeva per Adam. Che appunto le si presentò vicino in scivolata reggendosi poi il pacco. Engy allora zoomò con la videocamera del telefono e annuí soddisfatta: DOVEVA ESSERE QUELLO IL MIO REGALO… CIOÈ NO MA IO DICO MA COME SI FA?
    tornate a spaccare la legna e smettetela di spaccare i coglioni si voltò verso chi l’aveva urlato e: VENGO LÍ E TI APRO IL CULO COME UNA PIGNATA! VEDI DI NON INSULTARE MIO CUGINO E IL MIO RAGAZZO!!!! senza manco accorgersene aveva pronunciato la parola indicibile. Ecco, da lí a due mesi si sarebbero mollati. Sempre cosí. Si scolò un pò del liquido verdastro che sapeva di collutorio tantum verde ciao boccasana.
    Non appena finirono la canzone, li attese battendo loro le mani, ridendo come una scema. Cazzo, era giá il suo turno?
    sexy, fate anche spettacoli su richiesta? No, perchè vi assumo con regolaritá.
    Il DJ chiamò il suo nome e quello di Astrid e Engy si alzò dal bancone, reggendosi a malapena su quei trampoli. sto bene, sto bene, non sono ubriaca… guarda, te lo dimostr- ma mentre alzava la gamba sinistra e la teneva sospesa, cadde di lato, spandendo un pò di vodka. Alzò una mano in aria e poi il pollice, alzandosi di nuovo sulle sue gambe. Intercettò Astrid e la prese per le spalle, dandole la bottiglia di vodka.
    Heeeeeyyyy Astrid… Come butta, zucchero? Che cosa cantiamo? Una sola canzone che io sono ubriaca… mi sa salirono sul palco e Engy prese il microfono: We, bella frá, stasera mi hanno trascinata in questo buco di merda, invece che STARE A CASA A SCOPARE. Ma vabbè , rega, io non porto rancore.
    Dal pubblico si levò un ti scopo io, rossa.
    vengo lí e ti meno… allora, dato che dobbiamo fare sta cosa, tanto vale… NON SONO UBRIACA, VAI DJ, SPARA QUESTA MERDA.
    sullo schermo apparve il titolo: Dragonstea Din Tei. Engy si voltò verso il DJ che sghignazzava sotto i baffi: la rossa gli lanciò mille maledizioni, ma ormai era nel mood tamarro sbronzo, e quindi…
    ma sei serio? Cioè, mi spieghi perchè sta rumenata? Boh… quando meno tutti se l’aspettavano, ecco che la rossa aveva iniziato a saltare e a cantare a caso: maiaaaiiiiii maiaaaooooo maiaaaaaahahha –me la paghi, dj di merda, dopo fuori ti meno– e portò Astrid a saltare insieme a lei e a fare balletti cosí tamarri che quelli Delle Las ketchup in realtá erano alta classe.
    YO BISSSSSHHHHH, Alo, salut, sentieu, aiduc. Ma che cazzo di lingua è? Ma sei serio dj? Non ce la faceva? Tra il cantare una strofa, lasciare l’altra ad Astrid e scolarsi la vodka, offendendo il dj, ormai era ubriaca e strafatta, ma Hey era abituata a cose peggiori.
    alo… aaaalooooo… sentieu Picassoooo!!! continuò a fare balletti spastici che nemmeno un Teletubbies sotto acidi avrebbe concepito, aiutata anche dalla splendida figura di Astrid che sembrava piú sobria di lei.
    vrei sta vrei na Numa Numa iei Numa Numa Numa iei. Chiputausindragonsteadintei almeno questa la so pronunciare… IO STASERA LO SAPEVO CHE DOVEVO STARE A CASA A SCOPARE.
    Trascinò Astrid insieme a lei in mezzo al pubblico e a saltare con tutti gli altri come dei deficienti.
    te sun, satispun, se si acumpt. Lasciò continuare un pò Astrid per chiedere al pubblico di cantare insieme a loro, e questi obbedirono.
    YO PUCCIOENZAINDESCAI vreistavreinanumanumaieinumanumanumaiei YOOOO CELLERINO FIGLIO DI PUTTANA! ACAB! alzò le mani al cielo e tra chi esultò, tra gli applausi e le ole, continuò a cantare quella canzone a culo perchè ma chi lo sa il rumeno? Forse se si portava dietro la famiglia e avesse iscritto loro…
    Quando ebbero finito il pezzo (che tanto tutto uguale era e l’avevano cantato un pò a caso, un pò avevano sparato cazzate per far ridere e divertire la gente –e Engy con le rap battle ne sparava di peggiori–) si voltò verso Astrid e la baciò: un bacio casto ma lungo, supportato da un coro maschile tra il pubblico bello consistente.
    sei stata grande, Astrid. Ti devo un secchio di drink. e la trascinò giú dal palco, portandola verso il bancone, ordinando due chupiti e voltandosi di nuovo verso la nuova amica: Sei stata grande. Io e te dovremmo uscire piú spesso, non trovo spesso Delle pazze come me. Le lasciò il numero e iniziò cosí il suo piano.
    Fece finta di portarla in giro, evitando di uscire o di soffermarsi al cesso piú del dovuto, e poi si fermarono davanti a Ivar e Adam. Ah, Astrid, loro sono Adam e Ivar. Ivar è mio cugino, Adam il mio ragazzo. Ivar, Astrid, Adam, mi sono persa. Ricominciamo. Ivar, Adam, Astrid… fanculo, andiamo a fumarci una canna, Adam. Astrid, ti lascio con mio cugino, che è un ragazzo simpatico e tanto non scopa dal 15/18 quindi non ti preoccupare, è innocuo. e se la filò con Adam, lasciando i due piccioni fatati a tubare.
    Allora… chiariamo una cosa: ora la canna non ce la fumiamo. Non ho speso duecento dollari tra vestito, stivali, completino fluo e reggicalze per farmi guardare dagli altri. Ora tu mi prendi, mi porti a casa (tua o mia è indifferente) e mi scopi. Grazie, prego, ciao. Afferrò il colletto della sua camicia e lo baciò con trasporto, mettendo subito in chiaro le sue intenzioni esplorando con le sue mani il torso del suo uomo, e constatando che forse potevano ancora recuperare san valentino nel modo in cui aveva sperato.

    Edited by Comet - 16/2/2018, 14:25
     
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    Astrid non aveva mai dato granché importanza a San Valentino. Lei era tra la schiera dei romantici convinti che non servisse una festa per dimostrare il proprio amore, che lo si poteva fare sempre. Tuttavia di festeggiare, quel giorno, ne sentiva quasi il bisogno. Da quando erano a Besaid i rapporti tra lei ed Henrik si erano un po’ raffreddati, nel senso che il tempo da trascorrere insieme era limitato alla cena e alla colazione. Perciò , settimane prima, aveva cercato di persuaderlo a passare insieme l’intero San Valentino sviscerando una serie di proposte, anche le più banali: cinema, picnic, una semplice colazione al caffè in riva al mare. Era persino arrivata ad organizzare un week-end a Parigi ma niente, ogni idea era stata bocciata per scarsa voglia ed energie. L’inglese era troppo stanco e maturo per svolgere attività così infantili.
    Astrid era rimasta un po’ delusa ed amareggiata ma per fortuna era stata raccolta da Lois e trascinata a quella festa organizzata da Fae. La sua migliore amica l’aveva quasi costretta e soffocato il suo senso di colpa –partecipava a un party per single, lei, che conviveva- osservando come fossero beati affaracci di Henrik se aveva deciso di non festeggiare e che quindi lei poteva fare il cavolo che voleva -le parole erano state un po’ più dure in verità-. Si era lasciata convincere ed è per questo che le due ragazze erano ora in piedi accanto al piano bar, a guardarsi intorno.
    L’obiettivo di Lois era rimorchiare, conoscere qualcuno con cui spassarsela. Il suo carattere così estroverso, diretto, scanzonato era l’esatto opposto di Astrid. Spesso la francese si chiedeva quale fosse stato il collante della loro amicizia, durante il tempo trascorso a Besaid. Ovviamente non ricordava niente di lei ma la norvegese, da quando l’aveva rivista al caffè del centro, non l’aveva più mollata e quel rapporto in standby era ripartito a gonfie vele. Erano proprio le loro diversità caratteriali a renderle così unite.
    Trascorsero tranquille la prima parte della festa, così come tutti gli altri ospiti sparsi per il locale.
    Lois adocchiò già qualche papabile preda e diventò una macchinetta di commenti, alcuni dei quali anche spinti. Astrid, invece, scorse tra i visi anonimi quello di Ivar. Quando i loro sguardi si incrociarono, timidamente lo salutò con un cenno della mano. La norvegese notò quel gesto e sorrise maliziosa, punzecchiandola con il gomito. «Tutto a un tratto l’evento è interessante, vero?» Astrid scosse il viso, esasperata «Lois, ti prego, ho solo salutato un amico» BOOOM IVAR SEI STATO FRIENDZONATO rispose scrollando le spalle ma Lois era alquanto scettica. Da migliore amica che era stata, la riccia conosceva il falegname, la loro relazione e , ovviamente, non poteva che essere per il #TeamIvar. Detestava Henrik con ogni fibra del suo corpo e domandava apertamente ad Astrid cosa mai ci trovasse in quel palo della luce. No, per amor del cielo, nel suo mondo la francese era la ragazza di Ivar, non di un… un.. manichino laureato a Cambridge. Tuttavia non le avrebbe mai raccontato il loro passato o spinta tra le sue braccia, rispettava il suo fragile e attuale stato d’animo, confuso e anche un po’ sofferente. Bombardarla di informazioni circa la sua trascorsa relazione sarebbe stato troppo e, insomma, temeva di spingerla al suicidio.
    Nel frattempo che Astrid fingeva di non essere turbata dalla presenza del bel falegname, Lois schioccava occhiolini a destra e contraeva il viso in espressioni civettuole a sinistra. Quando la francese se ne accorse, alzò gli occhi al cielo «Proprio non riesci ad essere meno esplicita?» la rimproverò in tono divertito. «Ehi, non è colpa mia se sei qui» rispose l’altra in tono risentito. Astrid inarcò un sopracciglio perplessa «E chi?» domandò, forse retorica. «La Signorina Rottermeier» esclamò esasperata. La sua scelta di apostrofare così Henrik non era poi così errata: i suoi atteggiamenti un po’ rigidi e la sua arroganza lo rendevano molto simile alla temuta governante.
    Astrid schiuse le labbra per controbattere ma l’amica la intercettò «Chi ha detto di essere troppo stanco per passare il San Valentino con te?» . La francese tentennò e Lois approfittò della sua incertezza per infierire «Ammettilo amica mia, ti trascura» e ordinò due Cosmopolitan. Quando furono pronti, Lois prese un bicchiere e l’altro lo offrì ad Astrid. Lei prese un sorso e il viso si contrasse in una smorfia per l’impatto con l’alcol «Accidenti tesoro, da quanto tempo non bevi?» domandò quasi scioccata. «Non ho toccato alcol in questi due anni, perciò non saprei se a Besaid..» tossì. La norvegese la guardò di sottecchi «Deve essere dura non ricordare..» «Non puoi immaginare» prese un altro lungo sorso. Negli occhi nocciola di Lois balenò un guizzo e la labbra si tesero in un sorriso malizioso: capì come far ubriacare Astrid e dare una svolta a quel San Valentino. Perché si, tutti potevano sbronzarsi, anche la dolce volontaria, se trattati nel modo giusto. «Straziante direi…» continuò vaga, chiedendo al barman altri due Cosmopolitan. Astrid annuì «E anche frustrante, aggiungerei» borbottò alzando ancora il gomito. In soli tre sorsi terminò il primo cocktail. Aveva sul serio deciso di affogare i suoi problemi con l’alcol? A giudicare dall’avidità con cui prese il secondo bicchiere che il cameriere posò sul bancone, si. Lois approfittò di quel varco e continuò ad istigare i suoi dispiaceri, ponendo domande sempre più mirate, sapendo esattamente quali tasti premere. Così Astrid buttò giù il settimo Cosmopolitan quando erano ormai finite a parlare dei poveri bambini africani e della pace nel mondo.


    I freni inibitori avevano ormai ceduto così come i muscoli irrisori: Astrid rideva per ogni singola cosa e alternava toni patetici e sentimentali ad altri pregni di allegria e ironia.
    Intravide Fae, che, a inizio serata, aveva annunciato le coppie, tra la gente.«Guaaaaarda Lois» esclamò incantata e smielata «Ha un arcobaleno in testa» si portò una mano a sorreggersi il capo, sotto la guancia, puntando il gomito sul bancone. Nel frattempo Lois richiese altri due drink che furono serviti dopo qualche minuto. «Sembra una fata.. esistono, sai? Bisogna sempre credere in loro, altrimenti zac! Morte..» ridacchiò prendendo il bicchiere e bevendo ancora. incrociò le braccia al petto ripetendo come una ossessa “io credo nelle fate lo giuro lo giuro”.
    Dopo diverse esibizioni, durante le quali Astrid aveva riso senza capire niente, dato che la sua mente era ormai annacquata,e chiese al cameriere pelato se potesse giocare a bowling con la sua testa arrivò il suo turno. Ingurgitò l’ultimo Cosmopolitan –quota dieci, gente!- e scese dallo sgabello con un balzo agile. Lois tentò di fermarla, abbastanza preoccupata, non avendola mai vista così euforica e andata. «Astrid non credo sia una buon-» «Traaaanquilla Lois, abbiamo entrambe i capelli rossi»(???) . Fu intercettata da Engy che le passò una bottiglia di Vodka. Ne bevette metà senza neanche domandarsi cosa fosse e poi la posò sul primo ripiano che trovò.
    Salendo sul palco incrociò Ivar che scendeva affiancato dal suo partener. Lo bloccò, arricciò le labbra e gli prese le guance con entrambe le mani cioppiiii ciopppiiiii ed esclamò un lento, lentissimo, smielatissimo «Sei veramente un patatoooooooo» come se stesse parlando a un gatto. Ivar si autodistrugge prondooo signora cendodiciottooooooo. Poi lo liberò dalla sua presa, guardò Adam e lo abbracciò, senza avere la beneamata idea di chicristosantofosse e gli schioccò pure un bacio sulla guancia.
    Finalmente riuscì a raggiungere Engy sul palco e un tecnico le diede un microfono. Fortuna che aveva indossato un paio di jeans e un maglioncino rosso. Fortuna che calzava un paio di Timberland. Fortuna che Astrid era una ragazza da abbigliamento semplice e comodo, altrimenti si sarebbe di sicuro rotta una gamba e provocata un trauma cranico con tutto ciò che fece.
    La prima strofa andò giù abbastanza tranquilla. Astrid finse un aria maliziosa e sexy, resa vana dal tasso alcolico presente nel suo corpo, muovendosi sensualmente, e cantò mettendo a frutto i suoi studi canori. Tuttavia, quando scattò il ritornello, chissà cosa mandò in crisi le sue sinapsi e impazzì. Iniziò a saltare fomentando la gente a farlo insieme a loro.
    Chissà quale genio del male aveva portato il proprio gatto al locale, fregacazzi l’enorme cartello “VIETATO INTRODURRE ANIMALI” e la sfortuna volle che quel piccolo micio sfuggì al proprietario, salendo sul palco e strofinandosi alle gambe di Astrid che per poco, ballando, non lo schiacciò. Lo notò lasciandosi andare a un verso stridulo e lo prese con la mano libera. Lo stritolò per bene e poi iniziò a saltare sollevando il gatto in trionfo. La voce di Astrid che urlava «Trai zen flesshi da nu ma, nu ma iei nu ma, nu ma iei, nu ma, nu ma, nu ma iei chaibulldog shi dragostea na mi nesteoooo inteieieeee » si mescolò al lamento del povero animale che lasciò libero dopo poco, senza lanciarlo in aria ma posandolo piano per terra e qualcuno se lo porti via per favore. La security intervenne prontamente raccogliendo il gatto e sgridando il padroncino. «Ma che te porti er gatto al locale?» si, in romanaccio perché erano due agenti de Roma trasferitisi in Norvegia per aprire una falegnameria e far concorrenza ad Ivar.
    Poi ci fu l’altra strofa e okay, Astrid tornò quasi normale.
    Al secondo ritornello sbroccò. Lois sperò non ci fossero primari o medici in quel locale altrimenti sarebbe stata licenziata e bandita da ogni ospedale del mondo e forse anche dell’universo intero. Curava la gente, lei, invece in quel momento doveva essere curata. In realtà la riccia le aveva tirato un brutto scherzo: Astrid non si era mai, mai, mai ubriacata in vita sua. Era quella sua prima volta.
    Engy cantava e l’abbracciò «MA QUANDO I PUFFI SI SOFFOCANO DI CHE COLORE DIVENTANO?????» urlò a squarciagola, piegandosi su se stessa. Si riportò dritta saltando come una molla e tornò a cantare come una posseduta «Dash csaodja dkkljp da nu ma, nu ma iei nu ma, nu ma iei, nu ma, nu ma, nu ma iei kilbudoooads shi dragostea DIN TEI NAMINE STENO INTEIEEEEE» si tolse la maglietta rossa per fortuna non ha il vestitoooooo lanciandola da qualche parte a qualcuno nel locale e rimase in canotta color crema. Saltava e lanciava in aria la mano che non reggeva il microfono, muoveva la testa a destra e a sinistra, i capelli si arruffarono diventando un cespuglio e alcuni le ricaddero sul viso.
    Poi Engy la baciò, così, senza il minimo preavviso ed Astrid non si sottrasse a quel bacio. Restò sempre casto e innocente ma le prese il viso tra le mani. Interruppe quel contatto a stampo e continuò a ridere e mostrare quanto una persona per niente abituata ad ubriacarsi potesse perdere la propria dignità.
    Infine cinse le spalle della controparte con un braccio e la osservò per la prima volta, poiché non aveva neanche avuto la decenza di capire con chi stesse facendo la stupida «Come hai detto che ti chiami?»

    Fu trascinata al bancone e poi portata a spasso per il locale mentre Lois la osservava tra il preoccupato e il divertito ancora seduta allo sgabello. Quando si fermarono davanti ad Ivar e ad Adam lei li salutò come se fossero amici di vecchia data, con due baci sulle guance, prima ad uno e poi all’altro. Poi scoppiò a ridere in modo sguaiato chiedendo una serie di “scusa” , teoricamente rivolte ad Ivar che, boh, chissà cosa stava pensando. E niente, questa fu la sua Héloïse ubriaca marcia.

    Edited by .Souseiseki. - 17/2/2018, 13:54
     
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    Bolgen Discoclub, Besaid - 14 febbraio 2018


    Kara Andersen


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    A Kara non era mai piaciuta la festa di San Valentino. Troppo commerciale, troppo ridicola, troppe coppiette che si lasciavano decisamente troppo andare in pubblico, solo per mettere in mostra la loro relazione. Si, San Valentino era una festa stupida: che senso aveva fare tanto gli innamorati in quell’unico giorno dell’anno e tutti i restanti comportarsi normalmente, se non addirittura annoiarsi? L’amore non erano le rose rosse regalate, i cioccolatini che si portano arrossendo alla persona per cui si prova qualcosa e non era di certo la piccola fedina che si donava alla propria metà quel giorno. Per lei non c’era niente era più patetico e falso di un anello regalato proprio nel giorno degli innamorati. La cosa le dava talmente sui nervi che addirittura il 14 febbraio evitava persino di entrare in qualsiasi social network, le dava il voltastomaco vedere tutte le foto e i post dedicati al proprio Valentino, quando di alcuni sapeva cose che era meglio lasciar perdere. In tutto ciò, aveva comunque accettato l’invito di Lynch a passare la serata di San Valentino assieme, alla discoteca della città. Aveva già adocchiato quell’evento, quando qualche giorno prima un uragano dai mille colori era entrata nella pasticceria e aveva lasciato dei volantini e, non appena aveva visto Kara, le era praticamente saltata al collo bombardandola di domande: dove sei fuggita tutto questo tempo, è da una vita che non ti fai sentire, come va la vita.. Kara non aveva la minima idea di chi quella ragazza fosse. Le dispiaceva ogni volta mettere a disagio la gente raccontando che non aveva più memoria del momenti condivisi in quella città, odiava profondamente questa sua condizione. Odiava vedere il sorriso dal viso degli altri spegnersi oppure percepire la tristezza e il fastidio, esattamente come era capitato quella mattina al parco con Lynch. Si sentiva un sacco in colpa e per questo motivo, quella mattina, decise di reggere il gioco e far finta di nulla. Fae, così l’aveva chiamata la signora Larsen venendo al bancone vedendo al dipendente un po’ in difficoltà, le aveva anche detto che ci sarebbe stato una specie di contest di karaoke o di ballo e questo aveva catturato subito la sua attenzione. Kara adorava il karaoke, non che fosse la prossima Beyoncé, ma le piaceva un sacco cantare. Cantava sotto la doccia, quando stendeva i panni e a volte la si poteva sorprendere a canticchiare mentre studiava nell’aula studio del suo ex-dormitorio a New York, guadagnandosi occhiate infastidite o scherzose prese in giro. Un conto era cantare per sé, da sola nella doccia ma davanti a una marea di persone… Kara si sentiva male già al solo pensiero e per cui, per quando le sarebbe piaciuto, non avrebbe scritto il suo nome su un bigliettino per partecipare al karaoke quella sera.

    Era arrivata la fatidica sera. Lynch era passato a prenderla e insieme erano andati al Bolgen Discoclub, il luogo dove si sarebbe tenuto l’evento. La serata era entrata nel vivo, tutti si stavano divertendo come matti e Kara e Lynch si erano presi un paio di drink e avevano ballato tutta sera. Sembrava tutt’altro che la classica festa di San Valentino e Kara apprezzava la piega che Fae aveva voluto dare all’evento: una parodia della festa più commerciale del mondo. Proprio mentre questo suo pensiero stava prendendo piene nella sua mente, la ragazza-arcobaleno prese il microfono e salì alla consolle del DJ annunciando le coppie che si sarebbero sfidate. Quando udì il suo nome, Kara si girò immediatamente verso Lynch lanciandogli un’occhiataccia. L’altro, da parte sua indietreggio qualche passo, alzando le mani e stampandosi uno sguardo di pura innocenza e castità sul volto. “Lynch! Ma sei impazzito?! Io non ci salgo su quel palco, te lo puoi scordare!” disse con un sorriso sghembo, scuotendo la testa in segno di no. Lynch la zittì con un bacio e mormorandogli all’orecchio una piccola e scottante provocazione. Non appena si allontanò dal suo orecchio, la ragazzo gli stampò un bacio sulle labbra: “Sappi che lo faccio, ma poi non ti arrabbiare se quello che vedrai non ti piacerà.. Ti ricordo che sono in coppia con un altro ragazzo.” lo provocò maliziosa. Lynch la ignorò e la portò al bancone e ordinò altri due drink. Kara ne ordino ancora un paio per sé stessa. Se lo devo proprio fare, tanto meglio se domani di tutta sta storia non ricorderò nulla.. E soprattutto devo essere abbastanza brilla da non bloccarmi o vomitare sul palco per la vergogna.. pensò, trangugiando l’ennesimo shottino di vodka. Aveva visto le altre esibizioni ed era rimasta divertita dalle interpretazioni degli altri ragazzi che erano saliti sul palco. Li raggiunse al bancone Levi, il suo compagno di sventura per quella serata, che dopo averla salutata come se fosse stata una sua vecchia amica, le si avvicinò all’orecchio e le sussurrò qualcosa. Kara scoppiò a ridere all’idea dell’altro e raggiunse la consolle, dove fece una precisa richiesta al dj. Levi si era portato avanti e aveva portato una panchina sul palco dove si sarebbero esibiti, aiutato da uno ragazzo che aveva preso a caso dagli spettatori. Kara salì sul palco mettendosi di fianco alla panchina e Levi era lì, accanto a lei. La musica partì dolcemente sui ritmi pop. Avevano scelto di esibirsi con Kiss the girl, la canzone del film Disney la sirenetta ri-arrangiata per la cantante Ashley Tisdale, per intendervi la perfida Sharpay Evans, antagonista di High School Musical. L’idea di Levi era geniale e trash allo stesso tempo, e l’aveva veramente adorata. Cominciò Kara a cantare, appiccicando il microfono alle labbra. “There you see her, sitting there across the way.. She don’t got a lot to say but there’s something about her… And you don’t know why and you’re dying to try you wanna kiss the girl..” intonò, indicando una persona precisa in mezzo alla folla, un certo Misha, un amico di Levi indicatogli poco prima, che fu raggiunta repentinamente da quest’ultimo che la prese per mano e la trascinò sul palco, facendolo accomodare di fronte a lui sulla panchina. Mentre lui prese a far finta di remare, Kara prese dei filanti da un tavolino sotto il palco e li fece scoppiare in direzione dei due ragazzi.

    Il ragazzo era probabilmente troppo ubriaco per imbarazzarsi e resse il gioco ai due concorrenti, non smettendo un secondo di ridere. Arrivò il ritornello e Kara riprese il suo turno a cantare: “Sha la la la la la, my oh my! Looks like the boy's too shy, ain't gonna kiss the girl! Sha la la la la la, ain't that sad? It's such a shame, too bad! You're gonna miss the girl… Go on and kiss the girl, kiss the girl” Kara si stava divertendo come una matta a cantare quella canzone e vedere i due ragazzi seduti sulla panchina a mimare le azioni di Ariel e il principe Eric del film. Si lasciò andare a qualche sculettamento e facendo gesti con braccia e mani che a volte ricordavano le chele di Sebastian, il granchio rosso del cartone, e i classici gesti visti fare dai cantanti pop sul palco durante le loro esibizioni. Dentro di sé, la voce della sua coscienza probabilmente la stava insultando un sacco ma Kara si stava troppo divertendo per darle ascolto e continuò quello che stava facendo. Fece vagare il suo sguardo in mezzo alla folla, cercando Lynch. Lo vide che se la stava ridendo della grossa e che aveva tirato fuori il telefono e stava filmando la scenetta. No, traditore! Aveva promesso di non farlo! pensò, progettando di fregare il telefono all’altro più tardi per distruggere qualsiasi prova, già la foto di Instagram con Jabba the Hunt al museo di Besaid non sarebbe dovuta finire sul social. La musica però andava avanti senza fermarsi e Kara, vedendo che i due non si erano ancora mossi, si portò dietro Misha e lo spinse verso Levi, facendolo finire nelle sua braccia. “ La la la la, La la la la.. Go on and kiss the girl! Go on and kiss the girl! La la la la.. Go on and..” fece una breve pausa dove portò il dito indice alla bocca e sussurrò nel microfono “Kiss that girl!”, facendo l’occhiolino ai due.

    Kara scese dal palco completamente sudata, barcollando leggermente sui tacchi alti che aveva deciso di indossare quella sera insieme a dei jeans strappati e una maglietta abbastanza elegante, lasciandole scoperto il decolté in un modo per nulla volgare, le cicatrici dell’incidente nascoste da una buona dose di fondotinta e correttore. Lynch la raggiunse prima che potesse fare un ruzzolone, non era proprio ubriaca andata ma comunque aveva bevuto un buona quantità di alchool da farle girare la testa, specialmente dopo che aveva ballato e cantato squarciagola sul palco. Non appena sentì le forti braccia dell’altro cingerle la vita, Kara lo baciò intensamente, suscitando applausi e fischi dal pubblico in sottofondo. Si era lasciata baciare da lui soltanto quel pomeriggio al luna park, quel bacio che finalmente aveva cominciato a sbloccare un po’ i suoi ricordi.. Sperava che ce ne sarebbero stati molti altri come quello e sebbene era rimasta un po’ disorientata dalle azioni dell’altro il giorno del suo compleanno, questa volta aveva la scusa dell’alchool per uscire dal suo carattere e fare qualche pazzia che normalmente non avrebbe mai fatto. La serata proseguì tranquilla, lei e Lynch seduti su uno dei divanetti della discoteca, abbracciati e tenendosi per mano teneramente, lasciandosi andare qualche volta in semplici baci, aspettando il verdetto del pubblico per eleggere i due Valentini della serata.

    Scusate per tutto il tram tram nel cambiare l'ordine di post ma ieri è successo di tutto XoX
    Grazie mille siete dei cuori :luv: :rosa:


    Edited by _kane;san - 16/2/2018, 17:08
     
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    Besaid, Bolgen Discopub.






    San Valentino, la festa di ogni cretino. Aveva sempre collegato quella giornata ad una filastrocca idiota, sentita almeno un miliardo di volte durante l'infanzia, a scuola. La verità è che San Valentino, per lui, era una giornata come un'altra. Non aveva mai avuto una ragazza fissa durante quel periodo – così come durante tutti gli altri giorni dell'anno – perciò non aveva mai festeggiato seriamente; la sola idea di doversi mettere in ghingheri per andare in qualche ristorante di lusso, a farsi spennare, lo lasciava perplesso. Così come il dover girovagare per giornate intere alla ricerca delle ultime rose rosse rimaste o per accaparrarsi una scatola di cioccolatini con orsetto incorporato. San Valentino era una festa consumistica creata per spillare soldi a poveri scemi, un po' come lo era diventato il Natale, ormai sinonimo di ‘regali’. E siccome il sistema riesce sempre a fotterti, Levi si era ritrovato comunque a spendere, non in romanticherie, ma in alcolici al Bolgen.
    Innanzitutto si era preso la serata libera, mettendo per una buona volta Bedtime Stories da parte; si era presentato alla radio poco prima delle nove, giusto per aggiornare il blog dal suo computer e aveva raccontato di essere impegnato a causa di un appuntamento romantico — bugia che aveva fatto storcere subito il naso ai suoi colleghi. La reazione più soft era stata un « Appuntamento? Tu? » seguito da una sonora risata, perché seriamente.. chi mai gli avrebbe creduto?
    Aveva poi cercato di coinvolgere qualcuno nella sua spedizione catastrofica verso quell'assurda festa, organizzata da una delle amiche di Anastasia. La russa lo aveva paccato in gran stile, essendo troppo occupata con lo studio, mentre Larsen.. Beh, Larsen era chissà dove a fare chissà cosa, quasi sicuramente con Josefine. Ew, per carità, non voleva neanche pensarci.
    Aveva sentito della serata al Bolgen qualche giorno prima al lavoro e si era ritrovato perfino lui stesso a sponsorizzarla durante le due ore in cui era andato in onda, in modo da farvi affluire un maggior numero di partecipanti. Voleva assistere al caos totale.
    Solo come un cane, ma desideroso di non passare la serata ad ubriacarsi con quel vecchio di Søren, era riuscito giusto all'ultimo minuto a convincere un collega ad accompagnarlo verso il declino sociale, pregandolo di non far parola con nessuno circa la sua piccola, insignificante bugia. Misha, nonostante bevesse poco e non fosse il tipo da serate in discoteca, aveva acconsentito quasi subito, probabilmente non immaginando a cosa stesse per andare in contro.
    Erano riusciti ad entrare nel locale dopo aver passato più tempo del previsto in coda all'esterno dell'edificio, circondati da corpi fin troppo smaniosi di fare il loro ingresso; la maggior parte degli avventori era già oltre quella linea sottile che divide l'essere brilli dall'essere completamente andati, perciò Levi non si fece tanti scrupoli nel dispensare spallate qua e là per raggiungere il bar non appena misero piede all'interno del primo girone dell'Inferno dantesco. La stanza era inondata di persone, la maggior parte delle quali ballava senza controllo, cercando di seguire – senza riuscire nell'impresa – il ritmo delle canzoni house passate dal dj e dire che il bancone degli alcolici fosse sovraffollato era un eufemismo, considerata la folla stipata attorno ad esso.

    • • • •


    Non era ubriaco, no davvero. C'è differenza tra il bere tanto da ritrovarsi la mente annebbiata, quasi incapace d'intendere e volere, ed il sentirsi allegri. Aveva trangugiato degli shottini di alcolici a random ( vodka, forse? ) sotto lo sguardo vigile di ‘Misha il guastafeste’ e, dopo il quinto, aveva perso il conto. La musica assordante gli rimbombava nelle orecchie, mentre l'odore acre di sudore, misto a quello dolciastro dei cocktail bevuti dalla maggior parte delle ragazze lì presenti , gli si insinuava nel naso, lasciandolo stordito. Fu quello probabilmente, insieme al Black Russian che stringeva in una mano come se fosse la più preziosa delle reliquie, a spingerlo ad infilare un bigliettino con il proprio nome all'interno di un contenitore. L'idea gli parve sublime, a primo impatto.
    « Levi, davvero? » Misha aveva inarcato un sopracciglio e l'aveva guardato a metà tra il divertito e il sorpreso, essendo abituato a vederlo dietro ad una scrivania, in un contesto ben diverso da quel disagio, seppure il suo programma non fosse dei più seri ( soprattutto quando si dilettava nell'improvvisare l'oroscopo ).
    E a Levi doveva essere sfuggito sicuramente qualcosa. Mentre ciucciava dalla propria cannuccia il cocktail e firmava il biglietto, aveva pensato di stare per partecipare a qualche giochino di San Valentino, perciò perché adesso Fae, dal palco, stava parlando di karaoke o di danzare? Avrebbe preferito di gran lunga una lotteria, uno scambio di coppia, perfino una tombolata di mezzanotte. Ma cantare o, peggio ancora, ballare? Cosa gli era saltato in mente? Afferrò Misha per un bicipite e, incurante delle sue lamentele, si insinuò fra la gente accalcata di fronte al palchetto, beccandosi perfino una gomitata fra le costole da una ragazzina su di giri, che rischiò di fargli versare la bevuta.
    « Amico, ti do venti euro per fingerti me e andare su quel palco. » il ghiaccio tintinnò nel bicchiere mentre indicava la ragazza-arcobaleno intenta a presentare la serata, ma tutto ciò che ricevette dal collega furono una pacca sulla spalla e la vista delle sue tonsille mentre rideva sguaiatamente di lui.
    « Kvist, sei un cazzone, te lo meriti per aver infilato il tuo nome in una boccia senza neanche sapere a che scopo »
    Immaginò di farlo fuori seduta stante, mentre Fae pronunciava i nomi delle coppie sorteggiate e, non appena si sentì tirato in causa insieme a Kara, iniziò a guardarsi intorno. Kara.. Kara.. la ragazza di Lynch, il disastro tecnologico. Si alzò sulle punte per avere una visuale migliore e, non appena fu riuscito ad individuarla fra le varie teste, si affrettò a raggiungerla, abbandonando Misha al suo triste destino.
    Passò un braccio attorno alle spalle della brunetta, volendo spaventarla con quell'improvvisata e, stando ben attento che la bevanda non le colasse addosso, avvicinò il viso al suo in modo da farsi sentire sopra all musica.
    « Bello vedersi qua, eh? Faremo scintille come coppia » decisamente troppo brillo, le diede un colpetto scherzoso con il fianco e lasciò andare la presa su di lei, rivolgendole un sorriso mesto mentre reinfilava la cannuccia fra i denti, così da bere gli ultimi sorsi. Raggiunto il fondo del bicchiere, abbandonò quest'ultimo alla consolle del dj e tamburellò con un piede a terra, protendendosi verso di lui.
    « DACCI. UNA. CANZONE. BELLA. GRAZIE » scandì bene parola per parola, pregando che il ragazzo di fronte a sé non giocasse loro brutti scherzi; non voleva finire come Ivar e Adam, ai quali aveva dovuto lanciare fischi d'approvazione per tutta la performance, per paura che si suicidassero buttandosi giù dal palco per la troppa vergogna. O come Astrid ed Engy, ridicolizzate dalle parole incomprensibili di Dragostea Din Tei.
    « No problem, bello, ci penso io! » e già con quell'incipit, che cosa avrebbe dovuto pensare? Male, a tratti malissimo. Ne indicò una a caso, ormai rassegnato a quella figura di merda. Stava per fare dietrofront, avendo recepito quale canzone gli avesse assegnato la sua solita sfiga, quando venne spinto verso le scalette che conducevano al palco. Si fece il segno della croce, storcendo le labbra in una smorfia di disperazione e scollò le ciocche scure dalla fronte sudata con la mano libera, mentre nell'altra si ritrovò a sorreggere un microfono. Armeggiò per un paio di secondi con l'impugnatura per capire se fosse acceso e da un lato del palco si fece passare una brutta sorta di panca in plastica, così da creare atmosfera una volta sistemata al centro. Intravide Misha fra le prime file che se la sghignazzava, perciò lo indicò mestamente a Kara, ancora attaccata al suo fianco come una cozza. Il collega non era ubriaco, ma solamente stronzo, nel più semplice dei modi. Si sedette al suo fianco, snocciolando una sfilza di insulti al suo orecchio in modo da non essere sentito tramite il microfono, per poi parlare contro ad esso mentre Kara cantava la prima strofa. « Did you hear something? » aveva visto La Sirenetta miliardi d'anni prima, ma ricordava bene le battute del principe Eric indirizzate ad Ariel mentre Sebastian cantava. Guardò Misha di sottecchi, fingendosi imbarazzato dalla sua presenza e finse di remare, mentre il ragazzo gli si avvicinava con le labbra arricciate in una orrida parodia di bacio.
    « Yes, I want him, look at him, you know I do! It's possibile he wants me too, there's one way to ask him, it don't take a word.. riadattò le parole della canzone, indicando il compagno sventurato con il capo e cercò di non ridere, mentre gli passava un braccio attorno alle spalle, strizzandosi contro di lui « You know, I feel really bad not knowing your name, maybe I can guess » allontanò il microfono per ridere, prima di ricercare la serietà « Is that, uh.. Mildred? - si beccò una smorfia disgustata da parte di Misha - Okay, no.. How about Diana? Rachel? MISHA! Oh, that's kinda pretty! »
    Si alzò in piedi traballando, allungando una mano per tirar su anche Misha che, fortunatamente, recepì il messaggio e lo segui senza bisogno d'aiuto, quindi prese a cantare il ritornello, tenendo il microfono in alto come una vera star da palcoscenico. Now's your moment, floating in a blue lagoon, boy, you better do it soon! The time will be better, he don't say a word and he won't say a word until I kiss this girl » ammiccò all'amico, ritrovandoselo fra le braccia e si sbilanciò in un bacio sulla tempia, scoppiando a ridergli in faccia mentre Kara terminava con il ritornello.

    Sperava che nessuno li avrebbe fatti finire nel web, altrimenti sarebbero diventati gli zimbelli della radio. Li avrebbero presi per il culo da lì a Santo Stefano, rendendo loro la vita un inferno — soprattutto vista la bugia dell'appuntamento galante.
    Afferrò Misha per il colletto della felpa e lo trascino con sé giù dal palco, sorreggendosi alla ringhiera delle scalette quando perse gli ultimi tre gradini, vedendosi già con il culo per terra.
    Mai più, Levi. M a i. e come biasimarlo? L'aveva fatto diventare la sirenetta del Bolgen, senza volerlo.

    non l'ho riletta, abbiate pazienza amen!
     
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    QUI le votazioni (:

    Edited by Comet - 16/2/2018, 20:18
     
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