Just 'cause he's had a couple o' cans he thinks it's alright to act like a dickhead

Lee + Brooklyn - 22:00 PM

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    Leander "Lee" Gundersen
    25 years old - energy absorption - loose cannon


    And there's the truth that they can't see
    They'd probably like to throw a punch at me
    And if you could only see them, then you would agree
    Agree that there ain't no romance around there


    Le mani percorse da tatuaggi venivano seguite dall sguardo di Hans, seduto sul divano del loft del suo amico, mentre mettevano a soqquadro la sua abitazione: come alla ricerca di qualcosa, le mani di Lee vagavano veloci da un lato all'altro e la sigaretta penzolava, incastrata tra le labbra, rilasciando nell'aria le sue spirali bluastre. A torso nudo come sempre, lo sguardo vigile come quello di un rettile e l'assenza di grazia che trapelava dal modo di muoversi, o di spostare oggetti sulle mensole per togliere di mezzo ogni ostacolo alla visuale. Quasi ipnotico a vedersi, quel lento processo verso un caos non intenzionale, ma spontaneo: le sue mani da batterista, avvezze a colpi secchi, si intrufolavano in ogni cassetto, rovistavano in piccole proprietà che portavano il suo nome, creavano caos laddove regnava l'ordine. Nel giro di qualche scarso minuto, era come se il salotto fosse imploso senza che Hans se ne fosse accorto; gli bastò riemergere da quel momento di osservazione, tornare alla realtà dei fatti, e ritrovarsi circondato da un salotto irriconoscibile. Quella era la firma di Lee. Quelle sue distruzioni palesi, rumorose, ma portate avanti con così tanto carisma da avere un senso all’inizio e non averne più al risultato finale. Lee allungava le sue mani e vedeva tutto capovolgersi, cambiare colore e consistenza. Rendeva tutto irriconoscibile con un solo tocco. « Oh Hans, vuoi una birra? »
    « Sono le sei di sera. » Ribatté l'altro, lasciandosi scappare un'espressione di disgusto mentre immaginava le discutibili abitudini di Lee.
    « Pardon. Preferisci un Martini che fa molto "milf sofisticata e divorziata in cerca di cazzi"? » Se l'era cercata. La possibilità di avere un'interazione civile con Lee Gundersen si basava su due principi: mai farlo sentire vecchio citando nuove varietà di cannabis in voga in un dato momento (era rimasto all'AK-47) e mai giudicare il suo stile di vita, per quanto discutibile questo potesse essere. Lo guardò per poco tempo, spostandosi verso il divano su cui sedeva il suo amico. « Ma si può sapere cosa cazzo stai cercando? »
    « La tua eterosessualità. Non c'è proprio traccia. » Si gettò sul divano e tirò una grande boccata di fumo, scoppiando a ridere il secondo dopo. « No in realtà avevo iniziato a cercare qualcosa che non ricordavo dove avessi messo, poi però mi sono dimenticato cosa stessi cercando. Questo è quasi un quesito filosofico no? Com'era? Non cercare le cose, poi queste verranno da sole? »
    « Non ti seguo. E comunque sono etero. »
    « Dicono tutti così. Ah! » Come colto da un lampo di genio, si alzò di scatto dal divano e iniziò a togliere i cuscinetti. « Stavo cercando il cellulare! Oggi sono tornato a casa così fatto che non ricordo dove io l'abbia messo. Ma tu dovevi dirmi qualcosa? A parte il mezzo coming out, s'intende. »
    « La ragazza che sto frequentando viene a casa mia questa sera e- »
    « Hai una ragazza? TU hai una ragazza, con quei capelli? Il mondo va a puttane. »
    « -e, visto che è allergica al pelo del cane, mi chiedevo se potessi lasciarlo a te. »
    « Il cane. » Si fermò un attimo nella sua ricerca e spostò gli occhi su di lui, restando fermo nella sua posizione. « Io sono piegato a 90 in questo momento a cercare il mio stesso cellulare e tu vuoi affidarmi il tuo cane? » D'accordo che ogni uomo pur di scopare avrebbe fatto qualsiasi cosa, ma dare il proprio cane in pasto a morte certa nelle mani di uno sbadato era un po' troppo. Si spostò verso il suo lato del divano e posò le mani sulle sue spalle, guardandolo con una certa solennità. « Ho sempre fatto morire tutti i Tamagotchi che mi regalavano. A sei anni mia madre mi ha comprato un pulcino e non volendo l'ho schiacciato mentre giocavo con la figlia dei vicini al gioco della campana. Poverino, è partito che sembrava una pallina da tennis ed è finito che sembrava un hamburger di quelli fritti male. Ieri ho chiamato un amico, l'ho salutato dicendo "ehi figlio de puta" e quando ho realizzato che ha risposto la madre, dicendomi "ora te lo passo", avrei voluto morire. Ti sembro una persona a cui lasciare un cane? »
    « Da piccolo giocavi alla campana come i bambini poveri del Brasile? »
    « IL PUNTO È » Pausa. Per un momento gli passò di mente. « Il punto è che sono inaffidabile. Non voglio responsabilità. » Era simile a sua madre nella tendenza all'egoismo più vorace. Se di lei dicevano che aveva l'egoismo aggressivo della depressa, a lui dicevano che aveva l'egoismo edonistico dello spirito libero felice di stare al mondo e intenzionato a godere il più possibile della sua vita. Dopo diversi secondi di ricerca, ritrovò il proprio cellulare tra le pieghe del divano e vi si gettò, sdraiandosi; i piedi comodamente sulle gambe di Hans, mentre spegneva la sigaretta nel posacenere. Iniziò a guardare le notifiche del cellulare. « Oh, mi ha scritto la tua ragazza. Dice che non viene a casa tua perché ha il sospetto che in realtà ti piaccia la fava. » Scoppiò in una risata contagiosa, ma l'amico gli lanciò un'occhiataccia a dir poco ostile. Per pungolarlo e portarlo al buonumore, iniziò a prenderlo a leggere pedate contro la spalla. Niente. Hans non voleva saperne di regalargli un sorriso. « Però adesso non tenermi il muso solo perché ti ho detto di no. Dai. » Ancora qualche colpo col piede coperto dalla calza, ma niente. « E va bene! Lasciami sto cane del cazzo. Ma posso lasciarlo da solo la sera o soffre di solitudine e cazzi vari? No perché avrei da fare stasera. E non è che con la primavera comincia a strusciarsi sulla mia gamba? Mi metterebbe troppa ansia. Ah, e a cagare lo porti tu prima di darmelo. Non ho mai raccolto una merda di cane in 25 anni e non lo farò ora. Sai che m'importa dell'ambiente. No in realtà non me ne frega un cazzo, ma non vorrei dover pagare una multa per non aver raccolto il tortino di merda del tuo cane. » E via in loop, domande inutili, insulti e maledizioni mentre sostanzialmente parlava da solo e Hans, guardandolo, sorrideva.

    And over there, there's broken bones
    There's only music, so that there's new ringtones
    And it don't take no Sherlock Holmes
    To see it's a little different around here


    Ancora le sue mani a muoversi, ma in un contesto del tutto diverso. Forse le mani erano sempre state la parte del suo corpo che più lo caratterizzava. Non aveva mai avuto delle belle mani da pianista, dalle dita sottili e lunghe incastrate in un'ossatura dalla struttura elegante. Da adolescente, ancora inesperto nell'approcciarsi al suo strumento, aveva visto formarsi sulle sue mani, a livello delle dita, quelle bolle rosse che a toccarle facevano male, segni inconfondibili della determinazione di ogni batterista e in modo indiretto della sua personalità. Mani forti, rinvigorite da un'energia che proveniva da una genuina passione verso la musica, che si muovevano ora sulla console mentre la musica, rimbombando nelle grandi cuffie da DJ, guidava il suo corpo nella ricerca del mixaggio perfetto. Tra tutte le droghe esistenti, tra tutte quelle che il suo corpo aveva assunto e occasionalmente rigettato durante le serate più trasgressive, la musica era la sua preferita. Isolava la mente da ogni pensiero estraneo per poi costringerla a fondersi con il corpo, generando quella paradossale superficialità profonda, con radici piantate nel sangue e come foce unicamente il corpo in ogni sua cellula. Il DJ era una figura di cui aveva sempre subito il fascino sin dalle sue prime volte in discoteca: sempre l'unica figura in solitudine, distanziata dal pubblico, in controluce e su un piano rialzato, perché il mondo per lui non esiste. L'unico dialogo con i presenti consiste nell'accettare o rifiutare una proposta sul genere di musica da mixare; cosa che raramente fa sollevando lo sguardo verso l'altro, tagliandolo fuori sia con un sì, sia con un no. Sacrifica in apparenza il suo divertimento per gli altri, ma è sempre in una dimensione tutta sua, perso nel labirinto della sua musica. Un ribelle, un disadattato o forse un fanatico che con la console sotto le dita, le luci puntate contro la schiena piegata e lo sguardo basso si trasforma, condividendo la sua droga con il pubblico e sparandosi la sua dose in privato, nascosto sebbene in bella vista su un piano rialzato. Ma Lee aveva un modo tutto suo di mixare: con lo sguardo teneva d'occhio il suo pubblico per assicurarsi che ciò che suonava piacesse, ma anche per trarre energia dai balli scatenati in cui questi si cimentavano. Teneva sempre d'occhio anche la porta d'ingresso, troppo incuriosito o forse impaziente davanti alla possibilità di vedere facce nuove. Normalmente ignorava chiunque entrasse nel Bolgen, immerso nella sua musica; tuttavia non poté fare a meno di fare un'eccezione per chi mise piede nel locale in quel momento: Brooklyn Jacobsen, cugina di Esp da cui molto probabilmente le aveva prese più di quanto sua madre gliene avesse date in tutta la sua vita. Avvicinò la bocca al microfono posto davanti al suo viso, ghignando in sua direzione con la palese intenzione di romperle le palle. « Ma chi si vede qui? Fate un applauso al Tenente Jacobsen! » Incitò il pubblico ad accogliere a dovere la stimabilissima tenente, regalandole il centro dell'attenzione per qualche attimo senza tuttavia smettere di mixare con le mani. « Ma quanto è gnocca stasera? Vuole farmi arrapare, tenente Jacobsen? » Ammiccò con un movimento di sopracciglia, spinto dalla certezza che, se Brooklyn l'avesse preso tra le mani, lo avrebbe ucciso. Abbassò la cuffia sulle spalle, facendole cenno con la mano di raggiungerlo nella sua postazione. « Dai sali qui sopra! Mostra a tutti qui quanto mi ami. » Beh, se l'amore era quantificabile in coppini ricevuti a ripetizione davanti a una folla impazzita, Brooklyn lo amava alla follia.

    Don't get me wrong, oh there's boys in bands
    And kids who like to scrap with pool cues in their hands
    And just 'cause he's had a couple o' cans
    He thinks it's all right to act like a dickhead
     
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