Gas a martello! Giù la testa nella carena!

Liv x Runa x Mia

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    Liv Frida Berg | '90 | anthemis & b-side | sheet

    [ORE 21.45 - ZONA LIMITROFA DEL SUD-BESAID]
    La notte era calata sul giorno e la luna, illuminava debole le superfici che baciava. Era una bellissima serata, le stelle splendevano in cielo e nonostante l’ingombrante casco integrale, Liv poteva scrutarle con i suoi occhi acquamarina. Faceva freddo, era un freddo secco, di quelli che riuscivi a sopportare se ti coprivi adeguatamente. Era sempre così in quelle zone della Norvegia, dove non conoscevano la parola umidità e potevano quindi beneficiare di una condizione climatica più gradevole, di quelle che la giovane esploratrice aveva trovato in altre parti del mondo. La giacca imbottita di pelle nera, aderiva sul corpo sottile della motociclista che, era a cavallo della sua moto, schierata sulla griglia di partenza. Rilassata, lasciava cadere morbide le braccia lungo i fianchi, stringendo di tanto in tanto le mani in pugni, per elasticizzare i guanti che la aiutavano ad aderire alle manopole del gas e a non rovinarsi le mani che, erano già abbastanza consumate per i lavori che svolgeva.
    Il suono dei motori accesi, era l’unico rumore che Liv riusciva a percepire, nonostante fosse sporcato da voci indistinte di persone che schiamazzavano o che, litigavano tra loro. Quel rumore, aveva lo stesso effetto per lei dell’asciugacapelli: era capace di distenderla e di rilassarla, nonostante non fosse continuo e sulle stesse frequenza radio. La sua Ducati Panigale V4 rossa, tremava sotto di lei pronta a scattare, non appena la proprietaria avesse dato mano al gas. Runa, l’aveva aiutata a renderla scattante, oltre ad aver creato quella carena nera che usava farle indossare quando usciva in incognita. La visiera del casco, era ancora alzata e lasciava intravedere i brillanti occhi verdi acquamarina. Liv, non riusciva a percepire tutte le figure intorno a lei che si muovevano veloci. C’era chi incoraggiava gli altri corridori, chi si muoveva in fretta per lasciare libera “la pista”, chi invece provocava, senza ricevere almeno da parte sua un men che minimo riscontro. Era semplicemente concentrata, come lo era sempre prima di una sfiga, di qualsiasi tipo essa di trattasse. L’unica persona che fù in grado di catturare la sua attenzione, fù là starter che, per questa volta era diversa da quella che lei era solita osservare durante le sue gare. Mia, aveva lasciato quel ruolo e quello di scommettitrice / tesoriera, per salire in sella alla sua nuova moto. Era strano non vederla lì, a stringere l’occhio a lei e Runa, prima di lasciar cadere la bandierina che ogni volta ricavava da una qualche bandana che aveva appresso. Non era lì, perché quella sera si sarebbe trovata a correre al loro fianco.
    Runa ci aveva messo del suo meglio, per truccarle il motore della sua vecchia moto, in modo che fosse potente ed entrambe, sia Liv che Runa, avevano rischiato la loro vita cercando di insegnarle a guidare la moto. Non che Mia fosse incapace anzi, semplicemente si stufava facilmente del semplice e aumentava il livello di difficoltà della sua sfida, rischiando ogni volta più del previsto. Liv, doveva riconoscersi fortunata di avere quella particolarità che, le rendeva spontaneo, difendersi da un qualsiasi probabile incidente. I suoi auto-riflessi, facevano si che riuscisse a percepire ed arginare un pericolo in modo immediato ed agire, così da renderlo meno gravoso. Più di una volta era riuscita a recuperare il manubrio della moto di Mia, evitando che si impennassero oppure, mettere giù le gambe al momento giusto, quando rischiavano di diventare un tappeto sull’asfalto. Doveva ammettere anche che, la sua fortuna nelle corse cui amava prendere parte e dove, finiva sempre per scommettere su se stessa, spesso finivano in modo positivo proprio per quella capacità che le faceva spegnere ogni paura dato che, sapeva collaborare autonomamente sulla sua sicurezza.
    Quando ricordò quella nuova presenza affianco a loro, Liv si voltò prima a destra (Runa), poi a sinistra (Mia), per incontrare lo sguardo di entrambe le sue amiche e solo una volta che si sentì tranquilla e spalleggiata, Liv abbassò la sua visiera pronta a aprire il gas a martello e mettere giù la testa nella carena.

    GgI2gYr
    [ORE 23.30 – PUB / SUD BESAID]
    I pantaloni in ecopelle nera, aderivano sulle uniche curve che il corpo di Liv poteva vantare di avere: quelle del sedere, bello ritto e presente. Lo stivaletto, le concedeva qualche centimetro in più, slanciando la sua figura minuta e l’unica cosa che le regalava un po' di colore, era la maglietta in lurex rosso cremisi che aveva deciso di indossare sotto il maglione scuro ed il giubbino imbottito in pelle. Sapeva che sarebbero andate a bere qualcosa dopo la corsa, così si era preparata a sfoggiare un look comodo ma che, potesse regalare qualche gioia. Una volta libere e trionfanti, con tanto di un buon gruzzoletto raccolto nella cassa comune che avevano indetto per quella sera, avevano deciso di dirigersi in un pub del centro, dove suonavano dal vivo. Tutte e tre, erano tipe piuttosto pratiche e alla mano, che si lasciavano poco soddisfare da infioccamenti e mondi di plastica quindi, avevano preferito optare per uno dei soliti posticini che erano solite frequentare, evitando il bolgen che sicuramente sarebbe stato più comodo geograficamente parlando.
    Una volta varcate le porte del pub, Liv necessito di andare in bagno per darsi una parvenza, sfruttando la piccola trousse che era solita portare in borsetta, fornita di qualche piccola coccola da potersi concedere in materia di make-up. Qualcuno vuole favorire?! domandò, prima di dirigersi verso il bagno, dove avrebbe passato solo qualche secondo del suo tempo. Non amava rimpicchettarsi troppo Liv eppure, voleva sempre essere presentabile e ci teneva ad essere carina. Finalmente, fù pronta per raggiungere le sue amiche che, avevano preso posto ad un tavolino, dove le vedeva entrambe intente a chiacchierare. Da questo, potevano osservare anche il piccolo palco improvvisato con dei bancali tinteggiati di un marrone scuro dove, un uomo sulla sessantina intonava con voce leggermente rauca, una canzone che Liv non poteva dire di conoscere. Senza infamia e senza lode commentò, prendendo posto in una delle due sedute vuote, scegliendo quella dalla quale era più facile osservare il palco. Gli occhi, erano ora dipinti da un leggero eye-liner mentre le labbra, erano sottolineate da un rossetto lunga tenuta, dello stesso colore della maglietta. Cosa prendente da bere? Avete già deciso? aveva poi chiesto Liv, aprendo la lista dei cocktails davanti a lei Vi va di prendere delle patatine e delle crocchette da mettere nel mezzo? domandò ancora, sperando in una risposta positiva delle ragazze. Non che fosse strano, Liv aveva sempre fame e troppo spesso Runa le chiedeva se non avesse la tenia, dato che mangiava continuamente e come un bove, senza mettere nemmeno un grammo. La verità era che Liv si muoveva troppo, era sempre in costante movimento e questo, la portava a mangiare molto perché al contempo consumava tutto ciò che ingeriva. Alzò la mano, cercando di attrarre l’attenzione del cameriere che le raggiunse dopo qualche minuto, pronto a prendere le ordinazioni.

    non ho riletto e fà schifo, ma vogliatemi bene lo stesso!
     
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    Amava quell’oscurità, ci si sentiva a casa fra le sue braccia. Si lasciava cullare dal cielo notturno e s’invaghiva delle stelle, le aveva guardate così spesso da aver perso il conto delle ore di veglia nei momenti in cui invece avrebbe dovuto lasciarsi andare a Morfeo. Si lasciava abbracciare dalle cose, mai dalle persone, il tatto ne risentiva, però era una mancanza alla quale Mia non voleva sottomettersi. E le braccia del cielo, almeno quelle, seppur fredde riuscivano a tenerla stretta a se stessa, una tana sicura che con il sorgere del sole strisciava via piano, faceva tanto male restare senza scudo. Abbassò lo sguardo e scacciò via i pensieri, non c’era spazio né tempo per quell’abbraccio. Gli occhi azzurri si puntarono sull’asfalto travagliato dalle buche, laddove poche erano le auto di passaggio durante le ore del giorno. Il rombo dei motori si mischiava all’adrenalina che sentiva scorrere sotto la pelle mentre le dita delle mani guantate si stringevano attorno al casco della Kawasaki su cui era a cavallo. Aveva il busto avvolto in un sottile giaccone mentre le gambe erano fasciate in un paio di leggings neri e aderenti. Non era mai stata da quel lato della pista: solitamente era lei a dare il via alle corse, tifando segretamente per Liv o Runa e sperando che fosse una delle due a portare a casa il bottino. Da qualche tempo però, le due amiche si erano messe in testa di volerla al loro fianco, le avevano garantito un divertimento ed una adrenalina che, effettivamente, non aveva tardato ad arrivare. Da qualche mese ormai le davano lezioni, avevano trascorso così tanto tempo assieme a lei cercando di insegnarle come mantenere il controllo della vettura, che Mia alla fine ci aveva preso gusto e aveva desiderato strafare, sempre di più, e non erano mancate cadute con scivolata sull’asfalto, la pelle si era arricciata sulle ossa e aveva necessitato qualche punto di sutura che aveva fatto molto meno male di tanto altro. Sopravviveva a tutto, le era stato insegnato a farlo e aveva appreso di poter incassare più di qualche pesante colpo, prima d’esser abbattuta. Era stato un bel modo per staccare la spina e iniziare qualcosa di nuovo, aveva sollevato la testa e spostato il cuscino che l’aveva soffocata per troppo tempo, era quasi annegata nel mare di paure che si erano schiantate contro di lei solo un anno e mezzo prima. Vedeva sagome persino quando le palpebre si chiudevano strisciando lentamente sulle sue iridi chiare. Mia vedeva ancora tutto, sentiva ancora l’eco di una voce che non aveva conosciuto. C’erano state una miriade di persone che aveva incontrato nel dopo, ne aveva studiato i contorni e aveva cercato di capirne le intenzioni e non era mai stato facile lasciarsi guardare, aveva disimparato a farlo nonostante non le fosse mai piaciuto. Qualcuno neanche ci aveva provato, qualche altro ne aveva abusato e non era mai stato bello, in nessun caso. Tranne una sola volta. Era stata l’ennesima attesa, un dejavu come gli altri, eppure aveva contato appena di più. Non aveva saputo nulla di lui e non aveva posto domande, non ce n’era stato bisogno, l’inchiostro aveva parlato al posto suo quando aveva posato l’ago sulla pelle di Eden. Aveva sentito quello sguardo chiaro su di sé, evitando di incrociarlo ancora ma inciampandoci più di una volta per poi ritirarsi subito indietro. Le guance di Mia si erano infiammate involontariamente, detestava essere guardata e lui lo aveva fatto per tutto il tempo, neanche una distrazione a portare via le iridi del ragazzo dalla sua pelle bianca. Mia aveva avvertito la vena sul collo pompare sangue incessantemente, esposta all’ossigeno tiepido della stanza per via dei capelli tenuti fermi in una coda un po’ scomposta, i piccoli frammenti di quella che lei credeva fosse arte si sprigionavano proprio quando li tirava su, era uno step che non dimenticava di compiere prima di mettersi a creare qualcosa, non aveva importanza cosa fosse, se cucinare, disegnare, scrivere, o affrontare una paura. La coda teneva via i capelli dal suo viso così come i nodi che li incastravano gli uni agli altri. Quando era andato via la prima volta, aveva trattenuto il respiro per qualche secondo, lo sguardo fossilizzato sulla porta d’ingresso. Era stato strano, l’immagine del suo volto si era mischiata al tempo e Mia non aveva avuto più alcuna idea a quale frammento del suo presente vi appartenesse e il pensiero del suo sguardo su di sé si era fatto vivo, carne che si allaccia ai muscoli e diviene corpo. Era stato difficile scrollarselo di dosso, c’era voluta una doccia bollente ed una corsa in moto.
    Si voltò quindi alla propria destra appena prima di sollevare il casco per portarlo sulla testa, osservando le figure di Liv e Runa, anche loro pronte per la partenza. Le vedeva sicure, certo più di quanto lo fosse lei, e ne ammirava ogni piccola parte: le sue amiche erano donne terribilmente forti, era strano far parte della loro cerchia, se avesse amato se stessa almeno la metà di quanto amava loro, Mia avrebbe forse risolto la metà dei suoi problemi. Le labbra della ragazza si curvarono all’insù in un sorriso divertito, gli occhi si strinsero in due fessure mentre le guance si gonfiavano dolcemente per fare spazio alle labbra stiracchiate. Fece una linguaccia alle due e s’infilò il casco abbassandone poi la visiera ed allacciandolo sotto il mento, sporgendosi successivamente in avanti e andando a stringere le manopole del gas con le mani. Forse un po’ era pronta anche lei, sperò solo di non farsela in strisciata sull’asfalto. Se fosse accaduto, aveva fatto promettere ad entrambe di non preoccuparsi ma ridersela e basta con lei, visita in ospedale o no, era uguale, nessuna di loro avrebbe dato di matto.

    Le Timberland giallognole e imbottite dall’interno si piantarono sulle mattonelle rosse del pub laddove Mia, Runa e Liv usavano sorseggiare alcool per ore. Il solito tavolo, i soliti posti, la solita musica di merda. Non che Mia ne capisse chissà cosa, ma aveva gusti decisamente particolari e cambiavano a seconda del suo mood. Si liberò della giacca gettandola sul divanetto per poi accomodarsi di getto su di esso, sprofondando nei cuscinetti bordeaux. Sollevò lo sguardo su Liv osservandone l’outfit e attendendo che le invitasse a truccarsi: solita prassi, insomma. Non aveva mai davvero un capello fuori posto, era attenta a ciò che indossava e Mia sapeva perfettamente quanto questo potesse far impazzire gli uomini che provavano almeno a starle intorno anche solo per annusare il profumo dei suoi capelli. E poi, ovviamente, aveva un bel caratterino, difficile da non notare o amare. Runa, invece, era più tranquilla: con la sua chioma bionda e le curve di una modella da costumi da bagno, sembrava essere l’opposto di Liv. Aveva lo sguardo terribilmente dolce e una voce che, Mia potè effettivamente solo immaginarlo, avrebbe avuto una mamma o una zia affettuosa. Erano così diverse da completarsi, e questo rendeva le loro giornate tutt’altro che noiose. Cosa prendente da bere? Avete già deciso? chiese Liv sedendosi al tavolo, di ritorno dall’incipriamento nel bagno. Il rossetto rosso scarlatto andava a sposarsi con il colore della maglietta che indossava e ne risaltava il colore pallido della sua pelle. Mia aprì il menu per richiuderlo subito dopo averlo sfogliato velocemente e senza alcun effettivo interesse, posandolo poi sulla superficie del tavolino e spingendolo con il dito indice in direzione di Runa, seduta di fianco a lei. «Una birra.» disse, serrando le labbra e regalando un piccolo sorriso alla bionda. Vi va di prendere delle patatine e delle crocchette da mettere nel mezzo? chiese ancora Liv e Mia si ritrovò ad annuire immediatamente, lo stomaco iniziava a brontolare, aveva dimenticato nuovamente di pranzare. «Sto morendo, sì. Liv fai gli occhi dolci al cameriere, magari ci porta pure le olive a scrocco come l’altra volta.» aggiunse Mia e arricciò le labbra in un sorriso compiaciuto voltandosi in direzione dell’amica. Si lasciava guidare da loro, le seguiva sempre un passo indietro, non aveva mai tanto da dire, Mia, preferiva ascoltare piuttosto che parlare. Molte delle cose che le passavano per la testa erano costrette ad interpretarle o tirargliele fuori con la forza. Non lo faceva per fare loro un torto, era semplicemente cresciuta nel conforto del silenzio e sebbene ogni tanto rischiasse di implodere, aveva imparato a controllare il flusso delle parole gestendone le foci. Quando però sentiva il bisogno di comunicare, lo faceva in maniera caotica, una bomba che esplodeva nelle mani di chi provava a contenerne i danni senza mai davvero riuscirci. C’erano ondate di parole che, una volta venute fuori, Mia si pentiva persino d’aver detto. «Mi è piaciuto correre stasera, credo abbiate creato un mostro.» commentò Mia appena prima che uno dei camerieri si avvicinasse a prendere le ordinazioni. Ordinò per prima, la solita birra da 0,5 che le avrebbe insaporito le labbra e aperto lo stomaco. Diede quindi un piccolo calcio alla gamba di Liv da sotto al tavolo per ricordarle delle olive, così da vederla all'opera mentre otteneva a morsi il rispetto del tipo, ormai abituato ad accoglierle nel locale verso tarda serata.
    Scorreva tutto in maniera tremendamente naturale insieme a loro, tanto che sembrava impossibile immaginarsi senza averle intorno. Erano diventate parte della sua quotidianità e, sebbene non condividesse tutto il proprio mondo con loro, adorava quei pezzi di vita che prendevano luce quando erano assieme.
     
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    Baciate dai raggi lunari come dee, Runa, Liv e Mia erano preparate ad un'altra adrenalinica serata insieme; più volte, le tre amiche si incontravano per costruire nuovi ricordi senza paura di affrontare anche situazioni pericolose o singolari, e quel giorno, il gruppetto si era dato appuntamento in periferia, in modo da prendere parte ad una corsa motociclistica che avrebbe sicuramente costituito un episodio di cui parlare per il resto della settimana seguente. Ricoperta da una giacca e pantaloni in pelle, Runa si guardava intorno, percorrendo gli spazi con il suo sguardo affilato, in sella alla sua Ducati Monster 900. Quello dei centauri un ambiente a lei molto familiare, e nonostante preferisse le gare di motocross a quelle su strada, era già infiammata dalla competitività caratteristica di quelle prove, pronta a sbaragliare gli avversari per giungere alla vittoria. I partecipanti erano raccolti in una folla abbastanza variegata; v'erano corridori a lei già noti ed altri mai incontrati prima, eppure la ragazza s’interessava unicamente alle sue due amiche, accorse lì per condividere con lei la serata. Prospettandosi ancor più inusuale, l’evento vedeva anche Mia ricoprire un ruolo diverso da quello usuale, ora che era pronta a raggiungere le compagne in pista in sella alla sua moto ruggente. Runa era più che felice di vedere gli sforzi meccanici - e non solo - compiuti nelle ultime settimane dare i loro frutti nella partecipazione dell'amica alla corsa, rivolgendole un occhiolino complice per rassicurarla. Dall'altra parte trovò Liv, con la quale intrecciò lo sguardo, porgendole la mano guantata pronta ad essere colpita nel palmo con un batti cinque solidale: per quanto amasse la velocità e l'adrenalina del motociclismo, nulla agli occhi di Runa superava l'intesa con le sue amiche.
    Il padre glielo diceva sempre, era nata per correre, per andare veloce, più veloce di tutti gli altri anche quando questi non sarebbero rimasti al passo, ma Runa sapeva che non ci sarebbe mai stato il pericolo di essere lasciata o lasciare indietro Liv e Mia. Le due avevano conquistato non solo la sua fiducia, ma anche il suo incondizionato affetto, e le avrebbe supportate sempre - anche da avversarie in strada. Allora, raccogliendo nuovamente il manubrio tra le mani, Runa mostrò ancora una volta qualche mossa chiave su di esso a Mia, pronta a fornirle la sua esperienza per una prima gara che sperava sarebbe stata un'esperienza positiva per l'amica, e infine sollevò il palmo, portandolo alla visiera del casco, pronta ad abbassarla per proteggere le iridi celesti dallo sferzare del vento una volta acquistata rapidità sulle ruote. Finalmente, il fuseggiare indomito e metallico della Ducati si trasformò in un ruggito, che fiero e ferino tagliò l'aria notturna per segnalare il distaccò delle suole degli anfibi di Runa dall'asfalto umido, ora che era pronta a correre. Dapprima confusa, la calca di centauri formò accurate linee, che intercettandosi al momento opportuno determinavano la vincita o l'insuccesso di uno o l'altro corridore. Runa teneva duro, monitorando attentamente ma fugacemente le sue compagne, nel superare la concorrenza con l'intento di arrivare alla fine per prima. Più di una volta al sua voce si librava in concentrati respiri o suoni più forti, incitamenti e grida combattive o entusiaste; Runa era avvolta dal suo elemento, la passione che spesso l'aveva liberata dai pesi della quotidianità, e tra una curva e l'altra, si lasciava corteggiare dalla velocità, amoreggiando con lei sino a raggiungere il traguardo.

    ◊◊◊

    Lo sforzo fisico e mentale della corsa venne ripagato non solo con l'appagamento che seguiva naturalmente quell'attività tanto amata da Runa, ma anche dal cibo e dall'alcool che aveva il piacere di condividere con le sue migliori amiche, ora che le tre ragazze si erano dirette ad un pub in zona. Quel tipo di locali erano i luoghi che Runa preferiva per passare le sue serate, poichè l'atmosfera rilassata ed informale di rimando le permetteva di distendersi e di cancellare le preoccupazioni della giornata. Poco dopo il loro ingresso, Liv aveva ben presto abbandonato la visuale di Runa, che scosse appena il capo, sorridente, non appena l'amica offrì generosamente il suo kit di makeup prima di utilizzarlo ella stessa. Mia, nel mentre, era rimasta accanto a Runa, la quale raccolse la sua mano nella propria, tirandola appena verso il bar, mentre la musica più morbida arrivava all'udito di tutti gli avventori. Senza infamia e senza lode. Captato il ritorno piuttosto celere di Liv, Runa spostò lo sguardo su di lei, appoggiando il peso del corpo su uno degli sgabelli vicini al bancone. Che schianto, babe! Asserì lei ben felice, senza ancora aver disintrecciato le dita da quelle di Mia. Cosa prendente da bere? Avete già deciso? Alla domanda di Liv, Runa aggrottò appena le sopracciglia, puntando lo sguardo sul barista senza nemmeno scomodare Mia dal separarsi dal menù, ben consapevole su come volesse dare il "la" alla sua serata. Mm.. Inizio con una pinta di Guinness. Dichiarò infine la ragazza, accodandosi all'ordinazione appena proferita da Mia, anch'ella decisa ad iniziare con della birra. Le luci flebili ed arancioni danzavano con grazia sulla pelle delle due donne che, al fianco di Runa, illuminavano la sua visuale con la loro presenza. Vi va di prendere delle patatine e delle crocchette da mettere nel mezzo? Una lieve risata scappò dai morbidi cancelli delle labbra di Runa nel momento in cui udì la risposta di Mia, accuratissima e sempre dolcemente affilata nel parlare, proprio prima di ricevere un cenno d'assenso anche da Runa, entusiasta dell'idea di Liv. «Mi è piaciuto correre stasera, credo abbiate creato un mostro.» Sollevando le spalle in un moto di divertita consapevolezza, Runa diede una leggera pacca sulla spalla di Liv, come a complimentarsi del lavoro svolto. Visto? Io lo sapevo da quando l'abbiamo messa in sella! Cinguettò lei ben contenta, prima di ammutolirsi mentre Liv incantava con il suo fascino il cameriere, il quale acconsentì - come previsto - a rimpinguare le ciotoline di olive sotto richiesta della splendida ragazza. Dovresti venire a tutte le corse e gareggiare con noi, Mia! Alla fine, anche se alcuni possono essere delle palle al piede, sono tutti lì per divertirsi, credimi. Iniziò Runa, rivolgendo un occhiolino al barista non appena le allungò il boccale ricolmo di birra scura sino all'orlo. Facciamo un brindisi, a noi e alle nostre moto! Affermò con sicurezza Runa prima di sollevare il bicchiere, pronta a far festa con le sue più care amiche. La serata proseguì tranquilla, e tra una chiacchiera e l'altro, le tre consumarono velocemente i loro primi alcolici e cibarie, pronte a celebrare la notte, quando alcuni centauri avversari fecero il loro ingresso nel bar, punzecchiandosi a vicenda. Già solo ad adocchiare il gruppetto, Runa si sedette più comoda sullo sgabello, non intenzionata a discutere con qualche motociclista in cerca di guai.
     
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    Tra le tre, Liv era sicuramente quella che si avvicinava di più all’universo femminile modaiolo. Nonostante amasse le classiche attività da maschiaccio, Liv era un inguaribile modaiola, che seguiva con attenzione, seppur a proprio piacere e gusto, le mode del momento. Tra le tre, era l’unica che amava truccarsi, portare abitini corti e tacchi vertiginosi e che più delle altre, ci teneva a farsi bella. Da sempre, Liv era stata abituata a vivere in mezzo a uomini e troppo spesso, le era capitato più facilmente di passare il tempo con suo fratello ed i suoi amici, piuttosto che con le amichette di classe ma al contempo, adorava curarsi e farsi bella insieme a sua madre: maschere, manicure e pedicure, parrucchiere. Erano tutte coccole che Liv amava concedersi e delle quali, non poteva fare a meno, così come frequentare la palestra, la box o le corse in moto. Spesso suo fratello chiedeva come fosse possibile, che Liv non avesse trovato ancora un uomo con cui stare insieme ora tu, mi devi spiegare com’è possibile?! le chiedeva Eirik sconcertato ah no, forse lo so, sei una piccola pulce insopportabile! la prendeva in giro poi. Ma era vero, suo fratello si chiedeva spesso il perché Liv non riuscisse a trovare una relazione stabile. La osservava e vedeva un mix perfetto tra femminilità e passioni femminili che la rendevano una compagna perfetta, per qualcuno che amava vivere la vita al limite e condividere le sue passioni. Percepiva il bisogno della ragazza di avere qualcuno al suo fianco eppure, tendeva sempre ad allontanare le persone che le si avvicinavano, come se la paura di soffrire, fidarsi ed innamorarsi di qualcuno fosse troppo per lei. Eppure prima o poi avrebbe dovuto abbassare quella corazza che si era costruita attorno. Prima o poi avrebbe dovuto ricapitolare, avrebbe perso la testa per qualcuno e sperava vivamente che questa volta non sarebbe stata come la prima. Aveva sofferto troppo per la morte di Jake, aveva sofferto altrettanto per la perdita di Niko. Era strano il rapporto che li aveva legati in passato, qualcosa di viscerale che li aveva resi intersecati tra loro, con tanto delle gelosie che un rapporto a tre poteva portare. Liv era la principessa contesa tra i due eredi al trono, una principessa che non era capace di rinunciare a nessuno dei due e che poi, tutto d’un tratto si era trovata senza nessuno. Non era stato semplice, vedersi portare via da un momento all’altro, senza esserne preparata, parte integrante di te stessa perché Liv, aveva regalato loro tutta la sua infanzia e tutto il suo cuore. Aveva sofferto così tanto, in silenzio, da decidere inconsapevolmente di chiudere il suo cuore, così da proteggerlo. Sembrava mangiare il mondo Liv, sembrava sempre così sicura e forte che chi non la conosceva bene, poteva pensare che quelle fossero le sue caratteristiche eppure, Liv aveva una velata sensibilità che la rideva dentro. Solo con suo fratello e le sue amiche, Liv si sentiva completamente al sicuro.

    Per me una doppio malto domandò Liv al cameriere, sporgendosi appena sul bancone e osservandolo sorridendo Sto morendo di fame! Non è che avresti ancora delle patatine e delle crocchette? chiese ancora hai ancora le olive buonissime dell’altra volta? continuò ad incalzare, con quel sorriso che non permetteva un “no” come risposta. Avete un bel pieno anche stasera! Poi a che ora avevate chiuso l’altra sera? domandò lei, cercando di creare una conversazione che avrebbe permesso alla ragazza un servizio d’eccellenza. Di canto suo, il barista chiese a Liv com’era andata la settimana e se era stata a provare il ristorante nuovo che le aveva suggerito, di un amico del ragazzo. In tutta risposta lei le aveva detto che ancora non c’era stata e che aveva intenzione di andarci nei giorni seguenti ti raccomando, digli che ti mando io, così ti fanno un trattamento di favore!. Nel mentre, il barista aveva finito di preparare le loro birre e di servire sul bancone il cibo richiesto, oltre alle olive ed al mais tostato che per Liv era una vera droga. Te lo già detto vero, che sei il mio barista preferito? cinguetto Liv, giusto per ringraziarlo un po’ prima di buttare giù anche gli shottini che il ragazzo aveva preparato per loro e per sè stesso. Alle ragazze più belle del locale! brindò, prima di che buttassero giù tutto e che l’uomo le lasciasse per andare ora a servire altri clienti. Funziona sempre! sorrise Liv, prendendo posto anche lei su uno sgabello.
    La pace dei sensi durò poco, dato che un frastuono irruppe all’interno del locale, vedendo arrivare un gruppo di motociclisti poco silenziosi. Barbe e pance, catenoni e sguardi rabbiosi erano arrivati a minare il clima del locale. I classici tipi pronti a far casinò ed infastidire gli altri per passare una serata e vantare la potenza del loro nome. I Falchi, così si facevano chiamare, per il falco che disegnavano sulle loro divise in pelle nera. Runa diede un colpetto alle sue amiche per fargli notare il gruppetto, mentre Liv alzava gli occhi al cielo consapevole che, non succedeva mai niente di buono quando quelli erano nei paraggi. Loro tre odiavano la prepotenza e la violenza ed i Falchi, erano l’esatta descrizione di quelle caratteristiche. Vediamo se c’è da litigare anche stasera o se, stranamente hanno imparato le buone maniere ammise Liv, osservandoli. Occhi negli occhi, si sfidavano ogni volta, consapevoli dell’odio che provavano le une verso gli altri. Sapeva Liv, che era anche per quello che loro si divertivano a stuzzicare gli altri. Avevano voglia di far casinò e le tre, erano facili da far scattare soprattutto se i Falchi si mettevano a provocare persone indifese. Liv e Runa soprattutto, non sopportavano la maleducazione e l’arroganza e non era la prima volta che si trovavano faccia a faccia con loro per quegli atteggiamenti irritanti. Se infastidiscono Red m’incazzo annunciò alle amiche, senza farsi sentire e nascondendo anche il labiale, per evitare che potessero captare le sue parole. Red era il barista che, se emozionato finiva per balbettare seppur all’apparenza fosse un omaccione.

    Ho scritto in spiaggia e non so cosa ne sia uscito LOL
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    Nel rispetto di tutti i lettori si avvisa che da questo punto in poi sono presenti tematiche di: Descrizione o discussione estesa di immagini disturbanti (gore), violente o contenuti sensibili (ferite, percosse, pestaggi e simili);
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    Con le dita intrecciate a quelle di Runa e lo sguardo che, divertito, saltellava da Liv al barista, Mia non si perdeva neanche una mossa dell’amica mentre questa cercava di farsi sganciare un paio di olive gratis dal tipo dietro al bancone del pub. Sebbene le conoscesse, per Mia sembrava assurdo come il ragazzo si facesse fregare dalla compagna ogni singola volta: puntualmente, Liv si sollevava sul bancone col busto, rivolta nella sua direzione, e iniziava a blaterare di qualsiasi argomento fino a frastornarlo e, di conseguenza, riuscire a farsi offrire sempre qualcosa. In quel caso, di nuovo, l’ennesima porzione di olive verdi e un giro di shots. Niente di meglio per concludere una serata già ricolma di divertimento ed adrenalina pura. Ci riesce sempre, ah? sussurrò allora avvicinandosi all’orecchio della bionda e scuotendo appena il capo nella sua direzione commentò, appunto, il modo in cui Liv si era appena data da fare usufruendo delle sue doti da flirt. Alle ragazze più belle del locale! esclamò il tipo, allora, posando i piccoli shots di fronte alle tre, sul legno del bancone, ed issandone uno all’aria per brindare assieme a loro. Funziona sempre! esclamò poi Liv, naturalmente soddisfatta del risultato appena raggiunto e tornando a sedersi di fianco alle due amiche sullo sgabello in prossimità del bancone nel momento in cui il ragazzo si fu allontanato per servire altri clienti. Le sorrise divertita, Mia, scuotendo nuovamente il capo e, sollevando il bicchierino di vetro, lo sporse brevemente in direzione di Runa e Liv e, come se fosse acqua, lo avvicinò alle labbra per mandarlo giù in un sorso. Il calore si sparse dentro al suo petto, quasi come se dalla gola il liquido ambrato fosse scivolato direttamente all’interno dei polmoni. Un bruciore, quello, che conosceva alla perfezione. Le guance presero vita nello stesso momento, quando quel calore e quelle fiamme astratte si espansero per tutto il suo corpo raggiungendo infine il viso e la pelle chiarissima della ragazza dai lunghi capelli neri. Poi, una volta dopo aver riposato il bicchiere sul bancone, lo fece scivolare con una piccola spinta verso l’interno, lasciando che il ragazzo lo afferrasse per metterlo via. Visto? Io lo sapevo da quando l'abbiamo messa in sella! tornò a commentare poi Runa, riferendosi a quanto Mia si fosse divertita quella sera partecipando finalmente assieme alle altre due alla corsa in moto. Tirò fuori la lingua, fermandola fra i denti e lasciando che le labbra si arricciassero su di essi per mostrare un sorriso compiaciuto e bianchissimo alle due amiche. Dovresti venire a tutte le corse e gareggiare con noi, Mia! Alla fine, anche se alcuni possono essere delle palle al piede, sono tutti lì per divertirsi, credimi. spiegò ancora Runa, incalzando e riuscendo a far sentire Mia a proprio agio. Potrei pensarci. Però l’idea di sollevare la bandierina e darvi l’ordine di partire mi fa sentire anche molto potente. scherzò la ragazza, rifilando una leggera gomitata a Runa. Strinse appena la presa sulla mano dell’amica prima di lasciarla andare per afferrare il boccale da mezzo litro di birra, pronta a brindare assieme a loro. Facciamo un brindisi, a noi e alle nostre moto! esclamò quindi la bionda, sollevando a sua volta il boccale ed invitando quindi Liv a fare lo stesso. Un tintinnio sordo si levò dallo scontro dei boccali di vetro appena prima che le tre iniziassero a sorseggiare le loro bevande e stuzzicare il cibo che avevano ordinato come accompagnamento.
    Dopo un po’, mentre le tre ridevano e scherzavano sedute sui loro tre soliti sgabelli, un gruppo di motociclisti entrarono nel pub e l’aria, solo poco prima così leggera, divenne d’un tratto totalmente pesante ed affilata. Mia seguì gli sguardi chiari delle due amiche, ritrovando il proprio sulle stesse sagome che le due stavano osservando e del quale avevano iniziato a commentare. Vediamo se c’è da litigare anche stasera o se, stranamente hanno imparato le buone maniere. commentò Liv dopo aver lanciato un’occhiata delle meno amichevoli ai tipi che, ora, si avvicinavano al bancone e si facevano spazio fra un paio di corpi lì appoggiati per poter ordinare da bere. Uno dei quattro posò un pugno sul bancone in legno, facendo così tremare brevemente l’intera staffa di legno sul quale erano posate le bevande dei clienti seduti anche accanto a loro. Una sonora risata, uno scambio di battute fra di loro e poi, come se dovessero sondare l’intero locale, si voltarono per guardarsi intorno e fare il check di chi fosse li presente quella sera. Mia, normalmente silenziosa, restò muta anche in quel momento, mentre furtiva lanciava delle occhiate ai tipi letteralmente ricoperti nel tessuto della pelle delle giacche larghe con su ricamati dei falchi. Se infastidiscono Red m’incazzo. sentenziò Liv, che come al solito partiva in quarta quando si trattava di gente che non le andava a genio o che si comportava in maniera scomposta. Li avevano incontrati già parecchie volte e, sebbene conoscessero i tipi, restavano comunque sempre all’erta, in attesa di qualche mossa falsa. Mia, d’altro canto, non aveva mai alzato voce o dito contro di loro prima d’ora, lasciando spazio a chiunque altro fosse presente, e non perché ne avesse il timore, ma perché in confronto a Liv e Runa, restava sempre un passo indietro, sempre un po’ in disparte, agendo -un po’ egoisticamente- solo nel caso in cui a finirci nel mezzo fosse qualcuno a cui teneva. Non si riteneva certamente paladina della giustizia e, naturalmente, neanche pensava che fosse giusto prendersela con i più deboli. Ma il suo carattere riservato e poco pacifico non la spingeva mai letteralmente a prostrarsi in difesa del prossimo, anzi. Il suo pensiero, forse per altri sbagliato, rinchiudeva il suo mondo a solo qualche metro di distanza da lei, c’’era spazio per compassione e difesa, aiuto e comprensione, solo per coloro i quali riuscivano a rientrare in quello spazio. Ammirava, d’altro canto, il modo in cui Runa e Liv riuscivano a far loro tutte quelle cause che, Mia invece, lasciava fuori.
    Sei sordo, per caso? Quattro bionde, e facci andare su un bel po’ di schiuma, dai! udirono il primo ordinare a voce alta rivolgendosi a Red, il ragazzo dietro al bancone che, immediatamente, per evitare problemi, si mise a spillare quattro boccali di birra per i suoi tanto graditi ospiti. Quando assumeranno un nuovo barista non sarà mai troppo tardi per questo tugurio… aggiunse il secondo, borbottando ad alta voce mentre stringeva le dita attorno al manico di vetro del boccale appena posato sul bancone del bar da Red, il quale si accingeva a finire gli altri tre. In un solo istante, esattamente come lei stessa aveva preannunciato secondi prima, Liv si innalzò per scendere dallo sgabello, posizionandosi di fianco al grosso tipo che aveva ordinato le pinte di birra e, chinando il capo da un lato, lasciò che il dito indice andasse a picchiettare sulla spalla dell’uomo, invitandolo così a girarsi verso di lei. L’uomo, poco più alto di Liv, sollevò il mento nella sua direzione ed increspò le sopracciglia, quasi a chiederle silenziosamente perché avesse deciso di mettersi nei guai proprio quella sera. Oh-oh, non bene. sussurrò Mia verso Runa allontanando lentamente il bicchiere dal viso e posandolo sul bancone mentre drizzava la schiena per seguire Liv con lo sguardo. Nel giro di pochi minuti, forse solo secondi, Mia restò sullo sgabello a guardare, spettatrice di un momento che sembrava non essere suo, un istante dal quale avrebbe voluto tenersi fuori. E poi, come accadeva spesso, gli occhi di Mia si opacizzarono per quella che a lei parve un’eternità. Dietro quelle iridi bianche e momentanee, passarono immagini brusche e violente, l’annuncio di un futuro così prossimo ed impossibile ormai da evitare. Quando tornò al presente, si ritrovò a compiere esattamente le stesse azioni che, solo poco prima, aveva visto nella propria testa perdendosi il presente per qualche secondo. Non seppe cosa fosse realmente accaduto, ma quando scivolò giù dallo sgabello, Runa non era più seduta al suo fianco e stava, invece, in piedi di fianco a Liv per fronteggiare i quattro tipi. Non seppe perché lo fece, forse perché lo aveva visto e, a volte, le era addirittura impossibile anche solo tentare di cambiare il futuro. Col bicchiere di birra alla mano, allora, Mia raggiunse le due amiche e, frapponendosi fra di esse e i quattro motociclisti, sollevò il boccale della birra in direzione della nuca di uno dei quattro, quello stesso che sembrava argomentare in maniera del tutto poco educata contro Liv e Runa. Un tonfo sordo, il boccale si frantumò in mille pezzi, una cascata di cristalli e liquido dorato che, attraversando il corpo dell’omone bestia, finirono sul pavimento e fermarono -letteralmente- il tempo ed ogni suono. Nel locale, difatti, calò un silenzio quasi surreale, persino la musica sparì in un eco lontano e quasi mai esistito mentre ogni singolo sguardo andò a posarsi incuriosito e forse un po’ impaurito su di loro, fulcro di un siparietto poco comico. Sanguini. Dovresti proprio andare al pronto soccorso. disse Mia a labbra serrate mentre, lo sguardo di ghiaccio fermo sulla fronte insanguinata del tipo, stringeva le dita per fermarle contro il palmo della mano, insanguinata e ferita dai pezzi di vetro che si erano rotti dentro essa nel momento in cui aveva colpito l’uomo sulla nuca.
    Silenziosa, sì, cauta e innocua, forse, come una bomba ad orologeria che esplode quando giunge il momento, quando raggiunge il livello zero. Boom.
     
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    Ciò che rendeva la compagnia di Liv e Mia così gradevole e cara a Runa era la loro incredibile diversità: tre donne che tanto avevano in comune tanto quanto differivano l'una dall'altra. Liv con la sua femminilità che nulla toglieva alla sua energia, e Mia un'arguta acqua cheta con un cuore indomito, erano entrambe assolute meraviglie agli occhi di Runa, che non solo si sentiva bilanciata da quelle energie tanto compatibili quanto diverse dalle sue, ma ne avvertiva la ricchezza e ne indugiava, afferrando a piene mani l'assoluta scoperta che le altre due amiche rappresentavano per lei. Le adorava, avrebbe fatto di tutto per mantenere viva quella preziosa sorellanza costruita in anni di amicizia, e quella sera si era rivelato un altro solido mattoncino per solidificare quel rapporto a cui Runa non avrebbe rinunciato per nessuna ragione al mondo. Per me una doppio malto. Il cinguettio di Liv riverberò piacevolmente alle orecchie delle altre due donne, pronte anche loro a godere dei meritatissimi drink dopo quella corsa mozzafiato appena terminata. Sto morendo di fame! Non è che avresti ancora delle patatine e delle crocchette? Hai ancora le olive buonissime dell’altra volta? Avete un bel pieno anche stasera! Poi a che ora avevate chiuso l’altra sera? Come un ruscello brioso appena spuntato dai ghiacci di montagna, la voce di Liv riversava ogni singola domanda sul povero barista, che affascinato ed inerme, si fece avviluppare in quel bel sorriso e scroscio di parole, come incantato da Liv e dalla sua sciolta parlantina. Te lo già detto vero, che sei il mio barista preferito? A quella domandina sottile Runa si aprì in un sorrisetto divertito, lasciando rimbalzare lo sguardo luminoso tra la fata in questione, il barista e Mia, che pareva intrattenuta quanto lei da quel curioso scambio di battute. Ci riesce sempre, ah? Lanciando un occhiolino complice a Mia, Runa le segnalò il suo accordo più completo, rendedolo del tutto chiaro con un cenno d'assenso. Sempre. Bisbigliò anche solo tracciando la parola con le labbra, in modo che l'amica comprendesse senza però far troppo rumore. Il sorriso sulle labbra non fece che distendersi. Alle ragazze più belle del locale! Decisamente tentata di sollevare gli occhi gli occhi al cielo per quel brindisi poco originale ma pronta a resistere ai suoi istinti solo perchè certa che le sue amiche fossero senza dubbio delle splendide ragazze, Runa lanciò un'occhiatina ad entrambe prima di lasciar tintinnare i bicchieri tra loro in segno di buon augurio e prendere un lungo e rinfrescante sorso dalla sua pinta di Guinness.
    Funziona sempre! Posando il bicchiere contro la tavola in legno con un fermo rumore sordido, Runa annuì ancora, portando un braccio a cingere i fianchi di Mia affettuosamente. Tu si che ci sai fare Liv~ Le mormorò compiaciuta, notando con la coda dell'occhio la ragazza dai capelli corvini terminare in un flash di pochi secondi il suo shot. Senza accorgersene, Runa si ritrovò ad aver in qualche minuto consumato quasi interamente la propria pinta, soddisfatta dalle note ricche della birra che un po' le ricordavano gli odorosi chicchi di caffè al mattino. Sembrava star procedendo tutto per il meglio, tuttavia nel bar decisero di fare un'entrata ad effetto i Falchi, che a detta di Runa tutto sembravano tranne che dei rapaci. I polli spennati, huh. Commentò in un respiro basso, adocchiando senza scomporsi nella postura rilassata il gruppetto ricoperto di capi in pelle, avvisando poi le amiche del loro arrivo. Vediamo se c’è da litigare anche stasera o se, stranamente hanno imparato le buone maniere. Sembrava che Liv avesse letto con chiarezza cristallina nella mente di Runa, che ora più attenta, indagava discretamente la brusca presenza dei Falchi nel locale. Se infastidiscono Red m’incazzo. Fu allora che la bionda si fece avanti, stringendo appena a se Mia per sporgersi vicino a Liv ed osservarla dritta negli occhi. Non preoccuparti Liv ci siamo noi, lui sarà al sicuro. Però cerchiamo di non peggiorare la situazione, sai come va a finire poi. Ben consapevole della timidezza di Red, Runa - ed era certa anche le sue amiche - non avrebbe mai permesso che un gruppo di gradassi prendesse il sopravvento su un solo uomo considerato da loro arbitrariamente "più debole", per chissà quale distorto motivo. Sei sordo, per caso? Quattro bionde, e facci andare su un bel po’ di schiuma, dai! Ed ecco qua. Riflettè lei, vedendo crollare davanti ai propri occhi le stesse premesse si era premurata di formulare per Liv, ora raddrizzando la schiena nell'avvertire una crescente irritazione tenderla verso la difesa del prossimo. Mia osservava, in attesa, e Liv, con gli occhi lucenti d'un bagliore focoso, sembrava riflettere nello sguardo la concitazione che in Runa si smuoveva sotto la superficie. Quando assumeranno un nuovo barista non sarà mai troppo tardi per questo tugurio… Pressando la lingua contro la parete di una guancia come se potesse assaggiare i propri pensieri pronti a correre chilometri al secondo, Runa capì immediatamente il da farsi, avvolgendo così le dita attorno al bicchiere umido per buttar giù gli ultimi sorsi. Una spinta d'energia in più le sarebbe servita.
    Oh-oh, non bene. Quel "non bene" restò impresso nella mente di Runa per più di un'attimo: Mia, così come Liv, aveva vocalizzato perfettamente le sue impressioni, e scattando con lo sguardo verso di lei e poi l'altra, Runa monitorò ogni singolo movimento, per fortuna abituata a gestire le situazioni ricolme di tensione - anche se sinceramente sorpresa di doverne affrontare una in un suo (raro) giorno libero con le sue migliori amiche. Oh beh, un'altra occasione per passare del tempo insieme~ Commentò ora più leggera Runa, lasciando che ogni parola vibrasse con più energia oltre le sue labbra, raggiungendo Liv vicino al gruppetto dei Falchi con fare molto più deciso per darle manforte ed al tempo stesso contenere eventuali scatti da parte dell'una o dell'altra parte. Non si accorse delle splendide iridi di Mia opacizzarsi, del fatto che stesse vivendo una visione, nè del suo arrivo. Un momento prima era pronta a rispondere a tono ai quattro prepotenti che le stavano insultando, quello dopo invece una pioggia di cristallo si infranse davanti al suo sguardo solo dopo collegatosi al volto dell'uomo che aveva davanti ed alla figura di Mia. Runa, così come Liv, Red e tutti gli altri presenti si bloccarono sul posto, come congelati in un solo momento, e così le iridi della bionda si mossero da quella trappola di stasi, scivolando lungo la figura di Mia. Come si dice, "l'acqua cheta rompe i ponti", e Mia l'aveva non solo rotto, ma disintegrato, fatto esplodere in mille pezzi così come il bicchiere in vetro ormai dimenticato in innumerevoli frammenti, ed uscita dal suo silenzio, la ragazza aveva definitivamente disimbrigliato ogni stilla d'energia per smuovere completamente la situazione. Sanguini. Dovresti proprio andare al pronto soccorso. Il sibilo di Mia si riflesse nell'assottigliarsi degli occhi dell'uomo, che portandosi una mano alla parte lesa ne scorse il sangue come gli era stato segnalato. Nulla allarmò Runa come osservare il palmo dell'amica in una condizione simile a quella da lei appena descritta, ed ancor prima che la situazione potesse inasprirsi tanto da causare il male (molto probabilmente dei Falchi) di qualcuno, Runa avvolse le dita attorno al polso di Mia, portandosela delicatamente vicino così come Liv prima di spiegare le ampie ali bianche in quella peculiare situazione di necessità. Fissò lo sguardo in quello dell'uomo fin troppo confuso per colpire nessuna delle tre, e poi Runa affondò i palmi nella carne del suo collo, stringendogli la nuca ferita tra le dita. Una luce dorata si irradiò dalle sue mani, fino a che l'impatto con il bicchiere non fu cancellato dalla sua pelle, gradualmente guarita. Il sangue rimase solo ad imbrattare le mani della donna. Visto? Ora non sanguini più. Aggiunse serena qualche attimo dopo, per poi lasciar scivolare lo sguardo da Liv e Mia agli altri tre amici suoi, meno gradassi di quello che doveva sembrare una sorta di goffo leader. Tornò quindi al primo Falco, posando la fronte contro la sua, umida di traspirazione. Dovete finirla, tu e i tuoi, di entrare qui dentro e credervi i padroni, siete una disgrazia per tutta la comunità dei bikers di Besaid. Sussurò con voce appena udibile Runa, portando lentamente i palmi contro le guance dell'uomo in una simil-carezza che poi si rafforzò sino ad aggrapparsi alla sua mascella ed al suo collo in maniera tutt'altro che gentile, mozzando solo di poco l’aria che ne attraversava la trachea. Stavolta ti ho guarito, non penso che la violenza sia utile a nessuno. Però se ci sarà mai una prossima volta, se io, Liv e Mia becchiamo voi falchi a fare i cazzoni con Red o qualcun altro di qui, scoprirete che le particolarità delle mie amiche sono molto più dolorose della mia per fare a botte. Strapparvi le ali sarà il minimo. Il mormorio di Runa superò in violenza anche la vibrazione del ringhio covato direttamente nella gola dell'uomo, il cui volto deformato dalla presa delle dita della bionda sembrò quasi acquietarsi, quasi come se fosse sorpreso dal fatto che ognuna di quelle tre donne avesse avuto l'ardire di contraddirlo, tantomeno di dargliele o minacciarlo. Dai, non vogliamo mica litigare, dobbiamo proseguire la serata, del resto è stata una bella corsa no? Godetevela pure voi, uccellini. Red, un altro giro per le mie amiche, offro io va bene? I nostri ospiti se ne stavano giusto per andare.
     
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5 replies since 19/1/2020, 00:56   259 views
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