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Fjar Dunn - Scanlan Cyd Hanedan

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    Fjar Dunn

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    10.02.2020 - 9:30 pm



    La 3,4-metilenediossimetanfetamina, più comunemente nota come MDMA o Ecstasy è una sostanza psicoattiva appartenente alla classe delle feniletilamine, dagli spiccati effetti stimolanti ed entactogeni, anche se non propriamente psichedelici. È un composto semisintetico ottenuto comunemente a partire dal safrolo, uno degli olii essenziali presenti nel sassofrasso, nella noce moscata, nella vaniglia, nella radice di acoro, e in diverse altre spezie vegetali. Diffusasi a partire dagli anni novanta nella scena rave, rappresenta uno dei più diffusi stupefacenti che viene assunto generalmente sotto forma di pastiglie, disciolta in liquidi o meno comunemente fumata.
    Questo quel che Fjar aveva letto nell'introduzione della pagina Wikipedia della droga da discoteca più usata in giro negli ultimi anni. Come mai l’aveva cercata? Gli era giunta una domanda, tramite gli sticker di Instagram, da parte di un suo fan che gli chiedeva se aveva mai provato dell’ecstasy o altri tipi di droghe, ed aveva deciso di andare ad informarsi dato che conosceva davvero poco quel mondo.
    — Livelli di felicità ed euforia estremamente elevati, senso di generale benessere e rilassamento.
    — Sensazione di carica incredibilmente forte, con relativa diminuzione della fatica e del bisogno di assumere cibo.
    — Aumento dell'empatia, senso di vicinanza e legame emotivo con cose e persone, aumento della socialità e dell’emotività
    — Alterazione della percezione dello scorrere del tempo
    — Leggere allucinazioni

    Continuò la lettura, sempre più interessato: non che pensasse di diventare nel breve periodo un consumatore abituale di droghe, ma aveva già quasi ventitré anni ormai e iniziava a ragionare sul fatto che avrebbe dovuto provare prima che fosse troppo tardi per fare quelle stupidate tipiche dei giovani; voleva provare qualsiasi cosa gli lasciasse ricordi indelebili sulla sua gioventù prima che il suo corpo e la sua mente crescessero troppo da dirgli stop, devi maturare.
    «Ehi, Astrid! Ti sei mai fatta di ecstasy?» urlò, terminata la lettura, in modo che dalla cucina sua sorella lo sentisse: era stato invitato a cena ma come sempre sperare che anche Fjar aiutasse era quasi quanto sperare in un miracolo, ergo si era buttato sul divano a scorrere le bacheche dei suoi vari social mentre la bionda cucinava.
    «Ma sei scemo.» rispose lei affacciandosi verso il salotto, alzando un sopracciglio in direzione del moro, come a sottolineare che quella non era una domanda, quanto più un’affermazione — anche ben comprovata e dimostrata, a volerla dire tutta. «Ogni tanto mi chiedo se la tua bocca sia collegata almeno da un paio di neuroni con il cervello o se sia del tutto staccata.» aggiunse per rimarcare il concetto la maggiore, tornando in cucina mentre scuoteva la testa.
    «Vabbè non serve sempre insultarmi, era una curiosità innocente… A me piacerebbe provare prima o poi» borbottò Fjar senza farsi sentire oltre dalla sorella, attendendo con calma che la cena fosse pronta, navigando in internet per informarsi meglio sugli effetti delle pasticche, sulle modalità di interazione con l’organismo; non che ci capisse davvero qualcosa in tutte quelle descrizioni chimiche condite da termini altisonanti, ma fingere di essere conscio dei danni che voleva autonomamente procurarsi — in onore della scienza, ovvio! — gli avrebbe infuso una qual certa sicurezza.
    Evitò di tirare fuori ulteriormente quell’argomento durante il pasto, beccandosi però qualche occhiataccia da Astrid che ancora ce l’aveva con lui per quella sua uscita, rimuginando nella propria testa su come fare a procurarsi una dose da provare: nessuno dei suoi “amici” faceva uso di stupefacenti, normalmente loro si sfondavano di alcool, e nelle rare volte che era andato nella zona sud di Besaid non aveva ovviamente visto spacciatori in bella vista all’angolo delle strade; non sapeva come fare a recuperare un paio di pasticche, ma era talmente determinato che avrebbe anche potuto vagare per l’intera notte alla ricerca di qualcuno che gliele vendesse.
    La cena terminò in fretta, senza intoppi, e Fjar attese solamente che il suo nipotino venisse messo a letto per lasciargli un leggerissimo bacio sulla fronte, scompigliandogli i capelli e giocando qualche secondo con lui, provando a rubargli le coperte; terminato quel saluto, in un soffio fu fuori dall’appartamento della sorella maggiore diretto verso la sua auto.

    Via il rolex, via le chiavi di casa, via la carta di credito, via la patente, via anche la collanina d’oro che non si sa mai; Fjar fece sparire tutto dentro al vano portaoggetti, chiudendolo bene per poi mettersi nella tasca posteriore dei pantaloni il portafogli riempito solamente da banconote di grosso taglio, sistemando poi in quelle davanti le chiavi della BMW ed il proprio telefono.
    Alla fine, era stato meno problematico di quel che credeva trovare indicazioni su dove recarsi per trovare qualche pastiglia senza rischiare di essere beccati dalla Politi; eran bastate un paio di domande alle persone giuste e gli era stato indicato il Bolgen come luogo giusto. Non aveva mai avuto l’occasione di entrare in quella discoteca, ne conosceva l’esistenza solo per via del nome che era un po’ sulle bocche di tutti — giovani e adulti — ma non c’era mia nemmeno passato davanti: scese dall’auto senza indugiare oltre, attraversando la strada con un passo saltellante evitando di farsi investire da uno che sicuramente necessitava di correre a casa per andare in bagno, per poi infilarsi nella breve coda presente all’esterno dell’ingresso.
    In pochi minuti fu dentro, con un timbro nero — sebbene quasi invisibile dato il poco inchiostro rilasciato dalla macchinetta — sul dorso della mano sinistra ed un gettone giallo stretto tra le dita della destra: aveva pagato il proprio ingresso con un drink omaggio, ed il suo obiettivo era andare a riscuotere subito quel che gli era dovuto. Si recò verso il bancone ed in pochi passi lo raggiunse, mentre la musica penetrava già nelle sue orecchie; trovò fortunatamente uno sgabello libero senza troppa fatica, appollaiandocisi sopra in attesa che il barista si avvicinasse per servirlo. Una volta che se lo fosse trovato davanti, Fjar avrebbe esordito con un sorriso educato, per poi sputare fuori dalla bocca la sua ordinazione.
    «Sii il mio maestro e ‘l mio autore, non lasciar che ‘l tuo pelo bianco ti tramuti in Caron e conducimi in questo viaggio verso il girone dei dannati» domandò Dante rivolto al suo Virgilio, depositando sul bancone il tondo pezzo giallo che aveva in mano.

    Note: Perdonami quest'ultima uscita, ma appena letto il nome del cocktail mi è venuta quest'ispirazione passeggera e nulla dovevo farlo. Il cocktail in questione si chiama proprio Il girone dei dannati, qui un riferimento (è il primo della lista).

    Edited by ëðõ - 11/3/2020, 18:47
     
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    SCANLAN "CYD" HANEGAN

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    «Cazzo.» Ah, soave poesia del solito indiscutibile buongiorno. Cazzo. Ecco cosa passava per la mente di chi, svegliatosi con tremendo e crescente mal di testa, cercava risposte nella propria immagine riflessa d'uno specchio sporco e squallido, d'un altrettanto putrido bagno. Quanti turni di pulizie aveva saltato? Uno due tre quattro? Meglio non ricordarlo. Sputò nel lavandino tanto più basso di lui, fece scorrere l'acqua per poi passarvisi distrattamente le mani. Osservò lento e distratto il getto scivolargli sopra la pelle, lo scorrere lento a tingere di nulla l'inchiostro, nocche d'un perenne rosso acceso, mani distrutte da chissà cosa. Fece una smorfia quasi divertita a quell'ultimo oblio, immagine cancellata e quel banale, infantile gesto in risposta ad un ricordo perduto che per poco non lo costrinse ad inveire di nuovo per il dolore. Tornarono alla propria immagine riflessa, gli occhi dalle pupille costantemente dilatate, protagoniste indiscusse d'una cornice sì pallida ma perennemente arrossata. Sospirò alla vista dello scempio, l'irlandese, mentre vago, il ricordo della destra ben assestata d'un qualcuno tanto più grosso e arrabbiato di lui, non gli donò una seconda immaginaria vibrazione al cranio. «Sembri un fottuto panda, Hanegan. Datti una ripulita.» Già. La Winx in comando dai ciuffi multicolor aveva ragione. Sembrava un fottuto panda. Non ricordava né come né il perché - non che a molti ne servisse uno valido per picchiarlo e lui stesso non si sentiva di contraddirli - ma vantava un occhio nero ben più tragico e bello di quello che solitamente ornava il sua brutto ed emaciato volto ogni giorno. Sospirò ancora, il condannato, affogando la testa nel lavandino cercando di lavar via il sangue rappreso, il dolore e perché no, magari persino l'occhio nero. But no. Still there. Abbozzò una smorfia dolorante mentre si levò la maglietta sporca prima per usarla come asciugamano e poi come garza alternandola tra il bagnarla e raffreddarla al tamponare l'occhio, la parte del viso sinistra tutta gonfia. «Ehi, brodo, andiamo. E mettiti questo per carità!» Si vide lanciare addosso un qualche cosa interrompendo quel rito poco aggraziato che riuscì a recuperare solo all'ultimo dopo che questi aveva già colpito ferocemente la sua testa. Ancora. «Non ce la posso fare.» Mormorò quasi desolato fissando il deodorante caduto in terra mentre dopo l'ennesimo e profondo sospiro, si rimetteva la maglietta ora un groviglio di schifo assoluto addosso. Se ne spruzzò abbastanza da finirlo o da svenire, uscendo in pista con fare barcollante e triste, trascinandosi a malapena al bancone. Le luci, la botta e le poche ore di sonno non contribuirono e si ritrovò presto ad implorare Fae a lasciarlo andare a casa... cioè a tornare dentro il magazzino del Bolgen dove recentemente era riuscito a contrabbandare persino un morbido sacco a pelo. Un cuscino era solo ad un passo dal conquistare il sogno qualsiasi d'un uomo qualsiasi. What. Niente. Nada. Nicht. Fae non lo lasciò andare e fu già un bene che non si mise ad indagare sul dove esattamente lui volesse andare o... tornare. Partì il dj con la musica, il buttafuori col timbro e Fae a chiudere ed aprire la cassa: la ruota riprese a girare e con essa Cyd cercò di mettersi in moto. «Shine bright like a diamond!» Colpì con l'anca la ragazza mettendosi a cantare, ad urlare mentre sorprendentemente agili e veloci, le mani agguantarono colli di bottiglie e bicchieri vuoti impegnandolo, distraendolo ed allontanandolo non solo dal dolore ma dalla propria mente terrorizzata, spaventata. Lui non era ancora tornato. Non dalla notte del manicomio, non dalla notte di halloween. Già. Perché non erano stati i demoni o i fantasmi ad angosciarlo, perseguitarlo ad oggi... ma quello stramaledetto sogno, quell'incubo che la sua mente malata, la sua mente avvelenata aveva prodotto. Che cagata.
    «Sii il mio maestro e ‘l mio autore, non lasciar che ‘l tuo pelo bianco ti tramuti in Caron e conducimi in questo viaggio verso il girone dei dannati» Ad interrompere ed a rimarcare quell'ultimo negligente pensiero, s'affacciò al bancone chi ambiva al gemello del suo nuovo e palpitante occhio nero. «Come cazzo mi hai appena chiamato?» Le braccia lunghe striate d'inchiostro, macchie, anatemi, cicatrici e chissà che altro si fermarono a mezz'aria. La vodka nella mancina, uno sciroppo tinto di rosa nella destra, gli occhi di Cyd guizzarono folli da una parte all'altra sopra il volto del nuovo individuo. «E Justin Bieber chi l'ha fatto entrare?» Sorseggiò delirante dalla bottiglia color acqua, color niente, per poi sbatterla contro il bancone rischiando di romperla. Ancora. «Lo vuoi vedere il pelo bianco, eh, One Direction? Mo te lo faccio vedere io, il pelo bianco.» Lasciò andare il tutto abbandonando clienti e Fae in preda ad una folla avida, rumorosa, mentre fugaci, le mani stavano già slacciando prima la cintura e subito dopo i pantaloni. Cercò invano di arrampicarsi e salire sul bancone, dovendosi per forza accontentare di tirarlo fuori e sbattercelo sopra dalla posizione di partenza... o almeno fu sul punto di farlo quando Fae all'improvviso gli mollò incauta un calcio da dietro con tanto di quarto quinto sesto ammonimento. Ormai lo sapevan tutti, prima o poi Cyd Hanegan durante una serata al Bolgen tirava fuori il suo maestoso - o come lo definiva lui, glorioso - uccello in maniera poco igienica o conforme a qualsiasi tipo di legge in un paese civile. «Ok. Ok. Non fare la gelosa. Non lo faccio vedere a nessuno, solo a te.» Tirò fuori la lingua urlando e mimando suoni e parole che vagamente ricordavano Rihanna anche se questa aveva ormai lasciato spazio a qualcun altro. «Dunque, che cazzo è che volevi te?» Chiese ammiccando, bottiglia di nuovo alla mano, con la cintura che sempre slacciata, continuò ad oscillare ad ogni suo più piccolo movimento.
     
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    Certo, come avrebbe potuto Fjar non notare subito i capelli tinti del ragazzo dietro al bancone? Era una caratteristica che spiccava decisamente tanto su quell’alta figura, ed era anche la cosa più facile — più banale, quasi — da vedere senza stare a fissarlo più di tanto. Dopo aver fatto la sua, seppur stramba, ordinazione aveva distolto lo sguardo, iniziando a passare in rassegna tutto il locale per cercare qualcuno con l’aria da chiaro spacciatore: era lì per un motivo, aveva un obiettivo preciso e non se ne sarebbe andato senza aver prima provato dell’ecstasy.
    Purtroppo, quella che Fjar sperava potesse essere una lunga occhiata a tutti i volti nel locale non fu altro che una fugace visione d’insieme, poiché fu richiamato dalla voce profonda del barista: non ci mise che un attimo a tornare con tutto il corpo girato verso il ragazzo biondo, con un sopracciglio alzato nel vedere come si era bloccato a mezz’aria tenendo un paio di bottiglie bloccate a mezz’aria.
    Tutto quel che successe dopo fu talmente veloce che Fjar non capì nemmeno un parola di quelle che uscirono dalla bocca di chi gli stava di fronte, limitandosi ad osservare i suoi gesti ed a passare il proprio sguardo lungo l’intero corpo del biondo. Le dita del ventiduenne si strinsero in due piccoli pugni, come se l’istinto lo stesse portando a difendersi in automatico, ma le sue braccia rimasero distese lungo i fianchi; quel che stupì parecchio Fjar furono le mani del tatuato che andarono alla ricerca immediata della propria cintura, slacciandola e preparandosi ad abbassare i pantaloni: cosa stracazzo voleva fare? Tirare fuori il membro di fronte a tutti? Ma era completamente pazzo? Queste sarebbero state le domande che avrebbero iniziato a roteare nella mente di chiunque abbastanza sano di testa da capire che nel biondo tinto di quel ragazzo c’era qualcosa che non andava; Fjar però non era di certo sano di mente.
    Dopo aver osservato con cura ogni singolo tatuaggio visibile del barista, ogni più piccolo dettaglio della sua pelle, ogni lieve muscolo che si tendeva quando le sue braccia si muovevano, per poi passare a guardare le labbra perfette — <i>«Posso baciarle?!» — l’unica cosa che passava nel cervello di Fjar era un grande, enorme invito a continuare con quei gesti, a concludere quel che il ragazzo voleva evidentemente fare.
    Fu anche quasi sul punto di lamentarsi con l’altra persona dietro il bancone che fece interrompere quello che sarebbe stato uno spettacolo meraviglioso, ma si trattenne mordendosi le labbra e limitandosi, finalmente, ad ascoltare le parole che gli erano state rivolte.
    «Dunque, che cazzo è che volevi te?» gli chiese il barista, lasciando che la cintura slacciata penzolasse in mezzo al cavallo dei suoi pantaloni, e fu esattamente in quel punto che lo sguardo di Fjar si fissò, mentre le sue labbra si muovevano fortunatamente abbastanza in sincronia con i suoi pensieri.
    «Un girone dei dannati, per favore…» domandò, sperando che il ragazzo sapesse cosa doveva fare visto che lui di certo non sapeva cosa ci mettevano dentro: era il suo drink preferito, ma l’aveva sempre e solo ordinato così nei locali in cui andava e poi se lo scolava senza troppe cerimonie. Probabilmente non doveva restare così imbambolato a fissare la zona pubica del biondo, così, controvoglia e con un leggero sbuffo che lasciò le sue labbra, alzò lo sguardo fino ad incontrare i suoi occhi, uno chiaro e uno scuro, facendo un leggero sorriso nel notare quelle sue fattezze da panda: chissà cosa gli era successo per ritrovarsi con un occhio nero a serata appena iniziata.
    Magari avrebbe dovuto dire qualcosa, scusarsi per avergli causato una reazione così eccessiva, cercar di capire cos’avesse detto di sbagliato per evitare di replicare la figuraccia, era probabile che non avesse colto la citazione dantesca che era venuta fuori spontanea dalla bocca del norvegese ed avrebbe potuto anche spiegargliela.
    Ma, la sua vista non voleva in ogni modo fermarsi negli occhi verdi dell’interlocutore che stava al di là del bancone, continuando invece a vagare su tutto il suo fisico: nella trasandatezza risiedeva una sorta di fascino celato, nascosto, qualcosa che sicuramente non tutti avrebbero visto, ma che poteva di certo far impazzire chi come Fjar rimaneva stregato da quella bellezza aggressiva, tagliente. Non c’era una singola cosa che non andasse in quella figura alta e slanciata, in quei tatuaggi neri che si perdevano sulla pelle chiara di cui si vedevano solo alcuni sprazzi sotto alle immagini. Poteva provare a finire a letto con quel ragazzo? Forse. Lo voleva? Assolutamente sì.
    «È troppo chiederti anche delle noccioline?» fu l’unica cosa “intelligente” che passò per la testa di Fjar, e la sua bocca la buttò fuori in direzione del tinto immediatamente, senza operare un filtro preliminare; se il norvegese fosse stato del tutto in sé probabilmente si sarebbe accorto di essere diventato completamente scemo solo perché si era trovato di fronte ad un ragazzo magnifico, ma non se ne accorse in tempo e le figure di palta non sarebbero di sicuro finite lì.

    Edited by ëðõ - 11/3/2020, 18:48
     
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    SCANLAN "CYD" HANEGAN

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    L’ammonì più e più volte, la ragazza dalle ciocche tinte, colorate. Non solo stava dando terribile ed ambiguo spettacolo di sé, ma la cintura sempre slacciata rischiava di far cadere oggetti, utensili, persino bottiglie, giù dal bancone più e più volte con una due tre oscillazioni. Eppure non sembrò voler smettere, arrestarsi, in quel continuo volteggiare e ballare a ritmo di note che, assordanti continuavano a mutare, cambiare frenetiche. Veloci quant’esse, le dita nemmeno riuscirono a fermarsi anche solo per un attimo e cocktail dopo cocktail Cyd finì col servire una quantità esagerata di gente, persone infilate in una calca ancor più pressante, soffocante. «Un girone dei dannati, per favore…» Pulsò violento, l’occhio nero, a quel continuo girarsi e voltarsi, cercar contatto visivo legato ad ordine - bottiglia - bicchiere – conto - soldi. Eppure lo notò, l’irlandese, con i jeans che sempre più bassi, minacciavano di sfilarsi, cadere da soli. Lo notò nell’angolo di quel suo campo visivo compromesso, corrotto da violenza, pugno altrui. Sorrise beffardo all’incertezza delle parole, alla confusione generale concentrata in un unico essere, unica persona. “Che cazzo ci fa questo ancora qui?” L’esaminò veloce, concentrato, turbine d’informazione come mai aveva recepito. Era strano Scanlan Hanegan. Molto strano. Non v’era cosa per lui più rilassante e piacevole del creare e servire – forse addirittura coesistere con la sola cosa che le sue mani sapevano produrre. Alcool e droga. Droga ed alcool. Se solo avesse avuto anche un piccolo minuscolo briciolo d’intelletto, spirito d’iniziativa o imprenditoriale forse avrebbe saputo come trasformare tutto ciò in qualcosa di più grande, di più importante. Invece no, sarebbe rimasto per sempre uno scimmione scheletrico e biondo dietro ad un bancone a servire vodka a minorenni e cinquantenni – i primi ad evitare i secondi, i secondi a rimorchiare i primi. Ottimo. «Ehi frocio, come lo vuoi il dannato Provò a fischiare, schioccare la lingua, le dita, battere le mani nel vederlo sin troppo preso, sguardo lontano, del tutto imbambolato. Ne captò la traiettoria sempre più incuriosito, divertito da quel piccolo e banale fattore che andava a cambiare, modificare un’equazione già sin troppe volte vista e risolta – o quasi. Posò le bottiglie sul bancone con forza e violenza causando altre urla, strilli e calci dalla chioma arcobaleno che, sempre accanto a lui, cominciava a subire ed a soffrire di quella disattenzione, distrazione continua. Non ne poteva più. Cercò di fargli cenno più volte, Fae, di smetterla d’importunare anche l’inanimato ma, dopo esser stata ignorata come sempre per due tre quattro volte, anche lei ci rinunciò. «Se non smetti di fissarlo te lo infilo in bocca.» Spalmato sul bancone sempre più vicino, sempre più minaccioso, Cyd si piegò in avanti fermandosi a pochi centimetri dal suo volto, l’alito tinto d’alcool zuccherato, sciroppo anonimo ma pur sempre corretto, modificato. Sapeva di fragole, l’alito del disgraziato. Alzò un sopracciglio con fare malizioso, ambiguo, il biondo, facendo danzare l’occhio nero che sempre più pulsante, continuava a tenerlo stretto, saldo alla realtà nonostante spirito, stupefacenti. Tenne lo sguardo per alcuni secondi prima di scoppiare a ridere travolto nuovamente dalla musica, le mille richieste ed un ultimo disperato calcio di Fae. S’allontanò quasi perdendo equilibrio, mani nuovamente alla bottiglia e riprese a mescolare, unire e fondere, preparare come un mago, stregone di fronte al proprio calderone pronto a far esplodere o incendiare tutto, tutti. «Girone dei dannati… con noccioline Tonfo improvviso, il barista picchiò il bancone col bicchiere stracolmo per poi spingerlo, porlo al cliente. Non glielo fece bere però, fermando la mano tinta d’inchiostro sopra l’infranta superficie colorata sorridendo ancora, divertito, entusiasta dello stordire, confondere che riusciva a scaturire ed al tempo stesso emanare. Frugò nella tasca ed i jeans ballarono ancora, danzarono aggrappati all’ossute anche, finché trionfante, la mano non tornò in superfice serrata, chiusa in un solo e solenne pugno. L’avvicinò all’altra che finalmente lasciò andare il bicchiere solamente per permettere ad alcuni piccoli, invisibili granelli d’infrangere la superficie alcolica. Ecstasy, Mescalina, LSD, Amfetamina, o Rufis..? Non lo sapeva nemmeno lui ma ben poco gli importava quando si trattava di giocare al burattinaio casinista, quinto cavaliere dell’apocalisse mentale di chicchessia. «Et Voilà!» Lo spinse allora finalmente al ragazzo abbozzando ancora ambiguo prima un sorriso e poi una smorfia. Costernò quella sua espressione da giullare di core con lieve occhiolino per poi volteggiare nuovamente su se stesso, bottiglie alle mani, a servire altri impazienti clienti.
     
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    10.02.2020 - 9:30 pm



    Doveva chiaramente avere qualcosa che non andava il biondo, Fjar ormai ci stava arrivando: non poteva essere normale così, non era davvero una cosa possibile pensare che un ragazzo qualsiasi avesse una soglia dell’attenzione così bassa, ed un senso del pudore praticamente inesistente. Che fosse sotto effetto di droghe? Perché l’alcool non faceva così, Fjar lo sapeva bene - era già ormai al limite dell’alcolismo cronico, conosceva ciò che i liquori comportavano - ma non conosceva ciò che altre sostanze psicotrope potevano provocare. Non che ci fosse qualcosa di male, d’altronde lui era lì anche per quello: doveva provare qualcosa di più nella sua vita prima che fosse troppo tardi, prima che potesse fargli davvero troppo male da bloccargli per sempre gli eventuali esperimenti.
    La cosa che lo lasciava sconvolto del barista era che aveva una velocità tale nel preparare e servire i drink che a momenti nemmeno vedeva ciò che le sue mani facevano, e nel frattempo ballava anche! Se quelli erano i superpoteri della droga, beh, voleva provarla.
    Attese che il biondino tornasse a rivolgere la sua attenzione verso di sé, per poi subire passivamente l’insulto che gli aveva rivolto nel chiedergli come voleva il proprio drink: beh, non poteva di certo dire che essere chiamato frocio gli piacesse, ma non sapeva proprio come ribattere considerando che il proprio sguardo era per l’ennesima volta spostato verso il bacino del giovane, ormai quasi del tutto scoperto; osservando bene, si poteva quasi intravedere la forma del suo membro - che a Fjar dava l’impressione di essere di dimensioni notevoli. Probabilmente fu il suo orgoglio, la sua dignità personale e, perché no, quel pizzico di stupidità maligna che lo accompagnava ormai da anni a farlo ridestare proprio nel momento in cui il biondo gli stava facendo una lieve minaccia.
    «Se sei interessato faccio il giro del bancone e ti do carta bianca.» gli rispose con il sorriso sulle labbra e un’aria da finto innocente che gli si stampava in volto: se giocare era ciò che voleva, lo avrebbe ottenuto; se poi il biondo era serio, meglio ancora, Fjar ci avrebbe di sicuro solo guadagnato. Notando la mossa dell’altro, che si era chinato quasi del tutto sul bancone per potergli arrivare ad un palmo dal viso, Fjar appoggiò entrambi i gomiti saldamente sul legno, muovendosi di appena qualche centimetro fino a poter - se avesse voluto - baciarlo in meno di un semplice attimo; sentì tutto quel che i biondo emanava, soffermandosi molto più sul profumo di alcool e di dolce che sugli altri odori, fissando il proprio sguardo in quello mezzo nero del biondo, restando così fino a quando non fu lui a ritirarsi.
    La risata divertita gli fece capire che era tempo di rialzarsi un poco, ma non si allontanò dal bancone, non ora che finalmente stava vedendo gli alcolici giusti tra le sapienti dita del barista, mentre gli preparava il suo drink: assenzio, vodka, rum bianco, gin, tequila ed altro vennero messi uno dopo l’altro nel bicchiere, e Fjar già pregustava la sensazione di puro calore che gli avrebbe presto travolto la gola, mandandogli in fuoco la bocca e lo spirito. Dopo un attimo che per la sete del norvegese fu un’eternità il bicchiere con all’interno il miscuglio dal colore verde assenzio venne sbattuto sul bancone, ed istintivamente la destra di Fjar andò a stringerne le pareti leggermente fredde, ma una mano del barista gli impedì di portarsi via quel che desiderava: fu questione di secondi, il biondo fece cadere alcune briciole dentro al liquido, prima di lasciare che il suo cliente potesse prenderlo. Avete presente quella chiara scintilla che in chiunque si sarebbe accesa nel vedere uno sconosciuto in una discoteca far cadere qualcosa nel proprio bicchiere? Bene, Fjar non la ebbe. L’unica cosa che gli balenò in testa fu che aveva trovato davvero il posto giusto dove passare la serata, ed anzi trovare la persona giusta gli era costato anche meno sforzo del previsto.
    Le sue dita, leggere, sapienti, raggiunsero la tasca con i soldi, ed abituato com’era a maneggiare banconote non tirò fuori né più né meno di quel che pensava: lasciò andare quei pezzi di carta sul ripiano di legno, lanciando uno sguardo eloquente verso il barista. Certo, aveva il gettone per il drink gratis… Ma non era uno sprovveduto, conosceva le regole, e non avrebbe rischiato la vita accollandosi debiti per la droga.
    In un attimo, entrambi i ragazzi sparirono: il biondo tornò al proprio lavoro, allegro - sbronzo e fatto, avrebbe detto qualche moralista nel vederlo - mentre Fjar, ingurgitato in un solo sorso tutto il contenuto del bicchiere, si allontanò verso la pista da ballo. Uno, due, tre; un urlò che si confuse con la musica alta del locale lasciò la gola infuocata del ragazzo, mentre sia l’alcool che il resto - nemmeno sapeva cos’era - raggiungevano il suo cervello. La sensazione fu quella di una pallina da flipper impazzita che gli percorreva ogni più remoto anfratto della materia grigia, e subito si sentì leggero; un sorriso raggiante gli spuntò sul viso e le pupille si dilatarono, mentre le sue palpebre si ritiravano lasciando che gli occhi verdi spuntassero bene fuori.
    Muovendo le labbra come se stesse cantando, si spinse fino al centro nevralgico della pista, incominciando a ballare a ritmo con la musica martellante che veniva passata in quel momento, lasciando che gli avidi occhi di alcuni uomini maturi alle sue spalle lo percorressero, quasi spogliandolo solo con la vista: non gli importava, nemmeno li aveva notati in realtà. La sua testa era ora un groviglio intricato di sensazioni ed imagini offuscate, che si succedevano come fotogrammi lenti di un vecchio proiettore per le diapositive.
     
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    SCANLAN "CYD" HANEGAN

    IRISH DRUG ADDICT .. ICE ICE BABY .. HOMELESS .. BARISTA BOLGEN


    Non poteva essere né la prima né l'ultima volta che Cyd abusando d'altrui erronea fiducia, lasciava cadere qualcosa di nascosto nel bicchiere di qualcuno. Ragazze o ragazzi, l'irlandese si divertiva ad osservare il loro sfacelo sulla pista da ballo, ignari d'esser stati drogati in alcun modo - o almeno era ciò che al ragazzo piaceva pensare. Chi mai sano di mente non se ne sarebbe accorto anche solo il giorno dopo? Molto probabilmente Cyd stesso. Eppure era riuscito a farlo più volte, striando anima e corpo d'altra illegalità, d'altro ignobile peccato a quel che poteva accadere subito dopo.
    Continuò a servire la folla sempre più insistente, accompagnato dall'atroce musica del dj e dalle urla calci botte di Fae. Addetta alla cassa più di quanto lui allungasse la mano per prender soldi a qualcuno, riusciva comunque in un qualche modo a tenerlo d'occhio, sempre sull'attenti, sempre in allerta che questi potesse tirare fuori l'uccello da un momento all'altro... o peggio. Sembrò però non notare - o semplicemente lo ignorò - lo scambio fra i due e, allontanatosi il secondo, Cyd si rimise gongolante al lavoro senza però perdere mai di vista il nuovo cliente appena acquisito. Lo salutò da dietro il bancone mandandogli un bacio per scherzo mettendosi a ridere subito dopo nel vederlo ballare, avvinghiarsi, cantare. Fece un bordello dietro il bancone, Cyd, ancor più distratto del solito, terribilmente divertito da quell'assurdo individuo che s'era presentato parlando lingue morte a lui del tutto sconosciute. Lo invidiò all'istante, il biondo, nel vederlo aldilà del banco e non a lavoro, a divertirsi e a fare danni sia a se stesso che a chi gli stava attorno. Su quella linea di pensiero si riempì subito due tre bicchierini di vodka che, tra un ordine ed un altro, se li buttò giù tutti con fare teatrale e nemmeno troppo nascosto. Approfittò dell'assenza momentanea di Fae che, dopo averlo implorato tutta la sera di scaricare altre bottiglie, ora costretta a farlo da sola, per scolarsi un altro paio di bicchierini. Niente droga per lui quella sera, solo e puro alcool. «Quando hai finito di bere e scrocco, andresti a recuperare i bicchieri prima che finisca come l'altra sera?» Si raddrizzò all'istante, compiaciuto dall'esser stato allontanato dagli ordini ma indispettito di dover avventurarsi in mezzo alla pista da ballo a cercare tavolini dove a ridosso come mandria impazzita, ci avrebbe trovato troppe persone per poter portare a termine il lavoro. Sospirò cacciando la lingua fuori, mimando il saluto d'un soldato distratto e schizzò in mezzo alla folla. Ovviamente ballò, palpeggiò e provò persino a baciare alcune ragazze ritrovandosi stampati sul volto due tre quattro schiaffi a far compagnia all'ormai solitario occhio nero. Pulsò ancora, bruciò come non mai, ma l'alcool ancora aggrappato saldamente al suo corpo alleviò il dolore. «Senti tesoro, è la politica del locale... con la consumazione devi per forza baciare il barista. Capito?» Le arrivò da dietro barcollando, mani ai fianchi esili e molleggianti che continuavano a spostarsi, a muoversi a ritmo di musica. La seguì alcuni passi e lei si fece seguire del tutto fuori di sé, ebbra di quell'improvvisa follia. Una sconosciuta, mai vista prima, boh, non sapeva chi fosse. Bastò però allungare le mani nei posti meno raccomandati per ritrovarsi stampato in faccia l'ennesimo schiaffo che attirò di non poco l'attenzione anche della titolare che cercò di strillare, rimproverarlo, a ridosso della musica, della calca, del disordine generale. Si rimise in moto, il dannato, raccogliendo uno dopo l'altro bicchieri sparsi per tutta la sala, il volto ormai in fiamme - compito non facile visto che almeno ogni secondo bicchiere cadeva infrangendosi sul pavimento. Fece due tre quattro giri uguali ignorando l'isteria generale che d'ora in ora stava sfociando. Stava cominciando ad esser stanco persino lui, sera dopo sera, a fare sempre medesima cosa, medesimo ballo, medesimo valzer. Eh, valzer? Cos'è? Scoppiò a ridere ubriaco, le braccia smanicate e tinte d'inchiostro a reggere una pila di bicchieri vuoti ricolmi di cannucce ed altra immondizia, indefinite cianfrusaglie. Scoppiò a ridere ubriaco, non rendendosi conto d'andare a sbattere contro l'ennesima persona ormai irritata, indispettita della sua presenza. Caddero alcuni bicchieri e con essi diverse bestemmie finché tondi e celesti, gli occhi cerchiati uno di rosso e l'altro nero non riconobbero il ragazzo di prima. «Justin Bieber! Sei sempre qui!» Disse compiaciuto abbracciando come per proteggerli, gli ultimi bicchieri tenuti in salvo dalla sua stessa goffaggine, instabilità. «Insomma, come sono queste noccioline Chiese ammiccando compiaciuto, la lingua sempre fuori nemmeno fosse un cane a cercar acqua, a cercar rifugio sotto sole cocente in piena estate, abbandonato dal proprio padrone. O peggio. O meglio? Cyd scoppiò a ridere in attesa di risposta, appiccicato all'altro per sentire bene e non farsi sfuggire una sola parola.
     
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5 replies since 10/2/2020, 19:32   170 views
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