Whatever you do, don't be afraid of the dark

Labirinto|Notte|Eldjàrn&Mikael

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    Erano le due e mezza passate di una nottata qualsiasi, e dalle casse di un vecchio stereo ormai malconcio i Thirty Seconds to Mars riempivano a bassi toni l’angusto spazio nel quale si trovava il ragazzo. L’ingresso di quel labirinto, quella sera, si era improvvisato fra due grandi porte di metallo arrugginito che portavano all’interno di un vecchio magazzino pieno di lunghi e stretti corridoi. Si trovava all’interno di un edificio semi abbandonato della zona sud. L’avevano affittato ad una buona cifra, un affare che capitava spesso a Besaid, se si sapeva dove cercare. E Eldjàrn e Dean ormai erano bravi a scovare topaie da tirare su a pennello per organizzarci serate come quella. Dopotutto erano cresciuti nei bassi fondi della città e avevano imparato a scovare fra quelle vecchie mura decadenti luoghi che riuscivano a prendere vita dove sembrava quasi che non ce ne fosse alcuna. Lo facevano ormai quasi per inerzia, intravedevano colori e spazi fluorescenti laddove ogni altro sembrava adocchiare solo il bianco sporco di pareti in cemento prive di qualsiasi caratteristica, se non gli anni che avevano portato ad una dimenticanza da parte di chiunque. Solitamente, il Labirinto prendeva forme fantasiose e colori accecanti che si accostavano a parti nelle quali, invece, il buio e l’inquietudine potevano regnare. Vi era di tutto, Dean riusciva a creare qualcosa di così intenso che neanche Eldjàrn avrebbe potuto spiegarsi. La mente di suo fratello lavorava in maniera del tutto autonoma e creativa, riuscendo a rinnovarsi ogni volta e a proporre, di conseguenza, labirinti del tutto nuovi e mai visti. Immagini prive di senso o pregne di riferimenti ad un’intimità soggettiva per chiunque, pareti di plastica o zucchero, cemento o vetro, tutto mutava lì dentro assieme ai pensieri e alle sensazioni che invece Eldjàrn lasciava sprigionare nella mente e nel corpo di chi decideva di entrare. Ogni esperienza era soggettiva a suo modo, loro davano solo l’input affinché la magia accadesse.
    Quella sera, in quel magazzino ormai malandato e quasi abbandonato, Eldjàrn, Dean e Olav avevano creato un nuovo mondo, una marea di colori e sensazioni di cui si sarebbero appropriati coloro i quali avrebbero accettato di farsi spazio fra quei corridoi. Il labirinto permetteva a chiunque di uscire dal mondo reale per infilarsi in uno spazio al di fuori da qualsiasi universo, oltre quello che una mente sobria avrebbe potuto credere esistesse. Era quello che facevano: permettevano a qualcuno di liberarsi da costrizioni mentali e fisiche, rendendo così possibile l’intraprendere un viaggio che a stento i più decidevano di affrontare, allontanandosi dai confini della città ma senza farlo per davvero. E forse era quella paura di perdersi che rendeva tutto così affascinante, la voglia di farlo avendo la certezza di potersi ritrovare alla fine del labirinto senza dover sentirsi costretti a lasciare tutto il proprio mondo alle spalle, alla ricerca del nuovo. Lo lesse anche negli occhi di quella ragazza: aveva dei lunghi capelli rossi, le ricadevano in piccole onde di fuoco sulle spalle proseguendo poi lungo la schiena. Ci sei già stata o è la prima volta? le domandò Eldjàrn, posando la bottiglia di birra per terra, di fianco ai propri piedi, mentre si avvicinava nella sua direzione e le indicava di seguirlo vicino alla seconda porta di metallo, quella che conduceva al labirinto. La ragazza scosse il capo, forse un po’ emozionata o forse leggermente intimorita da ciò che ancora non conosceva. Alle sue spalle, un ragazzino della sua stessa età con un mezzo sorriso eccitato sulle labbra. No, è la prima volta. rispose lei, voltandosi a guardare l’amico, forse alla ricerca di un po’ di coraggio che lui avrebbe potuto condividere con lei. Spostò lo sguardo da lei a lui, Eldjàrn, ritrovandosi a sollevare un angolo delle labbra mentre riconosceva un divario enorme fra i due: lei, così insicura, che veniva trascinata in quel luogo da lui, un viso conosciuto che Eldjàrn potè ricordare di aver visto ormai più di una volta. Immaginò il modo in cui l’aveva convinta ad accompagnarlo e provare lei stessa, una serie di eventi che l’avevano portata a dire di sì a quell’idea per lei ancora così folle, arrivando a fronteggiare il fatto che, dopotutto, lasciarsi andare a qualcosa di sconosciuto poteva rivelarsi decisamente affascinante. Okay. disse solamente, prima di accingersi ad aprire la porta che dava letteralmente sul buio. Dopodiché si voltò, posizionandosi nuovamente dinanzi alla figura della ragazza per spiegare ciò che sarebbe avvenuto. Dammi la mano, userò la mia particolarità su di te, questo avrà effetti sulla tua mente e sui tuoi sensi. incitò, sollevando la propria e mostrandone a lei il palmo mentre le dita si allungavano nella sua direzione. La ragazza abbassò lo sguardo sul braccio di Eldjàrn, i tatuaggi che sbucavano da sotto la manica arrotolata della maglietta che per metà lo coprivano. Quando i polpastrelli di lei si adagiarono piano sulla pelle di Eldjàrn, lui strinse la presa stringendo le proprie dita attorno al dorso della mano della ragazza, stringendo appena mentre per qualche istante chiudeva gli occhi e lasciava che la particolarità si diffondesse passando da pelle a pelle, avvertendo il potere scorrere attraverso di loro come se ci fosse una trasfusione di sangue. Quando riaprì gli occhi, lei lo stava guardando leggermente impaurita. Ricorda: la maggior parte di quello che vedi lì dentro non è reale. Non avere paura, quello che provi potrebbe influenzare ciò che vedi. Sensazioni negative? Visioni negative. Non permetterlo. C’è altra gente nel labirinto, questo potrebbe confonderti. Lasciati solamente andare e in men che non si dica sarai fuori. Tutto chiaro? spiegò, abbassando appena il viso e sollevando lo sguardo su di lei alla ricerca di una conferma. La vide annuire con decisione appena prima di slacciare la propria mano dal nodo che la legava alla sua e fare un passo di lato, spostandosi così per liberarle la via. Il pagamento si effettua all’ingresso. Sono ottocento corone. Il piccolo sconto è per ammazzare l’ansia. affermò, chinando appena il capo da un lato e sorridendole in maniera quasi compiaciuta. Allungò poi nuovamente la mano aperta verso di lei in attesa che la ragazza posasse le banconote sul palmo. Le contò per accertarsi che fossero tutte e, una volta intascate le banconote, Eldjàrn indicò nuovamente la via alla ragazza, facendole segno di andare. Sollevato lievemente il mento in direzione del ragazzo con cui era arrivata, allungò una mano per afferrare anche i suoi soldi e contare che l’importo fosse giusto. Ah-ah. scosse il capo sollevando il dito prima di allungare nuovamente la mano aperta verso di lui e muovere le dita nella sua direzione, quasi volesse ammonirlo per il fatto che ovviamente avanzava ancora qualche cifra. Mancano ancora cento corone, furbastro. Lo sconto era per la tua amica, tu paghi il prezzo pieno più la multa. Dammene duecento. sentenziò, sorridendo ugualmente al ragazzino mentre questo annuiva tra il divertito e l’imbarazzato e tirava fuori le banconote restanti che aveva lasciato nel portafogli. Ecco qua, ora ci siamo. E’ un piacere fare affari con te. aggiunse con tono ironico Eldjàrn afferrando il denaro per lasciarlo scivolare momentaneamente nelle tasche dei pantaloni mentre, con la mano libera, andava a stringersi a quella del tipo e lasciava che il potere facesse effetto anche su di lui. Bentornato ufficialmente nel Labirinto. gli disse solamente, quasi a sancire il contratto di vendita appena concluso. Sciolse poi la presa e gli indicò la porta, lasciandolo entrare per aggregarsi all’amica. La richiuse dietro di loro, tornando a voltarsi per afferrare la giacca appallottolata sul pavimento dove l'aveva lasciata ad inizio serata. Vado a fumarmi una sigaretta, tanto non penso verrà ancora qualcuno. informò Dean e Olav appena prima di indossare la giacca e tirare fuori il pacco delle sigarette dalla tasca. Ne estrasse una dall’involucro infilandosela fra le labbra e lasciando scivolare il rettangolo di cartone all’interno della giacca mentre estraeva l’accendino. Una volta fuori fu quasi abitudine guardarsi attorno per accettarsi che non vi fosse nessuno. Si allontanò di qualche metro dalla porta di ferro che lo separava dal magazzino e andò a poggiarsi con la schiena contro il muro di mattoni dell’edificio, restando nella penombra di quel vicoletto sperduto fra le strade della periferia della città. Si sistemò comodo, la stanchezza che cominciava a pesare non solo sulle sue spalle e sulle palpebre, ma su ogni singolo muscolo del proprio corpo. Erano circa due ore che stavano lì e la serata era andata a gonfie vele, aveva perso il conto di quanti visitatori avessero avuto e di quante mani avesse stretto fino a quel momento. Eppure, l’idea di quanto effettivamente fruttassero quelle serate non faceva altro che allontanarlo dalla possibilità remota di smettere. E fu aggrappato a quel pensiero mentre la stanchezza mentale e fisica lo tirava giù che, dal nulla, una sagoma sbucò oltre l’angolo dell’edificio. Quando sollevò lo sguardo per cercare di delinearne i contorni, un sorriso divertito sembrò dipingersi sul viso di Eldjàrn. Mi pareva strano… sentenziò a voce appena più alta per farsi udire dal nuovo ospite e spingendosi più avanti col busto mentre cercava di aggrapparsi alla luce e farsi vedere da Mikael. Di solito sei tra le prime fila, giornata lunga al Rød? chiese Eldjàrn, tornando poi nel buio e posando nuovamente la schiena contro i mattoni freddi nel momento in cui Mikael fu abbastanza vicino da riuscire a distinguerne i contorni della sua figura anche al buio. Fermò la sigaretta accesa fra le labbra e tirò fuori il pacco dalla tasca della giacca, aprendolo e allungandolo nella direzione dell'altro per offrirgli una sigaretta. Rinfrescami la memoria, sei anche tu nel Team tumore ai polmoni? ironizzò quindi riferendosi ad uno dei tanti vizi cui era soggetto lui stesso, aspirando poi dalla propria sigaretta mentre tornava a richiudere il pacchetto per farlo scivolare nuovamente al caldo, contro il suo fianco.

    Edited by ƒiordaliso - 14/12/2020, 19:22
     
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    Mikael Alex Milkovic

    Non faceva altro che correre da una parte al locale da quando avevano aperto le porte per la serata di burlesque, sapeva che tra gli spettacoli che proponevano al Rød era il più apprezzato dal pubblico, ma non si aspettavano davvero un’affluenza come quella. Solitamente le prenotazioni li aiutavano a fare un previsto di ciò che necessitavano per far sì che la serata fosse un successo, invece il locale era pieno di avventori dell’ultimo minuto che avevano atteso fuori, alcuni anche più di un’ora, solo per assistere allo spettacolo. Se fosse stato al posto loro non avrebbe avuto tutta quella pazienza, ma contenti loro, contenti anche i proprietari. Non poteva di certo dare dei coglioni a quella gente che gli riempiva le casse, i loro sorrisi erano anche i suoi.
    ”Rachel, dimmi che è arrivato il momento di chiudere. Di là a teatro stiamo alla canzone di chiusura e poi mando via tutti.” una delle ballerine gli passò davanti facendogli l’occhiolino e Mikael le rispose dandole una pacca sul sedere, mentre con l’altra mano teneva la radiolina con cui comunicava con la sua socia nelle cucine. ”Anche qui siamo a buon punto, abbiamo iniziato a dire ai clienti che le cucine avrebbero fatto l’ultimo giro di ordini mezz’ora fa. Ci mancano solo due tavoli. Wow, che serata bollente!” la risata stanca di Rachel gli arrivò leggermente gracchiata dal walkie talkie. ”Resisti pussy socia,” la prese in giro sapendo che odiava quel soprannome maschilista come gli ripeteva sempre. Ultimo giro di boa e possiamo stenderci a terra! Passo e chiudo.” la risposta di Rachel fu un verso che Mikael interpretò come una pernacchia, scosse la testa divertito e si diresse verso i camerini. Si accomodò a una delle postazioni del trucco fissando quelle lampadine dai toni caldi che circondavano lo specchio, i suoi occhi scesero lentamente verso il proprio riflesso e poi verso la stanza vuota alle sue spalle. I camerini delle ballerine era uno dei posti più suggestivi di tutto il Rød a suo avviso, peccato che i clienti non potessero vedere la magia che avveniva lì dietro prima di salire sul loro modesto palco. Godersi lo spettacolo dalla prima fila era incredibile, molte volte lui si era accomodato ad assistere – quando la serata lavorativa lo permetteva – ma osservare la sinergia che si creava dietro le quinte era un’altra storia. Non avrebbe saputo spiegare bene a voce alta quel pensiero, ma l’istante prima di entrare in scena era la collisione tra paura e adrenalina che creava la stella pronta a brillare sul palco. In quel momento sentiva sul pavimento la vibrazione dei passi di danza delle ragazze in scena, ciascuna di loro ne creava una diversa, erano come dei fili invisibili che si irradiavano da sotto le assi del palco per raggiungere il pubblico, anche quello più lontano. Sorrise chiudendo gli occhi, chissà se sarebbe mai stato in grado di distinguere le singole vibrazioni dal coro, per adesso si accontentava di bearsene dal retro. Se suo padre fosse stato ancora in vita e lo avesse visto in quel momento gli avrebbe dato del gay, secondo lui il teatro e la danza erano per gli omosessuali non per coloro che seguivano la retta via. Dio, quante volte gli aveva gridato contro dicendo che si sbagliava, che era solo un ottuso incapace di tenersi stretto un vero lavoro. Cosa cambiava essere omosessuali o etero se poi la persona al proprio fianco non poteva vivere una vita degna di tale nome? Secondo Antun per quale motivo sua moglie aveva iniziato a prostituirsi, inserendo quello squallido gene della promiscuità nel corpo e nella mente dei suoi figli? Mikael riaprì gli occhi col respiro corto, si era lasciato andare a dei pensieri che era meglio abbandonare. Aprì il cofanetto dei trucchi di Brittany, così aveva letto sull’etichetta, e prese il suo eyeliner applicandone una dose abbondante sugli occhi. Le ragazze del corpo di ballo gli avevano insegnato a truccare gli altri e se stesso, era diventato quasi bravo a forza di sostituire le truccatrici ritardatarie. Si guardò allo specchio, soddisfatto di quella riga nera che gli contornava tutto il perimetro degli occhi, rimise apposto l’eyeliner e richiuse il cofanetto quando sentì lo scalpiccio di decine di scarpe col tacco. Le ballerine rientrarono riempiendo la stanza di energia, allegria e glitter. Sorrise quando una di loro, ubriaca di adrenalina gli andò incontro e lo baciò appassionatamente senza dargli il tempo di alzarsi dalla sedia. ”Se ballare ti fa sempre questo effetto ti aspetterò qui dietro più spesso, Britt.” scherzò quando la biondina lo lasciò andare, i suoi occhi emanavano una felicità che lui avrebbe desiderato assorbire e fare sua. Le diede un altro bacio, sentendo il desiderio di riempirsi della sua positività, ma quando le loro labbra si separarono a lui rimase solo un alone sbiadito di quella luce immensa che irradiava Brittany. ”Ragazze, siete state strepitose. Ci rivediamo per le prove mercoledì…” si alzò e si defilò, sentendosi un estraneo in quell’euforia che scorreva nella stanza legando le ballerine come se fossero una sola.

    L’aria fredda della sera era proprio quello che gli serviva per smaltire l’alcool e l’energia che pareva non volerne sapere di defluire dal suo corpo quella sera. Proprio perché si sentiva ancora troppo sveglio per andare a letto, aveva deciso di tentare lo stesso di raggiungere il Labirinto dei fratelli Lundberg, anche se era un po’ tardi. Camminava a passo spedito per le strade silenziose, l’indolenza della notte pareva aver fatto presa anche sui lampioni la cui luce pareva più fioca del solito. Mikael osservava il proprio respiro condensarsi in una nuvoletta di vapore, un sorriso storto gli accarezzò le labbra mentre continuava ad avanzare. In lontananza finalmente vide una figura familiare, Eldjàrn Lundberg era appoggiato alla parete di mattoni del magazzino dove quella sera si sarebbe tenuto il Labirinto, un’occasione per Mikael per sollevare i piedi dalla terra. Quando il ragazzo si accorse della sua presenza gli rivolse un sorriso che Mikael ricambiò, i suoi denti parvero quasi brillare nel buio della notte. ”Non potevo perdermi una delle vostre serate. Giornata lunga? Oggi la gente non voleva saperne di farci chiudere!” esclamò con una scrollata di spalle quando raggiunse il ragazzo, finalmente il bagliore del mozzicone e la chiazza rosata dietro di esso avevano assunto una forma precisa e dei lineamenti conosciuti. ”E’ pieno? Se fosse aspetto un po’, così non pesto i piedi ai ragazzini mentre scambio schizzi di colore per animali alati o alberi feroci!” rise profondamente, appoggiandosi con la schiena alla parete accanto a Eld. Si vedevano sporadicamente, ma quel ragazzo gli piaceva, sufficientemente cinico per non essere scambiato per una banconota da quattro corone. Sollevò gli occhi chiari, evidenziati dall’eyeliner, su di lui quando gli offrì una sigaretta che Mikael prese. ”Fosse solo ai polmoni, credo che getterò nella spazzatura anche il mio fegato a breve, ma chi se ne frega! Vuol dire solo che viviamo tutto fino in fondo, chi non ha vizi esagera in prudenza. Che vita triste è quella?” strinse tra le dita la sigaretta, frugando nella propria tasca alla ricerca del suo accendino. Tirò la prima boccata di tabacco misto a tutte le sostanze tossiche che gli avrebbero accorciato la vita secondo i grandi studiosi del ventunesimo secolo, tutta gente che sbandierava il proprio sapere sui social merda, ah no, media!
    ”Dimmi un po’, che tema avete in serbo questa sera?” con un cenno del capo indicò la porta del magazzino, buttando fuori un alito di fumo chiaro. ”A proposito, tuo fratello dov’è? Vorrei salutarlo quel maledetto Lundberg, senza offesa alla famiglia, s’intende!” strizzò l’occhio in sua direzione, pensando che finalmente l’adrenalina della lunga serata di lavoro stava iniziando a scemare, la sentiva attraversargli il corpo come acido lattico in discesa da ogni arto. Il sapore del tabacco si depositò sulla sua lingua, come una patina resistente alla saliva, gli piaceva quella sensazione per quello fumava a volte, il suo era un vizio a intermittenza. Rimase per qualche istante in silenzio, godendosi il gioco di luci e ombre sul muro davanti a loro, la luce del lampione divideva perfettamente in due rettangoli opposti la superfice di mattoni. ”Una sera di queste vi aspetto al Rød come miei ospiti, sappilo. Fare due chiacchiere senza aver visto draghi o funghi parlanti non sarebbe male! Non mi far vedere roba strana almeno nel mio locale.” sorrise al vuoto, sbuffando fumo come una locomotiva in movimento. Aveva decisamente bisogno di alleggerire l’umore e lo stress, quando entrava nel labirinto dei Lundberg era come se la gravità emotiva e fisica perdesse senso, tutto diventava possibile. In passato all’interno dei loro trip ambulanti aveva visto cose che non avrebbe dimenticato facilmente, vagine di dimensioni interessanti, licantropi fluorescenti, alberi parlanti e… suo padre. Si chiedeva come fosse possibile che fosse riuscito a vedere un defunto nel mezzo di mille possibilità nelle sale allestite dei Lundberg, eppure nonostante il suo rifiuto della serietà e della normalità, pareva che la sua anima si ostinasse a volergli lanciare dei messaggi che non voleva cogliere. C’era tempo per ascoltarsi e per crescere, ma non era quello il momento.
     
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    Che l'idea del Labirinto si trasformasse presto in un concetto reale e materiale, Eldjàrn non aveva potuto immaginarlo ma anzi, solo sperarlo. Erano passati un paio d’anni da quando avevano messo su il primo evento e da allora tutto era stato un continuo alternarsi tra salite e discese, tutte così ripide da regalare ai fratelli Lundberg un bel bagaglio di adrenalina mista a ricordi che non avrebbero potuto mai mettere da parte per nessuna ragione al mondo. C’era stato naturalmente chi, fra i loro clienti, aveva sopportato a malapena quelle sensazioni vacue di cui si lasciavano beare entrando lì dentro, e chi invece era riuscivo perfettamente a sentirsi parte di esso, tornando così spesso a labirinto da far credere ai fratelli d’essere davvero parte integrante di quel progetto. Il fatto che fosse qualcosa di astratto e sicuramente illegale non aveva mai fermato i tre collaboratori dal mettere in atto, una volta al mese, quello che al presente veniva definito come uno dei luoghi più strambi di Besaid. Gli avventori più coraggiosi ne erano diventati clienti abituali e la sola idea di perdere qualcuno di loro non era neanche nei programmi dei fratelli Lundberg, che cercavano di restare fedeli all’idea così da esser pronti alle evenienze e alle richieste dei loro clienti, cercando allo stesso tempo di rinnovare il programma e l’intera scena che ne ospitava gli sguardi una volta ogni tanto. Mikael Milkovich era uno di quelli che si lasciava sfidare da quelle idee, abbracciandole con un sorriso divertito sulle labbra mentre tutto il resto intorno si sgretolava letteralmente per prendere forme che forse solo nella sua testa sarebbero esistite. Eldjàrn, che più che parlare preferiva osservare, ficcava il naso in affari che non erano ovviamente di sua competenza solo per conoscere parti del mondo che ad altri sfuggiva: non chiedeva spesso, non raccontava quasi mai, eppure cercava di comprendere cosa si nascondesse dietro le corazze di protezione di chi gli stava intorno, scovandone le debolezze. Il proprietario del Rød era stato uno dei primi a farsi avanti per addentrarsi nel Labirinto, ormai diverso tempo prima, e il legame che si era creato fra di loro si era protratto fino a quei giorni senza pericolose inclinazioni. Mikael era uno dei clienti abituali che Eldjàrn aveva iniziato ormai ad attendere ogni volta in cui tiravano su il labirinto: sapeva sempre dove, come, quando. E quella sera, sebbene ancora non si fosse visto e la folla di clienti fosse ormai scemata piano piano assieme all’avanzare dell’oscurità profonda della notte norvegese, Eldjàrn e Dean erano stati sicuri che, anche agli sgoccioli, l’uomo si sarebbe presentato per lasciarsi nuovamente andare e farsi condizionare dai loro poteri per un breve arco di tempo che, ogni volta, sembrava accorciarsi sempre di più. Era quello il modo in cui le loro particolarità funzionavano: davano, davano e davano, fino a chiedere qualcosa in cambio. Come l’abuso di vere sostanze stupefacenti, il tocco di Eldjàrn rendeva succube, assuefatto, era quasi impossibile dimenticarsi della dolcezza delle carni nel momento in cui quel potere si addensava dentro al corpo dell’altro, regalandone sensazioni visive, uditive e tattili che cominciavano a soggiogare la mente nel più meschino dei modi. Eppure, sebbene alcuni potessero esserne spaventati, a altri cominciavano a bramare l’effetto di quel potere sulla mente sempre di più, fino a diventarne dipendenti. E di dipendenza si trattava sicuramente anche per Mikael, che per fuggire allo stress o forse a fantasmi che nessun altro avrebbe potuto notare essergli attaccati alle spalle, si concedeva quelle brevi frazioni di tempo all’interno del Labirinto. ”Non potevo perdermi una delle vostre serate. Giornata lunga? Oggi la gente non voleva saperne di farci chiudere!” esclamò Mikael verso Eldjàrn una volta abbastanza vicino al ragazzo da distinguerne ora i lineamenti sotto la luce fioca di qualche lampione lontano. Ottimo per gli affari, direi. commentò il più giovane con una scrollata di spalle mentre lasciava che un sorriso compiaciuto si aprisse lentamente sul viso stanco. ”E’ pieno? Se fosse aspetto un po’, così non pesto i piedi ai ragazzini mentre scambio schizzi di colore per animali alati o alberi feroci!” domandò quindi l’altro, avvicinandosi ad Eld e sistemandosi con la schiena contro il muro proprio di fianco a lui. Non più, ci sono un paio di ragazzini dentro. commentò Eld, indicando la porta del magazzino con il viso mentre lo chinava in quella direzione. L’ultimo giro è tuo. aggiunse poi, sorridendo lievemente nella sua direzione per assicurargli l’ingresso una volta usciti gli altri. Gli offrì quindi una sigaretta, Eld, allungando il pacchetto nella sua direzione e lasciando che questo ne estraesse una stecca bianca dal suo interno, portandola poi alle labbra per accenderla. ”Fosse solo ai polmoni, credo che getterò nella spazzatura anche il mio fegato a breve, ma chi se ne frega! Vuol dire solo che viviamo tutto fino in fondo, chi non ha vizi esagera in prudenza. Che vita triste è quella?” commentò quindi Mikael, assecondando le parole dell’altro e ammettendo di esser anche lui schiavo di qualche vizio. Si ritrovò ad annuire alle sue parole, Eldjàrn, che di vizi certamente non ne aveva pochi. Le sigarette erano solo la punta dell’iceberg, quell’enorme montagna di ghiaccio che metteva le sue radici ben oltre la superficie dell’acqua, nascondendo la maggior parte di sé al mondo intero. Eppure, non esagerare in prudenza spesso è sinonimo di autosabotaggio, non trovi? commentò il ragazzo, spostando lo sguardo dal Mikael alla parete di mattoni che avevano di fronte in quel vicolo scuro. Aspirò dalla sigaretta, espirando energicamente e sputando fuori il fumo appena inalato. ”Dimmi un po’, che tema avete in serbo questa sera?” chiese poi l’altro, rivolgendosi ad Eldjàrn mentre continuavano a fumarsi le sigarette nel mezzo del niente. Il silenzio della serata era calato assieme all’oscurità, la stessa che aveva spento la città da circa qualche ora almeno. Onestamente? Non ne ho idea. È compito di Dean rinnovarsi sempre. Io mi occupo solo della parte migliore: lo sballo. ammise Eldjàrn, ridacchiando piano subito dopo mentre pensava al modo in cui ogni volta litigassero affinché tutte e tre quelle teste producessero idee plausibili e sempre ben strane. Sapeva perfettamente che, dopotutto, la parte più difficile di tutte in quel progetto spettava proprio a Dean, il cui compito era quello di creare letteralmente il labirinto. Un contenitore fatto di corridoi, stanze e colori che, se solo fosse venuto a mancare anche solo per un momento, avrebbe fatto saltare l'intero progetto in un batter d'occhio. ”A proposito, tuo fratello dov’è? Vorrei salutarlo quel maledetto Lundberg, senza offesa alla famiglia, s’intende!” esclamò di conseguenza Mikael nell’udire il nome del maggiore dei fratelli Lundberg. Si voltò a guardarlo, ridendo bonariamente mentre udiva le parole dell’altro. Inspirò un’altra piccola dose di fumo dalla sigaretta prima di espellerla nuovamente e voltarsi in direzione dell’amico in piedi di fianco a lui. Scosse appena il capo mentre scrollava le spalle alle parole di Mikael riguardo la famiglia Lundberg, la stessa alla quale Eldjàrn si sentiva poco legato. Dean era l’unica anima affine ad Eldjàrn nelle cui vene scorresse lo stesso sangue. I suoi genitori erano un argomento letteralmente tabù, per Eldjàrn, che dei due voleva sapere sempre ben poco. Il fatto che si fosse da sempre rifiutato persino di aiutarli economicamente, quando era giunto il momento di farlo, la diceva lunga sul suo rapporto con entrambi. Nessun’offesa, figurati. esclamò Eldjàrn, divertito. E’ dentro. Lo sai, non si può allontanare troppo altrimenti ci casca il labirinto. constatò Eldjàrn scherzando ed indicando con la mano libera la parete dietro le loro spalle. Si chiedeva anche lui, poco fa, che fine avessero fatto le tue chiappe sode. Credo che mio fratello sia invidioso del tuo culo. aggiunse poi, ridendo leggermente alle sue stesse parole. E mentre il freddo della notte iniziava ad infiltrarsi anche sotto gli strati della giacca pensante che indossava, Eldjàrn inspirò l’ultima boccata di fumo dalla sigaretta per poi lanciarla per terra, poco distante dai propri piedi, tornando a calpestarla per accertarsi che fosse completamente spenta. ”Una sera di queste vi aspetto al Rød come miei ospiti, sappilo. Fare due chiacchiere senza aver visto draghi o funghi parlanti non sarebbe male! Non mi far vedere roba strana almeno nel mio locale.” udì le parole di Mikael e tornò a sollevare lo sguardo su di lui mentre cominciava lentamente ad annuire con il viso nella sua direzione. Certo, perché no? disse scrollando le spalle e tornando ad infilare le mani nelle tasche dei jeans. Riguardo ai draghi o funghi parlanti non posso purtroppo assicurarti nulla… commentò sospirando piano, divertito. E’ una delle mie specialità. aggiunse ancora, scrollando le spalle. Però sì, sono curioso di vedere questo posto. Anche se devi sapere che non sono esattamente il tipo da locali affollati e spettacoli di danza o canto. ammise, sollevando lo sguardo nella sua direzione. Anche se sono certo che Dean riuscirebbe a sentirsi abbastanza a proprio agio lì dentro per entrambi. commentò con tono ilare mentre riusciva perfettamente ad immaginarsi il fratello imbambolato davanti ad un paio di gambe scoperte che gli ticchettavano davanti con un paio di tacchi a spillo. Da quanto tempo gestisci il Rød? Ne sento parlare molto. chiese quindi, fermandosi davanti a Mikael e sollevando lo sguardo su di lui sebbene fosse ancora per metà nascosto nell’ombra proprio come lui pochi istanti prima. La curiosità era di casa da Eldjàrn, che per puro interesse personale si ritrovava spesso a fare domande qua e la, a volte persino un po’ impertinenti e che raramente ricevevano risposta. Lo studio non solo del corpo umano -seppure in maniera del tutto stramba attraverso i cadaveri che entravano in obitorio ogni giorno- ma anche della mente stessa, lo aveva affascinato da sempre. Alcune volte, quando non vi era troppa gente, s’infilava all’interno del labirinto stesso per osservare le reazioni di chi vi vagava al suo interno in quel preciso istante, restando in disparte e chiedendosi fino a dove potessero spingersi le fantasie di qualcuno se stimolate nel modo giusto. Punti interrogativi così grandi da occupare tutto lo spazio e opacizzare la realtà di quello che lo circondava. Si chiedeva anche chi fosse Mikael, dopotutto, e cosa vedesse di così affascinante lì dentro tanto da spingerlo a tornarci ogni volta.

    non ho riletto, corro a pranzare che sto morendoooo help <3
     
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    Mikael Alex Milkovic

    Con l’adrenalina in fermento post lavoro e in cerca di un sogno ad occhi aperti liberamente modellabile in un incubo, era il mood perfetto per arrivare al Labirinto dei Lundberg. Aveva testato più e più volte il delirio di forme e concetti della loro opera d’arte, come altro poteva definirsi un luogo che ogni mese cambiava pelle e diventava sempre qualcosa di diverso? Illusioni e occhi umani, bastavano quelli per rendere il Labirinto la droga migliore che potesse offrire l’intera cittadina. Mikael seguiva gli spostamenti dei due fratelli per godersi la follia di una notte che gli alterava i cinque sensi al punto di lasciarsi inghiottire da essi. Ne aveva bisogno per evadere dalla realtà e dalle responsabilità degli adulti, a trentacinque anni ancora non si capacitava di come fosse possibile sentirsi appena quindicenne dentro, ma al contempo essere legalmente maggiorenne sulla carta d’identità. Non c’erano esoneri per quelli come lui che avevano perso l’ingenuità troppo presto, era un po’ come perdere la verginità contro la propria volontà, in entrambi i casi nessuno poteva restituirtele.
    Avvolto dalla silente pigrizia della notte Mikael raggiunse il luogo dove sapeva che si sarebbe tenuto l’appuntamento mensile col Labirinto, da lontano riuscì a distinguere la figura del minore dei Lundberg. Lo raggiunse contento di non essere arrivato troppo tardi, nonostante quella sera il Rød lo avesse trattenuto molto più del previsto. Le serate di Burlesque e quelle di Cabaret erano le più affollate, ormai lui e Rachel ci avevano fatto l’abitudine, ma certe volte i clienti si facevano rapire troppo dall’atmosfera per rendersi conto che per loro si trattava di lavoro, esattamente come per un dipendente che doveva timbrare il cartellino per il rientro a casa. ”Certo senza gli affari che girano per il verso giusto non potrei permettermi di venire qui, ma non ho apprezzato il rischio di mancarvi stasera!” appoggiò la schiena alla parete esattamente accanto a Eldjàrn, chiedendogli quanta gente ci fosse nella stanza per non mescolarsi a un eventuale branco di ragazzini. Quello che vedeva all’interno del Labirinto era estremamente personale, anche le cose più sciocche e assurde, certe volte rideva al punto di sentire il fiato venirgli meno, altre si incupiva sentendo gli organi interni farsi improvvisamente pesanti come pietre. Non aveva mai pianto lì dentro, nemmeno quella volta che aveva visto il volto del suo defunto padre, aveva gridato e imprecato, ma le lacrime si erano disperse nel suo organismo, come nebulizzate nei polmoni. Mikael era convinto che quando si piangeva, dagli occhi scorresse dolore liquefatto che poi veniva riassorbito dalla pelle per formare delle nubi interne, il ciclo del dolore somigliava a quello della pioggia nella sua testa. Non avrebbe mai scritto trattati al riguardo – troppo impegno - ma era certo di avere ragione.
    ”Ottimo!” esclamò accettando la sigaretta che gli porse Eld, era la prima volta che gli capitava l’occasione di godersi il Labirinto in solitudine, di solito aveva condiviso l’esperienza sempre con qualche sconosciuto di passaggio. ” Pensi che stia cercando di sabotarmi i polmoni di proposito?” aspirò una boccata profonda come se la nicotina fosse l’elisir del pensiero, il fumo in forma concentrica che lasciò la sua bocca era una pioggia di idee destinate a sparire nel torpore della notte. ”La prudenza mi annoia, cerco di usarla solo per non morire prima di aver provato tutto quello che mi passa per la testa.” sentenziò lasciando che lo spacco tra le labbra si aprisse in un sorriso divertito. La città attorno a loro aveva spento l’interruttore della vita, tutto dormiva, solo loro e pochi altri coraggiosi erano ancora svegli. Mikael aveva poche paure, tra quelle c’era l’idea di vivere con il tasto off inserito, meglio passare le notti in bianco piuttosto che addormentarsi l’anima. ”Che stronzetto fortunato, tu fai divertire la gente, mentre Dean è l’architetto, non vorrei essere lui. Allora sarà una sorpresa questa sera, interessante…” nei suoi occhi danzava una scintilla di curiosità, mentre le sue spalle venivano scosse da una risata alata. Gli venne spontaneo chiedergli notizie di suo fratello visto che lo aveva nominato, i due Lundberg non potevano essere più diversi di così, a volte si chiedeva se condividessero altro oltre al Labirinto e al cognome. se sapesse che condividono la donna diventerebbero i suoi eroi. Per un istante si soffermò a guardare il muro di mattoni davanti a loro illuminato solo per metà dal lampione lì vicino. ”Andrò a disturbare Dean quando entro, sperando di non scambiarlo per un centauro o per un lampadario.” rise di gusto per la sua battuta sciocca, immaginandosi davvero un mobilio con la voce del maggiore dei Lundberg. La sua ilarità trovò altro carburante quando Eld parlò dell’invidia di Dean per il suo culo. ”Potrei tirare giù i pantaloni solo per lui se ha modo di vedermi dalla sua postazione, potrebbe servire a fargli dare il meglio di se’ per chiudere la serata in bellezza!” non era avaro di risate Mikael, pensava che queste ultime fossero il motore portante degli esseri umani, smettere di ridere significava soccombere alla depressione tipica dell’età adulta. Osservò Eld spegnere la sigaretta a terra, mentre lui ne assaporava le ultime boccate con lentezza, lasciando che il sapore tossico della nicotina si depositasse sulla sua lingua e scendesse giù oltre l’esofago. Poco dopo anche Mikael compresse la sigaretta tra il suolo e la scarpa, lasciando una scia disordinata di cenere a terra.
    ”Chissà che non mi faccia aumentare la clientela qualche drago volante nel Rød, potrei quasi farci un pensierino." stuzzicò la fantasia di Eld, se non poteva avere un incontro sobrio allora gli toccava accettare tutto il pacchetto delirio completo. Già immaginava la reazione del staff che sarebbe scappato da una parte all’altra spaventato dalle visioni che sapeva provocare il giovane Lundberg, la sua mente indugiò sulle ballerine coi loro costumi succinti che correvano facendo oscillare code di piume o lunghi filamenti scintillanti in stile charleston. Dovette scuotere il capo per non rimanere incastrato nei suoi pensieri, ”potrei suggerirti le giornate meno indaffarate in base alle prenotazioni, così soddisferei due Lundberg al prezzo di uno. Dean con le ballerine volanti(?) del Cabaret, e te con un tavolo defilato. Sono bravo a soddisfare gli altri, se capisci che intendo.” strizzò l’occhio con aria maliziosa in sua direzione, pensando che in effetti Eld non era il classico avventore da locali come il suo, non ce lo vedeva molto, ma il Rød aveva dalla sua un’ottima cucina che lo avrebbe conquistato di sicuro. ”Il locale apparteneva alla famiglia della mia socia, Rachel. Sono entrato in affari con lei dieci anni fa per gioco, ero un venticinquenne scapestrato in cerca di soldi facili, invece ho trovato il lavoro della vita. La mia socia gestisce la parte del personale e la cucina, i conti e gli spettacoli spettano a me. E’ divertente quando non succede un disastro dopo l’altro.” afferrò la zip della sua giacca e la tirò su a coprirsi meglio il collo, il vento della sera era leggero, ma si insinuava tra gli abiti come dita invisibili sin troppo moleste. ”A voi invece come è venuta questa idea assurda del Labirinto? Mi avete conquistato, è un’attività unica nel suo genere. Toglimi una curiosità, avete modo di sperimentarlo su di voi? Io morirei dalla voglia di stare al mio posto fossi in te.” annuì col capo a una domanda che non aveva posto nessuno, incrociando le braccia muscolose al petto, la stoffa della giacca era evidentemente tesa al limite. ”Se non rovina la performance, entra con me stasera.” suonava come un invito indecente la sua proposta, forse avrebbe dovuto specificare a Eld che era etero, ma Mikael preferiva lasciare il dubbio nell’aria. Era fatto così, provocare gli altri era una missione.
     
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    Di Besaid, Eldjàrn aveva imparato a conoscerne i bassi fondi. Tutto quello che si nascondeva in mezzo a pareti mal ridotte, sorrisi stanchi e mani sporche. Aveva conosciuto ciò che, dopotutto, era stato parte della sua vita per un bel po’ di tempo, dopo che suo padre si era cacciato nei guai: neanche le collane vendute da sua madre erano poi state davvero così belle, nonostante ci mettesse tutta la passione possibile. Sforzi su sforzi che non avevano mai portato davvero a nulla di buono, e alla fine qualcosa si era spezzata del tutto, lasciandoli scivolare nel turbinio di una vita che, dopotutto, avevano aspettato di vivere. La fortuna, quella non era mai davvero stata dalla parte dei fratelli Lundberg, eppure a un certo punto si erano rimboccati le maniche e se l’erano creata da soli. Era nata in parte assieme al Labirinto, che frutto di impegno e sforzi non solo mentali, ma anche e soprattutto fisici, era divenuto parte integrante della loro intera esistenza ormai.
    ”Certo senza gli affari che girano per il verso giusto non potrei permettermi di venire qui, ma non ho apprezzato il rischio di mancarvi stasera!” rispose l’altro quindi, seguendo i movimenti di Eldjàrn e poggiandosi con la schiena contro la stessa parete che ospitava quella del più giovane. Lo guardò, interessato, trovando fra le parole pronunciate da Mikael uno stesso concetto di profitto, poco importava quanto il lavoro li stancasse: il premio era troppo prelibato per fermarsi. Apprezzo il tuo affetto nei confronti del labirinto. commentò Eld, ridacchiando appena mentre avvicinava nuovamente la sigaretta alle labbra per aspirare ancora un po’ di quel fumo amaro, prima di offrirgliene una e lasciargliela sfilare dal pacchetto. Udì le sue parole, non potendo impedire a se stesso di sorridere di conseguenza mentre, fissando lo sguardo per terra, inconsciamente ricercava i filtri schiacciati dalle suole delle sue scarpe, collegandoli immaginariamente come fossero tante piccole stelle. Si trattava di dipendenze, ogni cosa ne creava: le sigarette, l’alcool, il labirinto, i legami soprattutto. Sì, come chiunque abbia il vizio del fumo. rispose quindi, sollevando lo sguardo in direzione di Mikael e scrollando appena le spalle per enfatizzare il concetto che aveva preso forma nella sua mente al riguardo. ”La prudenza mi annoia, cerco di usarla solo per non morire prima di aver provato tutto quello che mi passa per la testa.” aggiunse quindi l’altro, commentando la frase di Eldjàrn detta solo poco prima. Spostò nuovamente lo sguardo, portandolo sulla mano che, lenta, si avvicinava alle labbra per incastrare il filtro della sigaretta fra di esse e un sospiro leggerissimo ne venne fuori misto fumo. Allora concordi. disse, piano. Ti piace autosabotarti. aggiunse, sollevando lo sguardo e lasciando che gli angoli delle labbra si sollevassero in un sorrisino divertito. Di prudenza, Eldjàrn ne aveva sempre a secchiate: stava minuziosamente attento a quello che faceva, lasciando invece agli altri la possibilità di infilarsi in situazioni pericolose. Lui lo faceva solamente quando strettamente necessario, e ogni volta calcolava attentamente tutti i più piccoli particolari, proprio per non lasciarci mai le penne. La prudenza, anni prima, l’aveva salvato dall’incendio sacrificando la pelle di qualcun altro al posto della sua o di quella di suo fratello o i suoi amici. E certe volte, quel fuoco tornava a tormentare le sue notti trasformando l’ambiente circostante nelle cavità di un vulcano accesso e pronto ad eruttare. La mattina poi tutto scompariva, anche il ricordo del sudore che si era appiccicato alla pelle durante la notte. Il commento di Mikael lo riportò in breve tempo al presente, ricordandogli di essere lontano ormai anni da quella notte. Gli sforzi vengono ripagati a fine serata, Dean lo sa benissimo. aggiunse, scrollando le spalle mentre ripensava al bottino d’incasso che facevano ogni volta ormai. ”Andrò a disturbare Dean quando entro, sperando di non scambiarlo per un centauro o per un lampadario.” scherzò quindi Mikael riferendosi al fratello maggiore dei Lundberg e strappando una risata leggera e divertita anche ad Eldjàrn, che davvero prendeva ad essere curioso di capire cosa avesse Mikael nella testa ogni volta entrasse all’interno del labirinto. ”Potrei tirare giù i pantaloni solo per lui se ha modo di vedermi dalla sua postazione, potrebbe servire a fargli dare il meglio di se’ per chiudere la serata in bellezza!” scherzò allora l’altro ed Eldjàrn non potè far altro che immaginarsi la scena mentre gettava il filtro rimanente della sigaretta per terra, appena prima di schiacciarlo con la suola della scarpa scura. Provare non ti costa certamente nulla, ma non so come potrebbe reagire a quel punto Dean. ammise, scuotendo appena il capo nella sua direzione e posizionandosi ancora di fianco a lui mentre chiacchieravano. Era piuttosto piacevole la compagnia di Mikael, persino per Eldjàrn che, solitamente, evitava lunghe conversazioni quasi come se potessero passargli la peste o il colera. Era sempre stato di poche parole, dopotutto, specialmente in casa con i genitori o fuori con gli sconosciuti. A lui piaceva più che altro osservare e ragionare, neanche a giudicare si faceva mai troppo problemi: di solito aveva anche ragione. ”Chissà che non mi faccia aumentare la clientela qualche drago volante nel Rød, potrei quasi farci un pensierino.” esclamò Mikael riferendosi all’idea di Eld. Poi dovrei citarti per plagio, però. affermò il più piccolo riferendosi al mondo della mente, quello a cui Mikael si era riferito dopo averli invitati a trascorrere una serata al suo locale. Oppure, ti chiederei di dividere i guadagni della serata. aggiunse poi, sorridendo compiaciuto mentre infilava le mani nelle tasche della giacca per tenerle al caldo. L’inverno inoltrato era certamente la stagione preferita di Eldjàrn che, sin da bambino, aveva amato il paesaggio innevato non solo per la poesia che avrebbe potuto suscitare in chiunque, ma perché con il gelo arrivava una sorta di tranquillità opaca e stabile che lui arrivava a sentire fino alla punta delle dita. ”potrei suggerirti le giornate meno indaffarate in base alle prenotazioni, così soddisferei due Lundberg al prezzo di uno. Dean con le ballerine volanti(?) del Cabaret, e te con un tavolo defilato. Sono bravo a soddisfare gli altri, se capisci che intendo.” spiegò allora Mikael, presentando ad Eldjàrn il quadro completo di quella che sarebbe stata la serata-delirio al Rød. Strizzò l’occhio nella sua direzione e il più giovane dei due si ritrovò ad inarcare le sopracciglia mentre un sorriso divertito si apriva sulle labbra prima distese. E’ una frase a doppio senso? chiese francamente mentre chinava il capo da un lato. Il locale che gestiva Mikael, comunque, era abbastanza rinomato in città: aveva spesso sentito commenti concitati al riguardo e alcuni amici ci si recavano spesso proprio con l’intenzione di divertirsi in maniera del tutto casuale e diversa dal solito. Dopotutto, lo doveva ammettere, l’idea era piuttosto speciale e particolare. Ascoltò le parole di Mikael mentre questo gli spiegava come era nato, da quanto tempo facesse parte dello staff. Lo credo bene, ci vuole una buona coordinazione per riuscire a tenere tutto insieme e non cadere nel banale. Ne sento spesso parlare e ti assicuro che la maggior parte sono commenti del tutto positivi. Il posto piace alla gente e gli spettacoli anche. disse ancora, riferendo a Mikael ciò che giungeva spesso alle sue orecchie, anche in serate come quelle del labirinto in cui, in fila una dietro l’altra, le persone iniziavano a chiacchierare di tutto e di più. Eld avrebbe potuto scrivere un libro riguardo a tutto quello che gli era stato permesso ascoltare. ”A voi invece come è venuta questa idea assurda del Labirinto? Mi avete conquistato, è un’attività unica nel suo genere. Toglimi una curiosità, avete modo di sperimentarlo su di voi? Io morirei dalla voglia di stare al mio posto fossi in te.” chiese allora l’altro, rivolgendo ora le proprie attenzioni nuovamente sull’idea dei fratelli. Come per te, cercavamo soldi facili. Avere dei poteri ti consente anche di usarli, no? O almeno, io l’ho sempre vista a quel modo, altrimenti che senso ha tutto questo? Il fatto era che, fino ad un paio di anni fa, non li avevamo mai usati in contemporanea. Vecchie storie, serate o nottate passate fra quattro mura mentre perdevamo la cognizione del tempo. disse, senza davvero sbilanciarsi troppo mentre, con la mente, era ormai tornato indietro a quando quattro ragazzini pensavano che sarebbero restati per sempre tali, lontani dalle responsabilità di un’età adulta che invece era giù dietro l’angolo e che, con uno schiaffo in pieno viso, andò a risvegliarli da un coma fatto di soli sogni surreali. ”Se non rovina la performance, entra con me stasera.” disse allora Mikael estendendo a lui l’invito. Sorrise lentamente, il più giovane, scuotendo piano il capo e tornando a sollevare lo sguardo sull’interlocutore. Preferisco di no. Non lo vivrei come lo vivi tu. rispose allora, riferendosi al fatto che, ovviamente, le sensazioni alterate vissute da Mikael non erano le stesse che venivano riservate ad Eldjàrn per riflesso. Estrasse poi il cellulare dalla tasca della giacca e, premendo sul tasto laterale, lasciò che si illuminasse per avere la possibilità di constatare che ore fossero. Si fa tardi, tu entra pure, ti facciamo divertire lo stesso. aggiunse sollevando il mento per indicare la porta alle spalle di Mikael mentre, con una mano, gli indicava invece la strada per invitarlo ad entrare in quello che normalmente era un magazzino qualsiasi e riponeva lo smartphone all'interno della giacca. La stanchezza cominciava a sentirsi e, sebbene Mikael fosse ormai abituato al labirinto e agli effetti che aveva sulla sua persona, Eldjàrn non avrebbe certamente accettato di servirgli una performance scadente. Inspirò profondamente, come se tramite quel gesto potesse raccogliere le energie ancora un'ultima volta, e poi gli sorrise. Era pronto per ricominciare da zero, usare la propria particolarità ancora l'ennesima volta quella sera, proprio sull'amico, in modo tale da rendere la serata altrettanto speciale.
    Pronto? chiese, sorridendo. Lui lo era certamente.
     
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    Sakura Blossom

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    Mikael Alex Milkovic

    La città dormiva sotto i loro occhi di nottambuli, le serrande abbassate qualche metro più avanti erano come un paio di palpebre calate, c’era un senso di pigrizia nell’aria che veniva interrotto solo dal ronzio delle loro chiacchiere. Mik rilasciò il fumo dalla bocca, immaginando che andasse a intrecciarsi con le loro parole che galleggiavano nell’atmosfera, vedeva lettere fluo avvolte dalla nebbia prodotta dalla sua sigaretta. Non era ancora entrato nel Labirinto, ma la sua mente già vagava sul sentiero delle allucinazioni. ”Come si fa a non affezionarsi alla vostra droga?” disse mentre se ne stavano uno accanto all’altro con le spalle addossate al muro, condividendo lo stesso vizio da autosabotatori, come lo aveva definito Eldjàrn poco prima. Mikael rimase in silenzio, soppesando i pensieri come se potesse stringerli tra le mani. Si lasciò accalappiare dallo sguardo del ragazzo, c’era ironia e una specie di patina protettiva che lo separava dal mondo, era difficile capire il minore dei Lundberg. Ormai frequentava da diverso tempo il Labirinto, ma era la prima volta che aveva modo di chiacchierarci più a lungo di quanto sarebbe durata una partita cinque contro uno, mano contro erezione. Gli piaceva quel ragazzo schivo, aveva un modo di pensare che gli andava a genio. ”Più che di fumo, morirò per troppo alcool nel sangue. Se mi fanno un prelievo nella provetta troverebbero tutta Sangria.” era spaventosamente sincero, viveva alla costante ricerca del rischio e dell’adrenalina per darsi una scossa, per non sentire mai i propri sentimenti inutili come un paio di calzini da rammendare. Tentava di vivere ogni singolo giorno con la stessa intensità di un adolescente, con quell’ingenuità che i suoi genitori gli avevano strappato di dosso troppo presto. La rivoleva, ma non sapeva come trovarla, non c’era un ufficio oggetti smarriti per quello. ”Mi hai scoperto, sei bravo a capire la gente.” notò il ghigno divertito del ragazzo speculare al suo, erano connessi da un filo invisibile di ironia. Mikael aspirò a fondo la sua sigaretta, osservando la cenere cadere a terra. Rimase con la schiena ben salda alla parete di mattoni, ascoltando le parole di Eldjàrn sul fatto che alla fine della serata Dean veniva ben ricompensato per i suoi sforzi. In effetti col prezzo dell’ingresso bastavano una decina di persone a dargli un bel guadagno, ma sapeva perfettamente che erano molti di più quelli che come lui seguivano gli appuntamenti del Labirinto. Il passaparola era un punto di forza, lo sapeva perché lui era il primo ad aver parlato bene dei Lundberg ai suoi amici più stretti, alcuni di loro si erano fatti coraggio e avevano provato il Labirinto. Ancora ricordava le chiamate con reazioni diametralmente opposte, ”Ho avuto una paura folle! Non ascolterò mai più i tuoi consigli!” gli aveva detto Brittany (la ballerina del Rød), "incredibile, la prossima volta andiamo insieme!” la sua socia Rachel era rimasta letteralmente entusiasta per l’esperienza. Aveva raccontato di quel posto anche a sua sorella Arden, ma non aveva ricevuto feedback, chissà se ci era andata anche lei e non gli aveva ancora detto nulla.
    ”Forse dovrei evitare di tirare giù i pantaloni, solo per assicurarmi che Dean non mi faccia vedere più mostri assetati di sangue del previsto.” alzò le mani in aria, stringendo tra le dita la sigaretta quasi finita. Amava il rischio, ma non voleva scoprire a sue spese di cosa era capace il maggiore dei Lundberg con la sua particolarità. Tirò ancora un paio di boccate prima di lasciar cadere a terra il filtro senza vita, sollevò lo sguardo in direzione di Eldjàrn con curiosità. Lo faceva sorridere il suo parlare di guadagni con una sorta di affetto nella voce, lui doveva essere palesemente la mente dell’organizzazione, mentre suo fratello ci metteva l’architettura e l’interior design. ”Vada per lo smezzare i guadagni, i draghi sono roba tua! Io al massimo posso fare l’arciere che lo uccide per fare spettacolo, la mia mira è ineguagliabile.” non lo disse esplicitamente che si riferiva alla propria particolarità, lasciò la scia del dubbio di proposito, stava ad Eld tirare le somme. Il ragazzo non era poi troppo sprovveduto perché gli chiese se era un doppio senso quello che pronunciò subito dopo, aveva fatto centro, doveva stare attento alla concorrenza. ”In realtà era una frase a senso unico.” sollevò le sopracciglia, ancora la malizia a muovere i lineamenti del suo viso. Chiuse la zip della giacca e incrociò le braccia al petto per il freddo, raccontando a Eldjàrn di come era entrato in affari con Rachel per puro divertimento, scoprendo invece che il Rød poteva essere parte della sua vita a tempo indeterminato. Si somigliavano lui e il suo interlocutore sotto quel punto di vista, avevano iniziato le loro attività col pensiero di fare soldi facilmente, senza la pretesa che il gioco durasse troppo a lungo. Invece, eccoli lì a raccontarsi di come tanti anni addietro si fossero gettati in un’incognita che ora aveva un valore ben definito per entrambi. ”Li ho pagati tutti per parlare bene del Rød! Ovviamente scherzo, mi rende orgoglioso sapere che piaccia.” dalla sua voce traspariva il fatto che si sentisse fiero al riguardo, c’erano molte cose sbagliate nella sua vita, ma il Rød era una delle poche che non rientrava in quella categoria. ”Allora direi che è stata la fantasia e il culo di avere dei poteri interessanti. Avete saputo sfruttare al meglio ciò che possedete: voi stessi.” gli piacevano quei due ragazzi, erano stati in gamba, non era da tutti inventarsi una cosa del genere. Il Labirinto era un luogo che valicava il confine con la realtà, trasportando i suoi avventori nell’illusione della propria mente. C’era del genio in una cosa del genere, era come fare un trip di funghetti allucinogeni senza assumerli, bastava il tocco di Eld per dare vita all’impossibile nel quotidiano.
    ”Peccato, avresti potuto ammirare il mio culo!” una risata aperta si liberò dalla sua bocca, Mikael era uno che rideva spesso, anche quando era completamente fuori luogo. Lanciò un’occhiata allo smartphone del ragazzo che aveva preso probabilmente per guardare l’orario, annuì quando gli disse che lo avrebbero fatto divertire anche se entrava da solo all’interno del Labirinto. Seguì Eld nel magazzino e si fermò al suo fianco, solo quando lo sentì respirare a fondo si chiese se utilizzare così spesso la particolarità non gli desse degli effetti collaterali insopportabili. Lui si ritrovava le magliette macchiate di sangue quando esagerava, i capillari del naso gli si spezzavano senza sollecitazione, semplicemente per aver preso la mira.
    Allungò una mano verso il ragazzo in silenzio, egoisticamente non si era mai domandato se dovesse concentrarsi, era sempre arrivato con il desiderio di perdersi in quella caverna delle visioni, senza ragionare su nulla. Era il limbo tra il vuoto e l’estasi che cercava con tutte le sue forze, non voleva pensieri e infatti prima di quella sera non aveva mai fatto domande. Era contento di aver conosciuto meglio quel biondino dallo sguardo sfuggente, sperava che capitassero davvero altre occasioni per vedersi, li avrebbe ospitati al Rød ogni volta che desideravano. ”Sempre pronto per il Labirinto, vorrei che fosse così anche la realtà certe volte.” lasciò che la mano di Eld facesse la sua magia, rivolgendogli un sorriso acceso dall’entusiasmo. ”Ci rivediamo all’uscita.” non esitò minimamente quando aprì la porta e venne inghiottito dal buio che precedeva l’inizio del viaggio, aveva intenzione di perdersi quella notte, ritrovarsi era solo un’opzione.

    Edited by Aruna Divya - 18/2/2021, 17:22
     
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