Nobody's lost but nobody wins

Arden&Mikael

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    Quel periodo dell'anno riempiva Arden di un ammasso di sensazioni difficili da ignorare. Le lucine le causavano allegria, ridandole forse indietro un paio di quei sentimenti infantili persi troppo in fretta, e la neve fitta era in grado di trasformare anche l'Autogrill in uno scenario incantato. Nella sua testa però si alternavano anche pensieri freddi quasi quanto il vento che da ragazzina le si infilava nei i buchi sul cappotto, gli stessi che a scuola faceva di tutto per nascondere, una delle tante volte in cui la madre aveva lasciato lei e suo fratello ad aspettare fuori. Il più delle volte iniziavano girovagando nel quartiere per tenersi caldi, finendo poi seduti sui gradini di casa a respirarsi fiato tiepido fra le dita. Era quella la loro tradizione natalizia. Aveva dovuto aspettare i diciassette anni per capire davvero cosa fosse quel Natale di cui parlavano tutti. Era stata invitata dal suo ragazzo di allora a passare le feste con la sua famiglia e, più della quantità di cibo e regali, Arden ricordava ancora l'emozione provata di sentirsi parte di qualcosa, rendendosi solo in quell'occasione conto di quanto davvero lei e Mikael si fossero persi.
    Con qualche rarissima eccezione però i fratelli passavano da sempre la Vigilia insieme, di solito a casa di Arden per questioni di praticità. Non si sapeva mai in quale utensile erotico si potesse avere la sfortuna di inciampare a casa di Mikael, e in generale l'appartamento della donna era decisamente un luogo più neutro in cui celebrare le feste. C'erano poche regole, a Natale come fra loro, e la prima era quella di non farsi regali, la seconda quella di non cucinare ma ordinare da asporto - lo stesso thailandese da 5 anni a questa parte - e, infine, di indossare il maglione natalizio più brutto che riuscissero a trovare e di votare chi dei due avesse vinto quell'anno. Il bello del non avere nessuno a tramandarti tradizioni ultra secolari è che puoi sdoganare proprio tutto e sbarazzarti del pesce alla vigilia, dello shopping disperato e fregartene persino della moda, l'unica di quelle cose a cui Arden fosse effettivamente legata, ma che per una sera era più che felice di lasciare da parte. Infatti provava sempre un che di liberatorio nel togliersi la gonna a tubo per infilarsi dei leggings morbidi, sensazione che non mancò di arrivare anche quella sera quando, richiamata dalla voce di Maggie che le augurava buone feste, Arden alzò lo sguardo dal macbook pro per accorgersi che intorno a lei gli uffici erano bui come il mondo fuori dalla finestra. Cavolo! Esclamò alzandosi in piedi e con un colpo secco chiudeva il computer, iniziando poi a rovistare nella piccola sacca ai suoi piedi. Cosa? Arden spuntò con la testa dalla scrivania, scorgendo Maggie ancora sulla porta. Oh scusami May, sai quando con la testa sei ancora su un caso ma col corpo dovresti già essere dall'altra parte della città? Le sorrise calorosamente per poi avvicinarsi e stringerla in un breve ma dolce abbraccio. Buone feste anche a te e Lily. Le strinse piano la mano lasciandola poi andare a festeggiare con la propria famiglia. Tornata alla scrivania, Arden si tolse prima una scarpa e poi l'altra perdendo quasi tutti i suoi centimetri d'altezza, scivolò fuori le calze nere con eleganza per entrare invece in un paio di leggings pesanti, quelli col pelo dentro che tiene al caldo le ossa. Non poteva esserne sicura, ma dalle vetrate buie immaginò che fossero quasi tutti andati già via. In fondo era la vigilia di Natale e persino lo studio aveva dato mezza giornata libera a tutti, cosa che Arden non aveva avuto tempo di prendere. Sbottonò con lentezza la camicia mentre con lo sguardo rivolto alla finestra Arden si godeva un po' di quella vista che, anche in quel caso, purtroppo aveva sempre troppo poco tempo per guardare. Sotto lo sguardo delle luci della città e della neve in basso, sotto gli occhi disinteressati di qualche aereo e stella lontana, Arden si lasciò avvolgere da un lungo maglione che le arrivava poco sopra le ginocchia, uno di quelli morbidi ma che sembrava ideato dalla fantasia di un bambino di tre anni. Era azzurro cielo dei cartoni animati, quindi da far male agli occhi, aveva un grosso pupazzo di neve un po' in rilievo e col naso arancione simile a una carota che le spuntava dallo sterno. In mancanza di altro, la donna si specchiò nel lindo vetro dell'ufficio, girandosi di lato per guardarsi da tutte le direzioni. Più brutto di così si muore. Si infilò delle scarpe da ginnastica e piegò con cura gli indumenti scartati lasciandoli sulla sedia, andava di corsa e sarebbe tornata a prenderli più tardi. Con la borsa sottobraccio si avvicinò alla porta chiusa stringendone la maniglia tra le dita, pensando poi alla destinazione da raggiungere e immaginandosela nella testa. Era un posto che conosceva a menadito, quindi non fu per niente difficile farlo emergere dai pensieri e separarlo da altre immagini al momento non necessarie. Chiuse allora gli occhi, Arden, per aprire poi la porta e valicarla con un solo passo deciso. Quando il verde si riaccese dietro le palpebre, Arden si ritrovò in un ufficio decisamente diverso da quello ordinato che si era lasciata alle spalle e fissò per qualche secondo le pareti piene di scartoffie della stanza sul retro che Mikael usava a mo' di... qualsiasi cosa in realtà. Il Rød era il grande orgoglio del fratello, un locale a cui anche lei aveva finito per affezionarsi negli ultimi cinque anni anche perché, volente o nolente, era spesso di passaggio dal piano di sopra dove c'era la sede del Lust.
    La prima cosa che avvertì fu la musica dal vivo che, attutita dalle spesse pareti, arrivava comunque sin lì. Poi si voltò catturata da un movimento alla sua destra, sgranando gli occhi alla vista del fratello che cercava in quel momento qualcosa, forse i pantaloni, mentre una ragazza urlò uscendo seminuda dalla porta da cui Arden era appena entrata. O meglio, apparsa. Scusa ma dov'è il tuo maglione brutto?! Chiese con la bocca schiusa mentre lo guardava infilarsi un maglioncino piuttosto sobrio dalla testa, allargando poi le braccia per indicare la sua mise quasi catarifrangente. Non era stato l'urlo, la ragazza nuda, il fratello in mutande o l'idea di cosa li avesse quasi beccato a fare lì dentro a scioccarla: era stata l'assenza del maglione brutto a oltraggiare Arden. Generalmente poco abitudinaria, su alcune cose però non poteva passare sopra e quella ci rientrava a pennello. Possibile che se ne fosse dimenticato? Ti sei forse scordato? Brutto stronzo, avrebbe voluto aggiungere ma si fermò in tempo, l'insulto intrappolato tra incisivi e labbra. Non avendo da bambini vissuto niente di lontanamente festivo, arrivata ai trenta la donna si aspettava di seguire alla lettere le strane tradizioni che si erano inventati, come se a non farlo potessero in qualche modo essere catapultati di nuovo indietro nel tempo, in quel tempo brutto passato a sentirsi parte di niente.
    Tra loro c'era un filo di lana. Era sfilacciato in più punti, quello si, rovinato dal tempo e a volte dalla distanza, da tensioni e parole non dette che si erano infilate fra le maglie del tessuto. Tirava e strattonava, allungandosi tanto da da sembrare sempre sul punto di rompersi. Tra loro c'era un filo di lana che non si spezzava mai.

    Edited by Dead poets society - 26/3/2021, 21:01
     
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    Sakura Blossom

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    Mikael Alex Milkovic

    Nel rispetto di tutti i lettori si avvisa che da questo punto in poi sono presenti tematiche di: [Sesso consenziente tra maggiorenni].
    Ricordiamo che si tratta di un'opera immaginaria, frutto della fantasia di chi scrive e che non mira a danneggiare nessuno nello specifico.


    24 Dicembre 2002

    ”Buon Natale, Arden!” estrasse dalla tasca del cappotto rattoppato un pacchetto avvolto nella carta di giornale legato con uno spago da cucina, se poteva tenere insieme un intero arrosto di maiale, poteva anche funzionare per un regalo. ”Non è niente di che, ma potrebbe piacerti.” si strinse nelle spalle con non curanza, aveva messo da parte i soldi del suo primo lavoretto per comprarle quella “sciocchezza” di cui l’aveva sentita parlare con entusiasmo qualche settimana prima. Lui non ne capiva assolutamente nulla di cose da donne, la ragazza nel negozio se ne era accorta e lo aveva aiutato con sin troppa insistenza. Solo uscito dal negozio aveva capito perché avesse così a cuore la felicità di sua sorella, quel numero di cellulare con un nome e un cuoricino sul retro dello scontrino non gli sembravano ”solidarietà femminile” come gli aveva ripetuto per tutto il tempo.
    Un fiocco di neve si soffermò sul suo naso prima di sciogliersi a contatto col calore della sua pelle, Mikael strofinò via quella goccia d’acqua col dorso della mano prima di riportare la sua attenzione su sua sorella. Non sollevò gli occhi in aria per osservare la neve che stava iniziando a scendere con più insistenza, erano seduti su quel muretto vicino casa loro da un’ora ormai, in attesa che il cliente di Anja se ne andasse. Quanto poteva ancora durare una scopata? Avrebbe preferito dare il suo regalo ad Arden nel tepore della loro stanza, ma visto che l’attesa si stava prolungando a dismisura aveva pensato di riempire il vuoto di quell’insulso Natale con un attimo di felicità. Osservò Arden scartare il pacchetto con sin troppa facilità, si era rifiutato di farselo incartare dalla commessa, voleva che ci fosse la sua firma in quel regalo. Un sorriso divertito gli aprì le labbra screpolate dal freddo, l’espressione di sorpresa mista a gioia di sua sorella era tutto quello che poteva desiderare in quel momento. Le aveva comprato il lucidalabbra e la crema corpo della Skin of Norway che le aveva sentito nominare al telefono con una sua amica, ma che ovviamente non avrebbe mai potuto permettersi con la paghetta che le davano i loro genitori. Dall’alto dei suoi diciassette anni gli era permesso di lavorare saltuariamente come cameriere in un ristorante cinese a pochi isolati da casa loro, ci andava con l’autobus per poi rientrare con l’ultima corsa notturna tre volte la settimana. Non era un grande stipendio quello che percepiva, ma almeno poteva permettersi di comprare del cibo migliore per le loro cene arrangiate e qualche rivista porno che Arden aveva già scoperto sotto al suo letto.
    Si lasciò abbracciare per pochi istanti, con la coda dell’occhio vide l’uomo che li aveva sfrattati da casa loro per un’intera ora al gelo. Afferrò la mano di sua sorella e le disse di prendere le sue cose in fretta, la trascinò con foga lungo il marciapiede appena spolverato di neve, non vedeva l’ora di nascondersi tra le coperte in camera sua. Aprì il portone con la chiave ed entrarono insieme, con le dita intirizzite ancora intrecciate. ”L’ultimo che arriva prepara la cioccolata calda!” non si premurò di darle vantaggio, scattò su per le scale ridendo, percependo la fatica delle articolazioni ancora congelate che non supportavano bene la sua salita. Incosciente del fatto che quello sarebbe stato il primo e l’ultimo regalo che avrebbe comprato per sua sorella, instaurando in futuro delle tradizioni fuori dagli schemi per quella festa che per loro non sarebbe stato altro che un qualunque giorno lavorativo.


    Spalancò la porta del suo ufficio facendola sbattere contro la libreria dietro di essa, cadde qualche fascicolo che avrebbe rimesso apposto dopo a mente lucida, in quel momento la bocca di Brittany sul suo collo gli dava problemi di connessione col cervello. La richiuse in fretta, facendo adagiare la ragazza con la schiena contro la superficie di legno, iniziando lentamente a far scendere la zip sul retro del suo vestito da aiutante di Babbo Natale. Quello strato di tessuto che separava le loro pelli non era poi così ingombrante, c’era ben poco da lasciare all’immaginazione con quella gonna così corta e la scollatura che pareva l’insenatura di un fiordo. Mikael nascose il viso sul seno della ragazza, per poi iniziare a giocare con la sua pelle, sentendo il sapore del paradiso misto a sudore sulla lingua. Sollevò lo sguardo sul suo viso per osservare le sue reazioni, per quanto non fosse la prima volta che si lasciavano travolgere dalla passione durante il turno di lavoro, i suoi lineamenti non gli suscitavano mai un senso di familiarità. Sapeva che era colpa sua, perché non la guardava con attenzione, voleva vedere l’eccitazione attraversarle il viso e il corpo per nutrire il suo ego maschile, nulla più di questo. Stava bene a entrambi, se lo erano detti una sera mentre Mikael portava fuori l’immondizia del locale, Brittany era seduta sui gradini sul retro del Rød con una sigaretta sporca di rossetto tra le labbra, lo aveva guardato con un sorriso malizioso e poi avevano semplicemente parlato. Pochi secondi fatti di poche parole, non avevano molto da dirsi, l’unica cosa che avevano in comune era il posto di lavoro. Quando il silenzio si fece troppo imbarazzante si congedarono e ciascuno tornò sulla sua strada. Invece quella sera i loro corpi erano loquaci, si davano istruzioni su dove mettere le mani senza esitazioni, si conoscevano solo a livello di pelle ed era abbastanza. I gemiti della ragazza si mescolavano ai suoi più rochi, i vestiti erano abbandonati da qualche parte sul pavimento, mentre loro si erano spostati sulla scrivania che tremava ad ogni affondo. Quella era la sua idea del Natale perfetto, niente vischio, niente famiglia e niente regali, solo l’istinto naturale di due corpi che si cercavano senza data di scadenza. Stava per chiedere a Brittany se desiderava cambiare posizione quando gli urlò dentro le orecchie. ”Che cazzo?” la sentì respingerlo tutto d’un tratto, lo spinse via gridando di nuovo. Rimase fermo immobile per qualche istante mentre la sua testa cercava di riconnettersi col mondo circostante, vide la ragazza afferrare i propri vestiti dal pavimento e uscire dall’ufficio senza curarsi di essere mezza nuda. Mikael si guardò intorno riconoscendo la figura di sua sorella alle proprie spalle, il suo primo istinto fu quello di cercare mutande e pantaloni, si rivestì in fretta col cuore che ancora correva sull’onda dell’eccitazione che si era spenta solo nella sua testa. Una volta tornato presentabile si avvicinò ad Arden. ”Sono stato lasciato a metà per causa tua, sentiti in colpa. Dovrò proseguire in bagno per questo ingresso a sorpresa.” le disse incrociando le braccia al petto con l’espressione contrariata, poi si ritrovò ad abbassare lo sguardo sul suo dolcevita nero quando sua sorella gli fece notare che non indossava il tradizionale maglione brutto della Vigilia. ”Non posso indossarlo a lavoro, ti pare? E soprattutto ti pare che possa dimenticarmi di te?” la fronte corrucciata si rilassò e lo stesso accadde alle sue labbra che si ammorbidirono in un sorriso ironico. ”Fatti offrire da bere al bancone da Rachel mentre io sistemo il mio “problemino”. Ti raggiungo appena ho fatto e con il mio splendido maglione natalizio.” le rivolse un saluto militare con la mano appoggiata sulla fronte e uscì dal suo ufficio coi pantaloni che gli andavano stretti.

    Attraversò il locale addobbato a festa – sotto obbligo di Rachel – roteando gli occhi al cielo, tutte quelle lucine e cose colorate gli davano la nausea. Perché alla gente piaceva così tanto il Natale? Aveva passato quella festività con le famiglie dei suoi amici qualche volta, sentendosi di troppo a tavola con loro, si scambiavano regali e gesti d’affetto che lui credeva fossero solo trovate di marketing nei film. Quindi era davvero così dolce e mieloso passare il Natale in famiglia? Sperava di non dover passare altre feste a quel modo, con quel nodo allo stomaco che gli comprimeva l’euforia naturale che lo contraddistingueva. Ecco perché quella sera, come ogni singola Vigilia che si rispetti, aveva appuntamento con Arden per una cena informale senza regali e bigliettini pieni di auguri sdolcinati. Raggiunse sua sorella riconoscendone la corporatura e il maglioncino dal colore sgargiante al bancone del bar, le poggiò le mani sugli occhi per poi sussurrarle all’orecchio. ”Prima di girarti devi prepararti psicologicamente al maglione natalizio più brutto che vedrai in vita tua. Dimmi tu quando posso togliere le mani.” lasciò andare sua sorella solo dopo un suo segnale, facendo un passo indietro per permetterle di ammirare un maglione che aveva comprato in un negozio dell’usato. Era un orrore anni ’80 con le maniche a righe rosse e verdi, mentre la parte centrale era a tinta unita sui toni del verde con la faccia di una renna di peluches, si era così divertito a stringerla come un antistress nel negozio che il proprietario gli disse che o lo comprava o lo spediva fuori. A quel punto non poté fare a meno di acquistare quell’attentato terroristico alla moda e portarselo a casa per nasconderlo sul fondo dell’armadio, dove custodiva la sua collezione di maglioni della Vigilia. Sul sacchetto dove li teneva c’era un’etichetta adesiva che recitava Danger – attenzione ai vostri occhi, neanche ci fosse una pistola laser.
    ”Invece del solito thailandese, questa sera ho pensato a una specie di pub non troppo lontano da qui. Ho visto il loro menù e ho pensato che potesse piacerti, io lo apprezzo di sicuro.” gli sfuggì una risatina per una battuta che aveva appena fatto che capì solo lui – fortunatamente. ”Rach, ti affido il Rød per quest’ultima mezz’ora, mi raccomando non mandarlo in fiamme senza di me.” scivolò dietro il bancone per depositare un bacio sulla guancia di quella che ormai era la sua migliore amica oltre che una collega, lei in tutta risposta gli diede una pacca sul sedere scuotendo la testa e dirigendosi in cucina. ”In bocca al lupo Arden, un’intera serata con lui… coraggiosa!” disse prima di sparire dietro la porta staff only. ”Andiamo?” chiese con un intenso luccichio nello sguardo, aveva preparato una sorpresa per Arden che di certo non avrebbe dimenticato così facilmente.

    Edited by Aruna Divya - 25/3/2021, 10:05
     
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    In effetti, il no ai regali era arrivato dopo, in tempi più maturi, lasciando a quelli innocenti la speranza di trovare un pensiero da scartare alla vigilia di natale, rigorosamente scambiato sul muretto di fronte casa perché, dai Milkovic, di abeti agghindati non se ne erano mai visti. Per un sacco di tempo non era stato così ma, a ripensarci col senno di poi, le fredde ore passate seduti lì sopra erano finite per entrare dentro di loro e avvicinarli, come se tutto l'affetto che non riuscivano a dirsi fosse in qualche modo scivolato fra le pietre di quel muretto per riempire tutti gli spazi che dividevano le loro gambe, prima penzoloni senza toccare terra, poi lunghe fino ad adagiare i piedi sull'asfalto. Erano servite, dopotutto, quelle attese interminabili che Mike rendeva spesso passeggere tra una battuta idiota o una litigata lampo, futile, finita sempre con la corsa in casa per arrivare primi a qualcosa.
    Ci erano cresciuti, Mik e Arden, su quelle rocce che non importava quanto tempo passasse o quanta pioggia cercasse di addolcirle, riuscivano sempre a punzecchiarti e intorpidirti il sedere; si erano evoluti, loro, su quella striscia urbana pensata per un altro fine e non quello di essere calpestata da suole luride, quasi sfondate, mentre a nove anni Arden cercava l'equilibrio per non cadere e quindi perdere la battaglia, le braccia che, spalancate, insieme suo corpo formavano un'esile croce. Se chiudeva gli occhi riusciva a volte ancora a vederlo, il fratello sorriderle come a sfidarla sempre, costantemente, dalle cose serie alle gare di bilanciamento, che importanti erano state poi anche loro, per loro.

    Di sorriso non si trattò quando, nel vederla, la prima reazione di Mike fu cercare di farla sentire in qualche modo in colpa. In colpa di cosa scusa? Di aver salvato una donna dal compiere l'errore più grande della sua vita? Di aver liberato una tua vittima da quelle grinfie? Mi dispiace fratellone, ma no. Gli fece un sorriso ampio, una mezzaluna che sprigionava la più brutale e candida onestà, ovviamente conscia di star esagerando ma, forse, neanche troppo. Gli voleva bene, davvero, ma diciamo che non avrebbe presentato nessuna delle sue amiche a Mike.
    Si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, mentre posava le dita sulla parte esterna della spalla di Mike per stringerla lievemente come a dire "dai, supererai anche questa", riferendosi chiaramente al "problemino" di cui parlava. Quando si trattava di quello, gli uomini si comportavano come con la febbre: a 37 e mezzo, e quindi al primo accenno di problema, una tragedia. Pensa che solo il 48% delle donne raggiunge l'orgasmo durante un rapporto, credo che tu possa riprenderti dall'inconveniente. Parlare così apertamente di quella tematica sarebbe stato forse strano per la maggior parte dei fratelli, vuoi pure imbarazzante e scomodo, ma non per loro. Erano tante le cose che fratello e sorella Milkovic avevano visto, dozzine le situazioni alle quali erano stati esposti precocemente e senza preavviso, semplicemente venendoci catapultati dentro impreparati. Allora erano dovuti crescere prima degli altri e prima del loro tempo che, passato quasi sempre insieme, aveva finito per annientare certe barriere che per pudore di solito si tenevano alzate fin sopra la testa. Erano altre le cose di cui non parlavano, quelle che importano davvero viene più difficile tirarle fuori, ma erano sempre stati un work in progress e c'era tempo per tutto. I lineamenti del viso si tinsero di una maggior dolcezza quando il fratello ammise che non si sarebbe mai scordato della loro tradizione e, sopratutto, di lei. Non era mai stata una donna bisognosa in generale, sembrava impossibile ma quelle esili spalle avevano sorretto pesi non indifferenti, eppure le si illuminarono gli occhi nel sentirlo parlare così, una scintilla lampo che oltre alla bocca fece sorridere anche le iridi. Ok Mike, però sbrigati che ho già fame. Disse lanciandogli uno sguardo più serio poco prima di voltarsi, i capelli che oscillavano poco oltre le scapole. Spero per te che sia tanto brutto da battere l'immagine che ho appena visto, anche se la vedo difficile. Una frase pungente era quello da aspettarsi da un'uscita in stile, grande quasi l'ingresso di Arden.

    Non se l'era fatto ripetere due volte, Arden, che al bancone aveva subito ordinato un calice di rosso consumato tra una chiacchiera e l'altra con Rachel, la storica barista che da sempre serviva dietro il bar del Rød. Ci sto pensando solo ora ma Rachel, lo sai che non ti ho mai vista per intero? Le stava dicendo dubbiosa e un po' sconcertata, realizzando solo in quel momento che, in effetti, tutto ciò che aveva mai visto della donna era la parte superiore del corpo. Dalla vita in giù, un mistero. Si erano entrambe messe a ridere quando sentì un paio di mani sugli occhi a rubargli la vista, un gesto improvviso che la causò un sussulto costato vertebrale. Ti prego, fa che ti sia lavato bene le mani. Mik? Il tono di voce era più basso ma non abbastanza affinché lui, e forse Rachel, potessero non udirlo. Si divertiva a trattarlo un po' da ragazzino, perché in fin dei conti le sembrava rimasto tale per alcuni versi, come se crescere fosse una faccenda che non lo riguardasse completamente. Quando finalmente la lasciò andare, con i dieci decimi riacquistati Arden si voltò a guardarlo e gli occhi diventarono due sottili fessure scrutinatrici mentre, lo stelo del secondo bicchiere di vino ancora fra le dita sottili, osservava il maglione di Mike. Devo ammetterlo, fratello, quest'anno ti sei superato. Nel dirlo, Arden non riuscì più a trattenere una breve risata, il palmo della mano appena schiuso sulle labbra piene. Dove hai trovato una cosa così... eccentrica? Indugiava ancora su quel maglione, Arden, incapace di non notare anche i dettagli più infinitesimali. È una renna quella? Si era avvicinata un po' con il viso, le spalle piegate in avanti mentre dava un sorso al vino senza distogliere lo sguardo, neanche fosse un'opera d'arte. Si guardò però bene dal toccare anche un singolo filo sfilacciato di quel capo, che aveva tutta l'aria di essere stato indossato troppe volte per i gusti della donna. Poi aveva la sensazione che, a tirar anche solo leggermente uno di quei filamenti, l'intero maglione si sarebbe smembrato per rimanerle in mano. Si ritirò presto come una tartaruga nel suo guscio, la schiena di nuovo dritta e le iridi che salivano in alto, due foglioline verdi che, scontente, guardavano il fratello cambiare i loro piani. Le piaceva spezzare la routine e trasformarla in altro, l'inaspettato era quella cosa che rendeva la vita frizzante, però... con certe cose invece non le piaceva giocare, smontarne i pezzi per costruire altro: certe cose dovevano rimanere com'erano. Perché, sai pensare? Aveva stretto un braccio intorno alla vita, la mano con il calice che ondeggiava agitata di fronte al suo corpo: come succedeva sempre quando qualcosa non la convinceva, ogni parte di lei convogliava le energie nel mostrarsi contrariata. Picchiettò con l'indice sul vetro del bicchiere, le labbra piene ora strette in una silenziosa valutazione. Ok. Lo so che me ne pentirò ma...mi fido. Disse lanciando uno sguardo alla barista come a chiedere il suo parere. ”In bocca al lupo Arden, un’intera serata con lui… coraggiosa!” Finì il suo vino, Arden, tornando a un sorriso smagliante mentre lo poggiava piano sul bancone. Che ci posso fare, i parenti non si scelgono.

    Non.Ci.Credo. Furono le prime parole che uscirono dalla sua bocca quando, entrati nel locale, la verità colpì Arden in pieno viso. Non era la prima volta che vi partecipava, per questo riconobbe subito la situazione: i tavolini singoli messi quasi a cerchio in una zona ben delimitata del pub, due sedie ognuno, un tavolo in prima linea dietro il quale due ragazze sorridevano guardandoli, fogli e molte penne ad attenderli. Al centro, svettava una campanella. La vigilia di Natale mio fratello mi ha portata a uno speed date. Ok. Parlava più a sé stessa che a Mike, mentre non riusciva ancora a decidersi su come prendere la cosa, come sentirsi a riguardo. Per carità, era una cosa carina da fare per conoscere gente, ma forse era un po' strano trovarsi lì con Mike. Dopotutto, erano imparentati. E poi, onestamente parlando, ad Arden piaceva frequentare persone di un certo calibro tipo dottori, professori, imprenditori, chiunque riuscisse a porla su un podio e a illuminarla. A uno speed date, si sa, puoi invece incontrare chiunque, di solito disperati. Si, e ci ho anche già iscritti, non puoi tirarti indietro. Rispose Mike, il solito sorriso da stronzo a spezzargli in due il viso. Roteò gli occhi al cielo, Arden, seguendolo verso il tavolo centrale e lasciandosi convincere. Un po' le scocciava, però. Non aveva molta voglia di esibirsi nella sua solita persona, quella che metteva su contro il mondo, e il fatto di non poter scegliere con chi parlare la infastidiva non poco. Era un avvocato, il suo tempo era prezioso, costava caro, e cederlo per beneficenza non la entusiasmava particolarmente, anche fosse solo per sei minuti prima di ogni scambio. Inoltre, indossava quel maglione orribile e non una delle sue gonne strette che piacevano tanto, quelle che mettevano in risalto le gambe. Decise di fare buon viso a cattivo gioco però, avrebbe sicuramente trovato il modo di rendere il tutto uno spasso.
    Al secondo incontro, Arden voleva già morire un po'. Era passata da un maestro d'asilo che odiava i bambini a un quarantenne indeciso che ancora viveva con i suoi, e che in quel momento stava decidendo, a occhi bassi, se preferisse mare o montagna. Si sporse lateralmente, Arden, per guardare Mike seduto con una bionda al tavolino davanti al suo. Ridevano e si lanciavano sguardi maliziosi. ti odio. Catturò gli occhi del fratello per mimare quelle due parole con le labbra, lo sguardo sottile tra le palpebre un po' schiacciate. Qualche secondo per tornare dritta e, senza sapere di cosa stesse parlando, interrompere l'uomo a metà frase. Scusami un secondo tesoro. Torno subito. L'aveva detto con il solito charme, la voce calda e un sorriso dolce sulle labbra mentre allungava una mano per sfiorare quella dell'altro, un tocco leggero ma che sapeva essere efficace con i tipi come lui. Alzandosi si sistemò il maglione sulle spalle, avvicinandosi poi al tavolo dove il fratello stava avendo fin troppo divertimento. Non era giusto. Ciao, come sta andando? Si sta comportando bene? Arden, la sorella, piacere. Chiese con il sorriso più affabile che riuscisse a sfoggiare. Poggiandogli le dita su una spalla, Arden si piegò verso di lui per dargli un bacio sulla guancia, scompigliandogli poi i capelli come fosse un bambino, un infante anche un po' lento. Vi ho visti insieme e mi si è stretto il cuore. È così bello vederlo tornare a sorridere, vederlo accettarsi ed essere accettato da una donna come te. Bellissimo mascara comunque, è della mac? Recitare le piaceva, alla materna puntava sempre i piedi per terra per ottenere il ruolo che meritava, quello della protagonista. Si inumidì le labbra, mentre le mani facevano dei massaggini sulle spalle del fratello. Sai, non è stato facile, si è buttato tanto giù, sopratutto il primo periodo. Diciamo tanto degli uomini ma noi donne sappiamo essere inclementi! È una persona d'oro, il mio Mike, disfunzione erettile o meno... Gli diede un buffetto sulla guancia, ignorando lo sguardo di disagio di Mike e quello imbarazzato della ragazza, per continuare a osservare il fratello come fosse per lei un motivo di orgoglio. Ok la smetto, è che sono così fiera di lui! Continuate così, siete stupendi insieme, meglio dei ferragnez! (???) Girò sui tacchi con un movimento repentino, i capelli ondeggianti sulle spalle e un sorriso che, Mike non poteva vederlo, andava da orecchio a orecchio.
     
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