The most beautiful makeup of a woman is passion

Elise & Agnes

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    Osservò il suo riflesso sul vetro dell’ampia vetrata che dava verso l’esterno. Era stata una serata di lavoro abbastanza tranquilla, anche se così lunga da esserle sembrato che non sarebbe finita mai. La stanza rosa era quella che più le piaceva, provava sempre una strana allegria quando sapeva che, per una sera, sarebbe stata tutta sua. Forse era semplicemente quel colore a piacerle, oppure il modo in cui quella stanza era arredata o si apriva verso l’esterno, permettendole di vedere fuori. Nelle altre certe volte finiva con il sentirsi in gabbia, senza una via d’uscita. Le ampie vetrate di quella che lei chiamava la stanza rosa, invece, le permettevano di avere uno spiraglio sul mondo, qualcosa a cui aggrapparsi nei momenti in cui la sua mente cercava di andare in tutt’altre direzioni, facendole perdere la cognizione del tempo. Non le piaceva perdersi, neppure se si trattava di pochi momenti. Sentiva sempre il bisogno di avere la vita sotto controllo, di capire che cosa e chi avesse attorno, soprattutto quando si sentiva più fragile. Raramente si ritrovava a preoccuparsi per qualcuno che non fosse se stessa. Essendo cresciuta da sola, senza affetto materno o paterno, non era così brava nel dire a parole agli altri che cosa provasse. Con i suoi amici più cari era facile far trapelare con i gesti, i sorrisi e gli sguardi che cosa le passasse per la testa, ma con gli estranei cercava di mantenere un certo controllo, di non far mai trapelare all’esterno che cosa si nascondeva dentro di lei. Detestava essere compatita, essere guardata come se fosse un fragile fuscello da proteggere, perché incapace di andare avanti da sola. Era proprio per questo che aveva cercato di delineare la figura di Rose e dietro di essa si nascondeva per allontanarsi un po’ dalla sua vita. Il lavoro al Lust, oltre che un ottimo stipendio, le aveva offerto la possibilità di giocare non solo con i clienti, ma anche con se stessa, scegliendo ogni volta per sé un tratto diverso, magari un dettaglio su cui concentrarsi una sera piuttosto che un’altra, per non essere la solita Elise di tutti i giorni, quella che, guardandosi allo specchio, avrebbe visto soltanto ombre e ben poca luce. Le capitava ancora, in rare occasioni, di ripensare ad Harald, alle sue mani che serravano la stretta sul suo collo e al respiro che si faceva sempre più difficile. Si chiedeva come avesse fatto a sopportare in silenzio, per tutti quegli anni, senza mai reagire. Provava rabbia ogni volta che quel dettaglio le solleticava la mente. Anche in quell’occasione, mentre osservava un leggero segno rosso sul suo collo, la sua mente tornò a quel momento, alla paura che aveva provata giusto un attimo prima che la sua particolarità prendesse il controllo su di lei, abbattendo ogni ostacolo tra lei e la sua libertà.
    Dopo la sua dipartita era stato molto più difficile andare avanti senza un lavoro, visto che Karen non si era mai impegnata troppo nell’occuparsi di lei. Vendere quel poco che aveva per mettere da parte qualche soldo era stata la cosa più semplice da pensare, non sapendo che altro fare. Per anni la sua vita era stata una continua attesa ai bordi delle strade. Era stata Arden poi a farle conoscere il Lust e aiutarla a ottenere un posto al suo interno. L’amica era sembrata molto preoccupata nel vedere come la sua vita nel tempo aveva iniziato a crollare in mille piccoli pezzi e di come Elise non sembrasse interessata a rimetterli insieme. Per anni si era limitata a tirare avanti, come se la sua stessa vita per lei non avesse alcun interesse. Le droghe e l’alcol erano stati l’unico modo per smettere di pensare, per illudersi di essere felice. Era entrata in una spirale di distruzione dalla quale non voleva uscire, ma per fortuna gli amici l’avevano aiutata a farlo. Non poteva dire di aver smesso con quella roba. Ancora le capitava di alzare un po’ troppo il gomito o di acquistare sostanze stupefacenti da tenere di scorta, ma poteva dire di avere la situazione sotto controllo, in qualche modo. L’impulso irrefrenabile di usarle si presentava solo nei momenti più difficili, per il resto del tempo riuscire a mantenere la lucidità e andare avanti. Aveva preso molto sul serio le regole del Lust, le prime in tutta la sua vita a cui avesse deciso da sola di sottostare. Di norma si arrabbiava sempre quando qualcuno cercava di dirle che cosa doveva fare e come lo doveva fare, ma in quel caso, non appena il suo volto si era posato sugli arredi eleganti e ricercati di quel luogo, tutto il resto era come sparito e si era detta che avrebbe fatto qualunque cosa per lavorare anche lei lì, come Arden. Le era sembrato quasi una reggia. Un posto del genere lo aveva visto forse solo al centro Icaro, ma quello era tutta un’altra storia.
    Si allontanò dalla finestra, recuperando alcuni dei suoi vestiti e mettendoli addosso, per poi risistemare l’acconciatura e il trucco, stando ben attenta a ripristinare il rossetto, un vezzo che ormai la abbandonava mai. Gettò una veloce occhiata in direzione dell’orologio, sembrava abbastanza tardi, si chiedeva se ci fosse ancora qualcun altro nell’edificio oltre a lei. Si sedette sul letto per un momento, rimettendo ai piedi le scarpe col tacco alto che aveva scelto per quel giorno per poi sorridere. Le piaceva indossare quel genere di cose, anche se soltanto per lavoro. Fuori da lì, infatti, tutti quegli accessori e tutta quella cura verso se stessa le sembravano del tutto fuori luogo. Uscì piano, con la sua borsetta sotto il braccio, muovendosi verso il guardaroba dove tutti potevano lasciare i loro cappotti e giacche e fu allora che colse la figura di Agnes, sempre impeccabile, che si muoveva per il Lust. Si fermò, come incantata dal modo in cui il suo capo si muoveva, con un sinuoso ondeggiare che avrebbe potuto lasciare senza parole chiunque. L’aveva sempre trovata una donna molto interessante e invidiava il fatto che sapesse sempre apparire impeccabile, in ogni istante. Aveva avuto modo di scorgere velocemente qualche sua conversazione ed era rimasta affascinata dal tono a tratti provocatorio, a volte tagliente che tuttavia non risultava mai scontato o fuori luogo. Era in qualche modo un esempio per Elise, qualcosa verso cui le sarebbe piaciuto tendere, se solo avesse saputo come fare. Sorrise nella sua direzione, dopo diversi istanti di silenzio, quando lo sguardo di Agnes si posò per un momento su di lei. -Salve. - disse quindi, abbassando appena il capo in un leggero cenno di saluto. Lavorava per lei da qualche anno eppure era stato state rare le occasioni in cui avevano avuto modo di parlare al di fuori del lavoro e per questo provava ancora un certo timore riverenziale nei suoi confronti. -Io avrei concluso. - disse, anche se immaginava che già lo sapesse, avendo visto il cliente andare via diverse decine di minuti prima, piuttosto tranquillo e soddisfatto. Aveva notato che Agnes prestava sempre attenzione a tutto: alla soddisfazione dei clienti, senza dubbio, ma anche a quella dei suoi dipendenti. Immaginava che, se lei avesse urlato dalla sua stanza perché qualcuno avesse cercato di ucciderla, Agnes avrebbe trovato il modo di fermarlo. -C’è qualcosa che posso fare? - domandò, lasciando che un sorriso più morbido e sereno facesse capolino sulle sue labbra in quel momento. Era tardi e probabilmente per lei era ora di andare, ma non le sarebbe dispiaciuto trascorrere qualche minuto insieme ad Agnes. Dopotutto il taxi per tornare a casa non lo aveva ancora chiamato.
     
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