La mordidita

Iago x Nora (aiuto)

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Cittadini
    Posts
    2,692
    Reputation
    +2,159

    Status
    Anonymes!
    Iago Gabriel Blanco Torres|38 y.o.|Time traveller|
    Nel rispetto di tutti i lettori si avvisa che da questo punto in poi sono presenti tematiche di: [Descrizione o discussione estesa di uso di droghe pesanti].
    Ricordiamo che si tratta di un'opera immaginaria, frutto della fantasia di chi scrive e che non mira a danneggiare nessuno nello specifico.


    Il mondo si stava rivoltando ai suoi abitanti, o almeno così accadeva in quel luogo dimenticato dai più. Nemmeno Iago, che sembrava avere sempre il controllo su ogni cosa, poteva sapere come fermare quel degenerare d’eventi. Non che volesse, in effetti. Nonostante l’aumento dei controlli, il non avere tanta gente tra le palle era un bene per gli affari. Ormai si potevano consegnare anche casse di diamanti per strada, senza che nessuno battesse ciglio. Intanto la Besaid dell’ombra tramava per scoprire cosa avesse causato quell’epidemia, che nessuno oltre la città poteva conoscere o curare. Era un male che sembrava nato per la città stessa, un cancro che minava quei poteri che rendevano gli abitanti di Besaid esseri speciali, divini.
    Ma tanto Iago i povery non li toccava nemmeno prima, figuriamoci adesso.
    Dal suo ufficio, con visuale sulla città, osservava i pochi temerari avventurarsi per le strade e rischiare ogni volta di portare quel morbo a casa, ai propri figli e ai propri cari. Era una battaglia, quella, eppure l’argentino non la temeva. Si sentiva invincibile, superiore. Lo era sempre stato. Lui era Iago Torres, signore del tempo e delle armi. Non era mai stato così modesto da non sentirsi un dio. Sentiva di non poter essere scalfito da quel potere, di poterlo osservare fino trovarne il punto debole. Forse aveva sbagliato maschera, nella Setta: lui era decisamente più tendente alla superbia.
    ”Guardali Gavriel. Si muovono praticamente di corsa, in fuga da una minaccia invisibile. Chiunque abbia creato tutto ciò è un sadico quanto un genio. So apprezzare la creatività, e questa, credimi, è arte.”
    Si rivolse al rappresentante giunto lì a colloquio e al cui lavoro non stava prestando troppa attenzione, rapito dal marasma che si apriva fuori dalla finestra.
    Era affascinato da quella malattia, dai suoi effetti, dalla sua adattabilità a quel contesto, dalla sua perfezione. Era amorale, Prometheus, in grado di cogliere la bellezza anche nell’apocalisse.

    . . . . .


    Ed era senza paura, tanto che quella sera non si fece problemi a dirigersi al Bolgen per una festa. Perché finché c’era vita, la paura non esisteva. Scarpe tirate a lucido, pantaloni rosso-arancio che Iago lo saprà come se chiama sto colore ma io no, tipo i cachi insomma, camicia bianca con le iniziali ricamate e gemelli ai polsi.
    ”Muchaco, metti Ana Mena.”
    Ordinò all’autista, mentre sul retro lasciava cadere della bianchissima coca sul bracciolo e la squadrava per farne una riga. Quella ormai era diventata la sua nuova fissa: Ana Mena, intendo. Non aveva ancora superato il lutto per Raffaella, ed ogni mattina si svegliava cantando “A far l’amore comincia tu”. Ma Ana aveva quel non-so-ché di neomelodico che lo faceva bailar anche nelle situazioni tristi. Una chica muy caliente che avrebbe di certo dovuto chiamare per qualche evento. Certo, con la pandemia in corso non era il caso, ma che dire.
    Dovette stringere gli occhi, con le narici che bruciavano, invase da spirate d’oro colombiano. Si mise una mascherina, giusto per entrare nel locale, evitando di toccare troppa gente perché dai, i norvegesi erano zingari #wat. Gli stessi zinghiri che secondo recenti ipotesi avrebbero scatenato la pandemia
    La musica era inascoltabile, tutto bum bum ye yo(?) che chissà se era drill norvegese(?). Boh, Iagone era un po’ boomer, dopo Raffa non plus ultra. Si fece uno shot di vodka appena arrivato, prima ancora di guardarsi intorno. Il locale era semivuoto, perfect. Si avvicinò alla consolle, richiedendo ovviamente Ana Mena, e iniziando ad ancheggiare sul pezzo house di Mezzanotte. Come lo gasava quella biondina, nessuno mai. Poi partì il pezzone e addio tutto, abbiamo perso Iago e la sua dignità. Il ritmo latino lo riportava alle serate disagio insieme a Pedro sullo yacht. Ancheggiava caliente(?), mentre lo sguardo si posò su una ragazza al bancone. Inutile dire che senza pudore, il Torres le fece praticamente una lastra, squadrandola da cima a fondo per poi finire con un cenno di conferma(?). Si avvicinò a lei, non smettendo di ballare.
    ”Hola guapa, bevi qualcosa con me?”
    Sguardo da brigante , occhio scintillante(?), IL SUO NOME E’ ROBIN HOOD!, ciuffo ribelle, seniores y senioras, el chico malo estas in pista #wat.
    Si avvicinò, appoggiandosi al bancone e guardandola in volto. Parte che fino a poco prima aveva tralasciato.
    ”Eres tanto temeraria da uscire en estas noches peligrosas, ma non abbastanza da gettarte nelle danze?”
    Chiese, nel suo norvegese misto argentino. In certe situazioni ormai non faceva più caso a parlare bene, soprattutto quando era a briglia sciolta come quella sera ma chissà che cazzo ho scritto.

    Ho dimenticato pure il codicino. Boh, beccate sto schifetto(?)
     
    .
  2.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Cittadini
    Posts
    16,567
    Reputation
    +2,797
    Location
    ..un luogo al di là del tempo e dello spazio..

    Status
    Anonymes!
    La città era in fermento. Da mesi ormai ogni abitante sembrava guardare gli altri con sospetto, come se si aspettasse che un nuovo malato potesse apparire da un momento all’altro, davanti ai suoi occhi. Alcuni avevano scelto di chiudersi in casa, di non utilizzare più le particolarità, di vivere una vita di rinunce nella speranza che quel morbo silenzioso li lasciasse in pace. Alcune persone erano finite in ospedale, in coma, qualcuno forse invece non ce l’aveva fatta e tutto era iniziato con una stupida festa. La festa in cui persino Bella aveva rischiato di rimanere ferita. Aveva provato anche lei a trovare le cause, a darsi delle spiegazioni, ma non c’era riuscita. Non c’erano tracce delle persone che potevano aver dato inizio a tutto quello, né delle loro motivazioni. Quindi, mentre la gran parte della città sceglieva di nascondersi, Nora, invece, aveva scelto di continuare a vivere. Dopo tanti anni trascorsi a desiderare di perdersi, sparire in mezzo alla folla e lasciarsi andare all’oblio, ora era come se qualcosa fosse scattato dentro di lei. Probabilmente era la sua indole ribelle a spingerla sempre contro corrente, anche in momenti come quello. L’idea di vivere una vita senza la tecnopatia era per lei qualcosa di assolutamente irragionevole. Avrebbe preferito morire piuttosto che accettare di diventare una persona normale, priva di qualunque potenziale. Quindi, in barba alla preoccupazione delle altre persone e soprattutto dei suoi amici, aveva continuato a frequentare i soliti locali e a fare ricorso alla sua particolarità quando ne aveva bisogno. Le persone attorno a lei continuavano a sparire e l’idea quindi di essere un catalizzatore per la sfortuna aveva ripreso a farsi largo dentro di lei, come quando era bambina. Sentiva la necessità di bere fino ad annebbiare il cervello e magari trovare qualcuno con cui terminare la serata.
    Aveva indossato un vestito semplice ma particolarmente vistoso, visto il tessuto luccicante di cui era composto, un paio di scarpe con il tacco nere e una giacca in pelle, accompagnata da una piccola pochette, sempre nera, dove aveva infilato le chiavi di casa, quelle della macchina, un po’ di soldi e il cellulare. Non portava mai molto con sé in quelle occasioni, anche perché raramente era in grado di tornare da sola al termine delle serate. Si era quindi diretta verso il Bolgen, dove quella sera si sarebbe tenuta una festa e aveva salutato il personale all’ingresso. Aveva iniziato a frequentare quel locale nel periodo in cui aveva conosciuto Paul, il proprietario, e anche dopo che si erano lasciati lei non aveva smesso di farsi vedere lì. Erano adulti, dopotutto, non era il caso di fare delle scenate. Si diresse verso il bagno, dando una ravvivata ai capelli per poi estrarre da una piccola taschina all’interno della borsa delle pillole. Ne prese una mandandola giù con l’acqua del rubinetto e attese qualche secondo. Non ricordava, quanto ci avrebbe messo ad agire? Ne prese un’altra, giusto per essere più sicura, poi rimise la bustina al sicuro, prima di tornare in mezzo alla folla. Faceva fatica a stare in compagnia di così tante persone senza una piccola spinta, quindi si diresse verso il bancone, prendendosi ancora qualche momento. Ordinò qualcosa da bere che mandò giù senza pensarci troppo, fissando lo specchio di fronte a lei. Le luci colorate alle sue spalle facevano uno strano gioco di riflessi su quella superficie. Sorrise appena mentre la testa iniziava a farsi un po’ più leggera. Si voltò soltanto quando il sound all’interno della sala cambiò, lasciando il posto a della musica latina. Inarcò appena il sopracciglio, poi si strinse nelle spalle. Un tipo che non le sembrava di aver mai incontrato ballava al centro della pista con aria piuttosto sicura di sé, doveva essere stato lui a richiedere il cambio.
    Ordinò un altro drink, alla ricerca del giusto coraggio per buttarsi sulla pista anche lei. Proprio in quel momento però il tizio tirato a lucido si avvicinò a lei, continuando a ballare con il ritmo nel sangue. Era per caso latino anche lui? Si voltò appena, colpita dal suo strano modo di mischiare il norvegese e lo spagnolo, mentre il barista le portava il suo drink. -Sì, perchè no? - rispose quindi, in tutta tranquillità. Lo osservò più da vicino, notando la strana camicia con delle iniziali ricamate e persino i gemelli ai polsi. -E’ la prima volta che vieni qui? Sono abbastanza sicura di non averti mai visto. - aggiunse quindi. Uno così se lo sarebbe sicuramente ricordato vista la massa di balordi che incontrava di solito. Inarcò le sopracciglia quando l’altro ricominciò a parlare, mormorando un sacco di termino di cui non afferrò il significato. -Credo di essermi persa la metà del suo discorso. - ammise, senza alcuna vergogna. Andare dritta al punto ed essere sin troppo diretta era da sempre la sua migliore qualità. -Ad ogni modo, non sono ancora abbastanza ubriaca per ballare, ma a questo si può rimediare. - rispose, mandando giù il contenuto del suo secondo bicchiere per poi guardare il tipo di cui neppure sapeva il nome ancora. -Che cosa prendi? - chiese, prima di fare un cenno al ragazzo al di là del bancone per attirare la sua attenzione e farsi portare degli altri drink. -Ah comunque, io sono Nora, mentre tu sei? - domandò, giusto per avere un modo con cui chiamarlo per il resto della serata, sicura che, il giorno successivo, lo avrebbe dimenticato, insieme a tante altre cose. Iniziò a sentire la testa farsi un po’ più leggera, segno che le pasticche stavano facevano il loro effetto e che quindi di lì a breve anche lei avrebbe accettato di scatenarsi nel mezzo della pista.
     
    .
1 replies since 11/6/2022, 17:24   81 views
  Share  
.
Top
Top