Baby I will find you, just wait a little longer

Amy & Pedro

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  1. 'misia
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    Tremava. Forse era il contatto con il pavimento gelido sotto di lei, forse era il freddo della notte, o forse era la paura che aveva pervaso ogni più piccola cellula del suo corpo. Non aveva idea di dove si trovasse, né di come avesse fatto a finire in quel posto buio che puzzava di umido e di paura. Chi erano gli uomini che l’avevano aggredita? E perché si erano presi la briga di portarla sino a lì? Sentiva il cuore batterle all’impazzata nel petto, mentre tutto il resto del suo corpo continuava a tremare all’unisono, come se fosse quel vorticoso tremore a tenerla tutta insieme. Sentiva un certo dolore alla testa, come se avesse preso una botta, ma no, ricordava il pizzico della siringa, doveva essere la sostanza che le avevano dato per addormentarla e rendere più semplice la sua movimentazione. -C’è qualcuno? - chiese di nuovo, ancora, cercando di sollevare la voce, nonostante la gola secca per la sete non la aiutasse poi molto. Aveva paura che quelle persone tornassero, ma allo stesso tempo aveva anche paura di restare lì, da sola, per chissà quanto tempo. Quanto ne era già passato? Minuti? Ore? Forse persino pochi giorni? -EHI! - chiamò di nuovo, a voce ancora più alta, mentre solo l’eco delle sue parole tornava indietro, facendole intuire che non doveva esserci nessuno là fuori o che, chiunque ci fosse, non aveva nessuna intenzione di darle delle spiegazioni. Strisciò sul pavimento alla ricerca di un muro contro cui poggiare la schiena, cercando di mettersi dritta e di mettere a fuoco la stanza in cui si trovava. Il buio le lasciava intendere che non dovesse esserci alcuna finestra o che, in alternativa, doveva essere ancora notte fonda. Un leggero spiraglio di luce però, a qualche metro da lei, le suggeriva che fosse la prima l’opzione giusta e che, nella stanza accanto alla sua, doveva esserci almeno una piccola finestra che dava verso l’esterno. O magari era solo la luce elettrica a rischiarla. Chiuse gli occhi e cercò di prendere un profondo respiro. Tentò di concentrarsi, di fare appello a tutte le sue forze per attivare la sua particolarità e cercare di tornare indietro, anche se non sapeva bene di quanto tempo potesse trattarsi. Poteva provare con un giorno, ma se non fosse stato abbastanza? Non sarebbe riuscita a tornare di nuovo indietro in poco tempo, le sarebbe servito del tempo per riprendersi. No, forse era meglio cercare di tornare indietro di due giorni, quello le sembrava più sicuro. Provò e riprovò, senza tuttavia riuscire a percepire niente. Forse era la paura, forse era la stanchezza e forse era la roba che le avevano iniettato, non ne aveva idea, sapeva soltanto che era bloccata lì. Sentì le lacrime scendere di nuovo attraverso i suoi occhi chiusi mentre cercava dentro di sé qualcosa in grado di infonderle la giusta forza per non lasciarsi andare. Pedro. Il suo pensiero corse subito a lui, ancora una volta. Quanto avrebbe voluto che lui fosse lì con lei. Lui avrebbe senz’altro saputo che cosa fare. Lui non si sarebbe perso d’animo. Lui non avrebbe avuto paura.
    Rimase in silenzio per un po’, destabilizzata dal pensiero di non poter fare nulla per cambiare la sua condizione e dall’idea che, per quanto lei potesse sforzarsi di urlare e di strepitare, nessuno sarebbe venuto a prenderla, non lì. Neppure Pedro. Come avrebbe fatto a trovarla dopotutto? Poteva bastare che lei cercasse di chiamarlo con la mente? Che lei si concentrasse soltanto su quello e continuasse a parlare, ancora e ancora, solo dentro la sua testa? Quanto doveva essere vicino per poterla trovare? Ma no, era un pensiero sciocco, sciocco e folle. Lui era altrove, distante, lui non poteva raggiungerla. Chissà quanto ancora avrebbero attese prima di parlarle di nuovo e magari spiegarle per quale motivo l’avevano portata lì. Cercò di pensare a cosa poteva essere accaduto, senza riuscire a darsi delle risposte che avessero un senso. Mantenne gli occhi chiusi fino a quando non riuscì a percepire alcuni rumori dall’altra parte, forse voci che arrivavano lontane e ovattate e poi il rumore di qualcosa di metallico, prima che la porta iniziasse a muoversi facendo penetrare un po’ di luce. Bastò quello spiraglio a farle chiudere di nuovo gli occhi, accecati persino da quella poca luce dopo il buio a cui si erano abituati in quegli ultimi momenti. Quanto tempo era passato? A un certo punto aveva provato a contare i secondi, per cercare di tenere il numero dei minuti, ma aveva perso il conto in fretta, troppo stanza per poter compiere un’operazione così lunga. Con gli occhi ancora chiusi per il fastidio si sentì afferrare per le caviglie e trascinare fuori con forza. Istintivamente cercò di divincolarsi, ottenendo soltanto un pesante calcio in risposta che la fece piegare su se stessa per il dolore. Sentì un altro pavimento freddo sotto di lei, liscio e di un materiale che non riuscì a comprendere con il semplice tocco della mano. Attese di essere di nuovo ferma prima di riaprire piano gli occhi, ritrovandosi a sgranarli non appena si trovò davanti una figura decisamente conosciuta. Battè le palpebre con aria incredula, una, due, tre volte, sperando di vedere quella figura mutare una volta riaperti gli occhi con aria più sicura. Invece, malgrado tutti i suoi tentativi, la figura di Pedro se ne stava dritta di fronte a lei, immobile, con la stessa aria incredula che doveva avere lei impressa sul volto. Che cosa ci faceva lui lì? Era arrivato per portarla via? No, non sembrava affatto che le cose stessero in quel modo, non dallo sguardo che le aveva rivolto.
    Si mosse per raggiungerla, afferrandola per il busto e aiutandola a rimettersi seduta e poi in piedi, tenendola stretta a sé. Amelie chiuse gli occhi, posando le mani di rimando contro la schiena di Pedro e stringendosi appena a lui, mentre inspirava il suo profumo alla ricerca di una minima fonte di sicurezza che la aiutasse a calmarsi e regolarizzare il battito del suo cuore. Rimase in silenzio, ancora aggrappata a lui, mentre l’uomo invitava, in maniera poco gentile, gli altri due ad andarsene da quella stanza, ricevendo una risposta indispettita da uno dei due uomini che non riusciva a capire per quale motivo lui si stesse comportando in quel modo. Cercò di fermare i pensieri, di smettere di porsi tutta una serie di domande scomode che, lo sapeva, sarebbero esplose di lì a momenti, lasciandola completamente destabilizzata. Era questa la vita che faceva? Era per questo che non aveva mai voluto parlarle del suo lavoro? Ma perché avevano preso proprio lei? E chi era quell’uomo che aveva appena nominato, per farsi più forte di fronte agli altri due? Trattenne il respiro mentre sentì i passi degli altri uomini farsi via via più distanti e la stretta di Pedro farsi più leggera ora che erano finalmente da soli. Si lasciò guidare su una sedia, senza capire perché ancora lui la tenesse lì, perché non le permettesse semplicemente di andare via, scappando via con lei. Si sforzò di non piangere mentre lui si inginocchiava vicino a lei, accarezzandole appena il volto e cercando di controllare se stesse bene, se fosse ancora tutta intera. Si ritrovò però a scuotere il capo quando lui iniziò a farle delle domande, a chiederle perché fosse lì, che cosa sapesse e cosa centrasse lei con la questione di una fantomatica setta. -Io.. io non.. - iniziò a dire, ancora più confusa, fermandosi a metà della frase, come se non sapesse neppure come continuare. Persino lui credeva che lei nascondesse qualcosa? Non si fidava di lei? -Io non so perché sono qui. - disse, con la voce tremante, in preda a un panico crescente che non riusciva più a mettere da parte. -Di che setta stai parlando? Di cosa stai parlando Pedro? - domandò, la voce ora un po’ più acuta mentre sollevava lo sguardo sul suo e a quel contatto anche le lacrime ripresero a scendere, a distanza lenta e cadenzata, sul suo viso. Non riusciva a capire, che cosa volevano da lei quelle persone? Che cosa lui si aspettava da lei in quel momento?
    -Chi erano quelle persone?- chiese, con aria confusa, cercando tuttavia di ritrovare la forza e la determinazione che la vista di Pedro aveva completamente annullato. Aveva atteso il suo arrivo con ansia per tutto quel tempo e ora che era lì invece avrebbe preferito trovarsi sola, avrebbe preferito che lui non avesse nulla a che fare con tutto quello. -E perché tu sei qui? Che cosa centri con tutto questo? - incalzò ancora, dando voce a quello che le passava per la testa. Non aveva risposte per lui, solo domande, a cui lui probabilmente non avrebbe risposto. -E’ questo che non mi hai mai detto? E’ questo che fai? - domandò, mentre i suoi occhi si riempivano di un numero sempre crescente di lacrime. Aveva immaginato sin dal primo momento che dovesse esserci qualcosa di illegale nella vita che Pedro conduceva e aveva creduto di poterlo accettare, di poterlo superare insieme a lui. Invece ora che si trovava lì, ora che quella vita da cui l’aveva sempre tenuta lontana le era appena stata sbattuta in faccia, si chiedeva come avrebbe fatto ad andare avanti e fingere di non sapere, come avrebbe fatto a dimenticare quello che aveva appena vissuto. -Che cosa volete da me? Che cosa state cercando? - chiese, tirando su con il naso, mentre cercava di tenersi almeno a qualche centimetro da lui e di guardarlo dritto negli occhi, nonostante la paura che ancora le si agitava dentro e la faceva tremare. -Io voglio solo andare a casa. Ti prego Pedro. - mormorò, con voce bassa e ancora singhiozzante, le guance arrossate dal pianto e gli occhi ancora lucidi. -Ho paura. - ammise, cercando di combattere la voglia di stringergli le mani, di abbracciarlo e stringersi a lui. Avrebbe voluto che lui le dicesse che era solo un incubo, che nulla di tutto quello era reale, che si sarebbe risvegliata trovandolo nel letto accanto a lei, con un sorriso sereno e la sua solita espressione gentile. Invece la sua espressione ora le diceva che tutto era reale e che neppure lui sapeva se sarebbero riusciti a superare quel colpo.
     
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