Baby I will find you, just wait a little longer

Amy & Pedro

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  1. 'misia
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    Il cuore le batteva nel petto a una velocità sempre più elevata. Più i secondi passavano e più la paura si impadroniva di lei, cancellando ogni altra cosa. Aveva creduto che non potesse esserci nulla di peggio che trovarsi rinchiusa in una cella buia, senza sapere chi, né perché avesse deciso di farle quello. Aveva creduto che qualcuno l'avrebbe trovata, che Pedro, notando la sua assenza, avrebbe allertato la polizia e l'avrebbe fatta salvare. Si era aggrappata a quel pensiero con tutte le sue forze nelle ore buie che aveva trascorso rinchiusa. Invece, lui era lì, di fronte a lei, dalla stessa parte delle persone che l'avevano rapita e non poteva fare a meno di chiedersi perché. Le aveva detto fin dal principio che c'erano delle parti della sua vita oscure di cui non avrebbe potuto né voluto parlarle, ma non aveva mai creduto che potessero essere così oscure, che fosse davvero una vita da criminale quello che cercava di nasconderle. Era stata sciocca a sottovalutare la cosa e decidere di poter aspettare per avere una risposta, per avere una visione davvero panoramica della sua vita.
    Lo guardava ora, cercando quei suoi occhi scuri e sperando di leggere al loro interno che era tutto un malinteso, che quella non era la realtà. Ma quella vana speranza si era abbattuta velocemente contro il gelo della realtà. Non lo conosceva. Forse non lo aveva mai conosciuto davvero. O forse, più semplicemente, si era rifiutata di cogliere i segnali che lui aveva disseminato come le briciole di Pollicino. Si sentiva così piccola mentre lo osservava, balbettando parole che suonavano solo una litania inutile. Pianse mentre cercava disperatamente di trovare una risposta diversa, di cancellare ogni cosa stesse accadendo di fronte a lei. Ma neanche le lacrime riuscirono a lavare via quella vista. Rimase immobile mentre lui allungava una mano per spostarle una ciocca di capelli dal viso. Era spaventata ma era comunque convinta di non avere nulla da temere da lui, almeno questo voleva crederlo. Abbassò appena lo sguardo, cercando di fare mente locale e di trovare all’interno dei suoi ricordi qualcosa che potesse rispondere alla sua domanda. Attese qualche secondo, poi annuì. -Sì. - disse, fissando il pavimento per un istante mentre cercava qualche dettaglio più nitido. In effetti qualche settimana prima era stata avvicinata da un ragazzino fuori dal motel, ma non ci aveva dato peso. -Un ragazzo, qualche settimana fa. - mormorò ancora. Le parole esatte che aveva utilizzato per cercare di convincerla ora le sfuggivano, ma ricordava di non essersi trovata d’accordo con le sue idee. -Ha provato ma ho rifiutato. Io non ho alcuna paura della mia particolarità. - continuò, spiegando il motivo che l’aveva spinta a quel rifiuto. Le parole di lui le erano suonate poco convincenti, come se fosse qualcuno ancora poco incline a quel genere di cose. -Ma era solo un ragazzino, sembrava così spaventato. Gli è successo qualcosa? Ha fatto qualcosa che non va? - domandò, posando le mani sulle spalle di Pedro per poterlo guardare meglio negli occhi. Davanti al pensiero che a quello che le era parso un innocente fosse capitato qualcosa tutto il resto sembrava sparire. Il suo grande cuore le aveva sempre imposto di preoccuparsi degli altri prima che di se stessa, in questo lei e Pedro erano sempre stati molto simili. Forse era stata proprio quella comunione di intenti a unirli la prima volta e spingerli a fidarsi l’uno dell’altra. Ripensò a quel ragazzino e prese un profondo respiro. Si trattava davvero di quello? Di una organizzazione con cui lui o quelli per cui lavorava erano in lotta?
    Prendendo il coraggio a due mani cercò di capire che cosa fosse successo e chi fossero le persone che l'avevano avvicinata sul fare della notte per poi intrappolarla in quella sorta di cella. Continuò a porgli domande, una dopo l’altra, sperando di ottenere almeno l’ombra di una spiegazione plausibile. La presa di Pedro sul suo viso si allentò, come se all’improvviso avesse voluto mettere una nuova distanza tra di loro, come se non fosse più possibile tornare indietro e recuperare quello che avevano avuto fino a soltanto un giorno prima. Lui si rimise in piedi, allontanandosi appena per darle le spalle e lei rimase ferma, seduta su quella sedia, a trattenere il respiro. Una tempesta sembrava aleggiare su di loro e dopo il suo passaggio non sapeva se sarebbe rimasto ancora qualcosa a cui aggrapparsi. -Sei tu che non mi hai permesso di vederti davvero prima di questo momento. - mormorò, come se volesse giustificarsi per quello sguardo spaventato, per il battito accelerato, per lo sgomento che tutta quella situazione aveva creato. Quante volte aveva provato a chiederglielo? E quante lui aveva rifiutato di risponderle? Ma lui aveva ragione. Sarebbe cambiato qualcosa se anziché vederlo con i suoi occhi lui le avesse raccontato qualcosa sulla vita che conduceva? Lei avrebbe giurato di sì, che accettarlo sarebbe stato più semplice, visto filtrato attraverso i suoi occhi e non da un freddo pavimento. Continuò a parlare, cercando di giustificarsi, assicurandole che non avrebbe mai fatto del male a un innocente. Serrò le labbra, mordendosele quasi per evitare di parlare e di dire qualcosa di cui si sarebbe potuta pentire. Credeva forse che lei non fosse? I suoi uomini lo credevano sicuramente, o non sarebbe stata lì. Gli domandò quindi che cosa volessero, che cosa doveva fare per poter ottenere di nuovo la sua libertà, sempre che ci fosse un modo per tornare a casa. Aveva il potere di farla tornare a casa? O la sua presenza non era un’ombra di quella libertà che non avrebbe più potuto assaporare? Lo osservò attentamente mentre si riavvicinava e le prometteva, in ginocchio, che avrebbe trovato una soluzione e che una cosa come quella non le sarebbe riaccaduta più. Poteva intravedere una certa preoccupazione dietro lo sguardo serio di lui. Non glielo avrebbe detto ma temeva che portarla fuori da lì lo avrebbe messo nei guai e lei non era sicura di poter sopportare che gli accadesse qualcosa. Avrebbe fatto meglio a restare lì? Rimanere intrappolare per salvarlo? Avrebbe avuto il coraggio di farlo? No. Temeva purtroppo di non essere così coraggiosa.
    Annuì, piano ma con convinzione, quando le chiese se poteva credergli, con voce bassa. Lo sapeva, lo sentiva dentro di sé, era certa che non fosse stata una sua idea e che lui non le avrebbe mai fatto una cosa simile ma si ritrovavano entrambi intrappolati nelle tele di qualcun altro e non sapeva se sarebbero riusciti a uscirne incolumi. Le disse di amarla e lei sorrise appena, abbassando lo sguardo per un momento nel farlo. Era sempre strano sentirglielo dire, bello come lo era stato la prima volta e ancora continuava a farla arrossire, nello stesso modo. -Ti amo anche io. - sussurrò appena, come se temesse che l’oscurità di quella stanza potesse cancellare le sue parole e sbriciolarle in mille frammenti. Anche per lei quello non era cambiato, forse non sarebbe cambiato mai. Ma non potevano continuare così, non più. Non era quello il momento di affrontare quella situazione, di parlarne e di giungere a un punto, ma quel momento era vicino. Avrebbero dovuto affrontare i segreti e tutte le cose non dette se volevano avere la possibilità di avere ancora un futuro insieme. Non lo disse a voce alta ma era certa che lui lo sapesse, senza neppure il bisogno di leggere nella sua mente per trovarvi qualcosa. Si sforzò di non pensare alle loro differenze, ai mondi diversi in cui dovevano aver abitato per tutto quel tempo, quasi del tutto autonomi ma tangenti in un unico punto, quello che univa lei a lui e lui a lei. Il loro amore sarebbe stato abbastanza per spazzare via tutto il resto? Non lo sapeva, ma sperava proprio di sì.
    Allungò una mano per afferrare quella di lui che le offriva uno stabile sostegno per rimettersi in piedi e uscire da quella stanza insieme a lui. Titubò un istante, non perché avesse paura di lui, ma perché temeva ciò che poteva attenderli fuori da quella porta. Lo guardò come a chiedergli se ne fosse sicuro, se fosse davvero convinto di poterla portare fuori, poi gli strinse la mano e si mise in piedi. Impiegò alcuni secondi a ritrovare la giusta sicurezza per stare sulle proprie gambe poi, piano, iniziò a camminare dietro di lui. Davanti a loro si aprì un corridoio scuro, illuminato solo da una serie di luci al neon sul soffitto. Si mossero piano, in silenzio, come se fossero state due ombre. Lui davanti e lei subito dietro, quasi coperta dal corpo alto e muscoloso di lui che ora si ergeva come uno scudo tra lei e il mondo. Percorsero diversi metri in silenzio. Lei quasi trattenne il respiro per evitare anche il più piccolo rumore. Incrociarono una coppia di figure di cui lei non riuscì neppure a scorgere le sembianze, udì solo di sfuggita le loro voci salutare Pedro prima di prendere una direzione opposta rispetto a quella che loro imboccarono. Chiuse gli occhi e si decise a espirare soltanto quando li sentì allontanarsi. Non dovevano averla notata. Era un buon segno. Strinse maggiormente la mano di lui mentre proseguivano, prendendo una rampa di scale che li avrebbe condotti un po’ più su. Sembravano scale di emergenza e intravide una porta in cima alla rampa. Sarebbe bastato davvero quello? Sarebbe stato così semplice uscire? Temeva di indulgere in quella speranza e di trovare invece qualche altro ostacolo sul loro cammino.
     
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