And when you face the truth, open your fucking eyes

Mia x Tara

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    Nel rispetto di tutti i lettori si avvisa che da questo punto in poi sono presenti tematiche di: [Implicita violenza sessuale, immagini disturbanti (corpi mostruosi
    gore), contenuti sensibili (percosse, omicidio).
    ].
    Ricordiamo che si tratta di un'opera immaginaria, frutto della fantasia di chi scrive e che non mira a danneggiare nessuno nello specifico.
    Le azioni descritte non sono ad ogni modo condonate e sono diretta responsabilità creativa di chi ha realizzato tali contenuti.



    And if you wanted atonement
    You'll get nothing from us

    Un mostro è una creatura fuori da ogni limite, da ogni controllo; un corpo che non si lascia ingabbiare, che non può essere domato, che morde e ferisce, un essere umano, una donna. Altre volte, erroneamente, è l'uomo ordinario, pieno d'odio, razionale, ad essere elevato al sovrannaturale ed allo straordinario. Diventa mostro perchè guardare dritto negli occhi di una società marcia è più difficile che rendere il carnefice altro, lontano, astratto. Tara tuttavia non era più spaventata di guardare quell'orrore negli occhi, ed esigeva che il suo sguardo venisse ricambiato. Se ti sei sentito in diritto di fare ciò che hai fatto e di pensare che non saresti stato punito, ora mi guarderai negli occhi. Magari in altre occasioni, in altre persone, gli uomini a cui andava a far visita avrebbero trovato redenzione, riforma, perdono. In lei invece non avrebbero scorto altro se non violenza. L'avrebbero trovata nel buio, a fissarli dall'angolo più nero, per profanare il posto che ritenevano più sicuro in assoluto: il loro letto. Non avrebbero trovato pace neanche nel rifugio del sonno, piegato in forme orribili sino al risveglio.

    Le palpebre che si spalancano sono l'unico movimento possibile, la fuga dall'incubo non è che un'illusione perchè il corpo è paralizzato, immobile. E quando l'occhio guizza ad identificare la minaccia in agguato in un istinto più che umano, Tara è lì che aspetta di essere vista.

    Quando era arrivata a braccare quest'uomo non pensava che i suoi orrori sarebbero stati così vicini a lei. Lo aveva osservato respirare profondamente finchè il suo corpo non aveva iniziato a contorcersi, il fiato a spezzarsi, la pelle a sporcarsi di sudore. Anche nei suoi sogni, quest'uomo aveva paura. Tara non sapeva cosa il suo arrivo avesse provocato nella mente della sua preda, ma sperava, secondo dopo secondo, che le sue visioni fossero sempre più orribili, la sua angoscia sempre più sgradevole mentre si agitava inutilmente per staccarsela di dosso. Occhi bianchi e tondi lo fissavano, e Tara si chiedeva quando si sarebbe svegliato - a quel punto, era solo una questione di tempo. Sapeva, anche, che di lì a poco, sarebbe stata lei a soffrire. La sua unica consolazione era che avrebbe fatto di tutto affinchè l'uomo di fronte a lei avrebbe ricevuto ancor più dolore. Non appena il terrore dell'uomo l'ebbe colpita nello sguardo, persino nella sua forma più mostruosa e potente, Tara si sentì imprigionata nel suo stesso corpo. Ricordi, sensazioni, sofferenze non sue si erano attaccate alla sua pelle e le si erano violentemente sovrapposte. Si chinò in avanti, ansimante, e liberò un grido orribile dalle labbra, anche se nessun suono emerse fuori da lei, la bocca coperta e chiusa da una mano invisibile e disgustosa mentre il cuore batteva in spasmi terrorizzati. Non aveva più voce, eppure sapeva a chi era stata tolta; riconobbe i lunghi capelli corvini che, tirati da mani crudeli, le pungevano lo scalpo, lo sguardo vitreo di una donna, fermo nei propri occhi bianchi fissi sul muro, come se la sua testa fosse stata bloccata lì contro la parete. Mia. Mai Tara aveva provato una rabbia ustionante come quella in vita sua; avvertiva dolore ovunque, il suo corpo, ora di Mia, piegato ad una violenza aliena dentro e fuori, eppure l'uomo che le era davanti non avrebbe visto che una massa informe di nero fissarlo da lontano, non avrebbe mai compreso l'entità del trauma che aveva inflitto. Fu allora che Tara si avvide del fatto che lei, anche in questo momento terribile, aveva la fortuna di poter reagire, di sfruttare il potere che Besaid le aveva affidato. Scattò allora in avanti, sino a sopraffare il corpo paralizzato dell'uomo e colpirlo, un prisma di denti, artigli ed ombre a torturarlo. Il respiro rotto dell'uomo lo sentiva sotto le gambe, il battitto di quel cuore inutile che accelerava, il suo sguardo che tentava di chiudersi. Guardami. Guardami ti ho detto! Ruggì lei, raggiungendo il volto dell'uomo con una mano affilata per stringergli la mascella in un palmo fosco, costringendolo a tenere il viso fermo dov'era. Lì vide, dritto nelle pupille di Tara, la sua fine: un annichilimento brutale, senza alcuna pietà. Il suo torace aperto in profondi squarci, il viso irriconoscibile non fosse per gli occhi, spalancati in una smorfia di terrore, le urla bloccate in gola prima che venisse strappata anche quella. Non era ancora successo però, e due lacrime, pesanti e calde, scivolarono dagli occhi dell'uomo mentre passato un minuto intero, Tara assumeva le sue naturali sembianze, una notturna, scurissima e mostruosa donna. Chi- Squittì l'uomo, e Tara lo osservò dalle pupille perlacee, pronta a sferrare il suo primo colpo, esattamente come lui l'aveva visto. Io sono lei.

    Io sono tutte. Risvegliatasi in casa propria sul pavimento dell'ingresso, con le mani ed il viso sporco di sangue, non appena riaprì gli occhi, in Tara riemerse ogni momento della notte precedente. Vedeva tutto chiaramente, lo sentiva nelle ossa. D'istinto scavò nelle tasche dei jeans per trovare il cellulare, raggiungere Tabby, chiederle aiuto. Si fermò di getto, stringendo il dispositivo in un palmo, ma lo gettò via richiudendosi su se stessa, come se avesse ricevuto una coltellata in pieno ventre, e ferma per terra, si abbandonò ad un pianto lungo e rabbioso. Quante ancora? Quanto dolore prima che questo si trasformi in vendetta? Quanti ancora non verranno puniti? Quanto ancora prima di essere libere? Una frustrazione, un trauma che spezzava Tara in mille pezzi prima che potesse ricomporsi di nuovo di frammenti propri, di altre, di Mia.

    Tentò, sotto il getto dell'acqua calda, di rimettersi insieme, ripensando proprio all'amica e tatuatrice. Per ironia della sorte, proprio di lì a poche ore l'avrebbe incontrata per un appuntamento di lavoro. In silenzio, rotto solo dalle gocce che le scivolavano lungo il corpo, Tara aveva maturato una decisione sul da farsi. In tarda mattinata si sarebbe presentata all'Ørn Reir come era stato stabilito, e non appena ebbe parcheggiato la sua moto lo vide, in un negozio, proprio di fronte a lei: un titolo di giornale, in grandi caratteri, che descriveva il brutale omicidio di un giovane uomo trovato morto nel suo letto per arresto cardiaco, il corpo dilaniato ed identificabile da un tatuaggio: una sola croce su un braccio. Dell'assassino, o meglio dell'assassina, nessuna traccia. Tara sperò quel giorno che Mia non avesse controllato le notizie, che la giornata le stesse scivolando addosso placida e disperatamente noiosa come altre prima di quella, che nulla di quegli stralci di passato tornasse a tormentarla. Aveva deciso, infatti, di non dirle assolutamente nulla sin dal principio: non avrebbe rievocato in lei ricordi spiacevoli che Tara non avrebbe dovuto neanche conoscere, ed ora che la notizia era emersa sulla stampa, era ancor più risoluta. Fuori dallo studio, Tara prese un ampio respiro, rendendosi conto di non aver ancora realmente aperto i polmoni sino ad allora.
    Hey dolcezza. Ferma al bancone, Tara sollevò lo sguardo sul volto di Mia e la salutò mancando della sua solita scintilla. Mia non avrebbe potuto sapere che gli eventi della notte prima fossero legati a lei, ed aveva visto Tara in condizioni apparentemente peggiori di quella. Il dolore familiare dell'ago e della mano di Mia a guidarlo in qualche strana maniera calmarono l'irrequietezza di Tara, che sollevata la felpa nera che indossava, si lasciava tatuare il costato mansueta. Usava intrecciare qualche discorso con la tatuatrice, ormai diventata sua cara amica, tuttavia quel giorno restò silenziosa, chiusa nei suoi pensieri mentre il ronzio della macchina le imprimeva altro inchiostro sottopelle. Come stai, Mia? Le chiese allora, le sue parole arrivate dirette e all'improvviso con una domanda che le avrebbe dovuto fare molto prima. Tuttavia il timbro della voce di Tara non era gioviale o curioso, ma morbido, ponderato. Sarebbe risultato strano all'orecchio dell'altra, tuttavia Tara con la sua domanda desiderava fornirle delle possibilità: l'avrebbe ascoltata in ogni caso, con qualsiasi risposta avesse condiviso con lei. Dunque così fece, accogliendo ogni parola e silenzio dell'altra. Nel voltare il viso dall'altra parte, però, notò sul lettino di fronte al proprio una copia del giornale di quella mattina, ripiegato su un'altra pagina.

    Edited by ‹Alucard† - 2/2/2024, 11:36
     
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