Votes taken by wanderer.

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    Aggiunta 💓
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    Ciao Fraxi, benvenutaaaa! Io sono Fabi!
    Io sono sempre stata wanderer sui forum e quindi se sei proprio tu io e te ci conosciamo già (💓🥹) - se non sei tu ho fatto la mia gaffe ma per me Fraxi di Roma è solo una e dunque mi lancio e lo dico pure AHAH e se sei tu TU ci sentiamo 👀

    Intanto spero tu ti possa trovare bene in questo posticino e anche io dopo qualche anno di sosta sono tornata a scrivere - dalla pandemia - nei forum 🔥
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    Chiuse le role:

    all those eyes on me, as I sink into the open sea Lars & Lexi
    You don't need to save me, but would you run away with me?Bella & James
    Let things happen Lucas & Sam
    Please, save me from myself Henrik & Anne
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    Riaggiunto il pg
    Taylor Zakhar Perez - Alexander Eric Hamilton
    da presenza confermata da Juls ✨
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    Ciao Kev, arrivo anche io, benvenuto! Sono Fabi 💞
    Sono molto contenta per il tuo percorso e ti auguro tutto il meglio. Non è mai facile cambiare 'strada' quando si prende una direzione, purtroppo questa società ci fa fare a pugni con tutto ciò che non è lineare, lo so bene 👀

    Buona permanenza intanto, e qualsiasi cosa chiedi pure anche a me, come ha detto Stef siamo qui per tutto!
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    Lista dei prestavolto aggiornata
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    Ciao Heartrender, benvenuto!
    Io sono Fabi, mi sto riprendendo anche io da qualche mese di pausa di riflessione quindi non preoccuparti AHAH
    qualsiasi cosa chiedi pure anche a me :flowerpower:
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    Ciao Snow! In super ritardo mi presento anche io, sono Fabi, ultima moderatrice del forum, e qualsiasi cosa tu possa aver bisogno chiedi pure anche a me u-u :rainbow:

    La storia del quarto di mortadella mi ha steso, sappilo AHAH
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    Ciao Armando! Io ti recupero in super mega ritardo. Sono Fabi, mi sono presentata su telegram ma qui mi ero persa AHAH :gentleman:
    Do una minuscola mano allo staff anche io ma sono una piccola aiutante che sta tornando a far cose di recente ECCO :caffè:
    Anche io vivo e lavoro a Milano da un bel pò di anni e per ora sono divisa tra lavoro da remoto e in presenza. Adoro che il tuo gatto si chiami Banksy - io non riesco a convincere il mio compagno a prendere un gatto, mannagg prima o poi lo convincerò :knife:
    Comunque anche se in ritardo ti do anche il mio benvenuto, qualsiasi cosa chiedi pure anche a me se hai bisogno **
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    Ciao Roberta benvenuta!
    Io sono Fabiana, Fabi, già menzionata dalle ragazze su, aiuto sulla moderazione generale <3
    Qualsiasi dubbio siamo qua :baffo:
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    Si innervosì un pò, perfino lui, così perfetto nell'equilibrare le sue sensazioni e nel calibrare esattamente la portata delle sue espressioni e cosa volesse comunicare con il suo sguardo e la sua postura, così tanto che perfino Celine dovette accorgersi che le cose non stavano andando come nessuno dei due aveva sperato. Perciò, sentire il riferimento che aveva fatto in merito alla centrale di polizia non gli era piaciuto. Aveva deciso che era stato meglio tagliare corto, e Lars non poteva fare altro che tacere, via quell'argomento e avanti il prossimo.
    Passarono al tema successivo, e a quel punto non poté fare a meno neanche lei dall'acconsentire a rendere il discorso più informale, così, tanto per dire a dirla tutta, perché il clima era così teso che poteva essere tagliato con il coltello.
    Mentre parlava aveva visto il viso di Celine indurirsi, e la sua espressione mutare fino a diventare assorta e concentrata, ma con una sfumatura negativa che non aveva saputo interpretare. Cosa stava accadendo che Lars non aveva previsto? Non aveva ancora cominciato ad utilizzare il suo potere, perciò non era stata ancora colpa del piano che stava per attuare. Eppure tutta quella concentrazione portava entrambi esattamente dove Lars voleva arrivassero, e lo scenario diventava quello perfetto per poter manifestare il suo potere. Avevano cominciato a darsi del tu, dunque, ma le parole successive di Lars vennero inaspettatamente rovesciate, il loro significato torto. Si accigliò, nuovamente, sbattendo le palpebre tre volte, come faceva quando pensava troppo velocemente. «Non intendevo che non fossero anche i tuoi concittadini. Era una frase che pronunciavo per spiegarmi, non era un modo di escluderti. Certo che sono i nostri.» Ammise. Lei aveva usato un tono pacato, quindi non aveva motivo di dire nulla se non di pronunciarsi per mediare la conversazione. Ma quello che aveva detto dopo lo aveva portato a usare attivamente il suo potere per saperne di più su quello che aveva scoperto la donna, perché era quella la sua rispettiva missione.
    Ascoltò le parole di Celine con attenzione. C'erano molte cose che gli aveva rivelato già dalla prima parte del suo discorso che non combaciava con le informazioni che aveva lui in possesso. Vittime? Omicidi? Lars aveva coperto diverse storie negli ultimi tempi, ma i pattern ritrovati delle vittime non erano comunque associabili ad un movente comune, a meno che non solo la polizia, ma lo stesso governo non aveva insabbiato le tracce facendo sì che la stampa - e lui - comprissero soltanto una piccola parte della storia, semplicemente raccontando una farsa, informazioni sulla persona deceduta e chi fosse, e perché ci fossero dei casi che causavano quelle situazioni. Non aveva individuato lo zampino della setta dietro nessuna di quelle storie, e l'unica su cui lui faceva effettivo affidamento era l'incendio doloso di cui aveva appena scoperto notizie, stavolta più di quelle di cui era a conoscenza Celine e la polizia. Fece attenzione a non distogliere il contatto visivo, era l'unico modo per il suo potere di funzionare linearmente senza interruzioni, in modo che il flusso di parole che avrebbe dettagliato la criminologa sarebbe stato chiaro e prolungato. Fece in tempo a farla finire di parlare, prima di toccare le prove che gli aveva mostrato sostenenti la sua tesi, e tastò le foto e le buste che gli passò sotto mano senza lasciare i suoi occhi, perché altrimenti non avrebbe potuto sentire direttamente da lei il suo seguito. Ascoltò infine l'ultima parte delle sue parole chiedendosi da dove potesse iniziare per ritrovare un nesso tra gli omicidi coperti dalla stampa nei giorni precedenti e quello che gli aveva svelato Celine, e quello che sapeva lui sull'incendio.
    Ed era successo. Era stato convinto delle sue azioni, dello scopo ultimo del suo piano, senza badare alla crudeltà che avrebbe perpetrato con l'utilizzo del suo potere, aveva semplicemente deciso che così doveva essere e così era andata a finire. Aveva piegato Celine in un momento, e lei aveva svuotato i suoi pensieri così come Lars aveva immaginato che accadesse.
    Per tutta la durata del suo discorso era rimasto anche lui fermo, immobile, in sospeso, come se il suo racconto dicesse a lui stesso qualcos'altro, che andava ben oltre le parole che aveva pronunciato. Si rese conto dell'amarezza che lo aveva portato a braccetto e condotto fin lì. Non si trattava di aver agito e sbagliato. Semplicemente non era così lui. Pungente sì, irritante, anche acre a tratti, ma non spiacevole da rasentare la cattiveria.
    Si fermò dal proseguire oltre. Interruppe il legame con lo sguardo, lasciò scivolare via il controllo della sua particolarità. Sospirò rumorosamente, prima di guardare le foto, e lasciare un momento di silenzio a Celine per permettere lei di potersi ricomporre. Si schiarì la voce, e le passò la scatola di kleenex che aveva sulla scrivania, lontano da lei, per portarla più vicino e, se avesse voluto, utilizzarne uno per asciugare il viso. «Ok Celine, ti credo.» Sussurrò. Si guardò intorno, cercando con lo sguardo se qualcuno dei suoi colleghi redattori li stesse osservando dalle porte a vetro dello studio, ma nessuno guardava verso di loro. Posò una mano sulla scrivania, e si alzò in piedi per guardare le prove. Quello che gli aveva fornito era materiale sensibile, e Celine stava rischiando molto a condividere le sue informazioni con un giornalista. Ma per sua fortuna Lars era una brava persona. «Vieni con me.» Disse. Poi si alzò con in mano il fascicolo delle sue investigazioni, glielo posò tra le mani quando le fu vicino, per evitare di farle pensare che si stesse impossessando di quelle prove, e andò a grandi passi verso la porta. Si girò verso di lei e le fece cenno di seguirlo.
    Si incamminarono entrambi nel corridoio, dall'altro capo della stanza dell'ufficio di Lars, vicino alla sala break, come se fossero diretti lì per fare una pausa e volesse offrirle un caffè. Poi la fece fermare, piazzandosi davanti al corridoio, e le fece cenno di non fiatare con un dito sul suo viso. Lo sguardo di Lars era eloquente abbastanza a farle capire che a quel punto stava rischiando anche lui tutto, e che quel momento era essenziale per entrambi per capire come procedere oltre. Nessuno della redazione poteva sapere quanto stava rischiando anche lui con le sue informazioni, ma oramai il vincolo era sancito, e per Lars era un dare per un ricevere. Non poteva pensare di sostenere il gioco da solo senza pensare alla sua morale - e dannata la sua morale, tirava sempre le redini del controllo. Appena fu sicuro che nessuno li stesse guardando procedette oltre sul corridoio alla destra, dove si trovava la stanza che aveva utilizzato per tutte le informazioni che aveva raccolto negli ultimi mesi. La fece procedere con lui nella stanza, e richiuse la porta alle spalle. Accese la luce. Lo spettacolo sugli occhi di Celine era incredibile.
    Lars aveva condotto, con l'aiuto essenziale di Riley, una vera e propria indagine degna di un ispettore di polizia: disegnata sulla parete alla sinistra aveva stilato il profilo del mandante e del responsabile dei disordini degli ultimi mesi, con tanto di puntine e filo rosso pronto a dispiegarsi da una parte all'altra degli indizi appiccicati sul muro. A quel punto cominciò a parlare lui.
    «Ho fatto le tue stesse considerazioni.» Cominciò, dandole il tempo di abituarsi al suo schema, mentre lo guardavano entrambi. «Qui, questo mi ha fatto pensare che si tratti di una persona con una particolarità.» Le disse, puntando l'indice verso una foto dell'incidente al centro industriale della settimana prima. Poi puntò il pollice della mano sinistra contemporaneamente sul secondo indizio che voleva mostrarle. «Questo invece mi fa pensare che ci siano altre cose che non sapevo collegare prima che me le dicessi tu.» Il secondo indizio riguardava l'ultimo degli omicidi di cui Celine aveva parlato di cui Lars non sapeva ancora molto di più, infatti ci aveva inserito un gigantesco punto interrogativo sopra. Non sapeva se collegare il filo tra i due per sostenere che sì, facessero parte della stessa organizzazione. Diede voce alla sua nuova tesi, sospirando di nuovo. «Grazie a quello che mi hai raccontato ho capito che queste cose potrebbero essere correlate, e che il mandante dei due incidenti è lo stesso. Non potrebbe essere, è.» Fece una pausa, guardando verso Celine e lasciando andare gli indizi. Le fece un gesto eloquente indicandole il suo fascicolo che teneva stretto tra le mani e le intimò di guardare il pannello che le aveva mostrato, quasi come a suggerirle di collegare lei gli altri fili e trarne le sue considerazioni. «Quello che non capisco è.. per chi lavora questo individuo? Cosa vuole questa associazione?» Disse, aspettando che ragionasse con lui su quella nuova ipotesi. Nonostante Besaid fosse una città particolare, cominciava a sembrare troppo anche per lui vedere quei fatti spiacevoli e immaginare fossero collegati. Poi si voltò di nuovo, una mano sul proprio viso come se stesse assumendo uno sguardo pensoso e pensasse qualcosa di veramente importante. «E comunque io non ho mai avuto una vita facile. Era una tua supposizione infondata.» Borbottò, la voce fuoriuscì tra le sue dita posate su labbra e mento, come se avesse detto una cosa che teneva a sottolineare, ma neanche troppo a rivelare in giro. Lars era quello che era perché aveva lavorato sodo, senza l'aiuto di nessuno, soprattutto dei suoi genitori, troppo presi da loro e dalle loro nuove famiglie per ricordarsi di lui e Liv o della sua carriera in ambito totalmente diverso.
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    Non era sicuro di come definire la presenza di Celine. Era naturale che secondo la sua opinione fosse necessario valutare le sue considerazioni con calma, e in quel momento la conoscenza superficiale che aveva della donna non poteva farlo permettere di dare una valutazione completa di lei. Da quello che aveva compreso però intuiva che non avrebbe mollato facilmente la presa, costi quel che costi, anche a discapito di quello che Lars avrebbe pensato valesse la pena confessare. E questo lasciava davanti a lui diverse strade di azione.
    La guardò, senza curarsi di non abbassare lo sguardo per lasciarla ambientare nello spazio che non conosceva, senza preoccuparsi di essere invadente, proprio perché da quando aveva messo piede nel suo ufficio era chiaro che doveva vederla come una avversaria, e si sarebbero sfidati a colpi ed intervalli di battute, a partire dal momento in cui l'orologio aveva cominciato a suonare sulla sveglia impostata per l'incontro. Nonostante fossero tante le cose che nessuno dei due conosceva dell'altro, ovvero come fossero abituati a comportarsi, come si muovessero i loro ragionamenti, come si svolgessero le loro sfere di potere e quali influenze avessero in determinati ambienti, c'era un particolare molto importante che Lars aveva dalla sua e che in pochi conoscevano di lui. Il potere di Lars gli dava un vantaggio assoluto in qualsiasi scontro di parole. La sua morale e la sua etica non erano davvero convinti di dover ricorrere a un mezzo di azione così drastico, ma lui non aveva niente a che spartire con la polizia e le loro indagini, e le sue piste dovevano rimanere esclusive.
    Assottigliò lo sguardo quando la donna fece un commento sul suo ufficio. Lasciò volutamente cadere gli occhi sulla scrivania, tastò il lato, posando le dita sul bordo, sospirando rumorosamente. Non si sarebbe abbassato a dirle che trovava la sua imbeccata di pessimo gusto, invece. «Grazie.» Disse, semplicemente, per poi sorridere come se stessero parlando di un argomento qualsiasi, del tempo, del colore del cielo, di una frase fatta. «Come è la centrale invece?» Nessuno dei due aveva tempo da perdere senza ombra di dubbio, eppure era chiaro che dovevano per forza passare parte del tempo a parlare di convenevoli, quantomeno per intavolare un rapporto basato sul buon vivere civile. Sapeva bene come fosse la centrale, ci era stato molte volte, tra gli articoli da scrivere, le informazioni da sopperire, e le interviste ai sospettati, eppure era anche vero che un conto era la parte pubblica, a libero accesso, e un conto fosse quella che non gli era data conoscere. Non che si figurasse esattamente un postaccio, ma non immaginava che oltre le carceri e il via vai dei malviventi, degli uomini in divisa e delle stanze contenenti le armi, potesse esserci anche qualcosa di bello per davvero, nonostante tutto quanto anche per lui rappresentasse i valori sacri della giustizia e del lato esecutivo del mettere in pratica il bene, anche usando la forza.
    Lasciò andare oltre il discorso, tornando a posare gli occhi su di lei quando anche lei li riportò su di lui, invece che sul suo ufficio. Annuì, quando lei ammiccò alla possibilità futura di potersi incontrare di nuovo per lavoro. Era esattamente così, il loro lavoro non finiva mai. Lavoravano strenuamente perché esistevano sia casi da risolvere che di cui parlare, e sapevano entrambi che proprio perché il lavoro che avevano, spesso veniva condiviso da entrambi e le informazioni a disposizione contese tra giornale e polizia, era difficile che scorresse buon sangue tra loro. Doveva comunque immaginare il meglio, Lars, e come era suo solito non sarebbe mai stato direttamente scortese, ma altrettanto sottile, proprio come Celine sembrava si stesse approcciando ad interloquire con lui. Una piccola parte di sé immaginò che in quel momento era anche molto difficile conservare una espressione impassibile, proprio perché una fetta importante della sua quotidianità si stava trasformando in quelle precise giornate, e molte cose che aveva cominciato a chiamare casa presto sarebbero diventate cenere, per poi essere spazzate via come se non fossero mai esistite.
    Celine a quel punto cominciò a gettare giù la sua mano, posizionando le carte scoperte sul tavolo. A cosa era dovuta la sua visita? Lui immaginava volesse informazioni sull'incendio, e una soffiata doveva averla posizionata dritta ad attenderlo davanti alle porte del giornale. Lars si chiese per un attimo se ci fosse stata una voce trapelata che avesse trattenuto qualche dettaglio importante, ma poi si lasciò trasportare dalle parole della donna entrando nella parte. Doveva seguirla per non perdersi un momento di quel confronto, esattamente come stava facendo lei.
    La verità era che voleva sapere delle informazioni anche lui. Necessitava di capire cosa sapesse la polizia sulle ultime piste, e a cosa dovessero prepararsi al giornale. Avevano seguito anche loro la pista dei tumulti, immaginando che l'incendio e la colluttazione in centro verificatasi prima dell'estate facessero capo alla stessa organizzazione? Oppure, come Lars pensava, su Besaid stavano avvenendo più scontri diversi di organizzazioni criminali fondamentalmente diverse e forse contrapposte?
    Socchiuse per un attimo gli occhi, prima di rispondere a Celine. Lars posò nuovamente le mani sulla scrivania, abbracciando il legno con le dita. «Celine, diamoci del tu, abbiamo una età tale per cui sentire pronunciare il mio primo e secondo nome di battesimo assieme al cognome mi fa ricordare cosa passavo a cinque anni e venivo rimproverato dai miei.» Rise, spezzando la tensione delle parole grevi che aveva usato la donna, sicuramente professionale, ma così importanti nella loro esecuzione che si era sentito al centro di una scena del crimine, come se proprio il suo ufficio al giornale avesse impersonato il luogo del delitto di qualcuno che non conosceva. «Ok, ricominciamo. Sì, potremmo aiutarci dicendoci alcune informazioni, e sarò ben disposto a raccontarti quello che so se da quello che conosco posso garantire l'incolumità dei miei concittadini.» Sorrise con il suo sorriso storto, rivelando le due fossette visibili sul viso ai lati delle labbra. Aveva cominciato ad utilizzare il potere da quel momento, da quando con l'ultima frase aveva cominciato a rivelare e utilizzare le parole dolci che accompagnavano il suo potere sottilissimo. Parole come dovremmo, potremmo racchiudevano un potere stranissimo che permetteva a Lars di materializzare la volontà nel suo interlocutore di ammettere le più profonde verità di cui stessero parlando, dimenticando di aver rivelato così ad un perfetto sconosciuto nozioni che invece avrebbero dovuto rimanere il più delle volte addirittura segrete.
    «Sì, io so qualcosa dell'incendio. E purtroppo so che molte informazioni sono state occultate di qualcuno più grande e ben nascosto di noi.» Cominciò a discutere Lars, consapevole di dover raccontare qualche altra nozione per mettere in atto la sua particolarità. Oltre che parole gentili, Lars non doveva più distogliere il contatto visivo, e in quello fu Celine stessa ad aiutarlo. La donna non si era accorta che era inconsapevolmente caduta nella sua trappola, terribile e inaspettata. Celine non aveva lasciato andare lo sguardo di Lars convinta di esercitare timore e la giusta perseveranza nella sua indagine, di farlo sentire piccolo ed in difficoltà. E Lars doveva ammettere che al netto di avere dalla sua quel potere, le parole e lo sguardo utilizzato dalla donna erano stati impeccabili. «Dunque Celine comincia a raccontarmi cosa sai dell'incendio e del perché sei venuta davvero da me. Cosa ti aspetti che io sia stato in grado di aver scoperto.» Disse Lars, poggiandosi sulla scrivania come lei, che gli era venuta più vicino, parlandogli con fermezza. «Il mio prezzo.. ecco io ti chiedo di dirmi cosa è successo in questi giorni, quale è la tua seconda indagine più importante su cui stai investigando, e se pensi che io abbia altre informazioni su questo.» Ovviamente il potere di Lars mascherava la richiesta snaturata che le stava ponendo. Lars in quel modo si poneva a lei chiedendole di più, chiedendole altre informazioni senza darle nulla in cambio. Il prezzo, mascherato nelle parole pronunciate con tono mellifluo consisteva esso stesso nello spingerla a dirgli di più. E questo era il potere segreto di Lars, ed oltre alla sua bravura e alle grandi capacità di scrittura che aveva affinato nei dieci anni di carriera passati, era ovvio che fosse impossibile sfuggire alla tela che tesseva e che fosse lui a spuntarla nella maggior parte delle conversazioni impari che costruiva sapientemente, e con la dea fortuna a ridere dalla sua.

    Edited by wanderer. - 10/12/2022, 18:40
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    Quattro giorni prima di quel fatidico giorno, Lys era entrata nel suo ufficio. «Lars?» Aveva bussato, rimanendo sulla porta, con uno sguardo guardingo e incuriosito assieme. Non era raro che Lys rispettasse la porta chiusa di Lars, ma capitava anche spesso che per avvisarlo tempestivamente di qualsiasi informazione fosse necessario comunicare, si facesse beffa degli spazi personali, decidendo invece di valicare confini che tra loro non esistevano in verità da un pezzo, ma che potevano sembrare scontati, e corresse subito a consegnare documenti, notificarlo di progressi su alcune piste, e ricordasse impegni da Lars dimenticati - e sì, succedeva anche a lui.
    L'aveva guardata in attesa, e si erano guardati a lungo, tanto che Lars aveva deciso di alzarsi a sua volta perché preoccupato che fosse successo qualcosa di grave. Alla fine non aveva detto niente, gli aveva invece mostrato un giorno sul calendario, e una nota con un cerchio rosso tutto attorno ai bordi delle parole trascritte in appunti a penna sull'agenda di Lys. Un appuntamento fresco di convalida, e, Lars aveva dovuto stringere gli occhi e assottigliarli a due fessure, prima di esclamare un verso di assenso. « Ah. » Sì, si spiegavano molte cose.
    Al giornale avevano una pista. La pista era parte di un caso più grande, e Lars con assieme Riley e tutta la redazione ne erano sicuri. Quello era diventato tra i vari, IL caso a lettere maiuscole di Lars e Riley. Avevano cominciato a lavorarci su un anno prima, e da allora avevano collocato sapientemente e con inaspettata pazienza, per Riley s'intende, tanti minuscoli spilli colorati su una grande tavola magnetica e Lars aveva collegato tutti con un filo rosso tutto attorno, un giro completo, un nodo, e via al puntino successivo, in modo da collocare quegli indizi a proprio quei misteri, tutti che facevano capo al gigantesco punto interrogativo al centro, da cui si irradiavano tutti gli eventi di quell'anno. Chi c'era davvero dietro gli eventi dei tumulti popolari? E chi dietro i misteriori carichi e scarichi internazionali che si avvicendavano ai confini della città, su jet e aerei di proprietà privata, di cui era impossibile chiedere ispezione senza l'intervento delle forze dell'ordine? I casi continuavano ad avvicendarsi in punti diversi della città, e tanti eventi insoliti avevano costellato quel buio totale di informazione che viaggiava tra la polizia, il governo, e il giornale. Almeno, così sembrava essere. Così come Lars aveva la sua pista, anche il governo aveva la sua, e anche la polizia sapeva cose che non era disposta a cedere senza avere nulla in cambio.
    Dieci giorni prima però era stato commesso un incendio doloso di proporzioni gigantesche, che aveva rischiato in effetti di coinvolgere diverse decine di operai in una fabbrica ai margini della periferia. E questo era un caso molto diverso dalle insolite stranezze del centro città degli ultimi mesi, senza contare il gigantesco problema causato dal sykdom, per cui dovevano fare estrema attenzione, perché non sapevano se si stesse propagando ancora alla velocità stimata.
    Lars e Riley avevano idee. Erano appuntate proprio lì, sui suoi appunti, sui fili rossi che collegavano i tasselli su e giù per la lavagna che nascondevano, non nell'ufficio di Lars, ma in una stanza dove solo i dipendenti potevano entrare, e lì raccoglievano potenziali prove, fotografie, oggetti di interesse che riguardavano le scene del crimine. Per Lars era importante che tutti mantenessero il segreto riguardo quelle informazioni riservate, e così per gli altri colleghi senior e il direttore del giornale. Continuavano ad indagare silenziosamente e discretamente sulla faccenda, sperando di collocare anche quell'avvenimento in un preciso frangente per una specifica motivazione.
    Nulla di strano che Celine Johannesen avesse chiesto un appuntamento con Lars per discutere, supponeva senza ombra di dubbio, proprio di quell'evento. Perciò all'arrivo del giorno designato per l'appuntamento Lars aveva fatto in modo di avere un'ora libera per riprendere le carte correlate all'argomento, gli appunti sul suo Mac, le prove nascoste dalle loro ronde segretissime, e poter capire come incastrare e veicolare la conversazione in modo da ottenere informazioni da Celine, e non il contrario. Si era vestito di tutto punto: completo di alta sartoria e camicia con il collo alla francese, l'abito non fa il monaco per i detti popolari, ma l'abito sarebbe stato sempre una grande scelta di posizione; il racconto dietro l'abbigliamento sapeva spiegare ordine, rigore, dedizione, impressioni che per Lars non erano mai state lontane da sé ed erano necessarie per saper narrare una storia. Lars aveva dalla sua il viso, la forma e le maniere di colui del quale ci si poteva fidare: nessuno poteva esimersi dal cascare dietro la facciata di perfezionismo di Lars Aeron Berg, neanche la criminologa in questione.
    Vide la figura di Celine affacciarsi dietro le pareti a vetri del suo ufficio in anticipo rispetto all'orario previsto per il loro appuntamento. Lars non fece una piega, fermo nel suo studio, mani in grembo, cominciò a roteare sulla sedia reclinabile, spostandosi sul peso delle ruote da una parte all'altra della linea retta che costituiva la sua scrivania, misurandone la lunghezza a spanne immaginarie. Poi, l'immancabile reminder dell'appuntamento trillò all'orario predefinito per il loro incontro, e Lars passò la mano sul suo orologio digitale per spegnerlo. Pronti, in scena. «Buongiorno signora Johannesen.» La salutò, ricambiando al saluto di lei non appena aveva messo piede nell'ufficio, scostando la porta appena scattata l'ora dell'appuntamento. Le fece cenno di sedersi davanti a lui, a una delle due poltrone fisse che aveva di fronte alla scrivania. L'ufficio di Lars era minimale, ovviamente sempre estremamente pulito, e dai colori chiari, e l'acquisto più consistente che aveva fatto per arredarlo era proprio riguardante le sedie da lavoro che vi aveva scelto, fatte in modo che fossero confortevoli per i suoi interlocutori, anche troppo, perché si rilassassero molto più di quanto potesse fare lui, che voleva rimanere sempre in allerta, mai comodo, i sensi acuti di un falco. «Bene, come sempre. E lei? È passato molto tempo dall'ultima volta che ci siamo incontrati. » Era vero e non era vero. Che stesse sempre bene era certo, nessuno poteva stare meglio di Lars quando passava giornate a lavoro, soprattutto se proficue, soprattutto se portavano alla stesura di articoli che avessero un certo valore. Celine era una vecchia conoscenza, come tutte le persone che erano nate e vissute a Besaid e che poi erano suoi coetanei. Lars aveva appena tre anni più della donna, e se la ricordava bene da ragazzina, socievole, gioviale, al contrario dell'uomo che sapeva essere una lingua lunga e occhiate truci da cui guardarsi bene il più delle volte. «A cosa devo la visita? Direi che questo è un anno impegnato per la nostra città, se vuole chiedermi qualcosa ha fin troppo da scegliere. » Sorrise Lars, con un sorriso disteso e gli occhi calmi, fissi, dritti su Celine. Adesso era il suo turno.

    Edited by wanderer. - 10/12/2022, 18:40
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    Io e Mornie chiudiamo questa
    https://besaid.forumcommunity.net/?t=62426661
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    «Lars?» La voce di Riley filtrò dalla porta semichiusa del suo ufficio, e la ragazza fece capolino dal corridoio, spingendosi prima con la testa e poi con il resto del corpo a guardare in direzione dell'uomo. Lars appena sentitosi chiamare si era tirato su, composto sulla sua sedia, mettendosi a sedere con gli occhi incollati al suo iMac e le mani attorno al bordo della scrivania chiara. « Uhm. » Borbottò, in segno di risposta, non perché volesse essere scontroso con Riley si intende, ma perché colto alla sprovvista. In realtà Lars si era addormentato. Aveva passato tutta la notte in ufficio, vagando tra il sonno e la veglia alla sede del giornale, con in testa l'idea di capirci qualcosa di più su tutte le faccende che non quadravano. Gli ultimi mesi a Besaid erano diventati intensi. Il clima popolare e le tematiche che erano emerse dalla festa di fondazione dell'aprile dell'anno precedente avevano cambiato e sovvertito le priorità del giornale. Lars in primis, che si occupava principalmente degli esteri e degli impatti che le decisioni del resto del mondo avevano sull'interno, si era trovato a scrivere la colonna di tutte le edizioni straordinarie della città, per varie ragioni. Lars era stato uno dei primi a credere nell'importanza del Daily, anni prima, quando era entrato come tirocinante e aveva scalato i gradini che lo avevano portato al ruolo che ricopriva in quel momento. Era a tutti gli effetti il secondo in carica generale, e il primo per quanto riguardava la definizione dell'operatività e degli articoli da pubblicare. Era diventata una responsabilità bellissima, ma totalizzante. Significava avere tempo di straforo per tutto quello che riguardava la sua vita personale, e Lars diceva sempre che era giusto così: sapeva che avrebbe dovuto sacrificare dei pezzettini di una vita normale che probabilmente non avrebbe avuto, ma finiva spesso per considerare sulla bilancia non quello che era giusto e quello che era sbagliato in senso assoluto, ma invece far presente a se stesso che era la vita che aveva scelto.
    Lars si stropicciò un occhio cercando di non farsi notare troppo, guardando con l'altro aperto la ragazza di fronte a lui, in jeans, t-shirt, e una giacca aperta sul busto, simile alla stessa che aveva indosso lui, per una volta stranamente vestito nella versione più casual che indossava da sempre al giornale, ma pur sempre con un occhio al come portarlo. Aveva nascosto una felpa bianca con cappuccio sotto la giacca che portava sopra, apposta perché non sapeva abbandonare del tutto il rigore, simbolo cardine di precisione. Ma le cose erano cambiate, la felpa non avrebbe mai fatto parte del suo corredo al cospetto lavorativo altrimenti.
    Ascoltò le parole di Riley in ritardo, aspettando che il loro eco assumesse un significato più importante, a tratti nefasto nel modo in cui gli era arrivato. Guardò meglio la ragazza, captando in ritardo l'occhiata seria nei suoi occhi, tanto era vero che Riley era partita in quarta incalzandolo ancora quando non aveva fiatato, forse perché aveva immaginato che Lars fosse prossimo ad annunciare l'inconcludenza di quella frase. Il buon vecchio Lars era molto bravo a dare del fannullone e del perditempo alle persone che cincischiavano con il loro tempo, non facendo nulla di produttivo e anzi, prendendosi la bega di perdere preziosi minuti della propria vita e a buttarli per sempre in attività di non ritorno; per contro era appunto bravissimo lui a captare quando qualcosa di molto importante non poteva essere dato per scontato. Quei cinque secondi di ritardo commessi da lui stesso, quindi, l'avevano fatto spazientire, e si diede subito la carica per ritornare in sesto. Si schiarì la voce, e parlò subito dopo. « Il caffé è l'unica cosa di cui sto continuando a cibarmi da ore. Ok, ti credo, siediti. » Sì, quella notte l'aveva passata al giornale, ma non voleva avere su dipinto sulla faccia l'espressione e la chiara esigenza di sonno che poteva avere un giornalista che aveva fatto lì in redazione le ore piccole. Sì, avrebbe evitato di dirlo a Riley se lei non avesse indagato oltre, ma probabilmente le occhiaie lo avrebbero tradito in ogni caso. Respirò piano, aspettando che la ragazza si sedesse di fronte a lui. Fece oscillare lo sguardo sull'indice in sù che aveva lasciato a mezz'aria, muovendo la sua mano in risposta perché lo calasse, con un sorriso divertito sul volto. « Agli ordini capo. Penso che avremo bisogno di molto caffé per due stavolta, non possiamo rilassarci senza, no? » La canzonò a suo modo, facendo invertire i ruoli delle loro etichette lavorative, ma come entrambi sapevano, l'anno e mezzo passato fianco a fianco sul campo si era tradotto anche in quel modo, rompendo il rigore esistente tra loro che si era trasformato in un testa a testa importante, sfidante, che serviva ad entrambi per camminare più velocemente sui carboni ardenti delle notizie in fuga. Si alzò, contrariamente a quanto Riley gli aveva appena detto, affacciandosi alla porta per chiamare Lys. Di solito borbottava tra sé e sé e ragionava andando su e giù per il corridoio, fino a raggiungere la sala break e prendere lui stesso il caffé, ma sapeva di averlo finito una mezz'ora prima e di non averlo riempito per gli altri, per chiunque potesse averne avuto bisogno dopo di lui. Adesso era necessario per loro, senza caffé, come diceva sempre lui, non poteva pensare a mente lucida. « Lys, per favore, ti occupi tu del caffé? Ho esagerato stamattina, è già finito. » I ragazzi al giornale, e soprattutto il quartetto composto da Riley - Cat - Sam - Lys, sapevano bene che Lars quando era concentrato non guardava in faccia a nessuno, ma quando era distratto o peggio, preoccupato, usava più garbo di quello di cui era solito farsi merito. In quel caso comunque, Lars era sì preoccupato, e sì fremeva dal capire che aggiornamenti ci fossero dall'articolo che aveva composto ad ottobre dell'anno precedente, e poi, temeva della portata delle notizie che poteva essere in grado di dare alla popolazione senza creare allarmismi. Lui stesso parlava di cose che non sapeva. Lars era fluente di politica, di economia, di strategia, di dialettica, di buon senso, e di stanare criminali, seguendo piste che i poliziotti avrebbero volentieri preferito potesse star solo lontano, rinfacciandogli come da manuale di intralciare le indagini, ma non poteva anche essere sapiente di sanità, soprattutto se intercorrelata così strettamente con qualcosa che aveva a che fare misteriosamente con le loro particolarità.
    Aveva sospirato, guardando Lys sorridergli con calma, quasi volesse conferirgli serenità. Poi era tornato dentro l'ufficio, socchiudendo la porta, con la coda dell'occhio aveva già visto Lys correre alla sala break per preparare altro caffè.
    Aveva alzato lo sguardo nuovamente su Riley, sedendosi alla sedia girevole al proprio posto, e poggiando la schiena comodamente indietro, sullo schienale. Riassunse la sua espressione tipica, seria, serissima, con un guizzo negli occhi che invitavano la gente a dire di più, incontrando quello di Riley. « Sono tutto orecchie. »
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